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La mediazione fiamminga: il ruolo dell’incisione nell’Asia portoghese.

195 Osswald 1996, vol II, p XII.

5 La trasmissione dei modelli iconografici.

5.1 La mediazione fiamminga: il ruolo dell’incisione nell’Asia portoghese.

Abbiamo visto come le Fiandre rappresentassero uno dei maggiori centri di destinazione dei beni portoghesi. Grazie a questa rotta, una serie di innovazioni tecniche, tradizioni intellettuali ed artistiche si trasmise dai Paesi Bassi alla penisola iberica. Testimonianza particolarmente significativa nei termini della nostra ricerca è l’affinità tra la scultura lignea di Malines e i primi esempi di scultura eburnea di committenza portoghese in Sri Lanka. Le statuette del Gesù Infante come Salvatore del Mondo e i soggetti mariani più antichi dimostrano l’influenza della scultura tardo-gotica fiamminga, usata in modo prototipale.233

Oltre agli scambi economici e culturali bisogna prendere in considerazione i circuiti della mobilità

232 Lopes 2011, pp. 198-209.Torneremo sullo studio delle fonti di Lopes al paragrafo 8.1 per le evidenze di tipo iconografico.

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umana visto che agenti commerciali e artisti fiamminghi erano largamente presenti nelle colonie orientali del Portogallo. Ciò è particolarmente vero in relazione all’ambiente missionario. Gli ordini regolari, in particolare i gesuiti, attrassero numerosi artisti di varia provenienza europea, soprattutto italiani, spagnoli, tedeschi e fiamminghi.234 Le missioni rappresentavano infatti circuiti

intellettuali contraddistinti da una cultura cosmopolita e urbana. Il principale strumento di trasmissione della cultura all’interno di questi circoli era diventata la letteratura veicolata per mezzo della stampa. Questa nuova tecnologia, sviluppatasi con sorprendente vigore appena un secolo prima, investì non solo l’ambito della cultura scritta, ma anche quello della cultura visuale. Ancora nel XVI secolo queste due dimensioni coesistevano in modo interconnesso nelle dinamiche di comunicazione e trasmissione della cultura.235 Il perfezionamento delle tecniche di

incisione e stampa diede modo di svincolare la visualità dalla pittura e propagarsi con maggior facilità sui circuiti della cultura scritta.

Osserviamo il ricorso a modelli ad incisione tedeschi e franco-fiamminghi (Albrecht Dürer e Thielman Kerver fra gli altri) nelle dinamiche di commissione artistica già nella seconda metà del XV secolo in relazione alle colonie portoghesi dell’Africa occidentale (fig.82). Lo riscontriamo nell’apparato iconografico a soggetto cristiano degli avori bini-portoghesi (fig.83), così come nei soggetti di caccia rappresentati sugli olifanti eburnei della cultura sapi e sherbo della Sierra Leone.236 Lo stesso processo è documentato dalle scene ritratte sui pannelli dei cofanetti eburnei

singalo-portoghesi.237 L’uso di modelli ad incisione (anche italiani dal XVI secolo in poi) si fa

ancora più evidente se analizziamo il repertorio di pannelli eburnei prodotti in Sri Lanka e a Goa su commissione dei missionari (fig.84).

Anche rivolgendoci al soggetto del Buon Pastore notiamo come l’uso di modelli derivati dall’incisione fornisce i prototipi più convincenti alla base dell’elaborazione iconografica del soggetto. L’introduzione delle tecniche di incisione e stampa influenzò in modo determinante l’evoluzione storica della parabola del Buon Pastore. Troviamo numerosi riferimenti al soggetto in diverse serie di incisioni prodotte nella Sassonia luterana del primo XVI secolo.238 In questi

esemplari, Cristo è raffigurato in età matura secondo l’iconografia del portatore di agnello, all’interno della porta principale dell’ovile. Lutero stesso aveva fatto ricorso alla parabola in due sermoni indirizzati ai falsi pastori della Chiesa Cattolica. L’iconografia ribadiva il principio

234 Osswald 2011, pp. 261-62. 235 Bouza 2002; Veldman 2006. 236 Dias 2004, pp. 14-16.

237 Saviello, “›Beziehungskästchen‹. Die Übersetzung europäischer Bildvorlagen am singhalesischen Elfenbeinkästchen des Berliner Museums für Asiatische Kunst” in Zeitschrift für Kunstgeschichte (in corso di pubblicazione).

