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Educazione civica e politische Bildung: due diverse realtà

1.5. EDUCAZIONE CIVICA E POLITISCHE BILDUNG

1.5.3. Educazione civica e politische Bildung: due diverse realtà

Il merito di queste indagini è stato senz’altro quello di aver reso possibile una comparazione tra realtà molto diverse – nello stato della ricerca, nei sistemi educativi e nei relativi obiettivi e risultati conseguiti – che sono il risultato, come già accennato sopra, di percorsi storici lunghi e complessi, strettamente legati alle vicende particolari dei Paesi coinvolti. Si giunge pertanto alla conclusione che l’equivalenza

99 Cfr. http://www.iea.nl/cived.html (ultima consultazione 15.11.2011).

traduttiva delle denominazioni della disciplina nelle varie lingue è soltanto apparente, poiché a questi nomi non corrisponde un concetto univoco nelle diverse realtà cui i nomi stessi si riferiscono. Come sottolinea Wolf101, l’educazione civica, per le sue differenze interne tra Paese e Paese (prima ancora che nella denominazione), va oggi considerata, più che una disciplina, un insieme di azioni, iniziative e provvedimenti che vengono attuati per preparare i giovani alla vita democratica della società, senza tuttavia dimenticare il ruolo della famiglia, dell’ambiente sociale, delle istituzioni che operano su un dato territorio, come aveva già evidenziato l’indagine IEA iniziata nel 1968 di cui sopra.

Il confronto tra l’italiano educazione civica e il tedesco politische Bildung (quest’ultimo con riferimento sia alla Germania che all’Austria) costituisce senz’altro un esempio significativo di tale differenza, ma la riflessione linguistico-semantica potrebbe investire tante altre parole che designano i concetti fondamentali di questo ambito: anche nella percezione del significato di parole come cittadino, democrazia, partecipazione, responsabilità e così via ci possono essere delle notevoli differenze tra una lingua e l’altra. È questo il caso della parola tedesca Mündigkeit, che designa la maturità di un individuo nel senso di abilità a prendere decisioni autonome, ad assumersi responsabilità e a partecipare in modo attivo e consapevole al dialogo politico; solitamente resa in italiano come maggiore età o responsabilità, non trova in quest’ultima lingua un esatto corrispondente o equivalente. Un altro caso è dato dal tedesco Staatsangehörigkeit, che può tradurre l’italiano cittadinanza (come pure l’inglese citizenship e termini simili di altre lingue) nella sua accezione di “appartenenza ad uno Stato”, ma pone dei problemi di traduzione qualora ci troviamo davanti a concetti come quello di cittadinanza globale (→), oggi piuttosto ricorrente nel discorso sull’educazione civica.

Non si intende qui illustrare in modo esaustivo le vicende dell’educazione civica in Italia, in Germania e in Austria, ma solo evidenziare alcuni dettagli che possono essere significativi per trovare convergenze e divergenze in questi tre percorsi.

101 Cfr. Wolf 1998, pag. 138 segg.: vi si tratta della politische Bildung come Sammelbegriff, concetto che raccoglie intorno a sé tutto l’insieme delle azioni finalizzate all’educazione del cittadino nei vari Paesi.

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1.5.4. L’educazione civica in Italia

I Programmi di educazione civica vigenti nella scuola italiana rappresentano il risultato di un lungo processo di elaborazione progressiva, che trova i suoi principali momenti di sintesi legislativa nei tre decreti del 1958, anno in cui fu introdotta la disciplina (Programmi di educazione civica per la scuola secondaria), del 1963 (Programmi per la scuola media inferiore unificata) e del 1979 (Nuovi Programmi per la scuola media). Attraverso gli anni il concetto stesso di educazione civica e le finalità ad esso connesse si sono gradualmente modificati, riflettendo di volta in volta il dibattito politico-culturale del momento102.

Nel 1958 la disciplina fu introdotta affinché “tra la scuola e la vita si creino rapporti di mutua collaborazione”, come dice la Premessa ai Programmi. Come documentano cronisti e commentatori politici sulla stampa dell’epoca, l’Italia era l’unico Paese democratico in cui la trattazione dei fondamentali principi costituzionali e dei diritti e doveri dei cittadini, e l’acquisizione delle correlate competenze, non costituissero un obiettivo primario dell’istruzione pubblica. Infatti questi mancano ancora del tutto nei programmi del ’58, in cui i temi che vengono individuati come privilegiati sono essenzialmente quelli della famiglia, delle persone (senza indicazioni più precise), del lavoro, del comportamento, dell’ambiente, delle tradizioni, dell’educazione stradale e dell’educazione igienico-sanitaria. Viene esplicitamente bandita la trattazione di tali tematiche in chiave politica e a tal proposito Lastrucci osserva come venga pertanto preclusa alla scuola la possibilità di formare i futuri cittadini al senso di responsabilità e di partecipazione democratica, promuovendo di fatto valori che inducono al conformismo e al disimpegno103.

Con l’istituzione della Scuola Media Unica nel 1963 i Programmi di educazione civica vengono mantenuti immutati, ma nella nuova Premessa si sottolinea la relazione esistente tra l’insegnamento dell’educazione civica e quello della storia: per entrambe le discipline l’obiettivo fondamentale è il responsabile inserimento dell’alunno nella vita civile. Si raccomanda infine uno studio più organico delle

102 Cfr. Salerni 2001, pag. 108 e segg.

nozioni costituzionali e viene riconosciuta nella Costituzione l’espressione più alta della civile convivenza.

