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Il New Ecological Paradigm (NEP)

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 41-46)

1.2 DALL’ECOLOGIA UMANA AL NUOVO PARADIGMA ECOLOGICO

1.2.5 Il New Ecological Paradigm (NEP)

Street Journal, Detroit News da Moloney e Stovonsky (1971), oltre che dalla diffusione della stampa specializzata, che arriva a pubblicare una quantità di copie mai raggiunta prima19.

Nello sviluppare la loro analisi, quindi, Catton e Dunlap sono facilitati da numerosi elementi di novità che entrano a far parte della cultura americana del tempo. I mutamenti avvenuti negli anni Sessanta si pongono così indirettamente alla base della genesi del nuovo orientamento sociologico elaborato da Dunlap e Catton, il quale costruisce le proprie linee teoriche sulla base anche del contenuto dell’acceso dibattito sulle tematiche ambientali in cui si affrontano opinione pubblica, Stato, movimenti sociali e ambientali.

- molte differenze fra gli uomini risultano socialmente indotte piuttosto che innate; esse possono essere socialmente mutate, affinché le differenze indesiderabili possano venire eliminate;

- l’accumulazione culturale può consentire il progresso senza limiti, rendendo in ultima istanza risolvibili tutti i problemi sociali (Catton e Dunlap, 1978).

L’accettazione di un tale modello genera l’incapacità di riconoscere la piena esistenza di qualsiasi elemento di crisi, ivi comprese le crisi ambientali; la fiducia illimitata nelle capacità umane, elemento centrale del paradigma di crescita lineare e di sviluppo illimitato della sociologia mainstream, determina l’incapacità degli individui di riconoscere la cogenza dei concetti di rischio ambientale e di scarsità delle risorse, rendendo difficoltosa la problematizzazione degli assunti ottimistici del progresso ininterrotto delle società industriali.

Quando, nel corso degli anni Sessanta e Settanta, il paradigma di crescita lineare e di sviluppo illimitato viene criticato da più parti (cfr. Intr.), molti ricercatori appartenenti alle più svariate discipline scientifiche iniziano a proporre alternativi modelli socioeconomici di crescita, in cui viene posta sempre più al centro la relazione bi-univoca ambiente/società.

Catton e Dunlap, nel mettere a punto il Nuovo Paradigma Ecologico, affermano di muoversi lungo il cammino tracciato da altri studiosi che si collocavano su posizioni critiche nei confronti delle assunzioni presenti nel paradigma dell’esezionalismo umano.

Le teorie ecologiche elaborate da scienziati delle diverse discipline di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente, affrontando il tema dell’evoluzione del modello POET, ne costituiscono un esempio. Alcuni di questi lavori – tra cui ricordiamo l’articolo di P. Ehrlich (1968) sul rapporto tra crisi ambiente e pressione demografica o quello di Barry Commoner (1971) che studiava l’impatto ambientale dello sviluppo tecnologico – rappresentano riferimenti importanti per i due sociologi americani.

In queste opere, infatti, essi ritrovano sia un rifiuto dell’idea alla base del rapporto tra l’uomo e il suo ambiente, fondata su un dominio incontrastato del primo nei confronti del secondo, sia alcune critiche al modello di crescita illimitata dovuta ad utilizzo incondizionato delle risorse.

Le assunzioni del New Ecological Paradigm (NEP) si definiscono attraverso tre proposizioni fondamentali:

- gli esseri umani sono soltanto una specie tra le tante e sono inseriti in maniera interdipendente nelle comunità biotiche che formano la nostra vita sociale;

- i legami complessi di causa ed effetto e di retroazione nella rete bio-naturale producono molte conseguenze impreviste che si generano anche dall’azione umana intenzionale;

- il mondo è finito e pertanto esistono potenti limiti fisici e biologici che si oppongono alla crescita economica, al progresso sociale e ad altri fenomeni della società;

- l’inventiva umana può sembrare in grado di superare i limiti delle capacità di carico dell’ambiente, tuttavia le leggi ecologiche non possono essere abolite: l’uomo non può essere insomma esentato dai vincoli definiti dall’ambiente fisico e biologico e dalle regole che lo governano (Pellizzoni-Osti, 2003).

Appare ovvio, allora, che la sociologia debba necessariamente abbandonare la pretesa di porre le società umane al di fuori del mondo della natura, come se esse potessero esistere e svilupparsi indipendentemente dal complesso degli altri elementi che formano la realtà naturale.

Il NEP impone alla disciplina di occuparsi dell’intero quadro dei rapporti dell’uomo con l’ambiente, tanto sul piano cognitivo, quanto sul piano dei comportamenti e delle relazioni materiali. La nuova sociologia ambientale deve, quindi, partire dalla considerazione secondo cui le vicende umane sono profondamente interdipendenti con quelle degli ecosistemi (Mela, Belloni, Davico, 1998).

Dunlap e Catton studiano il complesso ecologico di Duncan e si accorgono che in esso, mentre l’organizzazione sociale (O) assume una posizione centrale, l’ambiente biofisico (E) appare sacrificato e si colloca in una posizione periferica. Per far fronte a questo limite, i due studiosi pongono l’ambiente come focus centrale del loro studio, in relazione al quale si modificano le altre tre variabili (P, O e T) del modello.

