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269 BNL, Reservados, Ms 1486 fl 9.

6.2 Due sistemi a confronto: una storia comparata del collezionismo tra Italia e Brasile.

6.2.2 Le collezioni brasiliane: spazi e dinamiche di stampo coloniale.

Nel 1931 il direttore del Museu Historico Nacional di Rio de Janeiro, Gustavo Barroso, fu chiamato a valutare la raccolta di avori devozionali del collezionista José Luiz de Souza Lima, che tra il 1919 e il 1930 aveva raccolto più di 570 statuette eburnee di scuola ‘indo-portoghese’ in diverse aree del Brasile.

286 Morey 1936, pp. 92-94.

287 Fra le opere di provenienza romana dobbiamo citare la statuetta oggi conservata al Walters Museum di Baltimora (inv.68), e che originariamente faceva parte della collezione di Marcello Massarenti, ceduta ai fratelli Walters tra il

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La collezione fu definita ineguagliabile, la più ricca mai assemblata, non solo in termini quantitativi ma anche di eterogeneità di stile e temi, e ancora oggi rappresenta la più consistente nel panorama delle collezioni pubbliche a livello internazionale.288 Al suo interno troviamo

quattordici statuette della Rocca del Buon Pastore, il numero più alto oggi presente in una singola collezione pubblica. L’instancabile opera di collezione di Souza Lima fece emergere dalle trame sommerse dei mercati privati la rilevanza del Brasile come destinazione finale del mercato artistico sviluppatosi nell’India portoghese. Questa collezione, insieme ad altri esempi superstiti nelle raccolte ecclesiastiche e in quelle pubbliche, dimostra la connessione tra le due colonie nella diffusione di questi particolari artefatti. Proveremo di seguito a situare i termini di questo rapporto che, ancora una volta, rompe la visione statica di una relazione diretta tra le colonie e la madrepatria, delineando al contrario uno scenario conteso tra più centri di produzione e consumo. Il polo di maggiore attrazione dei commerci coloniali fra XVI e XVII secolo era lo scalo di Salvador de Bahia. Gli archivi doganali riportano il commercio del materiale grezzo proveniente sia dall’Africa occidentale che dal Mozambico sulla rotta di ritorno da Goa a Lisbona. Questa rotta era definita la ‘volta larga’ ed era emersa sia per motivi nautici sia per ragioni commerciali. Spezie, tessuti, tecnologie navali e agricole si trasmisero dall’Asia al Brasile per tramite di questa rotta.289

La rotta non era l’unica delle connessioni tra Goa e il Brasile. Prendiamo in prima analisi la mobilità dei funzionari coloniali che tra XVI e XVII secolo vide una progressiva consequenzialità tra le carriere cominciate in Asia e poi finite nel Nuovo Mondo.290 A questa aggiungiamo i legami

del clero missionario impegnato su entrambi i fronti dell’espansione coloniale. Sfortunatamente le fonti storiche si rivelano ancora povere di informazioni sul mercato delle opere eburnee in ambito imperiale ed ecclesiastico. Vengono in soccorso alcuni dati storico-artistici. Le caratteristiche saldamente controriformate del repertorio eburneo dovevano essere largamente apprezzate negli insediamenti brasiliani che stavano vivendo lo stesso fenomeno di educazione del gusto e dello stile artistico. Di certo l’impatto delle correnti devozionali nelle varie aree dell’Impero diede vita a fenomeni di replicazione delle esperienze artistiche.291 Per quanto

riguarda il nostro soggetto, pensiamo all’opera dello scultore benedettino Agostinho da Piedade, che nei decenni iniziali del XVII secolo realizzò a Bahia numerose copie in argilla Gesù Bambino Dormiente ispirandosi allo stesso prototipo di Wierix usato nella formulazione del Buon Pastore,

288 Santos 1993. 289 Muhana 2003. 290 Amaral 2000.

291Sull’interscambio artistico tra Asia e Brasile si veda l’opera scultorea di Antonio Francisco Lisboa detto Aleijadinho (1730-1814), tra i massimi esponenti del barocco-rococò brasiliano detto mineiro, influenzato da stile e iconografie asiatiche (Jardim 1995).

