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Le teorie della modernità: Modernizzazione Riflessiva e Modernizzazione Ecologica

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 53-59)

1.3 TEORIE CONTEMPORANEE DELLA SOCIOLOGIA AMBIENTALE

1.3.4 Le teorie della modernità: Modernizzazione Riflessiva e Modernizzazione Ecologica

di un democratico dialogo fra tutta la cittadinanza. In questa nuova società la larga partecipazione dei cittadini alla vita politica, l’accresciuta importanza del ruolo dei movimenti sociali (femministi, ambientalisti, riformisti ecc.) diventano la spinta propulsiva da cui prendono il via le nuove azioni politiche (Benton, 2002).

Giddens, nel ricercare le cause che hanno condotto alla fine della fase della prima modernità, afferma che la tradizione politica conservatrice, liberale e socialista – collegata alla modernità semplice – sia stata esautorata dalla nascita di una serie di fenomeni sociali che hanno avuto origine a partire dagli Sessanta e Settanta. Tali processi, che rappresentano il nucleo tematico della teoria giddensiana, sono rappresentati dalla globalizzazione, dalla de-tradizionalizzazione e dalla riflessività sociale (Giddens, 1994).

Il sociologo inglese, infatti, insiste sull’importanza che le nuove tecnologie di comunicazione e di trasporto di massa prodotte dalla globalizzazione hanno assunto nel trasformare le forme dell’economia capitalistica e del vivere civile della società moderna. Infatti, la maggiore mobilità e l’accesso a un numero sempre più grande di informazioni hanno permesso ai cittadini europei di mettersi in contatto con popoli di lingua, cultura, tradizioni diverse, dai quali, in alcuni casi, essi hanno mutuato usi e comportamenti, affiancandoli a quelli propri della tradizioni della “modernità semplice”. Questo processo, che alcuni autori chiamano

“cosmopolitanesimo culturale”, secondo Giddens, è il principale responsabile della crisi che ha colpito le tradizioni e i valori su cui si fondava la prima modernità. Infatti, le tradizioni che per decenni hanno regolamentato gli stili e i modelli di comportamento di comunità locali si trovano ora a doversi legittimare di fronte a stili di vita alternativi, fino a poco tempo fa quasi del tutto sconosciuti. A un tratto, gli individui si accorgono di non avere più l’obbligo di replicare con i loro comportamenti gli stili di vita messi in atto da altri membri della comunità a cui appartengono fin dalla nascita, ma si trovano ad avere la facoltà di potere affrontare scelte riguardanti molti aspetti di vita sociale utilizzando criteri individuali. Questi cambiamenti se, da una parte, conferiscono maggiore libertà ai cittadini della seconda modernità, dall’altra fanno insorgere, nella quotidianità, una serie sempre maggiore di dubbi nel cittadino. Venuta meno l’appartenenza a una comunità, a un gruppo sociale che influenzava l’individuo in molti aspetti della vita, molte scelte di vita – come l’opportunità di avere o meno dei figli, il tipo di abbigliamento da indossare, l’adesione a una fede religiosa o ad un’altra – vengono

sistematicamente problematizzate. Pertanto, la costituzione dell’identità diventa un processo

“riflessivo”.

Le nuove condizioni create dal processo di modernizzazione riflessiva, secondo Giddens, rendono di fatto obsolete anche le tradizioni politiche della fase di modernità precedente: forme tradizionali di identità di classe si dissolvono; cambiamenti nel mercato del lavoro e nelle relazioni in genere rendono di fatto le istituzioni del Welfare State insostenibili e inappropriate;

la globalizzazione e la riflessività negli stili di vita rendono impraticabile il sistema centralizzato del controllo economico; i partiti classici perdono la loro legittimità. In risposta alla crisi del sistema politico/amministrativo come veniva concepito dalla prima modernità, emergono, dal basso, nuovi movimenti sociali che hanno lo scopo di radicalizzare la democrazia e combattere le forme di sorveglianza e di autoritarismo.

