• Non ci sono risultati.

117 Raposo 1991, p 105-106, cat 260, 264, 266.

2.4.4 L’officina del Battista.

Abbiamo visto finora dei gruppi iconografici dove, pur riuscendo a identificare dei modelli compositivi, è arduo cogliere cifre stilistiche tali che consentano l’attribuzione di più opere della medesima officina. La serialità delle iconografie e del trattamento stilistico non lascia ampi spazi di interpretazione se non per la pura comparazione dei modelli impiegati. La classe di oggetti che illustreremo adesso presenta una personalità artistica peculiare. Per questo motivo, oltre a parlare di un gruppo di opere iconograficamente imparentate, spingeremo la nostra analisi verso un livello successivo, ovvero l’identificazione di una vera e propria autorialità definita dietro opere apparentemente anonime. Per questa ragione si è scelto di attribuire un nome proprio, convenzionale ed arbitrario è vero, ma coerente con l’interpretazione in senso sacramentale dell’iconografia dato dalla significativa presenza di San Giovanni il Battista. Su questa coesistenza di gruppo iconografico e officina specifica bisognerà dire che le opere qui raccolte mostrano un vasto spettro di differenze interne, e sebbene tutte facciano parte dello stesso insieme iconografico solo per alcune possiamo stabilire con certezza l’appartenenza alla stessa officina di produzione.

Sotto la nomenclatura di ‘officina del Battista’ raccogliamo nel nostro inventario dodici opere. Ciò che immediatamente ci colpisce è la straordinaria diffusione delle stesse, che si ritrovano sparse in esemplari singoli tra Brasile, Inghilterra, Italia, Spagna e Portogallo, un dato che di sicuro non ha favorito lo studio comparato delle stesse e che mostra, ancora una volta, gli ampi circuiti di diffusione del soggetto in esame. Come per gli altri gruppi trattati, anche qui assistiamo alla ripetizione del medesimo ordine compositivo e dei relativi contenuti iconografici.

Il primo registro ospita la solita tripartizione delle grotte. In quella centrale è sempre la Maddalena il personaggio privilegiato, sia nella versione stesa sul fianco destro (cat.14), sia in posa seduta (inv.99). Si discostano significativamente gli esemplari del MHN di Rio (inv.94), che presenta Giovanni Battista intento a dissetare un agnello, e quello del MNAA (cat.12), che mostra San Pietro nella formula penitente. Le attribuzioni dei due personaggi sono ancora dibattute. Nel

53

primo caso potremmo trovarci difronte ad una delle iconografie del Buon Pastore, così come in alcune opere di provenienza privata.123 Tuttavia, un frammento del registro inferiore della Rocca

pubblicato da Dias e una statuetta riportata da Raposo, non lasciano dubbi sull’identità del Battista, considerata anche la ripetuta presenza di questo personaggio nei registri superiori.124 Nel

caso della statuetta del MNAA è stata avanzata l’ipotesi che si tratti del profeta Elia, tra i cui attributi troviamo il corvo.125 L’uccello in questione sembra piuttosto un gallo coerentemente alla

policromia impiegata per descrivere l’animale, e alla ripetuta presenza dell’apostolo Pietro sia nel presente gruppo iconografico che nel soggetto del Buon Pastore in generale.

Nelle nicchie laterali, dove comunemente ci aspetteremo di trovare i leoni guardiani, troviamo invece diverse evoluzioni.126 La statuetta al n.12 del catalogo mostra nella nicchia di sinistra un

agnello in versione araldica, in quella destra un leone intento a sbranare una gazzella. Nel restante numero di casi le nicchie laterali contengono l’iconografia penitente di San Pietro e San Girolamo. In alcuni casi, i leoni appaiono integrati alle scene dei santi penitenti, come per le statuette ai numeri 14 del catalogo e 94 e 99 dell’inventario. Come nei gruppi precedenti il registro inferiore è il locus del peccato e del pentimento, in queste versioni reso ancora più enfatico dalle soluzioni assai originali con cui gli animali interagiscono coi personaggi.

