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TRATTAZIONE DEI CONCETTI

3.1. CITTADINANZA GLOBALE

La nascita del concetto di cittadinanza globale è strettamente legato alla riflessione sul significato dello sviluppo e alla maturazione di una nuova consapevolezza sui limiti di quest’ultimo, come è stato descritto nei capitoli a questo dedicati. La crescente interdipendenza di tutti i Paesi sotto il profilo economico, tecnologico ed ecologico che caratterizza il fenomeno della globalizzazione, richiede una revisione del tradizionale concetto di cittadinanza legato ai confini di uno Stato e un’apertura alla pluralità e alla diversità, nella consapevolezza di far parte di un unico sistema. Un Mondo227 è infatti il titolo del contributo di Wolfgang Sachs dedicato all’esame di questo fenomeno di crescente interdipendenza, esame da cui è maturata la critica alla corsa alla crescita economica. Nel concetto di cittadinanza globale quindi convergono diverse istanze, dove l’obiettivo della formazione del cittadino (partecipazione, senso di responsabilità, capacità di giudizio autonomo e così via) trova nell’attenzione alle problematiche della globalizzazione (principalmente lo sviluppo, come si è visto, ma anche la giustizia sociale, la democrazia, i diritti umani e civili, l’ecologia) maggiore aderenza all’attualità. In particolare il termine globale non indica solo i fenomeni che coinvolgono l’intero pianeta, quindi non significa esclusivamente complessivo, universale228, ma implica la necessità di una sinergia tra la prospettiva universale e quella locale; la prima si caratterizza tramite il riferimento a valori e principi etici al di là delle appartenenze nazionali e culturali, e la ricerca di soluzioni – nelle questioni economiche, ambientali, energetiche e così via – che possano avere una loro validità nel sistema-mondo considerato come un unicum; la seconda, quella locale, guarda alle diversità, alle particolarità dei singoli territori,

227 Cfr. Sachs 2004b; si veda anche le pagine dedicate a questo concetto dal curricolo Oxfam, cfr.www.oxfam.org (ultima consultazione 25.1.2012), dal Friedenspädagogisches Institut di Tubinga, cfr. www.friedenspädagogik.de (ultima consultazione 8.2.2012) e i capitoli dedicati a

Globales Lernen di Asbrandl/Scheunpflug 2007 e a Interkulturelles Lernen di Holzbrecher, dal testo Handbuch politische Bildung, a cura di Wolfgang Sander, cfr. Sander 2007.

228 Ivan Illich definisce neologismi surrettizi i vecchi termini con significato nuovo, tra cui appunto

sviluppo, ma anche povertà, bisogno e molti altri. Secondo lo studioso il problema nasce dal fatto che molti di coloro che utilizzano questi termini non sono consapevoli della loro nuova dimensione semantica. Cfr. Illich 1998, pag. 81.

delle loro culture e delle loro economie, che vanno tutelate, preservate, rispettate. È soltanto nella dialettica tra universalismo e localismo che si può trovare la formula di una globalizzazione positiva, degna di essere perseguita. Mentre quindi il termine globalizzazione indica il fenomeno in sé, con tutti i suoi aspetti positivi e negativi229, la cittadinanza globale viene presentata come un obiettivo da perseguire e costituisce, proprio perché implica un equilibrato rapporto tra localismo e universalismo, la strada verso una globalizzazione più umana, meno violenta dal punto di vista strutturale230, Globalizzazione e globale (quando quest’ultimo viene applicato alla parola cittadinanza) hanno quindi una valenza semantica diversa. Come il discorso sullo sviluppo e sullo sviluppo sostenibile, anche quello sulla cittadinanza globale può essere visto sia nell’ambito dell’educazione civica che in quello degli studi di pace: costituisce quindi uno di quei punti di convergenza delle due discipline, che spesso ne rendono difficile l’attribuzione all’una o all’altra delle aree di competenza. In questo specifico caso, in entrambi i campi è presente la questione della sostenibilità, cioè della probabilità o meno che questo sistema – in tutta la sua complessità – possa reggere e mantenere l’equilibrio necessario per tramandare ai posteri un mondo perlomeno non peggiore di quello attuale; mentre tuttavia per l’educazione civica la questione della sostenibilità in questo contesto è centrale, l’educazione alla pace non guarda solo alla sostenibilità come necessaria condizione per la sopravvivenza del pianeta, ma concentra la riflessione sulla violenza insita in tutto ciò che non è sostenibile e dimostra pertanto ancora una volta come quella della nonviolenza sia l’unica strada percorribile. Come è stato più dettagliatamente spiegato nel capitolo dedicato al confronto tra educazione civica ed educazione alla pace, è nella centralità della nonviolenza che l’educazione alla pace trova la sua peculiarità e il suo tratto distintivo rispetto ad altre discipline (in primo luogo l’educazione civica appunto) e questo ne è un evidente esempio.

