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195 Osswald 1996, vol II, p XII.

6 Il mercato artistico e la teoria ‘esogena’ dell’esportazione.

Nei prossimi paragrafi tratteremo del mercato delle opere nel periodo coevo e poco successivo alla cronologia della loro produzione. Proveremo quindi a tracciare i maggiori circuiti entro cui si diffusero nel primo periodo della loro circolazione, e secondo quali dinamiche fossero strutturati. Nel panorama accademico alcuni studiosi si sono schierati per un’interpretazione ‘esogena’ dell’arte devozionale eburnea di ambito coloniale e missionario.262 Con questo termine

intendiamo la teoria per cui le statuette venissero essenzialmente destinate al mercato estero, secondo uno schema di produzione e consumo tra periferie e centro dell’Impero. La teoria è particolarmente valida se consideriamo il repertorio devozionale eburneo nella sua totalità, sebbene una parte consistente del mercato delle opere si producesse all’interno delle colonie stesse, senza un necessario legame con la madrepatria, tuttavia non crediamo sia applicabile al soggetto in esame. Per ciò che riguarda l’origine della Rocca Buon Pastore e il suo significato, questa tesi cercherà proprio di confutare la teoria esogena, dimostrando al contrario la particolare rilevanza del contesto coloniale per la comprensione del soggetto. Il prossimo capitolo sarà infatti

260 Osswald 2017, p. 365.

261 Kalidos 1991, p. 478; Gail 2008, p. 458.

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dedicato alle dinamiche di committenza, nell’accezione del profondo ruolo che esse rivestirono nella creazione del soggetto e nella sua identità locale.

Tuttavia, come abbiamo finora descritto, la Rocca del Buon Pastore si rivela un soggetto contraddistinto da una forte mobilità. In ogni aspetto della sua produzione ritroviamo riferimenti distanti che volta per volta si intrecciano sullo schema delle dinamiche coloniali. Ciò vale anche nel contesto del mercato delle opere nel periodo originario. Pur concentrando la nostra attenzione sul ruolo degli artefatti nel contesto delle colonie, tralasciare il fatto che essi circolarono all’infuori dell’India portoghese rappresenterebbe una grave omissione. Nei prossimi due paragrafi proporremo un’analisi dei maggiori circuiti di diffusione tra il XVII e il XVIII secolo attraverso lo studio di fonti documentali e storico-artistiche.

6.1 La connessione periferie-centro: i network globali delle élite politiche e

religiose.

In questo paragrafo ci concentreremo sulle evoluzioni del mercato delle opere tra le colonie e il Regno di Portogallo. Non si pensi però che questa giunzione fosse immune da connessioni più ampie, vedremo infatti come esse si dipanarono dal binomio iniziale seguendo tracciati più ramificati.

Guardando al mercato dei manufatti artistici di provenienza esotica, la storiografia iniziale è contraddistinta da una rilevanza delle dinamiche di tipo diplomatico. Abbiamo già accennato agli avori sherbo e sapi-portoghesi della costa occidentale dell’Africa, alla loro ricorrente presenza nei corredi delle casate europee (specie italiane e germaniche) legate ai regnanti di Portogallo. I modelli iconografici di matrice europea alla base di queste opere mostrano la chiara committenza portoghese in funzione della spendibilità degli oggetti nel mercato europeo.263 La maggior parte

degli oggetti in transito dall’Asia all’Europa faceva parte, specie agli esordi dell’espansione, di offerte diplomatiche indirizzate alla Corona portoghese che venivano raccolte dalle numerose feitorias coloniali. L’ingerenza della Corona nel flusso dei manufatti artistici si fece esplicita nel 1513 quando una disposizione di Manuele I stabilì il diritto di prelazione del sovrano sulle merci in arrivo dall’Oriente.264 Il Portogallo giocò un ruolo decisivo nell’afflusso di preziosi e

manifatture artistiche di provenienza orientale, il quale strutturò il gusto dei monarchi e dell’alta aristocrazia del tempo. Jordan e Perez Tudela hanno puntualmente analizzato molti dei corredi reali appartenenti agli Asburgo e agli Aviz nel corso del XVI secolo sottolineando la significativa

263 Dias 2004, pp. 14-16.

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presenza di manifatture esotiche.265 Tra i maggiori collezionisti del tempo ricordiamo Caterina di

Portogallo, l’imperatrice Maria Giovanna d’Austria, l’arciduca di Savoia Alberto e, non ultimo, Filippo II imperatore di Spagna. Nel variegato tesoro di origini orientali che raggiunse la corte portoghese fece la sua comparsa l’oratorio eburneo singalese dell’imperatrice Maria Giovanna, contenente uno dei primi esemplari del Buon Pastore, oggi conservato al Monastero delle Scalze Reali di Madrid.266

Aristocrazia e famiglie reali, anche in questo primo periodo, non prevalsero sempre sulle dinamiche del mercato privato. Il già citato cofanetto della Residenzadi Monaco dà un esempio del contrario. Come sappiamo, l’oggetto appartenne a Giovanni III e raggiunse Lisbona nel 1542 a seguito della missione diplomatica del regno di Kotte. Qui venne acquisito da un agente dei Fugger che avrebbe poi trasferito l’oggetto in Germania come dono di nozze tra Alberto V di Baviera e Anna d’Asburgo.

Di certo, fino al tardo XVI secolo, aristocrazia e agenti commerciali egemonizzarono le dinamiche di diffusione degli oggetti, la maggior parte dei quali è di spiccato carattere profano, almeno in origine.267 La nascita di una tradizione di intaglio eburneo sotto il controllo degli ordini

missionari in parte modificherà le dinamiche precedenti. Non disponiamo di fonti esaustive circa i destinatari originari ma le fonti a nostra disposizione ci informano che la statuaria eburnea circolò principalmente all’interno del circuito ecclesiastico e quello dell’aristocrazia coloniale. I due campi erano ovviamente connessi da elementi di clientelarismo, paternalismo e legittimazione di potere. Dobbiamo immaginare le statuette come offerte devozionali sugellanti relazioni tra il clero e la nobiltà. Relazioni di stampo economico visto che il clero era in parte sostenuto dalla benevolenza dell’aristocrazia, che in cambio veniva remunerata con oggetti d’arte. O talvolta il contrario, con l’acquisto di statuette da parte dei laici destinate agli ordini religiosi. Rui Oliveira Lopes ha analizzato fonti gesuite che delineano un quadro di questo tipo ma all’interno del contesto delle colonie (tratteremo questa teoria al paragrafo 8.1),268 non

disponiamo di altri dati utili per stabilire con certezza la stessa dinamica tra le colonie e la madrepatria.

Come abbiamo visto nel caso delle maestranze, le fonti del primo XVIII secolo delineano una situazione di parziale indipendenza degli intagliatori goanesi. In questo periodo divenne più facile acquisire gli oggetti, e di conseguenza la loro tracciabilità si fa meno strutturata.