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TRATTAZIONE DEI CONCETTI

3.9. PACE NEGATIVA

La ricerca che ha portato Galtung a formulare il concetto di violenza strutturale (→) implica un modo nuovo di concepire la pace.

Innanzitutto la distinzione tra violenza diretta o personale e violenza indiretta o strutturale fa emergere l’inadeguatezza della tradizionale antitesi pace-guerra: ci sono forme di violenza che non fanno parte della guerra, e che anzi sono tipiche di situazioni in cui chi ha il potere riesce a impedire che malcontento e disagi possano sfociare in atti di ribellione, ottenendo così uno stato di tranquillità, o di immobilità, che può essere scambiato per pace. Queste riflessioni conducono alla conclusione che, se la guerra è solo una delle tante manifestazioni della violenza, è inesatto e riduttivo considerarla l’unico fenomeno contrapposto alla pace. Il contrario della pace è pertanto la violenza, in tutte le sue manifestazioni335: tale affermazione, nella sua semplicità, è rivoluzionaria; essa implica che gli studi sulla pace non possono limitarsi all’analisi dell’attività bellica e infatti proprio a Galtung dobbiamo il passaggio da una ricerca basata essenzialmente sulla polemologia e sulle trattative per il disarmo a quella visione interdisciplinare e olistica che fa dei peace studies una scienza, a livello universitario e accademico. L’assenza di violenza diretta non è pertanto un obiettivo, può essere semmai una tappa verso l’obiettivo (che è quello di permettere a tutti gli individui il pieno sviluppo delle proprie potenzialità e un equo accesso alle risorse e alla ricchezza, come precisamente chiarito nel capitolo sulla violenza strutturale) e viene più precisamente indicata da Galtung col temine pace negativa336.

Studi recenti tuttavia dimostrano che tale concetto fu formulato già all’inizio del secolo da Jane Addams, premio Nobel per la Pace del 1902, fondatrice della Women’s International League for Peace and Freedom337. A supporto della campagna anti-imperialista contro l’annessione delle Filippine da parte degli Stati

335 Cfr. Galtung 1975, pag. 8.

336 Ibidem, pag. 32.

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Uniti nel 1899, la Addams tenne un discorso il 30 aprile dello stesso anno338, in cui illustrò il suo concetto di pace:

We must also remember that peace has come to mean a larger thing. It is no longer merely absence of war but the unfolding of life processes which are making for a common development 339.

Si intende richiamare l’attenzione sull’attualità di queste righe scritte alla fine dell’800 e sulla loro sorprendente analogia con le teorie di Galtung, che il pensiero della Addams qui sembra veramente anticipare, sia pure in forma estremamente sintetica: non solo l’idea che la pace non sia semplicemente assenza di guerra, ma anche l’accenno alla pace stessa come un insieme processi, che devono avere l’ obiettivo di uno sviluppo comune, condiviso da tutti. Si ritiene che quanto sopra possa essere messo in relazione con quanto lo studioso norvegese formulò - certamente in modo molto più complesso, più dettagliato e soprattutto più scientifico - oltre mezzo secolo dopo: si consideri in primo luogo la sua descrizione della violenza strutturale, e conseguentemente della pace strutturale, come processo (si veda a tal proposito il capitolo sulla violenza culturale), e in secondo luogo la denuncia delle mancate possibilità di sviluppo dell’individuo - rispetto alle sue potenzialità - come il vero (e spesso misconosciuto) danno che tale tipo di violenza provoca.

Sarà tuttavia in Newer Ideals of Peace, il libro che pubblicò nel 1906, che la Addams userà per la prima volta esplicitamente il termine negative peace340: questa fonte ci conferma ulteriormente che il concetto indicato dall’autrice è del tutto analogo a quello formulato da Galtung. In questa sua opera la Addams si dimostra scettica nei confronti del concetto di pace di molti studiosi e filosofi, di cui non accettava alcuni principi341.

L’autrice infine critica il convenzionale pacifismo del suo tempo, che troppo superficialmente si accontentava di manifestare contro la guerra senza vedere la

338 Il discorso si tenne a Chicago il 30.04.1899; venne poi pubblicato col titolo “Democracy or Militarism” in Liberty Tract, nr. 1, Chicago, Central Anti-Imperialist League, 1899, pagg. 35-39. Cfr. Carroll /Fink 2007, pag. XVI.

339 Ibidem.

340 Cfr. Addams 2007, pag.15.

violenza insita in molti altri contesti, per esempio nello sfruttamento del lavoro minorile, delle donne e dei poveri in generale, e senza capire che solo un cambiamento dalle basi di una società disumanamente capitalista e militarista avrebbe portato ad una pace vera, fondata su quelli che lei chiama positive ideals of peace342 e con cui intendeva ciò che Galtung ha designato come pace positiva, cioè assenza di violenza, sia diretta che strutturale.

Dopo la Addams anche Quincy Wright e Martin Luther King usarono questo termine, come ci documenta Carroll/Fink343.

Il concetto di pace negativa è ora un elemento importante dei peace studies e del loro particolare linguaggio; viene spesso associato alla strategia di peace-keeping (→) che, proprio perché si prefigge solo la cessazione del conflitto armato, viene considerato un obiettivo parziale; acquisisce una sua validità se inserito nel contesto di un’azione più ampia, in funzione della costruzione della pace, il peace building (→).

