RISCHIO CLIMATICO E STRANDED ASSETS
2.2 Il carbon risk
2.2.1 Framework per la valutazione dell’esposizione interna al carbon risk: strumenti e metriche
L’analisi dell’esposizione al carbon risk nella singola azienda e la quantificazione dei possibili impatti sono due aspetti fondamentali sia per la prevenzione che per la gestione del rischio al suo interno, sia per coloro che hanno o che hanno intenzione di avere rapporti finanziari con essa. Di conseguenza, l’analisi deve essere svolta sia a livello aziendale, sia di portafoglio.
Le aziende possono essere esposte al carbon risk a prescindere dal settore in cui si trovano poiché tutte, in qualche modo, utilizzano o dipendono da combustibili fossili. Generalmente però, quelle che ricevono una maggiore attenzione in questa analisi sono le aziende, società e compagnie che li estraggono e/o lavorano, quelle che generano energia utilizzandoli e le realtà economiche che sono fortemente dipendenti da questo tipo di energia (il settore dei trasporti, della trasmissione elettrica, il metalmeccanico etc.). Tutte queste, soprattutto quelle di grandi dimensioni, possono avere un numero elevato di assets differenti e operare in contesti sopposti a diversi governi e diverse condizioni operative. Per questo, ognuna deve e dovrà affrontare diverse tipologie di fattore-causa dell’operator carbon risk a seconda del contesto in cui si trova e della sua situazione interna anche per capire così se, rispetto al settore in cui opera e ai suoi competitors, è più
o meno esposta ad esso.
Per prima cosa però, per valutare l’esposizione aziendale al carbon risk, è necessario analizzare il rischio correlato al settore in cui la realtà si trova. Per farlo, il WRI e l’UNEP hanno suggerito di analizzare tre tipi di indicatori:
• l’intensità di carbonio delle vendite del settore: i settori che emettono grandi quantità di gas serra o che sono caratterizzati da un’elevata intensità di carbonio, teoricamente e praticamente, sono più sottoposti al carbon risk e ad innalzamenti dei prezzi dei combustibili, con conseguente accrescimento dei loro costi.
• La durata media degli asset fisici che utilizzano combustibili fossili. La scelta di questo indicatore, come spiegato antecedentemente, è dovuta al fatto che più il settore considerato possiede assets con durate attese elevate, più fronteggiano un’elevata esposizione al rischio.
• Il margine Earning Before Interest and Taxe (EBIT): i settori con minore margine EBIT affrontano un maggior rischio perché qualsiasi aumento nei costi comporterebbe un maggiore impatto nei profitti.209
L’analisi invece del rischio della singola realtà avviene utilizzando diverse strategie e diversi approcci, come la comprensione della tipologia di assets che possiede e se integra o meno i temi di sostenibilità. Inoltre, risulta importante anche l’individuazione di ulteriori fattori che possono influenzare l’esposizione al carbon risk, aumentandolo o diminuendolo, come: la capacità dell’azienda di far ricadere l’aumento dei costi sul cliente aumentando i prezzi qualora la domanda per il proprio bene sia rigida (minore possibilità di trovare un bene sostituto nel mercato); le caratteristiche individuali dei suoi assets e quelle dell’ambiente in cui opera; oppure le modalità con cui avviene il processo di risk management.210 Spesso la valutazione dell’esposizione al carbon risk e degli impatti finanziari che ne scaturiscono prevede poi stress testing e analisi dei vari scenari basati su ipotesi diverse sull’evoluzione dei fattori-causa nel tempo e dei risultati che essi potranno comportare a livello-azienda. Queste procedure possono essere eseguite sia internamente alla realtà economica che da investitori che da intermediari finanziari. La
209 World Resources Institute, UNEP-FI (2015), Carbon Asset Risk: Discussion Framework - WRI and
UNEP-IF Portfolio Carbon Initiative
figura schematizza il processo di valutazione del rischio appena brevemente descritto.
Figura 16: Schema del processo di valutazione del rischio a livello di azienda e di portafoglio
La valutazione del carbon risk inizia con lo screening degli impatti stimati a partire da dati sia quantitativi che qualitativi relativi all’esposizione e ai suoi fattori determinanti, guardando sia alla natura dell’azienda stessa e delle sue attività materiali ed immateriali (durata media degli assets, la loro intensità di carbonio, i costi di produzione etc.), sia all’insieme delle relazioni finanziarie che ha con l’esterno e alle loro caratteristiche, sia al contesto in cui si inserisce, sia considerando gli scenari maggiormente possibili su cambiamenti politici, tecnologici, di mercato e sugli effetti di impegni da rispettare, come gli NDCs. È importante poi anche analizzare la strategia e la gestione aziendale, la struttura del capitale, i processi di gestione del rischio, etc. A livello finanziario e di portafoglio, la valutazione del carbon risk coinvolge più realtà economiche contemporaneamente che vengono analizzate negli aspetti appena visti, nonché si valuta il rischio di credito che potrebbe emergere. Come si può intuire, uno screening dettagliato richiede molte risorse ed è fondamentale soprattutto qualora il capital stack (vedere paragrafo 2.1.3) individui elementi finanziari con elevato rischio potenziale.
