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I cinque pilastri della teoria

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 69-73)

CAPITOLO 2. LA TEORIA DELLA MODERNIZZAZIONE ECOLOGICA

2.2. LA TEORIA DELLA MODERNIZZAZIONE ECOLOGICA: CONCETTI E TEMATICHE

2.2.3 I cinque pilastri della teoria

Nel paragrafo precedente abbiamo detto che la teoria di Modernizzazione Ecologica mira al raggiungimento di una crescente indipendenza della sfera ecologica rispetto alle altre razionalità

11. La teoria della strutturazione, apparsa per la prima volta nell’opera “Costituzione della Società” di Giddens del 1984, è considerata da Mol e Spaargaren (2006)un’opera di notevole importanza nel dibattito sociologico contemporaneo.

12. Per un presentazione dell’opera di Beck e per quanto riguarda i contatti che la nascente teoria intesse con gli approcci della Modernizzazione Riflessiva rimandiamo alla lettura di § 1.3.5.

presenti nei processi industriali delle società moderne (Mol, 1995, Spaargaren, 1997).

All’interno dell’organizzazione dei processi della produzione e del consumo, gli interessi ambientali sono sempre più visti come interessi di natura indipendente e non più solamente pensati indissolubilmente legati alle tematiche economiche e sociali. Attraverso l’emancipazione della razionalità ecologica, la cui nascita è, seguendo Huber, strettamente collegata allo sviluppo delle tecnologie per il monitoraggio ambientale, viene messa in funzione una nuova serie di processi decisivi nel modificare i modi in cui le società si occupano (o sono costrette ad occuparsi) della tematica ambientale.

Nel tentativo di dare un contributo alla comprensione delle nuove dinamiche sociali che si sono andate a creare, Mol e Spargaaren, nei primi anni Novanta, elaborano la teoria della Modernizzazione Ecologica. Essi individuano cinque concetti-cardine su cui l’approccio di Modernizzazione Ecologica si basa e grazie a cui è possibile studiare con profitto le trasformazioni ambientali e sociali nell’era della modernizzazione ecologica.

Il primo concetto riguarda il ruolo centrale assunto da scienza e tecnologia relativamente alla nascita delle riforme ambientali. Nel paradigma della “contro-produttività” scienza e tecnologia venivano considerate come la causa, anziché la soluzione, dei problemi ambientali. I teorici della Modernizzazione Ecologica sostengono che la società contemporanea ha assistito, nelle ultime decadi, ai modi in cui sia la scienza, attraverso lo sviluppo di concetti come

‘multiple stress’ e ‘critical load’, sia la tecnologia, attraverso gli sviluppi delle tecnologie di

“fine ciclo” e di quelle preventive, abbiano contribuito in modi ora positivi, ora negativi ai processi di riforma ambientale (Huber, 1991, van Vliet, 2002, 2004). Nel paradigma della Modernizzazione Ecologica, la visione negativa del ruolo che scienza e tecnologia ricoprivano in alcune teorie di matrice neomarxista e postmodernista è rimpiazzata da una visione che sottolinea l’importanza dei contributi di scienza e tecnologia nell’affrontare le sfide ambientali e nel favorire l’attivazione di cicli più sostenibili di produzione e di consumo di merci industriali.

Oltre ciò, alcuni teorici della Modernizzazione Ecologica mettono in risalto anche l’importanza degli sviluppi delle nuove tecnologie di informazione nel comunicare il rinnovamento ambientale.

Il secondo elemento costitutivo della teoria della Modernizzazione Ecologica è relativo al crescente ruolo delle dinamiche economiche e di mercato in risposta al cambiamento ambientale. Influenzata dalle teorie di Hajer, Dryzek e dei teorici della Deliberative

Democracy13, la teoria della Modernizzazione Ecologica assume che il processo di costruzione della riforma ambientale implichi uno spostamento dei ruoli, dei compiti e delle responsabilità degli attori coinvolti. Nell’epoca della modernità non è più solamente lo stato a promuovere la protezione ambientale: attori privati, come imprese e consumatori, giocano un ruolo sempre maggiore nella creazione del rinnovamento ambientale. Prende il via un processo di

“governance ambientale”, già ipotizzato sia da Huber, sia da Jänicke (cfr. § 2.1.3), grazie al quale emergono nuove reti di attori privati e attori pubblici che convivono e collaborano nella messa a punto delle tematiche ambientali. Rispetto al passato, in cui il sistema di gestione ambientale era amministrato da un organo che esercitava un controllo diretto degli enti deputati attraverso una disposizione centralizzata e gerarchica, nell’epoca della Modernizzazione Ecologica la riforma ambientale non dipende solamente dall’autorità e dal potere degli attori pubblici, ma si realizza sempre di più attraverso il coinvolgimento degli attori presenti sul mercato e, quindi, anche attraverso i meccanismi e le leggi del mercato stesso. Attori economici come consumatori14, istituzioni di certificazioni, imprese ecc. giocano un ruolo sempre più importante nella costruzione della riforma ambientale e acquisiscono una sempre maggiore importanza nei confronti delle istituzioni governative.

