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109 Anđelković, Rogić, Nikolić 2010.

2.4 Famiglie iconografiche e gruppi di affinità.

Abbiamo finora analizzato le statuette nell’insieme ideale delle varie componenti e nella singolarità delle stesse secondo un criterio tipologico. Lo studio comparato del catalogo ha lentamente assunto la forma sempre più definita di una ricostruzione genealogica di famiglie iconografiche e gruppi di affinità. Da uno studio più accurato emerge infatti il dato assai interessante di come all’interno di questo soggetto siano presenti veri e propri gruppi iconografici ben distinti e identificabili. Già negli studi di Osswald, Távora e Raposo, che rappresentano le opere di maggiore portata per ricchezza di opere proposte e per il susseguente studio comparato delle stesse, era operata una distinzione in famiglie iconografiche che ricalca quella qui proposta. Tuttavia, la consapevolezza di diverse famiglie iconografiche non era stata posta come un fattore di pluralità all’interno dello stesso soggetto. In altre parole, la tradizione di studi ha sempre sottolineato i punti di convergenza tra opere diverse piuttosto che le differenze interne, assimilando all’interno di un macro-soggetto ideale diverse variazioni assai significative. Queste, se approfondite, restituiscono un quadro molto diversificato relativo alla circolazione dei modelli iconografici, ai loro significati spesso divergenti, agli ambienti della committenza e alle maestranze coinvolte. Il maggiore punto di interesse di questa trattazione è proprio nella formula ‘catalogo-inventario’ grazie alla quale è stato possibile comparare un vasto numero di opere e rintracciare sia i modelli ricorrenti che le varianti eccezionali. In alcuni casi è stato persino possibile identificare non solo i gruppi, ma alcune caratteristiche stilistiche che lasciano pensare con pochi dubbi che dietro la fattura di alcune opere, oggi lontane fra loro e apparentemente slegate, si celasse la mano dello stesso artista.

2.4.1 Il gruppo dell’agnello dormiente.

L’elemento che molto spesso contraddistingue un gruppo iconografico, determinandone lo schema compositivo e iconografico, si trova al centro del secondo registro della Rocca Simbolica. Avevamo accennato a questa caratteristica con l’espressione ‘emblema identificativo’, quasi come se l’elemento in causa fungesse da firma per l’identificazione della classe di appartenenza dell’opera.

Il gruppo dell’agnello dormiente prende questo nome dall’immancabile presenza di un agnello accovacciato al centro del registro mediano della Rocca. È questo il secondo insieme per numero di opere (24) ma al contempo presenta la maggiore uniformità in termini stilistici, di contenuto e composizione iconografica. La rappresentazione segue un modello compositivo senza eccezioni di sorta: nel primo registro, quello inferiore, spesso decorato da una fascia continua a punta di

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diamante, troviamo tre nicchie modellate in forma di conchiglia. In quella centrale appare la Maddalena stesa sul fianco destro, intenta a seguire la lettura dei Vangeli, in quelle laterali troviamo due leoni reclinati e vigili in posizione di guardia. Nel secondo registro si presenta l’agnello dormiente affiancato da due pecore che si cibano del fogliame, rivolte verso l’esterno o verso il centro della scena. Come abbiamo visto, l’agnello si configura come un’allegoria cristologica, snodo di passaggio tra il registro del peccato e quello superiore della salvezza eterna. Nel terzo registro è infatti rappresentata la Fonte della Vita, nella foggia di un mascherone leonino da cui sgorga un getto d’acqua al quale si abbevera la coppia di uccelli (fig.3b).

Come dicevamo, non solo l’iconografia, ma anche lo stile presenta una certa uniformità. Sono queste le opere in cui l’intaglio appare quasi sommario rispetto alle evoluzioni stilistiche che incontreremo più avanti. Altro dato a favore dell’uniformità del gruppo è l’impiego della doratura e della policromia nelle medesime forme. Le tracce superstiti seguono il modello già illustrato nel paragrafo 2.2. Anche rivolgendoci all’unità delle varie componenti, non solo alla rocca, troviamo interessanti conferme. Il gruppo, presenta una maggiore completezza di elementi, conservatesi meglio che nelle altre classi. Grazie a questo dato possiamo osservare come anche le altre componenti non rifulgono per particolari eccezioni stilistiche, allineandosi nell’ordine della canonicità. Si vedano ad esempio i pastorelli che, quando presenti, sono sempre raffigurati nella variante canonica. Uniche eccezioni sono le statuette al n. 32 e 39 dell’inventario, che presentano il leoncino al posto dell’agnello dormiente (fig.52). Il gruppo mostra quindi una certa serialità nella fattura, un dato che ci spinge a ipotizzare modelli iconografici condivisi e ben definiti, possibilmente derivati da un ambito della committenza specifico e da maestranze concentrate in un dato luogo, operanti nello stesso periodo.