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un dato riscontrabile anche nella presenza della stessa iscrizione presente nell’incisione originale (fig.95).292 La pertinenza tra le terrecotte del benedettino e le opere eburnee si fa ancora più

marcata dalla presenza di forellini sul seggio in forma di cuore dell’opera brasiliana. Come nel caso del Buon Pastore eburneo anche l’opera del Monastero di S. Bento de Olinda doveva includere piccoli elementi (forse fiori, foglie o piccole saette di carta o seta fina) da inserire attorno alla base. Statuette del Buon Pastore indo-portoghese dovettero conoscere una certa popolarità nella società baiana del secolo XVII e XVIII, specie negli ambienti religiosi femminili in cui il culto dell’infanzia di Cristo era particolarmente venerato. Ne sono un esempio le statuette del Menino Jesus do Monte, prodotto dalle religiose del Recolhimento de Nossa Senhora dos Humildes in Santo Amaro da Purificação durante il secolo XIX (fig.96). Queste statuette devozionali mostrano chiari segni di contaminazione con l’iconografia del Buon Pastore. In primo luogo, per via delle pecorelle accovacciate sul basamento circolare delle statuette, reminiscenza dei temi pastorali. E ancora, per la presenza del cuore su cui è inserito il Cristo infante in posa benedicente. Il cuore è talvolta posto su un fiore di loto dischiuso, forse un prestito dalle statuette di provenienza asiatica di soggetto mariano che spesso presentano questo attributo nell’impianto decorativo della base. E infine per via dell’alberello riccamente addobbato che adorna la figura del cristo bambino come una sorta di cornice.293

Una parte considerevole delle merci in transito dall’Oriente veniva scambiata nelle sedi brasiliane in modo informale da parte dei mercanti e del personale nautico di stanza sulla rotta Goa – Bahia – Lisbona. Ferreira ha dimostrato come la circolazione clandestina di alcuni beni, specie tessili e preziosi, era agevolata dalla connivenza delle autorità locali.294 Jorge Lúzio da Silva ha definito

“interculturalità coloniale” il processo informale di scambi che intercorse tra le classi marittime e le comunità metropolitane.295 Secondo questa prospettiva lo spazio marittimo creato dall’Impero

era un’estensione mobile dell’urbe portoghese, uno scenario che trova riscontro nell’osservazione delle iconografie sviluppate in Asia, tutte derivate da prototipi metropolitani. Sulla scia degli studi di Almeida, Jorge Lúzio da Silva ha anche proposto una teoria della agency dei marinai nella trasmissione artistica, dato che questi erano remunerati attraverso una quota del carico su cui prestavano servizio e che poi smerciavano informalmente.296 La tesi si presta poco a spiegare la

trasmissione del repertorio eburneo poiché le produzioni artistiche, specie in origine, dovevano essere strettamente dipendenti da commissioni specifiche degli ordini religiosi. Inoltre, se la produzione fosse stata massivamente indirizzata all’estero, sarebbe dovuta restare traccia negli

292 Silva 2009, p. 1738. 293 Silva 2009, p. 1740. 294 Ferreira 2010. 295 Silva 2011. 296 Almeida 2003.

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inventari delle navi. Come ha proposto Alferes Pinto, il repertorio eburneo per via delle caratteristiche mobili doveva prestarsi ad una circolazione di stampo individuale, le encomendas de mãos, non catalogate nei registri dei beni trasportati.297 È da scartare l’idea che i carichi

contenessero grandi quantità di statuette in avorio da essere poi distribuite tra il personale. La pratica di redistribuzione del carico si svolgeva piuttosto con materie prime, come le spezie, e non di beni così riccamente lavorati.

297 Pinto 2015a.

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Capitolo III