• Non ci sono risultati.

Il sistema energetico in Italia: dalla nazionalizzazione alla svolta “ambientalista”

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 166-170)

CAPITOLO 4. I PRINCIPALI RISULTATI DELL’ANALISI DOCUMENTALE

4.4 LA MODERNIZZAZIONE ECOLOGICA DEL SISTEMA ENERGETICO ITALIANO

4.4.1 Il sistema energetico in Italia: dalla nazionalizzazione alla svolta “ambientalista”

Per comprendere appieno la situazione attuale del settore energetico nazionale, dobbiamo soffermarci sulle vicende storiche che hanno interessato l’Italia a partire dal 27 novembre 1962, giorno in cui la Camera dei Deputati approva, dopo lungo dibattito parlamentare, il provvedimento di nazionalizzazione del sistema elettrico, con l’obiettivo di utilizzare in modo ottimale le risorse, di soddisfare la crescente domanda di energia e di consentire condizioni uniformi di trattamento. Il 6 dicembre dello stesso anno, infatti, il provvedimento diventa legge e sancisce la nascita di Enel (Ente Nazionale per l’Energia Elettrica), l’ente a cui si riserva il compito di esercitare le attività di produzione, importazione ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica42. Un’importante conseguenza di questo accadimento riguarda la trasformazione delle reti di trasporto.

L’azienda, per ovviare alla parcellizzazione e alla disomogeneità delle reti esistenti, intraprende un grande progetto di elettrificazione, che prevede il riordino, l’ammodernamento e lo sviluppo della rete di distribuzione, i collegamenti elettrici con le isole e l’inizio della realizzazione delle dorsali a 380 kV che dovranno trasportare l’energia lungo tutta la penisola e connetterla con l’estero. Un secondo elemento di novità rispetto al passato deriva dall’importanza che assume il sistema di produzione termoelettrico, il quale, nel 1967, a cinque anni dalla nascita di Enel, diventa, superando l’idroelettrico, il sistema di produzione energetica più utilizzato a livello nazionale.

Tuttavia, i limiti legati a questa scelta si presentano pochi anni dopo, con lo scoppio della guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur. Il conflitto innesca la prima grande crisi energetica e il petrolio, la fonte su cui si basava lo sviluppo industriale dell’Occidente, viene utilizzato

42. Le informazioni contenute nel presente paragrafo sono in parte desunte dal sito internet www.enel.it.

come strumento di contrattazione dai paesi arabi. I continui rincari di prezzo del greggio costringono i paesi consumatori a varare misure di emergenza per fronteggiare la crisi, le cosiddette “strategie di austerity”. Per fronteggiare la crisi petrolifera, Enel ratifica un nuovo programma che prevede la realizzazione sia di nuovi impianti nucleari, sia di impianti idroelettrici di pompaggio per coprire il fabbisogno elettrico nelle ore di maggiore consumo.

Inoltre, vengono introdotte misure governative per le limitazioni dei consumi di elettricità che rimarranno nella memoria collettiva43. Per affrontare la crisi energetica, il governo nazionale integra le disposizione di Enel sul nucleare con nuove disposizioni a favore del risparmio energetico e della produzione di energia da fonti alternative al petrolio, che confluiscono nel Piano Energetico Nazionale presentato nel luglio 1975 dal Ministro dell’Industria.

La successiva guerra tra Iran e Iraq (1980) incrementa ulteriormente i prezzi del greggio, che raggiungono in media i 36 dollari al barile, quasi il doppio del livello medio del 1979 e quasi il triplo di quello del 1978. Questo meccanismo porta l’Italia alla fase di recessione economica – definita “da petrolio” – che registra una contrazione del prodotto interno lordo dello 0,2 per cento, un tasso di inflazione del 18,7 per cento (quasi doppio rispetto alla media degli altri Paesi industrializzati) e un forte deficit della bilancia dei pagamenti. Con la fine del conflitto medio-orientale, la situazione energetica nel mondo occidentale tende a stabilizzarsi.

