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L’Ecologia Umana

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 30-33)

1.2 DALL’ECOLOGIA UMANA AL NUOVO PARADIGMA ECOLOGICO

1.2.1 L’Ecologia Umana

Il filone sociologico della tradizione classica che indaga più da vicino la relazione tra ambiente e società all’inizio del XX secolo è quello sviluppatosi dalla “Scuola della ecologia sociale urbana”, meglio nota come Scuola di Chicago. Per Scuola di Chicago, in sociologia s’intende la comunità scientifica nata e operante presso il Dipartimento di Sociologia e Antropologia culturale in quella città, che ha prodotto ricerche soprattutto riguardanti la realtà urbana e ha dato luogo ad una serie di pubblicazioni che sono entrate a far parte della

“Sociological Series” della Chicago University Press. Fondata a Chicago nel 1882 per opera di Albion W. Small, la Scuola di Chicago si sviluppa principalmente negli anni successivi al primo dopoguerra, grazie al lavoro dei due sociologi Robert Ezra Park e Ernest Burgess, alla cui elaborazione si aggiungono, ben presto, i contributi di Roderick Mckenzie e la realizzazione di una serie di ricerche condotte da giovani allievi del Dipartimento8. Al centro del lavoro dei sociologi si pone lo studio delle profonde trasformazioni che la città subisce. Per fare questo, gli ecologisti umani avevano a disposizione la città industriale di Chicago, laboratorio naturale per lo studio della crescita e il cambiamento delle comunità sociali presenti sul territorio.

La rilevanza che questo gruppo di scienziati assume nella storia del pensiero sociologico in generale, e nella sociologia ambientale in particolare, consta nell’avere interpretato per la prima

8. Fra le tante ricerche svolte della Scuola di Chicago svolte in quegli anni, ricordiamo: Nels Anderson (The Hobo, 1923), Louis Wirth (The Ghetto, 1928), Frederic Trasher (The Gang, 1927), Ruth Cavan (Suicide, 1928), Harvey Zorbaugh (The Gold Coast and the Slum, 1929), Clifford Shaw (The Jack Roller, 1930 e The Natural History of a Delinquent Career, 1931), Paul Cressey (The Taxi-Dance Hall, 1932), Franklin Frazier (The Negro Family in Chicago, 1932), Walter Reckless (The Vice in Chicago, 1933). A queste saranno si ispireranno le teorie dell’ecologia neoclassica sviluppate da A. Hawley (1950) e dai suoi allievi.

volta in modo sistematico il ruolo del fattore biofisico come una delle variabili causali e dipendenti necessarie per comprendere le dinamiche di cambiamento dei fenomeni sociali.

Difatti, l’Ecologia Umana – questo il nome della disciplina creata dalla Scuola di Chicago – consiste nello studio delle relazioni spaziali e temporali degli esseri umani, influenzati dalle forze selettive, distributive e adattive che agiscono nell’ambiente (Park et al., 1925 in Gubert, Tomasi, 1995).

Risentendo della forte influenza di Darwin, di Durkheim, e dei bio-ecologisti9, l’Ecologia Umana tenta di applicare alle società umane le caratteristiche evolutive rinvenibili nel mondo vegetale e animale, teorizzando l’esistenza di un ordine biotico – una base biologica innata e caratteristica della specie umana – come principio fondante dell’ordine sociale (Mela et al.

1998).

La visione della società che l’Ecologia Umana propone è di tipo “conflittualista”: i cambiamenti sociali che si verificano nel tessuto urbano non avvengono mai in modo pacifico.

Secondo Park e Burgess, lo sviluppo delle comunità umane è il prodotto di una dinamica ecologica generata da un processo competitivo che le diverse popolazioni urbane innescano nel tentativo di accaparrarsi territori il più possibile rispondenti alle loro necessità. Al momento di lotta fa seguito un secondo momento, che viene detto di assestamento o di simbiosi, il quale dà conto delle molteplici forme di integrazione tra popolazioni e territorio, nonché del tessuto culturale degli abitanti all’interno di un’area naturale: è questa la fase in cui gli attori in competizione raggiungono un compromesso tra loro e con il loro ambiente.

Come espresso con chiarezza da Buttel e Humphrey (2002), la scuola di Chicago ha adattato allo studio delle società umane la concettualizzazione della lotta competitiva tra gli animali e le piante per il procacciamento delle risorse. Park e Burgess hanno, inoltre, riconosciuto che l’interdipendenza funzionale tra le popolazioni umane richiede una certa cooperazione, così che il processo sottostante gran parte del comportamento umano è rappresentato da quella che loro chiamano una cooperazione competitiva.

