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Punti di contatto tra le due discipline

1.4. EDUCAZIONE CIVICA ED EDUCAZIONE ALLA PACE: UN CONFRONTO

1.4.2. Punti di contatto tra le due discipline

L’educazione alla pace nasce verso la metà del XIX secolo, come si è visto nel precedente capitolo. Si è evoluta sia dal punto di vista teorico, come disciplina che si prefigge un modo alternativo di pensare il mondo, contrapposto alla cultura imperante della violenza e della guerra, sia come scienza preposta alla trasmissione di competenze e abilità, quindi su un piano pedagogico e pratico-operativo, con cui contrastare modelli di vita violenti tramite strategie di prevenzione e soluzione pacifica dei conflitti, nel rispetto dei diritti umani fondamentali, dell’ambiente, della diversità. Si tratta di obiettivi a lungo termine, che l’educazione alla pace persegue con finalità politiche, per trasformare la società e la mentalità87, rivelandone gli aspetti violenti, spesso non riconosciuti come tali nella coscienza collettiva (violenza strutturale → e violenza culturale →).

Nel corso degli ultimi decenni settori disciplinari come l’educazione ambientale, l’educazione alla cittadinanza globale, alla sostenibilità, alla legalità, all’interculturalità, alle differenze di genere e altri simili ambiti sono stati spesso consapevolmente presentati o comunque percepiti come legittimo complemento dell’educazione alla pace, anche perché la maggior parte degli autori delle numerose pubblicazioni recenti in merito si riconoscono come appartenenti alla

87 L’educazione alla pace ha quindi, nello spirito della nonviolenza, lo scopo di combattere in ultima analisi la violenza culturale insita nella nostra mentalità e che noi non riconosciamo come violenza, quello che Galtung chiama il nostro subconscio collettivo, cfr. Galtung 2008, pagg. 190-191.

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cultura della pace88. Si deve però fare presente che i testi di educazione civica non solo riportano questi stessi settori tra quelli di propria competenza, come già accennato sopra, ma molte volte vi includono anche l’educazione alla pace, che in tal caso figura non come scienza autonoma ma solo come uno dei tanti aspetti da approfondire nella formazione del cittadino89.

Dal secondo dopoguerra infatti l’educazione civica si è trasformata sempre più da “educazione allo Stato” a “educazione alla democrazia”: dai valori di patriottismo, fedeltà allo Stato e alle tradizioni locali e nazionali, che avevano costituito i cardini dell’educazione civica nei secoli precedenti, si è passati all’obiettivo della formazione del cittadino, per fornire a questi un bagaglio di conoscenze e competenze, che gli permettano di partecipare in modo libero e responsabile alla vita democratica in tutti i suoi aspetti, di giudicare e operare scelte in modo autonomo; si è progressivamente affermato un concetto di democrazia fondato sul pluralismo sociale, sul lavoro, sul riconoscimento dei diritti e dei doveri di ogni cittadino e delle libertà individuali, sul principio dell’uguaglianza, intesa sia in senso formale sia come parità di opportunità tra i cittadini e tra uomini e donne. In quest’ottica vivere nella democrazia significa anche confrontarsi con problemi come l’immigrazione e le differenze culturali, le minoranze e la loro tutela (intesa anche come tutela delle diversità), le disuguaglianze economico-sociali e la conseguente difficoltà di far valere il già citato principio delle “pari opportunità”, la necessità di sviluppare un dialogo fondato sulla tolleranza e sul rispetto reciproci. Si tratta quindi di acquisire una serie di comportamenti e valori condivisi che riguardano la persona in sé prima ancora del cittadino.

Già all’inizio degli anni ’60 il politologo Starnberger definiva la pace come il fondamento, la categoria più importante della politica90; negli anni ‘70 Karl Friedrich Roth poneva esplicitamente il quesito se l’educazione alla pace non fosse

88 Questo si può riscontrare da una rapida consultazione di testi di educazione alla pace, tra cui Harris/Morrison 2003, Wintersteiner 2001, Reardon 1988.

89 A questo proposito è significativo Sander 2007; al capitolo IV l’educazione alla pace, assieme ad altri settori come l’educazione alla legalità, all’ambiente, alla cittadinanza globale ecc., viene inclusa tra i campi di competenza dell’educazione civica. Lo stesso orientamento si trova nei testi italiani di educazione civica, per es. Corradini/Refrigeri 1999, in particolare pag. 181 e segg, dove l’educazione alla pace viene vista, come in Sander, parte dell’educazione civica; cfr. anche Losito 2001, pag. 144 e segg.

ormai da considerare un nuovo compito dell’educazione civica91; nello stesso anno 1970 la Bundeszentrale für Politische Bildung di Bonn pubblicava nel suo settimanale “Das Parlament” il contributo di Hans-Günther Assel, docente di scienze politiche, “Friedenspädagogik als Problem politischer Bildung”, la pedagogia della pace come problema dell’educazione civica. La questione di tale ampliamento dell’educazione civica con un’apertura a temi che non fossero limitati alle istituzioni dello Stato e ai diritti e doveri dei cittadini, nacque in Germania, dove questa disciplina, che fu imposta ai tedeschi dagli Stati Uniti come programma di rieducazione dopo la Seconda Guerra Mondiale, ebbe un’attenzione da parte del mondo accademico e un approfondimento che non ha riscontro negli altri Paesi europei.