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protestante della “sola fede” (Gesù è la vera e unica porta per la salvezza) contrapposto a quello cattolico della salvezza per mezzo delle opere.239

Il soggetto si propagò alle limitrofe Fiandre tra gli anni Cinquanta e Sessanta del XVI secolo, e venne usato durante la guerra degli ottant’anni (1568-1648) per rappresentare il malgoverno dei cattolici Asburgo. Nell’Index Librorum Prohibitorum pubblicato ad Anversa dall’editrice Plantin (1570), alla sezione dedicata alla censura delle immagini sacre troviamo l’esplicita proibizione a produrre immagini del Cristo recanti la citazione “Ego sum pastor bonus”.240 Tra gli altri soggetti

censurati è citata la fonte della vita eterna, anch’essa per l’uso anticattolico della propaganda protestante. Nell’Anversa di quegli anni tumultuosi operò una generazione di artisti impegnata in una vera guerra ideologica basata sulla propaganda per mezzo delle immagini, che portò a riformulare l’iconografia del Buon Pastore. All’interno della fazione ‘cattolica’ troviamo coloro che hanno fornito i modelli più convincenti nell’elaborazione iconografica del Buon Pastore indo- portoghese: la bottega dei Wierix e Hendrick Goltzius.

Un primo riferimento all’influenza di Goltzius (1558-1617) nella formulazione iconografica del nostro soggetto ricorre in un’incisione del Gesù Infante come Salvatore del Mondo basata su un disegno di Jan Van der Straet (1523-1603) e pubblicata da Philip Galle intorno al 1578.241 In

questa incisione il Cristo bambino siede al centro della scena su di un cuscino in tutto somigliante a quello realizzato per le statuette singalesi del Buon Pastore in cristallo rocca. Al lato destro troviamo il Battista bambino mentre rende omaggio al Cristo, al lato sinistro vi è raffigurato il globo sormontato dalla croce, l’agnello del sacrificio e la Madonna in preghiera.

Il secondo riferimento deriva dall’incisione Exemplar Virtutum, anch’essa datata intorno al 1578 e proveniente da una serie di sei incisioni allegoriche sulla vita di Cristo (fig.85a). In questa incisione, Gesù, rappresentato da adulto in una bianca tunica, mostra ad una pittrice un mezzo cuore scoperchiato contente l’immagine di un giovane pastorello, e con la destra indica un agnello ai piedi della scena. La donna, forse un’allegoria dell’arte come mimesi, seduta su uno sgabello, ricopia scrupolosamente l’immagine all’interno dell’altra metà del cuore, posta in fronte ad essa per mezzo di un cavalletto. L’immagine vuole rappresentare l’unità dell’essenza divina e di quella individuale (le due parti del cuore) per mezzo dell’esempio morale del Cristo (il pastorello) e il suo sacrificio (l’agnello), come specificato da due iscrizioni: “Imitatio Christi” sopra il braccio destro della pittrice, e “Estote Ergo Imitatores Dei, Sicut Filii Charissimi” (Ef 5:1) sul bordo inferiore dell’incisione. L’immagine del pastorello all’interno del cuore riconduce all’iconografia degli esemplari dell’India portoghese; Gesù bambino pastore vestito di una tunica al ginocchio,

239 Reardon 1981, pp. 52-77. 240 Janssens 2014, pp. 170-72. 241BM inv. 1857,0613-468.

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assicurata da un cinto, reca la bisaccia e la verga pastorale. Solo la posa del personaggio si differenzia dagli esemplari eburnei (fig.85b).

Altre iscrizioni accompagnano una serie di otto emblemi e otto scene bibliche di soggetto morale che incorniciano la scena centrale. Fra gli emblemi troviamo tre interessanti riferimenti testuali ed iconografici relativi al ruolo pastorale della Chiesa e connessi col nostro soggetto. Si tratta di “Baculus Domini. Psal 22” posto sotto la verga pastorale, “Episcopus Animarum Pt.2” per la mitra papale e “Fons Aquae Vitae Apo.21” per la fonte della vita eterna. La fonte della vita è stata realizzata secondo il modello tardo-medievale di origine fiamminga già identificato da Egbert e Morey come prototipo usato negli esemplari indo-portoghesi del Buon Pastore.242 Si tratta della

caratteristica fontana in forma di colonnina e vassoio da cui zampillano alcuni getti d’acqua (fig.85c).

Lo studio del repertorio dei Wierix ha reso possibile stabilire che la peculiare posizione del pastorello meditante, così prossima ad un’iconografia orientale, trae invece origine da una delle incisioni di Hieronymus Wierix (1553-1619). Si tratta dell’incisione dal titolo Origo Castis Cordis, datata 1586 (fig.86).243 L’incisione era a sua volta una copia dell’originale realizzata

dall’artista mantovana Diana Ghisi Scultori (1547-1612), che eseguì la prima versione nel 1577. L’opera rappresenta il Cristo bambino assorto in profonda meditazione, ad occhi semichiusi, con la mano sinistra a sorreggere il capo, la destra regge il globo sormontato dalla croce. Il bambinello veste una lunga tunica, le gambe, leggermente incrociate, poggiano su di un grande cuore fiammeggiante. La versione di Wierix reca due citazioni sul bordo inferiore della pagina: “Ego dormio et cor meum vigilat” (Cantico 5:2) ed “Ego sto ad ostium et pulso, si quis aperuerit ianuam, intrabo ad illum” (Apocalisse 3:20). Altre statuette eburnee di provenienza asiatica, copie esatte dell’incisione in esame, comprovano l’effettivo utilizzo del modello di Wierix (fig.87).244