2.4.2 Il gruppo della pecora che allatta.

L’insieme iconografico maggioritario è quello della pecora che allatta (36 opere in totale). Anche in questo caso lo stilema si trova nel registro mediano della rocca e rappresenta una pecora intenta ad allattare un agnellino, allegoria della comunità cristiana. All’interno di questo gruppo iconografico troviamo due schemi compositivi, a loro volta suddivisi in altri due sottogruppi, per un totale di quattro varianti fondamentali (fig. 53, 54, 55, 56):

- 1 a) Nel primo caso lo schema prevede la rappresentazione della Maddalena nel primo registro, in posizione centrale e canonica, affiancata dai due leoni. Solo nella già citata opera al numero 54 dell’inventario, i leoni attaccano due cervi, nei restanti casi sono rappresentati come guardiani. Nel registro successivo troviamo la pecora che allatta affiancata da altre che brucano. Nel terzo la Fonte della Vita in versione di colonnina da

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cui zampillano due getti d’acqua. La coppia di uccelli (e raramente due agnelli) si abbevera alla fonte.

- 1 b) Questo primo schema si ritrova in tutto uguale meno che per la Vergine e San Giuseppe intagliati sullo sfondo del terzo registro, affiancando così la Fonte della Vita. Entrambi i personaggi sono rappresentati frontalmente, secondo gli attributi canonici, in posizione di preghiera. Uno dei tre esemplari caratterizzati da questo schema propone un dettaglio iconografico che non troviamo in nessun’altra opera. Si tratta della statuetta al n.4 del catalogo, che nel primo registro mostra San Pietro e San Paolo rispettivamente alla destra e alla sinistra della nicchia della Maddalena, ricavati all’interno di due grottini speculari, raffigurati eretti frontalmente in posa iconica, con gli attributi della chiave e il bastone a identificarli (fig. 4b e 4c).

- 2 a) è il gruppo numericamente più consistente all’interno dell’insieme della pecora che allatta (15). Condivide lo stesso schema compositivo e i contenuti iconografici del gruppo dell’agnello dormiente meno che per l’emblema del registro mediano. Anche qui la fontana della vita è raffigurata in foggia leonina. La composizione si contraddistingue per una marcata uniformità, unica eccezione iconografica è la statuetta del Museu Abade de Baçal in Bragança (cat.7). Qui il primo registro è occupato dal presepe secondo una formula canonica. Gli artisti integrarono successivamente la nicchia della Maddalena attraverso l’aggiunta di una base circolare posta sotto la Rocca vera e propria.

- 2 b) speculare al sottogruppo 2-a, questo sotto insieme, che consiste di sei opere, si basa sullo stesso schema del gruppo precedente, arricchito della coppia dei genitori di Gesù sullo sfondo del terzo registro, ai lati del mascherone. Rintracciamo due eccezioni iconografiche: nel primo registro dell’opera inv.75è stato intagliato il presepe al posto della convenzionale Maddalena. Nell’opera inv.76la Maddalena invece di essere stesa sul fianco è rappresentata in posizione seduta secondo l’iconografia che tratteremo analiticamente nel paragrafo successivo. Altre opere documentate da Raposo illustrano la stessa variazione.117

Ciò che colpisce è la specularità dei modelli, con la coppia di Maria e Giuseppe nel terzo registro che aggiunge una variazione allo schema 1a) e 1b). Gli artisti si muovevano quindi entro una gamma di variazioni limitate. Per un totale di 36 opere abbiamo appena cinque eccezioni iconografiche, un dato che porta a rinsaldare la teoria dei modelli iconografici fissi. Lo stesso non può dirsi del trattamento stilistico delle opere, assai varie in termini di fattezza generale della rocca, minore o maggiore attenzione verso il dettaglio e alle soluzioni decorative. A titolo