L’impianto teorico del già citato Beck, l’altro grande esponente della modernizzazione riflessiva, pur presentando molti punti in comune con il pensiero di Giddens, sviluppa maggiormente la dimensione ecologica. Secondo Beck, i rischi e l’incertezza pervadono tutte le sfere della vita sociale personale. La pervasività del rischio, in particolare quello generato dalle tecnologie di larga scala, conduce lo scienziato sociale tedesco a postulare un cambiamento della politica in associazione con la modernizzazione riflessiva. In Beck due gruppi di tematiche sono preminenti.

La prima è la supposta morte del conflitto di classe circa la distribuzione dei beni. Beck assume che concetti come conflitto di classe tra capitale e lavoro, caratteristiche della modernità semplice, siano da considerarsi superati nel processo di seconda modernizzazione, soppiantati sia dalle nuove sfide che la politica del nuovo millennio si trova ad affrontare, sia dall’emergenza di nuovi modelli di coalizione e cleavage tra i gruppi della società. Giddens e Beck sono d’accordo nel giudicare ancora gravi le ineguaglianze nella distribuzione dei beni materiali tra gli strati della società, disparità che continuano a sussistere anche nell’era della modernizzazione riflessiva, ma, per contro, i già citati processi di globalizzazione, de-tradizionalizzazione e di riflessività erodono le forme tradizionali di coscienza e identità di classe. Per questa ragione le relazioni di classe diventano sempre più individualizzate, tanto da rendere inattuabile un’azione di classe collettiva.27 Beck indica uno slittamento che si verifica

27. Sul contemporaneo dibattito sulla “morte di classe”, vedi, fra gli altri, l’opera di Lee e Turner (1996).

nelle agende politiche delle società contemporanee e che si invera nella trasformazione del conflitto (di classe) sulla distribuzione dei beni in un conflitto (non di classe) sulla distribuzione dei mali, ad esempio, i costi ambientali dovuti al continuo sviluppo tecnologico e industriale (Beck, 1986). Dalla formazione dei nuovi modelli di conflitto nella società del rischio, spiega Beck, derivano congiunturali cambiamenti dei modelli di coalizione che si formano in rapporto ai rischi. Possiamo immaginare lavoratori e manager di un settore fortemente inquinante trovare l’opposizione di un gruppo di individui formato da lavoratori di settori accomunati unicamente dalla lotta contro la emissione di fumi inquinanti.

Il secondo gruppo di tematiche presenti nella tesi di Beck riguarda la rottura che avviene nell’era della modernizzazione riflessiva nei confronti delle politiche del passato. Questo avvenimento si correla strettamente con le tematiche di rischio ambientale. Secondo Beck, durante la semplice modernizzazione, la legittimazione degli organi governativi era raggiunta attraverso il progressivo sviluppo del Welfare State, attraverso cui le istituzioni pubbliche o private fornivano garanzie per combattere la varietà del rischi in cui un cittadino può incorrere nelle varie stagioni della vita. Tali garanzie erano espresse, ad esempio, sotto forma di cure per la salute pubblica, pensioni, leggi contro la disoccupazione e i bassi salari.

La modernizzazione riflessiva è caratterizzata da cambiamenti della relazione tra i generi, dalla rottura del nucleo familiare, da un mercato del lavoro flessibile e, soprattutto, di rischi di mai vista grandezza e incalcolabilità che mettono in crisi il sistema di Welfare State, sempre più in difficoltà nel riuscire a dare risposte efficaci in modo tempestivo.