Il Nuovo paradigma ecologico ha contribuito in modo decisivo all’affermazione della sociologia dell’ambiente come campo di ricerca sociologica dotato di relativa autonomia e, soprattutto, ha messo in luce come il consolidamento di questo campo non possa aver luogo senza una svolta paradigmatica radicale, rivolta a un superamento dell’antropocentrismo implicito in quasi tutte le grandi scuole di pensiero sociologico. Il NEP, evidenziando il fatto che il benessere delle società moderne, con le loro complesse forme di organizzazione sociale e le tecnologie sofisticate, sia strettamente legato alla salute degli ecosistemi, rappresenta un importante passaggio nel processo di allontanamento del pensiero sociologico dall’HEP (Human

Exemptionalist Paradigm). Esso ha il grande merito di suggerire come le dinamiche delle moderne società industriali possano essere comprese solo tenendo in considerazione i loro crescenti impatti ecologici e i problemi sociali che derivano da tali impatti.

Uno dei maggiori sviluppi del New Ecological Paradigm è senz’altro rappresentato dall’analisi che Dunlap (1992) ha condotto sui maggiori problemi ambientali. Detto con le sue stesse parole: «Invece di cercare di passare in rassegna tutte le condizioni che impattano sull’aria, sull’acqua e sulla terra, esamineremo le dimensioni sottostanti tali problemi, focalizzandoci sulla relazione tra esseri umani e ambiente, analizzando tale relazione da una prospettiva ecologica».

In tale studio, l’autore spiega come l’ambiente svolga principalmente tre funzioni nei confronti degli esseri umani: non solo esso rappresenta un luogo dove gli uomini possono vivere ed esercitare le proprie attività, ma fornisce loro anche le risorse necessarie per vivere, e, infine, agisce come “pozzo di assorbimento” per i rifiuti delle società industriali moderne. Tali funzioni, definite “spazio vitale” (living space), “riserva di risorse” (supply depot), e “pozzo di assorbimento dei rifiuti” (waste repository), risultano strettamente interconnesse l’una all’altra e ogni ambiente può potenzialmente svolgerle simultaneamente (Fig. 3).

La capacità dell’ambiente di esercitare queste tre funzioni, tuttavia, non è illimitata: le tre funzioni si trovano in competizione l’una con l’altra, in quanto l’utilizzo da parte dell’uomo dell’ambiente per una di queste può interferire con la sua capacità di svolgere le altre due. Ad esempio, l’impiego di un’area geografica come deposito di rifiuti tende a rendere la stessa meno desiderabile come “spazio vitale” o “riserva di risorse”; in modo simile, la costruzione di un edificio su un terreno che prima era agricolo ne riduce la capacità di fornire risorse.

Come si evince dalla fig. 2, ciò che distingue la situazione odierna da quella del passato e la rende particolarmente grave è rappresentato non solo dal fatto che la competizione tra queste tre funzioni è aumentata enormemente, in quanto è cresciuta di molto la pressione che gli esseri umani esercitano sull’ambiente, ma anche dal fatto che la crescita delle tre funzioni potrebbe avere oramai superato la capacità di carico del Pianeta, cioè la capacità dell’”Ecosistema Terra”

di supportare le attività antropiche senza subire alcun danno permanente.

Il NEP attira su di sé varie critiche. Una, di carattere formale, concerne l’uso improprio del termine “paradigma” per riferirsi ad orientamenti assai generali (Beato, 1993). Secondo Gouldner infatti, più che un insieme condiviso di credenze, valori, tecniche ed esempi, Dunlap e

Catton si occupano di fornire delle “assunzioni di sfondo” (1978). Buttel (1978), invece, critica nel lavoro dei due sociologi americani la mancanza di ipotesi precise riguardo l’influsso dei vincoli ambientali sull’organizzazione sociale.

fig. 2

Fonte: (Dunlap, 1992)

Per difendersi da questo tipo di critiche, Dunlap e Catton decidono di rendere più incisivo il l’impianto teorico del modello da loro costruito. Influenzati dal lavoro effettuato dai principali scienziati sul Complesso Ecologico di Duncan (cfr. § 1.2.3), i due autori trasformano il modello seguendo i dettami della teoria di Parsons (1951), facendo, cioè, “esplodere” il concetto di organizzazione (O) in tre sistemi distinti: il sistema sociale, il sistema culturale e il sistema della personalità (fig.3).

Secondo Beato, questa nuova impostazione presenta degli oggettivi vantaggi: evita di scadere sia nel determinismo ambientale, sia nel determinismo culturale; sfugge alla visione della manipolabilità della natura in base alle diverse visioni e interessi degli attori sociali; infine, mostra l’insostenibilità delle spiegazioni monocausali del degrado ambientale, siano esse incentrate sull’aumento della popolazione, sull’uso distorto della tecnologia, su disfunzioni organizzative o altro (Beato 1993).

Living space

Waste repository Supply

depot space

Sup.

depot Living space

Waste repository

1.a Situazione del 1900 1.b Situazione attuale

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 41-46)