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prostituzione.381 La nascita di questi istituti coincideva inoltre con lo sviluppo dei movimenti

mistici di ambito femminile, secondo una linea di continuità tra reclusione sociale ed escatologia della salvezza.382 La legislazione sociale fu accompagnata da una fiorente letteratura trattatistica

concernente il matrimonio, l’educazione della prole e il modello ideale della consorte cristiana.383

All’interno di questo filone si distingue l’opera di Pedro Malon de Chaide (1530-1589) dedicata alla figura della Maddalena penitente.384 Gli esempi letterari trovano dei paralleli nella pittura

iberica, testimoniati dalla versione definitiva di Murillo.385 Il modello in questione giunse anche

a Goa, come testimoniato da uno delle tele esposte nella sagrestia della basilica del Bom Jesus. Anche a Goa riscontriamo lo stesso processo disciplinante. La crescente presenza di una comunità coloniale stabile aveva aperto numerose istanze relative alla tutela della popolazione femminile. Quest’ultima recava un significativo interesse economico dato dal mercato delle doti. Anche per questo motivo gli ordini religiosi si prodigarono per ritagliarsi un ruolo all’interno del mercato matrimoniale. L’ordine maggiormente impegnato nel campo della tutela femminile furono gli agostiniani, specie nella figura dell’energico arcivescovo Aleixo de Menezes (1559-1617), che si impegnò per la creazione del primo convento femminile d’Asia, quello di Santa Monica, inaugurato nel 1606. Intorno alla fine del secolo XVI fondò anche il Ritiro della Nostra Signora della Montagna riservato a sole donne laiche, cattoliche e di discendenza nobile. Costoro erano vedove, orfane,386 donne abbandonate o lasciate temporaneamente in tutela del ritiro in attesa del

ritorno dei familiari. Pochi anni più tardi, nel 1609, l’arcivescovo fondò un secondo ritiro, quello della Maddalena, di stessa gestione ma rivolto ad una platea socialmente diversa.387 L’istituto era

costituito sul modello dei corrispettivi portoghesi e accettava donne dalla compromessa reputazione che avevano fatto voto di penitenza e conversione. Nella maggior parte dei casi doveva trattarsi di ex-prostitute cadute in disgrazia o cooptate ad abbandonare la professione, ma dobbiamo immaginare che al suo interno trovasse posto una serie di altre figure femminili in difficoltà economiche, sole e non allineate al modello familiare tradizionale. Le attività che si svolgevano all’interno di questi istituti ruotavano attorno alla preghiera, l’insegnamento della

381 Coates 2001, pp. 137-140; Sá 1994. 382 Tavares 1996.

383 Si vedano, già nel solo contesto iberico: Juan Luis Vives, Instruccion de la Mujer Cristiana, 1555; Luis de Leon, La Perfecta Casada, 1583; Cristovão da Costa, Tratados en Loor de las Mujeres, 1591; Diogo de Paiva de Andrade, Casamiento Perfeito, 1630; Francisco Manuel de Mello, Carta de Guia de Casados, 1651; Alexandre de Gusmão, Arte de Crear Bem os Filhos na Idade da Puericia, 1685.

384 Libro de la conversión de la Magdalena, en que se ponen los tres estados que tuvo de pecadora, y de penitente, y de gracia, y fundado sobre el Evangelio que pone la Iglesia en su fiesta (1588).

385 Inv. P001008, MdP - Madrid.

386Secondo la legge portoghese anche coloro che avevano perso il solo padre erano considerate orfane. 387 Boxer 1975, pp. 70-71.

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lettura e delle attività femminili utili all’economia familiare. È interessante notare come in questo periodo uno dei soggetti femminili più diffusi nella scuola d’intaglio eburneo fosse proprio l’Educazione della Vergine (fig.105).Questa iconografia, con Sant’Anna seduta mentre illustra un libro di letture alla giovane Maria, in piedi sul fianco destro, emerse proprio in ambito cattolico in un’ottica di idealizzazione della scena familiare e domesticazione dell’istruzione femminile. Questa infatti, sebbene propugnata nelle pratiche della Controriforma, era ammessa a soli fini devozionali e nel ristretto ambito delle mura domestiche.388