Nel registro mediano troviamo sempre un cane da pastore, allegoria cristologica di protezione della comunità, accovacciato frontalmente con la testa rivolta in alto, la bocca semi aperta e un collare borchiato. Il cane è circondato dal gregge e da vasche d’acqua in cui si abbeverano agnelli e uccelli, secondo una progressione di virtuosismi dell’intaglio. Le opere spaziano dagli esemplari più semplici (inv.88, 94) fino a soluzioni più complesse, con gli agnelli ad abbeverarsi in due conche d’acqua connesse alla fonte del registro superiore da tre mascheroni leonini (cat.12). Stesso schema che notiamo nelle opere custodite a Napoli, Londra e Madrid, (cat.11, 13; inv.97) dove le pecore sono ricavate con grande perizia sotto i getti d’acqua e all’interno della rocca, fino al virtuosismo assoluto della statuetta del Museu dos Biscainhos (cat.14), in cui più di dieci pecore e due coppie tra uccelli e agnellini si alternano tra piani rocciosi successivi, entro getti d’acqua e formazioni vegetali. Nella sola statuetta di Sigüenza (inv.98) il cane è sormontato da un personaggio di difficile attribuzione. Si tratta di un uomo maturo, con barba e capelli lunghi, il viso sofferente, che sorregge come una sorta di Atlante la vasca della fonte della vita nel registro superiore. Il personaggio appare con entrambe le braccia dispiegate, ad imitare il Cristo crocifisso. Ciò che colpisce in modo enigmatico è la trattazione della parte inferiore del corpo, intagliata

123 Raposo 1991, p. 111, cat. 278.

124 Raposo 1991, p. 108, cat 268; Dias 2004, pp. 68-69. 125 Si veda la scheda tecnica attraverso il portale MATRIZNET:

http://www.matriznet.dgpc.pt/MatrizNet/Objectos/ObjectosConsultar.aspx?IdReg=246345 126 Solo l’opera al numero 88 del catalogoriporta i soli leoncini guardiani.

54

secondo un motivo a scacchi usato per rappresentare il vello delle pecore, con la parte terminante leggermente arricciata come a mimare una creatura marina. Potrebbe trattarsi di un riferimento al Cristo, o di un’elemento decorativo tratto dalla mitologia classica, così come di un soggetto iconografico di derivazione locale, come il nāga che appare in una statuetta documentata da Collin.127 Ulteriori indagini sull’opera aiuteranno a chiarire l’identificazione

Il terzo registro presenta immancabilmente la Fonte della Vita in forma di colonnina. La maggior parte degli esemplari propone un angelo a sormontare la fontana, dalle cui mani sgorga il doppio getto d’acqua. Due coppie di uccelli e di agnelli si abbeverano alla fonte che viene affiancata da diversi pendant di personaggi. Nel solo caso di Capodimonte (cat.11) troviamo la santa parentela di Gesù, così come in un Buon Pastore documentato da Pedro Dias, a cui si aggiungono i quattro evangelisti.128 Il più delle volte è San Giovanni Battista a comparire sulla destra o sulla sinistra

della scena. Il santo è rappresentato sia in versione matura (cat.13), che come giovane imberbe (cat.14; inv.97, 99). Il Battista veste la tunica ricavata dalla pelle di cammello, riferimento alla sua condotta ascetica, con il braccio destro teso in alto ad indicare il Cristo Pastore e la sinistra a reggere un oggetto mancante, forse il pastorale o più probabilmente le scritture su cui riposa l’agnello mistico (fig.13a). Il Battista può essere affiancato nel lato opposto dal pellicano, allegoria cristologica basata sulla credenza che l’uccello fosse uso a graffiarsi il petto per alimentare i pulcini col proprio sangue (inv.97, 99). La coppia è presente in altre statuette dello stesso insieme iconografico documentate da Raposo129 e Osswald. 130 L’uccello viene

rappresentato col becco rivolto verso il cuore, sopra tre pulcini affamati. Questa allegoria ha finito col rappresentare il sacramento dell’eucarestia, momento di partecipazione del fedele al sacrificio di Cristo. Non a caso questo soggetto, già presente in forma emblematica nell’arte tessile dell’India portoghese,131 era particolarmente in voga nella produzione di tabernacoli (fig.58,