Grazie agli investimenti nell’idroelettrico e alla costruzione di nuove centrali nucleari, all’inizio degli anni Ottanta si assiste alla diminuzione della dipendenza dai prodotti petroliferi nella copertura del consumo energetico italiano. La soddisfazione del bisogno di energia nazionale da petrolio scende a quota 58,5 per cento contro il 75,3 del 1973, anche se, tenuto conto delle altre fonti energetiche d’importazione, la dipendenza dall’estero (81,3 per cento) rimane sostanzialmente la stessa del 1973 (81,8%).

Agli inizi del 1986 viene deliberato l’aggiornamento del nuovo Piano Energetico Nazionale, già approvato nel 1981. La novità consiste in uno specifico paragrafo per l’ambiente e la sicurezza. Oltre alla costruzione di impianti idroelettrici, geotermici e termoelettrici a carbone, il programma prevede anche la costruzione di impianti nucleari per 12.000 MW. Il 26 aprile di quell’anno, però, un gravissimo incidente alla centrale nucleare di

43. In Italia si apre la stagione delle “domeniche a piedi”, il prezzo di benzina e gasolio subisce un aumento, viene ridotto l’orario di apertura dei negozi, l’illuminazione pubblica viene pressoché dimezzata e le trasmissioni televisive terminano alle 22,45.

Chernobyl, in Ucraina, provoca una nube radioattiva che si estende per tutta Europa. Il bilancio ufficiale è di 31 morti per l’esplosione del reattore, ma nei mesi successivi moriranno 2.000 persone per gli effetti delle radiazioni, mentre le proiezioni per gli anni seguenti vanno dai 10.000 ai 125.000 morti o gravemente ammalati. Il disastro di Chernobyl blocca di fatto l’attuazione del Piano Energetico Nazionale e l’apertura dei nuovi cantieri, non solo per le centrali nucleari, ma anche per quelle a carbone. Il Parlamento discute della politica energetica e con due risoluzioni impegna il Governo a convocare una Conferenza Nazionale sull’Energia, con il compito di fornire contributi informativi e di approfondimento per una verifica delle scelte di politica energetica, con particolare riguardo allo sviluppo della componente nucleare.

L’8 novembre 1987 si svolgono tre referendum sulle centrali elettriche nucleari e due sulla giustizia. La maggioranza dei votanti si esprime per la rinuncia all’energia nucleare.

Considerati i risultati del referendum, il Governo procederà alla sospensione dei lavori della centrale di Trino 2, alla chiusura della centrale di Latina, alla verifica della sicurezza delle centrali di Caorso e di Trino 1 e alla verifica della fattibilità di riconversione della centrale di Montalto di Castro.

Negli anni Novanta avviene la svolta in senso ambientale del mercato energetico italiano.

L’interesse crescente verso i temi ambientali sfocia nell’inizio in sempre più frequenti collaborazioni tra Enel e le associazioni per la difesa della natura. Contemporaneamente, la Legge n. 9 del Gennaio 1991 e la n. 333 del Luglio 1992, primi passi rispettivamente verso la liberalizzazione del settore della produzione di energia elettrica e verso la privatizzazione di Enel, segnano (come vedremo nei paragrafi successivi) due tappe fondamentale per l’avvio del processo di trasformazione dell’assetto energetico nazionale.

Sempre dello stesso anno, inoltre, il legislatore italiano sceglie di promuovere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, quale elemento caratterizzante della propria politica ambientale. Con delibera n. 6 del 29 aprile 1992, il Comitato Interministeriale Prezzi (CIP) fissa i costi relativi alla cessione, alla distribuzione e alla produzione per conto di Enel, e i parametri relativi allo scambio dell’energia elettrica prodotta da impianti utilizzanti fonti rinnovabili o assimilate44, assicurando prezzi e parametri incentivanti. L’incentivazione è

44. Sono considerati impianti alimentati da fonti assimilate: quelli in cogenerazione; quelli che utilizzano calore di risulta, fumi di scarico e altre forme di energia recuperabile in processi e impianti; quelli che usano gli scarti di lavorazione e/o di processi e quelli che utilizzano fonti fossili prodotte solo da giacimenti minori isolati.

finalizzata al recupero accelerato del capitale investito, calcolato attraverso parametri diversi per ogni specifica tipologia di impianto, in modo da favorire le tecnologie ecocompatibili, non ancora in grado di essere prodotte a prezzi di mercato. Il criterio utilizzato per la determinazione dei prezzi di cessione è quello del costo evitato di Enel, a sua volta composto da costi di impianto, di esercizio, di manutenzione, spese generali e costo del combustibile. Il prezzo di cessione include, per i primi otto anni di esercizio, un’ulteriore componente – la cosiddetta componente incentivante – correlata ai maggiori costi derivanti dalla tecnologia impiegata nelle diverse tipologie di impianti (ad es. idroelettrici, eolici, geotermici).