Un secondo elemento di interesse della teoria della Scuola di Chicago attiene all’elaborazione del nuovo concetto di sistema ecologico. Secondo Park, infatti, il territorio urbano consiste in una costellazione di aree naturali, zone che presentano omogeneità per

9. Sui rapporti tra le teorie di Darwin quelle dei biologi e la sociologia di Durkheim, si veda § 1.1.4

quanto riguarda la natura sociale o etnica dei loro abitanti o circa gli stili di vita adottati da essi.

Queste aree sono di grande interesse nell’ambito degli studi delle scienze sociali perché sono il risultato dell’interazione tra i principi naturali e i meccanismi di natura sociale. Le aree naturali si costituiscono dall’incontro tra «i principi che regolano ontogeneticamente tutte le specie umane» (principi universali ascrivibili alla dimensione naturale – l’ambiente), e i processi che regolano le attività messe in atto in modo “esclusivo” dalla comunità presente nell’area studiata, meccanismi che rimandano alla dimensione culturale economica e sociale. Park considera la costruzione fisica degli spazi e quella culturale degli abitanti come aspetti diversi di un unico complesso sociale. La città è piuttosto uno stato d’animo, un corpo di costumi e di tradizioni, di atteggiamenti e di sentimenti organizzati entro questi costumi e trasmessi mediante questa tradizione. Essa è un prodotto della natura umana.

Per individuare le caratteristiche fondamentali delle aree naturali della città, gli ecologisti umani affrontano tematiche di diverso genere, come l’evoluzione delle società e le forme di organizzazione della popolazione, la mobilità e la comunicazione (Buttel, Humphrey, 2002).

Tra queste, meritano una particolare attenzione gli studi svolti circa il fenomeno del boom demografico. Secondo la Scuola di Chicago, la crescita di densità della popolazione determina una differenziazione delle funzioni all’interno della società civile, la quale creerebbe come immediata conseguenza anche una differenziazione spaziale degli spazi occupati dai diversi lavoratori. La specializzazione del lavoro industriale, creando classi sociali di diverso potere contrattuale sul mercato dell’edilizia, determina la nascita del modello residenziale segregato, un processo di redistribuzione della popolazione urbana in base al quale i gruppi più ricchi della comunità, dotati della forza contrattuale e del potere di acquisto (in grado, cioè, di affrontare gli alti costi dei terreni), si stabiliscono in esclusive zone residenziali, mentre i gruppi più poveri, impossibilitati a competere sul mercato immobiliare, risiedono in transitori slums, spesso destinati a venire rimpiazzati dalle attività commerciali in espansione dal cuore della città.

Inoltre, per gli studiosi della Scuola di Chicago, anche i fattori culturali esercitano un ruolo di primo piano nel determinare il flusso delle popolazioni urbane da una area naturale all’altra.

Sono, infatti, anche i costumi e le tradizioni delle diverse etnie a decretare, attraverso la nascita di sentimenti di attrazione e repulsione verso le zone della città, la nascita delle identità sociali territorialmente collocate.

Ogni area naturale tende a raccogliere, dal flusso dinamico in competizione della popolazione urbana, gli individui ad essa predestinati: essi, a loro volta, conferiscono a quella stessa area un carattere peculiare. Come risultato di questa segregazione, le aree naturali della città tendono a diventare anche aree culturali specifiche: una Black Belt, una Harlem, una Gold Coast, una Little Italy; ognuna con il proprio caratteristico complesso di istituzioni, usanze, opinioni, tenori di vita, tradizioni, sentimenti ed interessi.

L’individualità fisica delle aree naturali urbane è accentuata, a sua volta, dall’individualità culturale delle popolazioni segregate al loro interno. Aree naturali e gruppi culturali tendono a coincidere. Quindi, un’area naturale è un’area geografica caratterizzata tanto da una individualità fisica quanto dalle caratteristiche culturali della gente che la abita.

Ferme restando le critiche che si possono muovere all’ingenuità e al semplicismo con cui il gruppo di studiosi che gravitavano attorno alla Scuola di Chicago ha ritenuto di risolvere il rapporto tra società e ambiente, si deve tuttavia riconoscere che questo approccio ne rappresenta la prima tematizzazione esplicita in campo sociologico, un tentativo rimasto a lungo isolato fino al risveglio di interesse dei nostri giorni (Mela et al. 1998 ).

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 30-33)