Questi istituti educativi erano finalizzati alla reintegrazione delle ospiti nel corpo sociale attraverso la stipula di matrimoni con i notabili delle colonie. Nel caso delle ‘pentite’ della Maddalena il rango dei mariti doveva essere necessariamente inferiore. Dallo studio delle Case della Maddalena nel network imperiale, osserviamo la consuetudine di inviare le ospiti nelle colonie che difettavano di donne dalla ‘moralità certificata’. Ciò accadde anche nel ritiro goanese, che fornì le proprie accolte alle colonie di Luanda, Colombo, Malacca e del Brasile. Questa strategia trova dei corrispettivi nella politica dell’invio di orfane portoghesi sotto tutela regia (Orfãs del Rey) nelle colonie al fine di stipulare matrimoni con i notabili portoghesi locali.389 Una

strategia che trova senso in quel processo di compartimentazione della società accennato nel paragrafo precedente, e che si tradusse in un graduale ‘sbiancamento sociale’. Dalla metà del XVI secolo in avanti, la Corona mostrerà un’ingerenza concreta nella composizione sociale delle colonie, suddivise per gradi di purezza razziale, ai cui vertici rimaneva salda l’élite di discendenza portoghese verso cui i gruppi locali tendevano a imparentarsi nell’ottica della scalata sociale.390

Nel suo studio Mary and Mysoginy, C.R. Boxer per primo ha sottolineato la coesistenza di celebrazione delle virtù femminili e discriminazione patriarcale all’interno dell’Impero portoghese. Lo studio della realtà sociale rende evidente in che modo l’iconografia della Maddalena penitente articolava il disciplinamento delle categorie femminili marginali. Non a caso questo personaggio trova posto all’interno dell’iconografia del Buon Pastore; la Maddalena è posta alla base delle statuette, nel locus di propagazione dell’iconografia. Insieme al battesimo, l’iconografia della penitenza compone quel binomio di atti sacramentali che sanciscono il percorso di conversione del fedele. La conversione distingueva la missione del sacerdote che Almeida definisce per l'appunto come “confessore” nella sua opera dottrinale. La rocca del Buon Pastore delinea quindi un percorso di integrazione degli elementi ai margini della vita morale fino all’epicentro del discorso egemone. Questa dinamica ideologica era legittimata dall’idea per cui gli ultimi e gli oppressi incarnassero l’esempio morale utile per la redenzione della società nel

388 Taggard 1999, p. 32; Bergmann 2011. 389 Coates 2001, pp. 165-66

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suo complesso. La Maddalena, peccatrice e redenta, diventa la prima degli evangelisti, la prima a cui Cristo si manifesta da risorto e a cui affida la diffusione del messaggio evangelico.

9 Conclusioni: paradigmi di interpretazione.

9.1 Soteriologie coincidenti.

Nel corso di questa ricerca abbiamo alternativamente spostato la nostra attenzione tra due poli prospettici; da una parte le pratiche di acculturazione perpetuate dai gruppi dominanti (clero missionario ed élite coloniale), le fazioni egemoniche, dall’altra, la loro ricezione da parte dei gruppi locali, marginali e subalterni. Usiamo ‘egemonico’ e ‘subalterno’ nella loro accezione gramsciana riscoperta dalle recenti scienze storiche e sociali, ovvero: egemonia come visione dei gruppi dominanti imposta secondo un processo di ‘naturalizzazione’ dell’ordine socio-politico, e subalternità come dinamica di incorporazione della narrazione di potere egemone, in questo caso l’ideologia cattolica controriformista.

Come si è visto, operare una separazione netta fra queste dimensioni rischia di essere fuorviante per via delle numerose sfumature e contaminazioni reciproche che regolano il rapporto tra gli interlocutori del discorso socio-ideologico. In questo senso si situa il concetto di agency dei nativi, ovvero quella capacità di rinegoziare la propria condizione partendo da uno stato di minorità, muovendosi all’interno dei vincoli strutturali dell’ordine coloniale. Il paradigma dell’agency può essere applicato anche alle opere artistiche, in quanto convettori di significati plurimi e stratificati, generatisi dalle vocazioni egemoniche di Chiesa e Impero, ma non confinati in essi.391 Inoltre,

come ricorda Serge Gruzinski, nello spazio coloniale non possiamo parlare di blocchi culturali unitari e coesi, ma ‘frammenti’ d’Europa e ‘frammenti’ delle comunità locali, spesso eterogenei al loro interno, che entrano in interazione.392

