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Obiettivi della presente ricerca terminologica

2. LA RICERCA TERMINOLOGICA

2.2. IL LAVORO TERMINOLOGICO 129

2.2.2. Obiettivi della presente ricerca terminologica

Un fondamentale obiettivo della presente ricerca è quello di offrire una raccolta e una descrizione dei concetti principali che stanno alla base delle scienze di pace, cercando di includere - sia pure con un limitato numero di termini - tutti gli aspetti di cui si compone questo vasto ambito disciplinare, così come è stato descritto nel capitolo 2.1. relativo ai criteri di scelta dei termini. Quale studio dei concetti e delle loro denominazioni, questo lavoro è pertanto collocabile nell’area della terminologia descrittiva. Tramite lo strumento del glossario - o meglio della raccolta terminografica139 - cerca di descrivere l’uso corretto di questi termini, del cui significato molto spesso chi non si occupa di cultura di pace non è pienamente consapevole140. Come viene evidenziato da Roelcke e da Scarpa141, oggi sempre più spesso i linguaggi settoriali escono dallo stretto ambito degli specialisti e si rivelano necessari anche a coloro che non si occupano della specifica disciplina. Questo

137 ISO è solo apparentemente un acronimo; fu scelta la parola greca ίσος, isos, che significa “uguale”, per dare all’ Organizzazione Internazionale per la Normazione, la più importante organizzazione a livello internazionale per la definizione di norme tecniche, un nome che fosse riconosciuto in tutte le lingue; cfr. ISO.

138 Con DIN si intende il Deutsches Institut für Normung, l’Istituto Tedesco per la Normazione, che opera in gran parte a livello europeo e mondiale; cfr. DIN.

139 Così lo definisce Magris; cfr. Magris 2002, Introduzione pag. 2.

140 A completamento di queste considerazioni si veda anche il capitolo dedicati ai criteri di scelta lessico.

fenomeno è dovuto ad una sempre maggior ingerenza dei campi specialistici nel nostro quotidiano, poiché certe conoscenze lessicali, dei termini e dei concetti cui questi si riferiscono, sono il più delle volte diventate necessarie per potersi orientare, operare delle scelte consapevoli e agire in modo adeguato nelle varie situazioni, in un mondo che è sempre più burocratizzato e informatizzato. Ne consegue che con il crescente aumento del sapere tecnico è aumentato anche il fabbisogno, da parte di specialisti e no, di terminologia, cioè di quell’“insieme dei termini che rappresentano un sistema concettuale di un dominio particolare142”. Questo spiega anche la recente diffusione dei dizionari specializzati, delle banche dati terminologiche e dei glossari; tra questi ultimi si vedano per esempio, oltre a quelli messi a disposizione sul web, i glossari (di solito sul linguaggio giuridico, economico, informatico, ma anche medico o di altri campi disciplinari) che vengono periodicamente pubblicati su alcuni importanti giornali, quali “Il Sole Ventiquattrore” e la “Süddeutsche Zeitung”. Nell’ambito di queste riflessioni potrebbe in un primo momento sorprendere la tesi per cui anche il lessico della cultura di pace necessita della stessa attenzione che è stata riservata ad altri linguaggi settoriali sia tecnici (detti anche duri143), che no, proprio perché molti dei suoi termini, nel frequente contatto col linguaggio comune, vengono usati in modo scorretto, fraintesi, banalizzati. Solo per fare alcuni esempi, si pensi a parole come peacekeeping e peacebuilding, spesso riscontrabili quando si tratta di missioni, militari e civili, in zone di guerra; oppure sviluppo sostenibile, cittadinanza globale, nonviolenza, ma anche le stesse parole pace, conflitto, sicurezza, sviluppo: sono parole molto ricorrenti tutte le volte che si tratta delle problematiche della nostra società multietnica e multiculturale, un discorso destinato a diventare sempre più frequente e più attuale, che riguarda tutti, a prescindere dal livello culturale e dalla fascia sociale di appartenenza, e di cui le pubblicazioni, le iniziative, le organizzazioni e le attività della cultura di pace, che è essenzialmente la cultura della nonviolenza, sono il foro principale di discussione, oltre che soprattutto la “fucina” dei nuovi termini. Come ci fa notare Arntz/Picht144, questi nascono nel momento in cui si crea un vuoto tra lo stato di avanzamento del sapere in una

142 ISO, Norma internazionale 1087: Terminologia – Vocabolario, 5.1.

143 Cfr. Scarpa 2002, pag. 28.

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disciplina e i mezzi linguistici, che ad un certo punto si rivelano insufficienti o inadeguati. Queste riflessioni dello studioso riguardano i campi tecnici ma da una attenta riflessione notiamo come anche nel caso delle scienze di pace sia stata questa insufficienza della lingua standard a rendere necessaria la nuova formazione lessicale: si pensi per esempio agli studi sulle cause e i meccanismi della violenza, che hanno messo in luce aspetti del fenomeno mai osservati prima e per i quali non esisteva ancora una denominazione. Si è pertanto creato il vuoto tra concetti e mezzi linguistici, esattamente come è avvenuto in molte altre discipline. Lo stesso dicasi per i metodi nonviolenti di soluzione dei conflitti, del tutto innovativi rispetto a quanto sperimentato prima, tanto da rendere necessaria una nuova fraseologia: trascendere e trasformare il conflitto, con due verbi che indicano un approccio del tutto diverso rispetto a quello solitamente associato al verbo “risolvere” o al sostantivo “soluzione”. Se un linguaggio settoriale nasce per dare un nome a nuovi concetti, si deve senza dubbio riconoscere che il linguaggio della cultura di pace assolve pienamente a questa funzione e merita pertanto attenzione anche da parte degli studiosi di linguistica e di terminologia.

Da queste premesse si può intuire l’importanza della conoscenza di questo lessico e la necessità di adeguati strumenti di consultazione terminologica: con il presente lavoro s’intende richiamare l’attenzione su tale argomento, fornendo un esempio concreto attraverso un glossario, con uno scopo descrittivo, destinato principalmente a coloro che desiderano perfezionare la propria competenza lessicale, e pertanto anche comunicativa, in questo ambito. Attraverso l’acquisizione di queste competenze, usando in modo appropriato i mezzi linguistici che la cultura di pace ha a disposizione, possiamo agire attivamente sulla realtà, contribuendo a imprimere quei cambiamenti che secondo l’ottica nonviolenta si rendono necessari145.

145 L’uso della lingua come strumento di azione comunicativa è un tema frequente della linguistica; cfr. per es. Heinemann/Heinemann 2002, pag. 60.