cienti a contenere il suo desiderio di scrivere. Ecco, allora, la collaborazione alle principali testate che uscivano nella Sardegna di quegli anni. Ancora “Rinascita sarda”, ancora inchieste e cro- naca politica, ma soprattutto teatro, musica, cinema, televisione e libri. Con un interesse che si fa sempre più chiaro, la volontà di osservare, nelle diverse manifestazioni artistiche, le peculiarità di “una espressione autoctona”, quella che in Sardegna si era espressa da sempre e che ora si misurava con analoghi tentativi nati in altre parti del mondo. Ma anche con l’affacciarsi di inter- rogativi sicuramente ingenui, nel 1974, destinati però a crescere nell’arco di un ventennio per arrivare alle risposte contenute nel romanzo Passavamo sulla terra leggeri: “È tempo questo di ro- manzi epici?”91
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Nello stesso 1974 collabora con “Il lunedì della Sardegna”, con “Il messaggero sardo” e con “L’Unione sarda”. Gli chiedono articoli di cronaca politica e inchieste (ricompaiono i quartieri cagliaritani, primo fra tutti Is Mirrionis)92, ma, soprattutto, gli
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G. MARCI, Quel gioioso mestiere di scrivere, cit. 91
S. ATZENI, Una lezione barbaricina, in “Rinascita sarda”, 10 luglio 1974. 92
Può essere interessante ricordare un articolo dedicato a un concorso all’ENEL, l’ente presso il quale lo stesso Atzeni lavorerà dal 1976 al 1986. Parlando di quanti non riusciranno a superare il concorso e non troveranno nessun’altra occupazione in Sardegna, il cronista commenta: “Alla fine partiranno verso Torino, Milano, l’Europa comunitaria del benessere di cui hanno sentito parlare, verso una nuova, grande e cocente delusione che segnerà la loro vita” (S. ATZENI, L’angoscia del
posto, in “Il Lunedì”, a. II, n. 20, 27 maggio 1974): singolare previsione del desti-
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chiedono di occuparsi di fumetti e musica. Musica pop e can- tautori italiani, concerti organizzati nei licei cittadini e Jimi Hendrix, gli Inti Illimani che, esuli dal Cile, avevano trovato in Italia, ed a Cagliari, ospitalità, apprezzamento per il loro canto, sostegno politico. Canti popolari cileni e canti sardi, Maria Carta e il Coro di Orgosolo, Violetta Parra e Victor Iara, ac- compagnati da una citazione del poeta cileno Domingo Maurei- ra: “Le note musicali sono proiettili che attraversano le nostre coscienze”.
Nel 1975, interrotto il rapporto con “L’Unione sarda”, inizia una collaborazione con “La Nuova Sardegna” destinata a durare fino al 1984. Inizialmente gli interventi si mantengono sul pia- no giornalistico propriamente detto, ma ben presto gli viene af- fidato il ruolo di recensore librario che svolgerà sistematicamen- te, se non in maniera esclusiva.
Il problema che dobbiamo porci, in assenza di informazioni dirette, è principalmente quello riguardante la scelta dei libri da recensire. L’impressione derivante dall’esame dei materiali elabo- rati nel corso di questi anni è che, fatta salva qualche indicazione redazionale, per lo più Atzeni sia stato lasciato libero di occupar- si dei libri che preferiva leggere o che leggeva spinto da qualche motivo contingente (ad esempio: compaiono numerose recen- sioni di volumi pubblicati dagli Editori riuniti e, in ambito sar- do, dalla Edes, case editrici alle quali, per motivi diversi, era vi- cino. D’altra parte, anche in periodi successivi, ormai traduttore affermato, presterà la sua opera per piccoli editori che, per intui- bili motivi di bilancio, gli offriranno in compenso i libri del loro catalogo: una sorta di scambio in natura del quale mostrava di compiacersi. A quelle case editrici, ai libri che per tali motivi ar- rivavano sulla sua scrivania, prestava più facilmente attenzione).
dell’emigrazione più o meno verso i luoghi citati, anche se con diverso esito di fortuna.
Lo spoglio delle recensioni consente di dire che, al di là di una scelta ipoteticamente casuale, è comunque possibile indivi- duare una linea di tendenza che porta verso gli interessi dell’età matura. Intanto Atzeni si occupa di quanto viene pubblicato in Sardegna, con uno sguardo che ruota a tutto campo. Recensisce opere che parlano di ambiente e di gastronomia, di storia e di teatro, di letteratura e di tradizioni popolari, segnala, promuove, incoraggia, mostra di avere a cuore le sorti dell’editoria isolana. Talvolta, quand’anche non ci sia il pretesto di una recente edi- zione, rievoca autori sardi del passato, ne ricostruisce la biogra- fia, analizza le opere. Ma si sofferma anche su pagine significati- ve della storia regionale o segnala episodi solo apparentemente minori quale, ad esempio, quello relativo alla nascita di radio Sardegna93
.