Tuttavia, in questo periodo, a differenza del ventennio 1975-1995, la crescita economica non mostra più tassi di variazione superiori a quelli relativi al consumo di energia. Si registra, infatti, un’inversione del trend, in cui i tassi di variazione PIL sono inferiori (talvolta addirittura di segno negativo) a quelli dei consumi energetici. Il vertice viene raggiunto nel 2005, anno in cui, malgrado il forte rallentamento del PIL, si verifica un innalzamento della domanda complessiva d’energia e dell’intensità energetica45. Il lieve aumento delle quote di energia da fonti rinnovabili avvenuta in seguito all’attuazione delle politiche del CIP 6/92 contribuisce solo in piccola parte a soddisfare il fabbisogno energetico totale, pertanto l’aumento dei consumi viene principalmente soddisfatto attraverso il ricorso al gas naturale, la cui quota complessiva (anche in ragione di una progressiva riduzione del consumo di prodotti petroliferi46) è passata dal 10% al 31% in pochi anni, mentre sostanzialmente stabili rimangono le quote di energia dai combustibili solidi, che risultano fermi al 7%, con una bassissima presenza di carbone (fig. 5)

Alcuni autori, come Degli Espinosa e Ronchi, si dicono preoccupati delle attuali linee di sviluppo del sistema di approvvigionamento energetico del nostro paese e sostengono che non

45. L’intensità energetica, indicatore di sintesi tra i più ricorrenti nell’ambito delle analisi delle politiche energetico-ambientali e delle istituzioni di rilievo internazionale (fra cui UNCSD, EEA, OECD…), viene impiegato per misurare a livello aggregato le performance di un paese dal punto di vista dell’efficienza energetica e si ottiene dal rapporto tra il consumo di energia (misurato secondo un’unità energetica, ad esempio la tep) e un indicatore di attività (in unità monetarie), che per un sistema economico nazionale è rappresentato dal prodotto interno lordo (PIL).

46. Il Rapporto sull’energia del 2005 mostra come in Italia, nonostante un calo rispetto agli anni precedenti, il petrolio continui a costituire la fonte principale di energia, con valori superiori agli 80 Mtep, pari al 48% del totale, la quota più elevata tra i paesi europei.

potranno replicarsi a lungo nel corso del tempo47. Oltre alle già citate problematiche legate all’esaurimento dei giacimenti di petrolio e gas naturale, infatti, la situazione energetica nazionale sarebbe aggravata dal fatto che in Italia la domanda di energia cresce in modo più rapido rispetto ad altri paesi e, in essa, assume particolare importanza la dipendenza dall’estero per quanto riguarda l’approvvigionamento di materie prime. Se gli stati dell’Unione europea, infatti, si basano sulle importazioni per soddisfare mediamente il 50%

del proprio fabbisogno, l’acquisto di materiali sul mercato estero costituisce l’84,5% della produzione totale di energia in Italia (fig. 6).

La disponibilità limitata di risorse petrolifere nel sottosuolo e l’incapacità delle tecnologie tradizionali di soddisfare la crescente domanda energetica senza aumentare la pressione sull’ambiente e sulla salute dell’uomo inducono a un cambiamento immediato dei sistemi energetici in atto. In questo contesto nascono le premesse per l’attuazione della modernizzazione ecologica del settore energetico italiano, con cui i cicli di produzione di energia si trasformano in relazione a un maggiore rispetto dell’ambiente e a un’apertura del mercato energetico. Nei paragrafi che seguono, pertanto, ci proponiamo di verificarne il livello di attuazione, indagando le quattro dimensioni del concetto di “razionalità ecologica” nelle dinamiche di governance nel sistema energetico italiano48.

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 166-170)