Una svolta arriva con i Nuovi Programmi del 1979, che vedono un ampliamento degli obiettivi dell’educazione civica, il cui studio deve aiutare lo sviluppo della capacità critica e della volontà di partecipazione. Permangono gli obiettivi precedenti connessi allo sviluppo di valori morali, in una costante interazione tra educazione civica e civico-politica, che porti al consolidamento dello spirito democratico nella società. Nell’ambito del progetto di riforma della scuola secondaria superiore, che prevede l’elevamento del ciclo obbligatorio con il completamento del biennio di questa, vengono elaborati (1988-1990) dalla Commissione Brocca nuovi programmi per il biennio stesso che contengono un’importante novità: l’introduzione nel biennio degli istituti tecnici della materia “diritto ed economia”, cui è anche assegnato il compito di un’educazione civica, pur mantenendo il principio per cui quest’ultima riguarda trasversalmente tutte le discipline. L’attenzione si concentra per la prima volta sull’obiettivo dell’alfabetizzazione civica, che ponga i discenti a confronto con il linguaggio specifico, che il futuro cittadino deve far proprio, assieme ad un bagaglio di competenze giuridiche ed economiche. A tal proposito precisa Lastrucci:

Si configurano le premesse per predisporre un itinerario didattico-formativo che realizzi una più efficace continuità fra scuola secondaria inferiore e superiore. Alla prima spetta di favorire il processo di acquisizione della consapevolezza delle strutture e delle relazioni che regolano, nel proprio contesto storico-culturale, la convivenza sociale e civile, tramite un primo approccio ai principi ideali e alle forme giuridiche che sono a fondamento delle società a carattere democratico e una prima familiarizzazione con i concetti che permettono di riconoscerli e interpretarli; alla seconda quella di completare tale processo mirando al conseguimento della competenza attiva delle relazioni giuridiche ed economiche esperite nel convivere sociale, tramite la padronanza dell’essenziale impianto terminologico e concettuale di discipline specifiche104.

Come già visto sopra, nei primi anni ’70 l’Italia partecipa assieme ad altri nove Paesi all’indagine sull’educazione civica degli studenti promossa dall’IEA. Questa è stata una delle prime ricerche IEA ad attribuire rilevanza non soltanto ai risultati cognitivi degli studenti, ma anche alla componente affettiva dell’apprendimento e agli atteggiamenti, e questa sua impostazione è rimasta un punto di riferimento, per gli

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strumenti e i metodi d’indagine, anche per successive ricerche condotte in Italia nel campo dell’educazione civica. Quando vent’anni più tardi, nel 1994, come si è visto si è deciso di dar vita ad una seconda indagine IEA, si è pensato di farla precedere da una fase di studi di caso nazionali, ed è ai risultati di questa indagine, pubblicata a più riprese dal CEDE, Centro Europeo dell’Educazione, che si intende qui fare riferimento105.

Lo studio di caso nazionale per l’Italia ha messo in evidenza alcuni dati già rilevati in precedenti ricerche: lo scarto tra curricolo formale e curricolo reale, che emerge nella quasi totalità delle ricerche, sia per quanto riguarda i contenuti dell’insegnamento, sia per quanto riguarda l’effettiva possibilità di conseguire gli obiettivi indicati nei programmi, sia – ancora – per quanto riguarda i libri di testo adottati e il modo in cui vengono affrontati i temi relativi alla disciplina in questione; l’inadeguata formazione degli insegnanti; lo scarso peso dato all’educazione civica in senso stretto al di là delle indicazioni dei documenti ufficiali, lo scarso spazio dato ad attività che consentano effettivamente il libero esercizio di forme di discussione e partecipazione degli studenti all’interno della vita di scuola (più in generale è emersa un’incongruenza tra il proposito di “educare alla democrazia” e l’effettiva pratica di forme di vita democratica all’interno della scuola); pur essendo la materia presente nei programmi della scuola media inferiore e superiore (di solito abbinata alla storia), manca di uno spazio orario specifico e di una valutazione autonoma, fatto che ne riduce fortemente l’importanza, sia gli occhi degli studenti che degli insegnanti. Quello dunque che emerge è la sostanziale non efficacia della scuola nel formare le competenze e gli atteggiamenti necessari per un esercizio responsabile e consapevole della democrazia: su questo sono unanimi gli esperti coinvolti come viene evidenziato nella suddetta pubblicazione del CEDE.

Nel convegno “Educazione alla Cittadinanza Europea e a i Diritti Umani” che si è tenuto a Lamezia Terme nel novembre del 2008, Corradini ha evidenziato una grave situazione dell’educazione civica in Italia, sottolineando in particolare la mancanza di un congruo budget, necessario a garantire un minimo di tutela della disciplina e ha espresso rammarico su come ad un’intera generazione di italiani sia mancata, a partire soprattutto dalla scuola, un’educazione in questo senso106.

105 Per una visione generale su questa indagine IEA cfr. Losito 2001.

Wolf107 ritiene che il contributo degli studi condotti in Italia, specialmente negli anni sessanta e al giorno d’oggi, abbiano portato a interessanti riflessioni, che restano tuttavia limitate al piano teorico, mancando di un’adeguata applicazione nella pratica scolastica; si trova quindi una conferma all’esito dell’indagine di cui sopra che evidenziava appunto uno scarto tra il curricolo formale e la realtà. Wolf comunque apprezza la chiarezza con cui si raccomanda di evitare, nell’insegnamento dell’educazione civica, ogni forma di discriminazione di qualsiasi orientamento politico.