L’incisione fu pubblicata nell’ Evangelicae Historiae Imagines (1593) del gesuita Jerónimo Nadal (1507-1580) uno dei testi più influenti nella trasmissione delle iconografie cattoliche nel periodo della Controriforma.245 L’opera di Nadal è ampiamente documentata all’interno della missione

gesuita nell’India portoghese e nell’Impero Mughal.246 Olson ha proposto un’interessante lettura

dell’iconografia del Buon Pastore partendo proprio da uno dei testi più noti del gesuita spagnolo, le Adnotationes et Meditationes in Evangelia (1594).247 Torneremo su questa teoria nei paragrafi

8.1 e 8.1.1, al momento sottolineiamo che il repertorio visuale che accompagnava i testi dottrinali

242 Morey 1936, pp 92-93.

243 Mauquoy Hendrickx 1979, vol. II, n. 1443.

244 L.M. Santos 1993, n. cat.193, pp. 62-63; Raposo 1991, n. cat. 290, 291, p. 116. 245 Rodríguez de Ceballos 1974, p. 77-96.

246 Vollmer, Weis 2015. 247 Olson 2007, pp. 120-134.

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non svolgeva un compito meramente didascalico ma interagiva coi testi attraverso una serie di esercizi spirituali. Questi esercizi implicavano tecniche di memorizzazione dei contenuti dottrinali per mezzo della visualizzazione. Alcune di queste pratiche erano rivolte all’evangelizzazione, come per esempio nelle pratiche liturgiche e nella cooptazione di artisti locali ai fini di propaganda religiosa.

Una copia (fig.88) realizzata dal fratello minore Anton III (1596-1624) fu inclusa in altre due serie di incisioni: Cor Iesu Amanti Sacrum e Iesu Christi Dei Domini Salvatoris NRI Infantia, pubblicate ad Anversa tra il 1591 e il 1619. Entrambe le opere vertono sul tema della prefigurazione della passione durante l’infanzia di Cristo, uno dei nuclei iconografici compresenti anche nel soggetto del Buon Pastore. La presenza di questi testi nell’India portoghese è confermata da alcune copie in avorio delle incisioni. Due esempi dello stesso soggetto si trovano nella placchetta eburnea facente parte del calvario della collezione Palmela, e nell’esatta copia a tutto tondo oggi custodita al Museu Nacional Machado de Castro di Coimbra (fig.89, 90). In questi esemplari Gesù bambino, vestito di una lunga tunica, incede pensoso mentre trasporta gli strumenti della passione: una scala, la colonna, la croce ed un cesto pieno di attrezzi.

L’utilizzo dei modelli prodotti dai Wierix è riscontrabile in altre iconografie facenti parte della Rocca del Buon Pastore. La statuetta appartenente alla Fondazione Casa di Bragança (cat.19) è l’opera a presentare la versione iconografica di maggiore complessità. Osswald ha dimostrato la presenza di diversi modelli iconografici derivati dall’incisione fiamminga e italiana del secolo XVII. Tra i modelli identificati: la Fuga in Egitto dei Wierix, l’Annunciazione da Wierix su modello di Bernardino da Pesaro, la Circoncisione, copia dei Wierix dell’originale di Martin Vos, e il Battesimo di Cristo da un modello di Francesco Salviati.

In conclusione, una tendenza comune si delinea dall’analisi dei prototipi iconografici in oggetto. I Wierix lavorarono senza interruzioni alle dipendenze dell’editore Christophe Plantin (1514- 1589), strettamente legato alla Corona spagnola e a committenti ecclesiastici cattolici, specie la Compagnia di Gesù. Plantin, nonostante le controverse simpatie protestanti, fu uno degli agenti più significativi nella propagazione della letteratura cattolica del tempo.248 Lo stesso possiamo

dire di Philip Galle (1537-1612), incisore ed editore fiammingo che lavorò a stretto contatto con Goltzius. Anche nel suo caso, nonostante le sue tendenze laiche ed umaniste, riscontriamo una profonda dipendenza dalla committenza cattolica. Attraverso l’attività editoriale cattolica del tempo, in larga parte radicata nelle Fiandre, osserviamo un processo di censura dell’iconografia tradizionale del Buon Pastore unito ad una parallela declinazione sui temi dell’infanzia e dell’intimismo mistico-devozionale. Dalle botteghe degli incisori e degli stampatori fiamminghi queste nuove formulazioni iconografiche si propagarono alle altre regioni cattoliche, tra cui le

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remote missioni portoghesi dell’India occidentale dove avrebbero coadiuvato un nuovo dibattito dottrinale con conseguenze inedite sul piano artistico.