Nel contempo spazia sui panorami più vasti dell’editoria na- zionale, seguendo filoni di interesse che abbiamo cominciato a conoscere. Si occupa sistematicamente di fumetti (sia delle strisce tradizionalmente note, Tex e Topolino, Corto Maltese e Linus, sia di quelle più recenti che impiegano i disegni a fumetti per illu- strare la storia -come fa Enzo Biagi- la cronaca politica e sinda- cale, i racconti di fantasia ambientati in un mondo parallelo -il Viaggio nel paese di Giammai di Richard Corben- o le gesta di un
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Non si tratta, in questo come in analoghi casi, dell’espressione di una curiosità erudita per fatti riguardanti la cronaca locale. In realtà un segno costante mostra come Atzeni stia elaborando una personale visione che nasce dagli aspetti più alti del dibattito culturale sardo. Non a caso spesso, nei suoi pezzi, egli chiama in cau- sa, citandolo o intervistandolo, Umberto Cardia e la sua moderna e dinamica con- cezione del pensiero autonomistico. Così avviene anche nel caso in questione: il cronista raccoglie una dichiarazione di Cardia che, nel 1945, aveva contribuito a fondare l’emittente radiofonica: “Apparve fondamentale l’esigenza di fare di que- sto strumento un’espressione della Sardegna come entità autonoma, che si dedi- casse non solo all’informazione e allo svago, ma anche, e soprattutto, alla forma- zione di una coscienza democratica e autonomista” (S. ATZENI, La dura lotta di
Radio Sardegna per la sopravvivenza e l’autonomia, in “La Nuova Sardegna”, 28
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brigante meridionale), di musica e di sport (presenta la Storia critica del calcio italiano di Gianni Brera94
), ma per lo più dedica le sue recensioni alla narrativa.
Anche in questo caso, orizzonte largo: gli ambiti letterari che di preferenza frequenta sono, oltre all’italiano, quelli del Sud America e della Germania (ed è un’indicazione di cui occorre tener conto per le future scelte narrative), ma non mancano gli autori francesi e quelli russi, gli inglesi o gli americani. La sua critica risente ancora dell’impostazione politica che aveva carat- terizzato l’avvio dell’attività giornalistica, ma va progressiva- mente liberandosene. O meglio, conserva, di quell’impostazione, l’interesse verso i contenuti sociali (del resto non trascurabili, ad esempio, in autori quali García Márquez o Amado), ma a poco a poco comincia a scindere, tra i generali messaggi politici even- tualmente contenuti nei testi dei quali si occupa, quelli che si riferiscono alle tradizioni culturali anche lontane che concorro- no a formare l’identità dei personaggi letterari. Il fiuto di lettore lo aiuta a evitare i rischi dello schematismo politico: se da un lato, infatti, apprezza i modi in cui Jorge Amado ridicolizza l’ “intellighentsja brasiliana dominante, colonizzata e succuba dei miti nordamericani”95 e non manca di notare l’elemento di de- nuncia della società nordamericana presente nei romanzi di Dashiel Hammet96, è anche vero che nella letteratura degli States, da Hemingway a Raymond Chandler e alla “scuola dei duri”,
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A Brera guarda costantemente come a un maestro che ha saputo esprimere nella sua opera le passioni, da Atzeni condivise in egual misura, per il calcio e la lette- ratura, per “l’impasto di padano, latino e italiano”, per “le allegre follie verbali de
L’arcimatto” (S. ATZENI, Sportivi sì, ma sedentari, in “La Nuova Sardegna”, 22
novembre 1978). 95
S. ATZENI, Il samba politico di Amado, in “La Nuova Sardegna”, 12 maggio 1979.
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Il giudizio su questo autore trova conferme nell’attenzione che gli dedica Oreste del Buono, per Atzeni sempre un punto di riferimento indiscutibile (Cfr. S. ATZENI, Un delitto maturato nel clima elettorale, in “La Nuova Sardegna”, 21 giugno 1980).
comincia a vedere una qualità stilistica dalla quale rimane col- pito e che non mancherà, in futuro, di esercitare influssi sul suo stile di narratore.
Né può essere dimenticato, infine, che dalle spire dell’ideologia lo difende la stessa latitudine dei suoi interessi di lettore onnivoro, la biblioteca di Babele, l’oralità di Borges, la letteratura fantasy, Tolkien, Ende e Robert E. Howard, creatore della saga di Conan il barbaro, il gusto per la fiaba (da quelle ebraiche di Isaac Sin- ger, che lo portano verso gli dei e i demoni delle culture etniche, alle fiabe sarde).
La lettura delle recensioni ci consente di capire che sta elabo- rando un personale progetto narrativo e che questo progetto ha a che vedere con la sua cultura etnica, con i modi dell’oralità e con le fiabe della Sardegna.
Scrive a proposito dell’Intervista a Maria di Clara Gallini: “Un’ultima osservazione: questa intervista è anche un testo di narrativa sarda. Nel fluire delle sue parole Maria abbonda in rac- conti, storie ed esempi, che giungono intatti, nel modo in cui furono pensati -o, addirittura, socializzati o tramandati-, senza alcuna mediazione linguistica esterna. È un patrimonio: di quanto a Tonara -e altrove, ma molto accanto- si racconta, di quanto si narra. Maria si fa quindi narratrice della sua realtà, ed è una narrazione nella quale l’arcaico si mescola al contempora- neo, l’individuale parlato alla descrizione epica”97.
Siamo nel 1981: nel 1978 aveva dato alle stampe, insieme a Rossana Copez, le Fiabe sarde, libera trascrizione dei testi rac- colti da Gino Bottiglioni; nel 1984 pubblicherà il primo rac- conto, Araj dimoniu, ispirato da un’antica leggenda sarda.