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Come costruire un green portfolio: strategic asset allocation

INVESTIRE GREEN

4.3 La costruzione di un green portfolio 1 Gli indici di borsa

4.3.2 Come costruire un green portfolio: strategic asset allocation

L’allocazione strategica degli assets può essere definita come una strategia per la definizione degli obbiettivi che si vogliono raggiungere attraverso la scelta di diverse classi di assets da includere nel proprio portafoglio d’investimento, il loro ribilanciamento periodico e la selezione del mix di assets che meglio incontra gli obiettivi stabiliti. Essa dipende da diversi fattori come la tolleranza al rischio dell’investitore, l’orizzonte temporale, gli obiettivi d’investimento e può cambiare nel tempo non appena questi fattori cambino. In altre parole, permette di stabilire quanta parte di portafoglio riservare a asset più sicuri come i titoli money market e quanta a quelli più rischiosi, come azioni societarie. Inoltre, sta alla base della diversificazione ed è necessaria per decidere la suddivisione del portfolio tra: reddito fisso o basato sull’equity, durata del reddito fisso, equity domestica o estera, rischio di mercato o rischio attivo, reddito aggiustato per l’inflazione o nominale, allocazione tra assets non quotati e quotati e tematici o no. Ogni investitore ha la propria strategia ottimale con una combinazione di fattori ben precisa, basata sulle sue aspettative di rischio-rendimento nei confronti dell’asset in questione, che a sua volta sono il risultato di situazioni economiche e condizioni politiche diverse.329

L’allocazione strategica è il determinante più forte delle performance di portafoglio nel lungo termine, tanto che alcune stime di ricercatori sottolineano che dalle decisioni da essa derivanti dipende più del 90% della variazione dei rendimenti nel portafoglio. È importante sottolineare però che gli approcci tradizionali per l’allocazione strategica degli assets non sono stati capaci di tenere conto adeguatamente dei rischi che il cambiamento climatico comporta. Infatti, i modelli tradizionali dipendono da analisi quantitative storiche, mentre i rischi d’investimento legati al cambiamento climatico necessitano per lo più di input che guardano al futuro, anche di tipo qualitativo, per essere valutati.330 L’allocazione strategica degli assets è dominata da considerazioni di tipo bottom-up. In realtà, per quanto riguarda considerazioni relative al clima, è necessario unire questo approccio bottom-up con quello top-down relativo alla priorità delle strategie. Così facendo, i proprietari di assets potrebbero tradurre più facilmente i loro ideali green e le policy ambientali nella decisione di allocazione degli assets. Tali decisioni nascono infatti dalla misurazione dell’esposizione del portafoglio ai rischi e alle opportunità legati al

329 2° Investing Initiative (2015)

330

cambiamento climatico e dalle conseguenti considerazioni riguardanti eventuali modifiche, tenendo conto di tali fattori da evitare o sfruttare.331

Alcuni proprietari di assets inoltre considerano il cambiamento climatico un problema “case-by-case” e prendono decisioni riguardanti gli investimenti senza integrare costantemente le questioni climatiche nei loro processi di allocazione strategica. Questo approccio potrebbe essere efficace solo nel breve termine. Gli investitori dovrebbero invece comprendere la necessità di integrare in maniera prudente queste questioni al processo di asset allocation. In questo modo potrebbero gestire in maniera più efficiente i rischi e le opportunità che il cambiamento climatico comporta a livello di profilo rischio- rendimento del portafoglio.332

Le azioni che soprattutto gli investitori istituzionali possono intraprendere per integrare le variabili-cambiamento climatico nei processi di allocazione strategica possono essere: • rivedere le assunzioni riguardanti i premi al rischio, la volatilità, i drivers dei ritorni, le correlazioni e le variabili macroeconomiche (crescita del GDP, inflazione e tassi d’interesse);

• misurare, ridurre e comunicare le emissioni, l’intensità di carbonio e l’esposizione ai combustibili fossili del portafoglio creato;

• misurare e aumentare l’esposizione alle nuove opportunità di mitigazione e adattamento;

• stabilire le priorità per aumentare i target d’investimento identificando come il portfolio potrebbe evolversi nel tempo, discutendo sui punti deboli e rivedendo le considerazioni fatte su base regolare.333

Gli investitori possono indirizzare l’esposizione al carbon risk dei loro portafogli guardando principalmente due parametri:

• il rischio di breve periodo. Gli investitori differiscono tra loro in base ai vincoli che hanno, alla loro volontà di deviare dal benchmark e all’esposizione alle variabili di mercato di breve periodo. Inoltre, in base al tracking error che vogliono sopportare, si determinano quali approcci sono accettabili per abbassare l’esposizione al carbon risk.