342 Cfr. Addams 2007, pagg. 7-8.

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3.10. PACIFISMO

Nella storia del movimento pacifista un capitolo particolare è costituito dalle vicende che portarono in un primo momento alla coniazione e infine all’affermazione della parola pacifismo appunto, su cui si sono infatti soffermati studiosi come Holl, Göhring e Grossi.

Colui che coniò questa parola fu probabilmente il francese J. B. Richard de Radonvilliers344, che con il termine pacifisme nel 1846 intendeva un „Système de pacification, de paix; tout de qui tend à établir, à maintenir la paix“.345

Quando sorsero i primi movimenti pacifisti nel corso dello stesso XIX secolo, questo neologismo tuttavia non si affermò subito, erano infatti più diffuse denominazioni come amis de la paix, amici della pace, o Internationalisten, internazionalisti. La peculiarità di questi movimenti346, che li distingueva da precedenti dottrine e filosofie finalizzate al raggiungimento della pace, era nell’impostazione politica della loro azione, nella volontà di creare istituzioni che promuovessero la pace, di influenzare i governi affinché risolvessero i conflitti per via diplomatica e non tramite la guerra. Questo attivismo in favore della pace era un elemento nuovo, che non si prestava ad essere rappresentato da parole come pacifico e pacificatore, al cui significato manca quella dimensione politica, che caratterizzava questi movimenti. I movimenti per la pace di allora cominciarono ad avvertire l’inadeguatezza dei termini fino a quel momento a disposizione e si cominciò a sentire l’esigenza di trovare una denominazione per questa nuova realtà.

Holl nel suo studio sul pacifismo tedesco ci documenta che nell’agosto del 1901 apparve nel giornale liberale di Bruxelles lndependance Belge un articolo del notaio francese Emile Arnaud, presidente della Lega Internazionale per la Pace e la Libertà,

344 Cfr. Röttgers 1989, pag. 218.

345 Cfr. de Radonvilliers 1845, pag. 446.

346 Per una panoramica sui vari aspetti del pacifismo, che ebbe varie correnti e scuole di pensiero, si veda l’introduzione della presente ricerca, “Nascita ed evoluzione del concetto di pace”, e cfr. Salvatore 2010.

nel quale si propone di usare le parole pacifistes, per riferirsi ai sostenitori di questi nuovi movimenti, e pacifisme per il loro programma e i loro obiettivi347.

Arnaud afferma nell’articolo:

„Nous ne sommes pas seulement des „pacifiques“, nous ne sommes pas seulement des „pacifiants“, nous ne sommes pas seulement des „pacificateurs“. Nous sommes le tout à la fois, et autre choses encore: nous sommes, en un mot, des Pacifistes.“348

(noi non siamo solo pacifici, non siamo solo pacificatori, non siamo solo fondatori della pace: siamo tutto questo insieme e siamo ancora di più: siamo, in una parola, pacifisti. Traduzione propria)

Questa proposta lessicale nasceva non solo da una consapevolezza da parte dei nuovi movimenti per la pace della propria peculiarità, e dalla conseguente esigenza di darsi un nome appropriato, ma anche per reagire agli attacchi di coloro che, del tutto contrari ai pacifisti, li definivano anarchici, antipatrioti, disfattisti, senza patria, rivoluzionari (attribuendo a quest’ultima parola un senso negativo). Anche negli anni successivi i nuovi termini pacifista e pacifismo, che ormai si erano affermati, continuarono ad avere in alcuni ambienti un significato spregiativo.

Il nuovo termine aveva comunque il vantaggio di poter essere facilmente adattato alle diverse lingue e veniva in questo senso incontro alle esigenze di un movimento, che aspirava ad essere transnazionale e a darsi una denominazione omogenea nei vari Paesi in cui agiva; infatti presto si diffuse in tutta Europa. Inoltre tramite il suffisso – ismo gli si riconosceva la caratteristica di movimento politico e culturale, al pari di altri con la stessa terminazione, e anche da questo punto di vista veniva incontro alle aspirazioni dei suoi sostenitori349.

Si dovette tuttavia attendere fino al 1930 per un’adozione ufficiale dello stesso da parte dell’Accademia Francese nel suo Dictionnaire, che definisce il pacifismo come “la teoria che crede nella realizzazione della pace universale”, definizione ancora

347 Cfr. Holl 1988, pag. 69 e segg.

348 Emile Arnaud, Le Pacifisme, in: L’Indépendance Belge, 15 agosto 1901.

349 Göhring per esempio riferisce dell’entusiasmo per il nuovo termine di Bertha von Suttner, ora unanimemente riconosciuta come una delle figure più importanti del pacifismo europeo, a cui fu conferito il premio Nobel per la pace nel 1905. Cfr. Göhring 2006, pag. 92 e segg.

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attuale e in sintonia con quanto formulato in proposito dal filosofo Norberto Bobbio: “un movimento che considera la pace duratura e universale come un bene altamente desiderabile e degno di essere perseguito”350.

In Italia il termine cominciò a diffondersi qualche anno dopo rispetto alla Francia e alla Germania; un fatto propulsore della sua diffusione fu il conferimento del premio Nobel per la Pace a un italiano, Ernesto Teodoro Moneta351.

350 Cfr. Bobbio 1984, pag. 138, in Grossi 1994, pag. 33.