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Global Reporting Initiative Standards e il bilancio di sostenibilità

INFORMATION DISCLOSURE

3.4 Il green reporting

3.4.2 Global Reporting Initiative Standards e il bilancio di sostenibilità

Nel corso degli ultimi venticinque anni la comunicazione volontaria delle informazioni relative a tutto ciò che è internamente legato ai fattori ESG è proliferata, in risposta alla domanda informativa di investitori, consumatori e della società civile nel suo complesso. Tale comunicazione viene per di più eseguita attraverso il “Bilancio di Sostenibilità”, anche conosciuto come “Corporate Social Responsibility Report” o “Environmental,

Social and Governance Report”. Questo strumento reportistico ha lo scopo di

standardizzare e quantificare i costi e benefici ambientali, sociali e di governance che derivano dalle attività interne alla realtà e comporta l’assunzione di responsabilità da parte della realtà stessa nei confronti di stakeholders sia interni che esterni rispetto l’obiettivo di sviluppo sostenibile.

Il bilancio di sostenibilità deve essere una rappresentazione tanto più ragionevole quanto equilibrata delle performance di sostenibilità ed economiche dell’ente e deve includere non solo gli impatti positivi, ma deve fornire anche nota di quelli negativi.

Un fattore che ha determinato tale successo è stata la nascita, grazie al supporto dell’UNEP, della Global Reporting Initiative (GRI) nel 1997. Essa è un’organizzazione indipendente internazionale che ha creato degli standard sulla reportistica sostenibile. Dal primo lancio avvenuto nel 2000, i suoi standards aiutano multinazionali, governi, piccole e medie società, organizzazioni non profit e altre organizzazioni a quantificare e poi comunicare i loro impatti relativamente alle questioni clima, diritti umani e governance in modo chiaro e confrontabile.

Per dare un’idea della diffusione del loro utilizzo, dal 2013 il 76% delle top 100 società delle Americhe pubblicava il proprio report di sostenibilità, il 73% in Europa e il 71% in Asia. Tra le 250 più importanti al mondo, la percentuale di reportistica ammontava al 93%. Nel 2017, il 75% delle 250 società incluse nel Global Fortune utilizzava queste linee guida.

Nel corso degli anni, il GRI ha contato sull’appoggio collaborativo di esperti appartenenti a diverse categorie di stakeholders per svolgere continui aggiornamenti nelle linee guida. Costoro hanno fornito consultazioni importanti, basate su esperienze pratiche, grazie ai quali le linee guida hanno tratto ampia credibilità tra i vari portatori d’interesse.307

Il più recente aggiornamento risale all’ottobre del 2016, sviluppato in collaborazione con il Global Sustainability Standards Board. Esso ha una struttura modulare che consente agli utilizzatori un più semplice aggiornamento e adattamento di anno in anno.

Nello specifico, le linee guida standard hanno lo scopo di analizzare e comunicare l’impatto ambientale delle attività e della filiera nella quale le realtà sono inserite attraverso indicatori specifici per ogni fattore di sostenibilità.

307 Global Reporting Initiative (2011), Linee guida per il reporting di sostenibilità, Versione 3.1, Amsterdam

Per quanto riguarda l’ambiente, ci sono all’incirca 30 indicatori che si riferiscono a: materie prime, energia, acqua, biodiversità, emissioni, scarichi, rifiuti, prodotti e servizi, conformità, trasporti e aspetti più generali che possano ricondursi all’aspetto ambientale. Di seguito, si riportano gli indicatori di performance su aspetti che possono essere direttamente collegati al cambiamento climatico.