331 IIGCC, et al. (2016) 332 IIGCC, et al. (2016) 333

Global Investor Coalition on Climate Change, IIGC (2015), Climate Change Investment Solutions: a

• La tesi di lungo periodo. Gli investitori consapevoli del problema degli stranded assets tengono in considerazione i rischi di lungo periodo nei loro portafogli. Di conseguenza, possono modificare la loro tradizionale analisi di rischio- rendimento nella valutazione del portafoglio, integrandola con tali considerazioni strategiche che potrebbe essere pesata contro possibili deviazioni del rendimento.334

Il disinvestimento dagli assets ad alta intensità di carbonio e/o che rischiano di diventare inutilizzabili è il primo step che gli investitori, soprattutto passivi, orientati al lungo termine devono fare qualora vogliano coprirsi dal rischio climatico che caratterizza i loro portafogli senza compromettere i rendimenti finanziari.335 Il secondo step invece consiste nell’ottimizzare la composizione del portafoglio low carbon così da mantenere un’esposizione al rischio aggregato simile, minimizzando il tracking error con il benchmark index di riferimento.336

Il carbon footprint è attualmente usato per selezionale le migliori performers all’interno di un gruppo, ma è importante è confrontare carbon footprint calcolati secondo la medesima metodologia. Per quanto riguarda la riduzione del carbon footprint del portafoglio è possibile vendere o non investire in azioni, obbligazioni etc. riferibili a realtà ad alta intensità di carbonio all’interno di ogni settore. Questo è l’approccio maggiormente usato, perché riduce i potenziali rischi e costi-opportunità associati alla deviazione dell’allocazione settoriale dal benchmark. Un altro approccio è quello di ottimizzare i benchmark per i fattori climatici, costruendo beta migliori. In altre parole, questo significa sovrappesare le realtà economiche green e sottopesare quelle ad alta intensità di carbonio e non climate-friendly, mantenendo il profilo dei rendimenti del portafoglio il più possibili vicini al benchmark e senza cambiare la selezione degli assets e dei titoli.337 Il trade-off che emerge è che più il portafoglio diventa climate-friendly, più grande tende a diventare il tracking error.338 Bisogna fare però attenzione perché, sottopesando un certo settore o una certa realtà all’interno del proprio portafoglio, o

334 Briand R., Lee L., Lieblich S., Menou V., Singh A. (2015), Beyond divestment: using low carbon

indexes, MSCI

335 Andersson M., et al. (2015) 336 Andersson M., et al. (2015) 337 UNEP Finance Initiative (2013) 338 BlackRock (2016)

addirittura non considerarla dato un certo livello di impronta di carbonio, può far si che l’investitore perda certe opportunità se quel settore o quella realtà dovessero intraprendere successivamente un percorso low-carbon.

Le informazioni aziendali relative ai fattori climatici sono sempre più diffuse ma ancora sono incomplete e non comparabili e, contemporaneamente, le tempistiche del verificarsi degli eventi climatici e della loro intensità sono sconosciute. Queste lacune fan si che si creino delle opportunità per coloro che conducono ricerche più dettagliate. Costoro potrebbero ottenere infatti alpha di portafolio migliori, ovvero dei rendimenti del portafoglio in eccesso rispetto a quelli predetti dal metodo del Capital Asset Pricing Model. Avendo sia il beta del portafoglio (ßp) che il rendimento medio del mercato (rm)

e il risk free rate (rf), l’alpha di Jensen si calcola:

𝛼

*

= 𝑟

5

+ ß

*

(𝑟

,

− 𝑟

5

)

Questo ad esempio significa che più i fattori ESG vengono considerati nella costruzione dei portafogli, più i rendimenti vengono massimizzati.339