Una volta eseguito lo screening dalla situazione attuale e potenziale, si procede con l’analisi degli scenari basati su ipotesi, probabilità ed intensità differenti. Questo step consente di capire le diverse opportunità e i diversi impatti negativi che il carbon risk può comportare. Innanzitutto, gli scenari riguardano incrementi di temperatura media diversi (+2°C in ipotesi low carbon, +4°C in ipotesi business-as-usual, 6°C in caso di worst-case
scenario, etc), i quali causano impatti differenti.
Altra variabile fondamentale da considerare è l’orizzonte temporale: la maggior parte dei rischi da transizione non si palesa nel breve termine, ma, come visto, la visione umana è legata più al breve che al lungo periodo, così come molti altri investimenti. Di conseguenza, gli scenari vengono settati su orizzonti temporali più o meno lunghi che variano a seconda del veicolo finanziario d’interesse (per prestiti di breve termine si considerano brevi periodi di tempo futuri, oppure per l’equity questi si allungano anche fino al 2050 ed oltre, ad esempio), delle strategie di gestione degli assets, della durata media degli stessi, della durata dei mandati degli asset managers, etc. In più, l’emergere dei vari cambiamenti macroeconomici e politici che possono esacerbare o meno il carbon risk sono difficili da prevedere, così come sono difficili da prevedere le tempistiche con cui i loro effetti possono emergere211.
Un altro importante fattore da tenere in considerazione nell’analisi degli scenari è la domanda del mercato: le varie assunzioni non solo possono indirizzare la spesa in conto capitale dell’azienda verso strade differenti per soddisfarla, ma anche le stime del prezzo dei beni possono cambiare.
Tutto il processo di raccolta dati ed informazioni per lo svolgimento di questa fase può richiedere grandi sforzi, ma informazioni importanti possono essere fornite da entità come la Carbon Tracker Initiative, l’IEA, e altri providers di strumenti commerciali. Gli investitori e tutti i portatori d’interesse possono usare le informazioni raccolte per quantificare la materialità del rischo. In ogni caso, è da sottolineare che l’analisi degli scenari è una guida utile per esplorare i vari risultati rispetto i set di assunzioni fatti, ma è solo una stima che è tanto più imprecisa quanto più l’orizzonte temporale considerato è ampio.
Dopo di che è necessario eseguire stress tests per verificare gli impatti sul capitale e sulla liquidità aziendale, nonché l’effetto domino sul capitale e sulla liquidità di investitori e stakeholders finanziari. Lo stress testing è uno strumento che, se utilizzato con scopi finanziari, serve per verificare la resilienza che un’azienda (o banca o altra istituzione), più aziende assieme o un ecosistema hanno se sottoposte a condizioni avverse, generate da svariati fattori di rischio e shock.
211 2° Degrees Investing (2015), Financial risk and the transition to a low-carbon economy: toward a
Infine, si procede con l’utilizzo dei vari modelli di valutazione per verificare gli impatti che potenzialmente potrebbero presentarsi su entrate, margini e capitalizzazione azionaria. Tra i modelli di valutazione, il modello del Discounted Cash Flow (DCF) risulta essere il più utilizzato.212
Oltre ai metodi convenzionali di valutazione aziendale che possono essere utilizzati da aziende e investitori per capire gli impatti del carbon risk sui valori aziendali, sono stati sviluppati nuovi strumenti come il Carbon Risk Valuation Tool. Esso venne lanciato nel 2013 da Bloomberg per misurare, sotto ipotesi di limitazioni all’inquinamento, gli impatti potenziali sui guadagni e sul prezzo azionario di società principalmente inserite nel settore estrattivo. Lo strumento permette agli utilizzatori di eseguire una prima analisi sulla vulnerabilità della singola realtà economica (o gruppo di società) al rischio da transizione, utilizzando assunzioni e cinque scenari prestabiliti che variano i prezzi dei vari combustibili, le performance finanziarie, la dimensione delle sue riserve e quanto le costerà estrarre questi combustibili.213
Invece, Sustainalytics, società olandese che classifica la sostenibilità delle aziende quotate sulla base dei criteri di performance ESG (Environment, Social, and Governance), valuta il valore economico del rischio da transizione. Il primo maggio 2018 ha lanciato un nuovo strumento da transizione chiamato “Carbon Risk Ratings” che misura sia l’esposizione che la gestione del carbon risk delle aziende. Il Carbon Risk
Rating cattura una varietà di segnali in un’unica valutazione quantitativa, permettendo di
svolgere analisi di investimento e di redigere rapporti su questi. In particolare, quantifica il loro impegno nella ricerca e nell’implementazione di soluzioni green (uso di rinnovabili, trasporti efficienti, efficienza energetica, etc.), le loro emissioni, esamina la dipendenza della società dai combustibili fossili e l’intensità di carbonio che le caratterizza, rende noto il rischio che queste posseggano potenziali “stranded” assets (vedere paragrafo 2.4), quantifica l’esposizione al carbon risk e, infine, analizza la sua gestione.214
212 World Resources Institute, et al. (2015)
213 Douglass E. (2013), Bloomberg LP launches first tool that measures risk of unburnable carbon
assets, Inside Climate News, 3 dicembre 2013, link:
https://insideclimatenews.org/news/20131203/bloomberg-lp-launches-first-tool-measures-risk- unburnable-carbon-assets