Non è compito di questa tesi stabilire un giudizio critico su fino a che punto l’egemonia cattolica- coloniale fu pervasiva tanto da creare una vera condizione di subalternità dei locali. Il dibattito storiografico contemporaneo è ancora animato da interpretazioni divergenti, alcune più prossime alla prospettiva egemonica e altre schierate sull’idea di un tipo di dominazione senza egemonia.393

La nostra attenzione va invece alla Rocca del Buon Pastore ed è questo il campo discorsivo che proveremo a spiegare con un’interpretazione critica complessiva. Dall’analisi dell’iconografia calata nel suo contesto di formazione emergono due nuclei concettuali tra loro interconnessi

391 Krass 2017a, pp. 9-18. 392 Gruzinski 1999. 393 Aranha 2014.

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intorno al tema dell’autorappresentazione del clero missionario; le allegorie pastorali che vertono sul concetto di imitatio Christi quale richiamo simbolico al sacerdozio, allineate alla complessiva riformulazione pastorale della Chiesa tridentina, e quelle sacramentali del battesimo e della penitenza, connesse all’evangelizzazione dei gruppi locali, e che anch’esse identificavano il ruolo storico e spirituale delle missioni.

Questi corpi tematici trovano senso comune nella dottrina soteriologica della Chiesa cattolica post-tridentina. Luke Clossey ha fatto notare che la coerenza tra i vari aspetti della Controriforma non fu tanto istituzionale, visto che la Chiesa dell’epoca si trovava divisa in una moltitudine di conflitti interni ed esterni, quanto invece dottrinale. Il suo concetto di “global salvific Catholicism” tende a spiegare la centralità dei temi soteriologici ed escatologici alla luce del nuovo orizzonte globale, di cui le missioni rappresentavano l’avanguardia intellettuale.394

Nella sua analisi dell’ordine gesuita, Clossey ha sottolineato il profilo psicologico e le motivazioni profonde che animavano i gesuiti, cogliendo tutta una serie di angosciosi interrogativi che tormentavano i missionari circa la valenza da attribuire alla loro opera di salvezza.395 Questa era

interpretata prima di tutto come salvezza individuale, poiché solo attraverso di essa si realizzava la salvezza dei popoli convertiti. I due percorsi soteriologici erano quindi complementari, senza quello dei missionari non si poteva realizzare l’altro e viceversa. Nel nostro soggetto, essi appaiono integrati attraverso un’iconografia raffigurante un cammino soteriologico sancito da tappe sacramentali e ispirato al modello morale del Cristo, in tensione verso la salvezza dell’anima; la mistica contemplazione delle acque salvifiche della vita eterna, dell’albero perenne e dei cieli dell’Onnipotente. Un percorso di devozione individuale che diventa al contempo progetto escatologico per la salvezza collettiva.

Alla luce di queste implicazioni dottrinali torniamo ad interpretare l’iconografia in termini storico-politici. La rappresentazione dell’identità del clero va a coincidere con quella dei gruppi subalterni sul tracciato dell’egemonia gramsciana. Piuttosto che semplice portavoce delle istanze marginali, il clero missionario sfrutta la parabola umana dei subalterni per delineare la propria visione storico-spirituale, funzionale alla conservazione delle gerarchie di potere. Gli ordini religiosi si arrogano la carica di delegati delle istanze dal basso, ma attraverso una dinamica di spoliazione e appropriazione dell’iniziativa dei subalterni. In questo consiste l’egemonia degli ordini missionari, quell’auctoritas, autorità che è autorialità, capacità di essere autori della rappresentazione sociale, e, nel nostro caso, della rappresentazione artistica. La visione egemonica si impone come unico paradigma autorizzato in forza di categorie trascendenti (il ruolo messianico dell’evangelizzazione) ma che in verità sono il risultato storico (e arbitrario) di

394 Clossey 2008, pp. 238-58. 395 Clossey 2008, pp. 90-135.

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