Figura 27: Indicatori di performance collegabili al cambiamento climatico

Fonte: Global Reporting Initiative (2011)

La prima categoria di indicatori copre le cinque aree più importanti riferibili all’uso energetico dell’ente in via diretta, o indiretta da parte di soggetti terzi che gli forniscono beni o servizi. La misurazione del consumo energetico è infatti fondamentale per il calcolo delle emissioni e la valutazione dell’impatto che queste hanno sul cambiamento climatico. In tal senso, gli indicatori EN5 e EN6 servono per comunicare le strategie per un uso più efficiente dell’energia. Tra queste, potrebbe essere coinvolta l’ideazione di prodotti o servizi ad efficienze energetica (EN6) o a riduzione energetica indiretta (EN7).

La seconda categoria di indicatori invece si riferisce ad emissioni di sostanze inquinanti per l’ambiente. Si riporta un’estrapolazione dalla categoria generale delle sole emissioni di gas serra.

La terza categoria invece riguarda le emissioni dovute al trasporto del personale (EN29). Per concludere, il reporting di sostenibilità deve essere visto come un processo continuo e non una tantum da svolgere una volta l’anno. Esso rientra nella strategia dell’organizzazione, nell’implementazione di piani d’azione e nella valutazione dei risultati ottenuti valutando in maniera approfondita la performance e le sue variazioni nel tempo.308

3.5 La comunicazione

Un’area delle pratiche aziendali a cui investitori e regolatori prestano più attenzione è il processo di disclosure che aziende e altri enti possiedono. In particolare, sempre più viene richiesta informazione sui rischi e le opportunità che il cambiamento climatico comporta loro e le iniziative intraprese o da intraprendere per farne fronte. Inoltre, una migliore comunicazione aziendale è vitale per l’accelerazione verso l’economia a basse emissioni ed è necessaria per migliorare l’allocazione dei capitali d’investimento.

La comunicazione esterna risulta essere l’atto finale a conclusione del monitoraggio e della reportistica trasparenti condotti dalle varie realtà che operano nel mondo, consapevoli della delicatezza del tema cambiamento climatico e della sensibilità crescente che i loro stakeholders mostrano di avere. Al contrario, il non soddisfacimento delle richieste dei portatori d’interesse o il rilascio di insufficienti informazioni metterebbe le società stesse sotto scrutinio pubblico, con conseguente rischio reputazionale.

Una delle iniziative volontarie più importanti in tal senso è appunto la Climate Related

Financial Disclosure della Task Force che ha le potenzialità per diventare la “nuova

norma” sulla disclosure climatica, ma sono necessari degli anni di prova ed eventualmente di modifica e adattamento.

La disclosure è importante anche a livello di realtà economica perché favorisce i dibattiti interni tra il management, il board e i portatori d’interesse riguardo ai temi di sostenibilità. Per quanto riguarda i mezzi, le informazioni finanziarie relative alle questioni climatiche che nascono dalle raccomandazioni della Task Force o da altri standard e linee guida dovrebbero poi essere rilasciate al pubblico attraverso database governativi, sul sito web di proprietà della realtà, su piattaforme dedicate o pubblicando appunto il report di sostenibilità.

Sebbene grandi passi siano stati fatti, sono necessarie riforme sulla disclosure sia regionali che globali se si vuole accelerare la transizione. Infatti, le decisioni su investimenti di lungo termine richiedono un’adeguata comunicazione esterna riguardante le opportunità e i rischi di sostenibilità di lungo termine, legati a logiche anche strettamente finanziarie. Purtroppo però, le comunicazioni finanziarie attuali sono troppo legate al breve termine, spesso non più di tre anni, rendendo così difficile svolgere valutazioni delle informazioni tra società o prodotti finanziari considerando anche l’ottica sostenibile. In più, spesso vengono forniti elementi qualitativi piuttosto che quantitativi, impedendo la misurazione nel tempo e tra settori. Comunque sia, gli stardard di disclosure devono e dovranno essere coerenti nello scopo tra i settori, dovranno fornire informazioni comparabili e affidabili, ma dovranno essere anche chiari e comprensibili a tutti. Solo così, le informazioni rilasciate saranno efficaci e ci sarà un allineamento di tutte le realtà economiche nella lotta al cambiamento climatico.

CAPITOLO 4