229 Globalisation and its Discontents (La globalizzazione e i suoi oppositori in italiano, Die Schatten

der Globalisierung in tedesco) s’intitola un testo fondamentale per capire il fenomeno, di Joseph Stiglitz, che alla globalizzazione ha dedicato anche altre opere, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2001; cfr. Stiglitz 2006.

230 Come meglio descritto alla voce violenza strutturale, molte ingiustizie - e conseguentemente violenze - sorgono proprio dai meccanismi stessi della globalizzazione, quando manca un corretto modo di distribuzione dei benefici economici raggiunti o quando chi detiene il potere – e molto spesso si tratta del potere economico delle multinazionali che scavalca la sovranità dei singoli Stati – prende decisioni che non tengono conto di diritti umani fondamentali.

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È interessante notare come il concetto non abbia ancora trovato attualmente una denominazione nella lingua tedesca, nella quale viene il più delle volte adottato il termine inglese, global citizenship. La parola tedesca per cittadinanza infatti è Staatsangehörigkeit, una parola composta (come spesso accade in questa lingua) che significa “appartenenza allo Stato” e che pertanto trova nella sua stessa composizione la difficoltà di un’estensione semantica, che esprima qualcosa che vada oltre il singolo Stato. Nemmeno la parola Bürger ci può aiutare a risolvere il problema della traduzione, poiché Bürger significa sia cittadino che borghese, appartenente alla classe sociale della borghesia. Wintersteiner ha proposto in una sua pubblicazione231 il termine weltbürgerliche Bildung, dove a bürgerlich viene appunto anteposto Welt (il mondo) ma, come ammette lo stesso Wintersteiner232, il termine non ha avuto seguito nel discorso scientifico, forse anche perché si presta a rendere con termini tipicamente tedeschi (senza ricorrere a prestiti da altre lingue) la parola kosmopolit, cosmopolita233, dato verificabile in alcuni dizionari.

L’educazione alla cittadinanza globale trova invece dagli inizi degli anni ‘90 una denominazione equivalente in tedesco nel termine globales Lernen, ora molto ricorrente in tutte le pubblicazioni. È tuttavia interessante notare come il concetto di globales Lernen più che una novità degli ultimi vent’anni sia il risultato di un’evoluzione, che parte negli anni ’50 con l’educazione allo sviluppo, entwicklungspolitische Bildung, e la cosiddetta Dritte-Welt-Pädagogik, pedagogia del Terzo Mondo234. Queste ultime due denominazioni rispecchiano una mentalità ancora paternalistica nei confronti delle colonie, che non ha ancora focalizzato l’entità degli intrecci economici internazionali e le strutture di interdipendenza tra lo sviluppo dei Paesi industrializzati e quello dei Paesi cosiddetti in via di sviluppo, tematica che porterà, come si è visto, ad una profonda revisione dell’idea stessa di sviluppo appunto, fino all’affermazione del concetto di cittadinanza globale.

Negli anni ’70 nasce nell’area linguistica angloamericana il concetto di global education come punto di riferimento per tutte quelle concezioni pedagogiche, che

231 Cfr. Wintersteiner 2005, pag. 285.

232 Cfr. e-mail del 10.06.2011.

233 Cfr. per esempio Giacoma/Kolb 2001 alla voce kosmopolit.

riguardano gli obiettivi etico-morali nella gestione della globalizzazione. Globales Lernen entra a far parte del dibattito in lingua tedesca attraverso il documento programmatico del Forum svizzero “Schule für eine Welt” (la scuola per un mondo) del 1995, e indica quella concezione pedagogica che, sulla base di una visione olistica del mondo e dell’uomo, punta all’acquisizione di competenze come capacità di azione (Handlungskompetenz), azione solidale, tolleranza, empatia e abilità a vedere da più prospettive. In questo contesto emerge quel rapporto tra la dimensione globale e quella locale, cui si accennava sopra e che anche qui viene visto come l’unico modo per comprendere la globalizzazione e governarla evitando fenomeni di violenza strutturale.

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