Si ritiene pertanto che proprio questa evoluzione dell’educazione civica abbia portato a un sempre maggiore avvicinamento della stessa all’educazione alla pace, fino ad una sovrapposizione di competenze, che oggi può in certi contesti rendere difficile distinguere le due discipline.

Su questo specifico punto è intervenuto Wintersteiner:

Friedenserziehung ist politische Bildung, d.h. sie ist nicht anders denn als politische Bildung machbar, obwohl sie sich nicht darin erschöpft. Politische Bildung ihrerseits ist, zumindest ihrem Potential nach, auch Friedenserziehung. Mit anderen Worten: Zwischen Friedenserziehung und Politischer Bildung gibt es einen sehr starken Überschneidungsbereich. Dennoch gilt Friedenspädagogik im Allgemeinen keineswegs als genuiner Bestandteil der Politischen Bildung. (L’educazione alla pace è educazione civica, essa cioè altro non è che educazione civica resa fattibile, sebbene la sua funzione non si esaurisca in questo. L’educazione civica da parte sua è, perlomeno potenzialmente, anche educazione alla pace. In altre parole: tra l’educazione alla pace e l’educazione civica c’è un’area di forte sovrapposizione. Eppure la pedagogia della pace in generale non può in alcun modo essere considerata un elemento dell’educazione civica. Traduzione propria)92

91 Per una panoramica dei contributi di quegli anni su questo tema si veda la bibliografia sull’educazione alla pace, Friedenserziehung, di Roth 1970, pagg 410-413; dello stesso autore cfr. il contributo del 1973 “Politische Bildung vor neuen Aufgaben?”, ora su http://friedenspaedagogik.de, pagina ufficiale dell’Institut für Friedenspädagogik di Tübingen. (ultima consultazione 15.12.2011)

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Ricordiamo qui peraltro che la locuzione politische Bildung, come illustrato nel capitolo 1.5., “Educazione civica e politische Bildung”, fa riferimento ad una realtà molto diversa da quella designata dall’italiano educazione civica.

Citando Hentig93, Wintersteiner sottolinea come educare alla pace significhi in primo luogo educare alla politica, intendendo per politica il sistema di regole, istituzioni e procedure che regolano il rapporto tra le persone.

Fu proprio l’educazione alla pace, ai suoi albori all’inizio del XIX secolo, a mettere in discussione l’educazione politica di allora, militarista e autoritaria, che certo non portava a quella che Kant chiama Mündigkeit94, cioè alla formazione del cittadino come essere responsabile e consapevole. L’educazione alla pace ha pertanto un’indubbia dimensione politica, poiché si configura anche come educazione alla partecipazione alla politica in senso lato, ma trova d’altro canto il suo fondamento e la sua peculiarità nella centralità della nonviolenza, la quale oltre che un fine è anche un mezzo, secondo l’impostazione data da Gandhi. Questo elemento fondamentale nella distinzione tra le due discipline trova conferma anche nel fatto che l’educazione civica di per sé ammette l’eventuale opportunità dell’intervento militare nella soluzione dei conflitti e spesso anzi sottolinea l’irrinunciabile ruolo delle forze armate, che non viene messo in discussione, come mette in evidenza Albrecht95. Non si può infine negare, come ci ricorda Wintersteiner, che anche nelle società democratiche, o che si riconoscono come tali, persiste una cultura della violenza, che non rinnega il ricorso alle armi - sulla cui produzione prospera un potente apparato industriale - anche per motivi di politica estera, pertanto non per scopi puramente difensivi (transarmo →), e senza il mandato delle Nazioni Unite.

Si tratta quindi non tanto di continuare la discussione sull’estensione dei due campi disciplinari, rivendicando le competenze specifiche dell’uno o dell’altro, quanto piuttosto di lavorare affinché l’educazione civica includa la pace, nel senso nonviolento del termine (a questo proposito si veda il capitolo 1.1., “Nascita ed evoluzione del concetto di pace”, e la voce nonviolenza nelle sezioni “Il lessico” e “Il glossario” ), tra i suoi obiettivi fondamentali. Wintersteiner osserva infatti come nei

93 Cfr. Hentig 1969, pag. 149 e segg., in Wintersteiner 2008a, pag. 361.

94 Cfr. Kant 2006, pag. 48 e segg.

testi di educazione civica la pace venga considerata un valore, ma non un obiettivo, come lo è il riconoscimento dei diritti umani, per esempio; per l’educazione alla pace essa è invece obiettivo, cui sono finalizzate tutte le strategie di gestione e soluzione dei conflitti.

Wintersteiner fa particolare riferimento alla situazione dell’Austria, ma questa sostanziale differenza di prospettiva tra le due discipline potrebbe essere estesa a tanti altri Paesi. Anche nei testi di educazione civica in italiano troviamo in genere la pace come valore, non come obiettivo96.

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