Nei suoi successivi lavori, Beck (1995; 1997) ha cercato di fornire una soluzione alla insufficienza della risposta da parte del sistema politico al crescente elemento di rischio che pervade la nuova società. Lo fa introducendo – con le necessarie cautele – la nozione di

“subpolitics”, un concetto che potrebbe emergere in risposta a questa situazione e che sarebbe in grado di favorire una più democratica partecipazione nelle attuali decisioni attualmente prese dalle gerarchie di tecnocrati e di top manager. Costruendo la sua teoria della società del rischio, Beck sostiene che i problemi contemporanei – per la maggior parte di natura ambientale – non possono più essere trattati allo stesso modo dell’epoca precedente, quando, cioè, veniva posta una grande enfasi sul ruolo giocato dall’organo statale e da quello degli scienziati nel porre rimedio alle crisi ecologiche. Poiché la realtà sociale sta mutando velocemente in modi inattesi, dice Beck, scienza e tecnologia sono obbligate ad abbracciare una realtà più ampia di interessi

sociali: le conquiste del sapere esperto si integrano alle conoscenze di gruppi della società civile e le volontà degli organismi governativi si intrecciano con la rete della sub-politics, sfera in cui agiscono attori esclusi dal sistema politico e corporativo e che, per la prima volta sono ammessi ad entrare e giocare una parte attiva nella progettazione del disegno sociale (Beck, 1994, 22). I cittadini della seconda modernità vengono a giocare un importante ruolo nel processo di decision-making: la società civile guadagna un maggior potere decisionale e di trasformazione del sistema sociale, da cui ne discende il mutamento di molti sistemi un tempo “indipendenti”, come quello della scienza, verso un processo di democratizzazione.

Nella sua analisi Beck non sembra disfattista. Malgrado i grandi problemi che la società contemporanea evidenzia, l’autore ha più volte sottolineato una fiducia in un miglioramento futuro. La società del rischio – dice Beck – è una società che ha a disposizione nuove possibilità di trasformazione e di sviluppo razionale: essa presenta tratti importanti di progresso come quelli di una maggiore uguaglianza, una maggiore libertà individuale ed una maggiore autoformazione rispetto al passato.

Per quanto riguarda la trattazione del secondo approccio teorico entrato a far parte del novero delle teorie della Modernità rimandiamo al capitolo successivo, quando, cioè, presenteremo nel dettaglio le caratteristiche e gli sviluppi, i principali esponenti e le critiche ad esso rivolte. In questa sede ci preme sottolineare il fatto che esso presenta evidenti punti di vicinanza con la teoria della Modernizzazione Riflessiva. Entrambi gli approcci, infatti, studiano la società contemporanea come il risultato di una serie di passaggi o fasi di sviluppo sociale, che vanno dalla società tradizionale (o premoderna), alla “modernità semplice”, per giungere, infine, a una seconda fase della modernità, un periodo di sviluppo profondamente caratterizzato dal rischio e dall’incertezza. Inoltre, ambedue i modelli teorici pongono in grande risalto l’importanza dell’innovazione industriale e tecnologica nelle questioni relative alla tutela ambientale, e non più solamente in funzione delle logiche di profitto dell’economia capitalista.

Infine, come Beck, Giddens e altri studiosi della modernità, anche i teorici della Modernizzazione Ecologica sono inclini a licenziare il significato classico di politica di classe.

Tuttavia, tra i due paradigmi sussiste una fondamentale differenza. Infatti, se i teorici della Modernizzazione Riflessiva invocano la nascita di nuove forme di attivismo politico, finalizzate alla costruzione di una “nuova” modernità, gli studiosi della Modernizzazione Ecologica propongono una visione differente. Nel paradigma da essi suggerito, infatti, i cambiamenti

sociali in atto nella società non conducono a un superamento dell’attuale fase di modernità, ma, al contrario, rafforzano il ruolo giocato dalle istituzioni della tarda modernità (stato, mercato, scienza e tecnologia), le quali mantengono una grande importanza nella costruzione del processo di rinnovamento ambientale.

CAPITOLO 2. LA TEORIA DELLA MODERNIZZAZIONE

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 53-59)