Il terzo pilastro del paradigma consiste nelle trasformazioni riguardanti il ruolo dello stato nella riforma ambientale. Attingendo nuovamente dal lavoro pionieristico di Jänicke che, come detto, poneva lo stato al centro delle sua impostazione teorica, la teoria della Modernizzazione Ecologica studia il cambiamento del ruolo dell’organo statale all’interno dei processi di governance. Influenzata dalle teorie della modernizzazione politica di Van Tatenhove (Van Tatenhove et al., 2000), la Modernizzazione Ecologica teorizza una serie di trasformazioni del ruolo giocato dallo stato nazione. In particolare si studia il passaggio dalle politiche ambientali di reazione in politiche di prevenzione; la caduta in disuso delle norme di “comando e controllo”

attraverso l’entrata in vigore di nuovi strumenti di politica ambientale; un coinvolgimento sempre maggiore degli attori non statali nella vita politica (Mol et al., 2000, Jordan et al., 2003b).

L’internazionalizzazione della governance ambientale ha, inoltre, aggiunto un’altra dimensione a queste trasformazioni. Attraverso la stipulazione di trattati internazionale,

13. Per cui si veda § 2.2.1.

14. Sull’accresciuta importanza del ruolo dei consumatori nelle reti di governance si veda il paragrafo successivo.

l’aumento dell’influenza delle istituzioni sovranazionali come l’Unione europea e la nascita di nuove organismi mondiali come l’UNEP (United Nations Environment Programme), il ruolo dell’organo statale subisce un’ulteriore trasformazione all’interno della rete ambientale.

Il quarto punto della teoria analizza una modifica della posizione, ruolo e ideologia dei movimenti ambientalisti. I movimenti sociali hanno tradizionalmente occupato un ruolo importante nel valutare i processi di decision-making attuati dai governi. I movimenti ambientali in particolare, poi, negli anni Settanta e Ottanta hanno sviluppato, nella maggior parte dei casi, delle critiche radicali all’organizzazione dell’industrializzazione e del sistema capitalistico, considerati avversari irriducibili di qualsiasi riforma ambientale. A partire dagli anni Novanta si è registrato un cambiamento di prospettiva. Sebbene parte dei movimenti ambientalisti continuino anche in questo periodo a opporsi strenuamente al sistema capitalistico di mercato, i principali gruppi ecologisti abbracciano nuove linee di azione, tese a ricercare una soluzione ai problemi ambientali nella trasformazione dei processi di produzione e consumo industriali della società contemporanea. Viene posta, pertanto, un’enfasi maggiore sulla negoziazione e sull’istituzione di co-operazioni tra i movimenti ambientalisti e i diversi attori coinvolti nel processo di riforma ambientale (Mol, 2000). La professionalizzazione dei movimenti ambientalisti, nelle cui fila la quantità di esperti aumenta in modo significativo, fa sì che il movimento ambientalista rappresenti nell’epoca di modernizzazione ecologica un attore ben informato in grado di dialogare con governi e imprese circa le tematiche ambientali.

L’inserimento dei movimenti ambientalisti nelle reti di governance comporta la nascita di nuove forme di attivismo, le quali non avvertono più la necessità di attaccare aprioristicamente l’operato del governo centrale, ma si affiancano ad esso per proporre percorsi virtuosi di rinnovamento ambientale. Sempre più spesso, infatti, aziende d’accordo con i dettami ambientalisti stipulano contratti sociali con gruppi della società civile per migliorare le proprie

“carriere ambientali” e per scongiurare il pericolo di boicottaggi e proteste dei consumatori.

Inoltre, i nuovi movimenti ambientalisti mettono in atto strategie al fine di sfruttare il potere del consumatore per favorire il rinnovamento ecologico. Attraverso la produzione delle etichette di impatto ambientale (sistema di labelling), le organizzazione ambientaliste sono in grado di provare l’influenza che queste hanno sulla scelta dei consumatori e, di conseguenza, quella dei produttori (Micheletti, 2003).

Infine, come ultimo punto della teoria, gli studiosi della Modernizzazione Ecologica evidenziano il cambiamento delle pratiche di discorso e la nascita di nuove ideologie legate all’ambiente. Nei discorsi ambientali contemporanei, la fondamentale contrapposizione tra ambiente ed economia, così diffusa del 1970, è quasi sparita del tutto. Questo vale sia per i discorsi fatti nei circoli policy-making, sia per quelli dei movimenti ambientalisti, sia per quelli che si sviluppano all’interno dei circoli imprenditoriali. Nelle attuali ideologie ambientali non sono più accettate come legittime posizioni né il radicale contro-posizionamento delle questioni economiche a quelle ambientali, né una totale trascuratezza dell’importanza delle problematiche ambientali (Mol, 2001, 62).

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 69-73)