59).132 Nel Buon Pastore pubblicato da Dias, appare eccezionalmente in un grottino ricavato ai

piedi della statuetta, sotto il registro dei santi penitenti.133 Quando non è il pellicano, è San

Domenico Guzman ad apparire in composizione col Battista (cat.13, fig.13c). L’attribuzione è possibile nonostante il danneggiamento della statuetta, grazie al crocifisso retto nella mano destra e il cane foriero di una fiaccola ai piedi del personaggio, riferimento al sogno della vocazione del santo spagnolo, in cui un cane munito di una candela correva illuminando le tenebre. Il Santo

127 Collin 1984, p. 175. 128 Dias 2004, pp. 70-71. 129 Raposo 1991, p. 100, cat. 247.

130 Osswald 1996, vol. II, p. 11, cat. 19, 20. 131 Karl 2016, pp. 82-108.

132 Pinto 2003, p. 105. 133 Dias 2004, p. 71.

55

appare in altre opere dello stesso gruppo documentate da Raposo134 e da Osswald 135 sebbene

entrambi abbiano alternativamente interpretato la figura come San Francesco di Assisi nel primo caso e Sant’Antonio da Padova nel secondo.

La prima caratteristica comune che vogliamo sottolineare è la conformazione stessa delle rocche, modellate con attenzione naturalistica. Ad eccezione dell’opera napoletana e in altri due casi (inv.88, 96), le rocche appaiono più schiacciate, meno forzate a rispettare la verticalità trascendente del soggetto. Questo tratto, sicuramente connesso con la ridondanza con cui gli artisti hanno voluto raffigurare il tema delle acque e i personaggi che partecipano alle scene, ci induce ad interpretare il gruppo come connesso al sacramento del battesimo. Lo vediamo in prima istanza nell’elaborata cura con cui è rappresentata la Fonte della Vita, che non si limita al solo registro superiore, ma scorre secondo la forma di una cascata in rivoli e getti fino al registro inferiore. Nel secondo registro ritroviamo la coppia degli uccelli (comunemente limitati al solo terzo) e il gregge intento ad abbeverarsi; in nessun’altra classe di opere troviamo questa corrispondenza così sovente. La figura di San Giovanni Battista, ultimo dei profeti e precursore di Cristo, ci aiuta a ricondurre il significato delle acque all’ambito battesimale. Ritroveremo il Santo in altre statuette ma sempre in iconografie singolari. Solo in questo gruppo di opere esso funge da motivo ricorrente. La presenza del Battista sembra inoltre confermare la lettura giovannea del soggetto dato che l’ultimo dei Vangeli concede ampio spazio alla narrazione del rapporto fra Cristo e l’asceta Giovanni, le implicazioni teologiche delle dottrine dei due personaggi e le complesse relazioni tra la comunità creata dal secondo e i nuovi seguaci (Gv 1:6; 1:19-36; 3:23-36; 5:31-40; 10:40-41). La relazione è simboleggiata dalla posizione del Battista che indica di rimando il Cristo Pastore, come nel passo evangelico in cui il Battista legittima il ruolo escatologico di Gesù: “(1:36) Ecco l’agnello di Dio!”. Sembra che gli artisti (e possibilmente i committenti), abbiano operato una sovrapposizione di significati tra l’iconografia della Fonte della Vita Eterna e la fonte battesimale. La transizione di significati è confermata dal ruolo iconografico del pellicano. Anche questo elemento trova spazio solo in questa classe di oggetti, significativamente associato al Battista. L’uccello, simbolo eucaristico di purificazione, appare collegato al battesimo, ovvero l’acqua che monda dal peccato originale. Anche il dettaglio dell’angelo che sormonta la fonte trova senso nell’interpretazione sacramentale, se derivato come calco del Cristo nelle incisioni della Fons Vitae, che lo ritraggono in tutto uguale.136 In conclusione, la coerenza dell’iconografia

sembra declinare i temi finora trattati nel sacramento del battesimo.