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Il completamento di testi mutilati

Nel documento Le lingue di Babele (pagine 96-100)

Lo sviluppo della comprensione

4.2.1 Il completamento di testi mutilati

Il principio è estremamente semplice:

– si prende un testo e lo si mutila di alcune sue parti;

– si chiede allo studente di ricreare il testo originario o, quanto meno

(ma non è rilevante sul piano dello sviluppo dell’abilità di compren-sione), un testo dotato di significato.

In tal modo si educa lo studente a considerare la comprensione non tanto sulla base delle singole parole che compongono il testo, ma pri-mariamente come problema testuale globale: lavorando su un testo mutilato, infatti, deve necessariamente considerarlo nel suo comples-so per intuire quali parole o espressioni mancano e ipotizzarle, preve-derle, per poi verificare se il testo funziona (il che avviene anche se si è usato un sinonimo della parola originale). Il meccanismo è quello di questo classico gioco visivo rappresentato nella figura presentata nella pagina a fronte.

Noi vediamo un triangolo laddove ci sono in realtà solo tre angoli: la nostra capacità olistica, globale, ci porta a ipotizzare la prosecuzione delle linee fino a formare tre segmenti e, quindi, un triangolo: la nostra mente completa il «testo» geometrico mutilato. Le tecniche che descri-viamo in questo paragrafo attivano lo stesso processo.

La procedura cloze consiste nell’inserire le parole mancanti in un te-sto, le cui righe iniziali di solito non vengono «mutilate» per consentire allo studente una prima contestualizzazione; di solito si elimina ogni

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settima parola, cioè il 15% del testo. L’allievo dovrà inserire una parola appropriata, anche se non si tratta di quella effettivamente cancellata: per farlo deve necessariamente cercare di avere una visione globale del testo, o almeno del periodo o della frase, e su tale base ipotizare la pa-rola cancellata.

Un esempio è questo, tratto da una storia del genere fantasy:

Trevor era cresciuto in una fattoria, in campagna, con due vecchietti che lui chiamava «nonno» e «nonna». Ma c’era sempre stato qualcosa di __________: non lo facevano lavorare nei campi __________ tutti i suoi amici, ma lo __________ a leggere (cosa che nessuno dei __________ coetanei sapeva fare), volevano che si __________ in forma nuotando a lungo ogni __________ nel lago e poi correndo lungo __________ bo-sco…

L’inverno scorso era passato da __________ parti un uomo diverso da tut-ti ___________ che lui aveva conosciuto, alto, forte, __________ un vero «signore».

Nella versione classica del cloze si elimina, come abbiamo detto, una parola ogni sette – può essere un articolo o un verbo fondamenta-le, un congiunzione o un nome, e la mutilazione del testo è strettamen-te casuale. Un altro modo statisticamenstrettamen-te valido di costruire cloze è quello di attaccare una striscia di carta e poi fare le fotocopie, come nell’esempio che segue (dove prosegue anche la storia di Trevor, in modo che non dobbiamo lasciare qualche riga integra per creare il contesto):

L’uomo montava un bellissimo cavallo, e ne aveva un altro con sé. «È il ca-vallo di un mio amico ucciso dai briganti», aveva raccontato. Anche lui era abbastanza mal messo, e aveva chiesto ospitalità per qualche giorno ai nonni di Trevor.

In realtà si era fermato tutto l’inverno, e in quelle lunghe settimane inse-gnò a Trevor ad andare a cavallo e a usare la spada.

Per Trevor furono settimane stupende, le più belle dei quattordici anni del-la sua vita.

Un risultato simile, ancor più facilmente realizzabile in classe, lo si ottiene ripiegando il bordo di una fotocopia in modo da far sparire un centimetro o poco più di testo (come talvolta succede in fotocopie mal riuscite); poggiata la fotocopia su un foglio si completano le ghe e la correzione è molto semplice: basta spianare la fotocopia ri-portando alla luce il lato ripiegato e verificare le proprie ipotesi di completamento. A seconda del lato del foglio che viene ripiegato si ottengono due risultati differenti; ripiegando il lato sinistro si cancel-lano radici di parole, ripiegando quello destro si eliminano più che al-tro desinenze.

È anche possibile un cloze a crescere, in cui le parole da reintegrare aumentano di frequenza, come in questo esempio (preso, come gli altri, da AA.VV., Grammallegra, Nuova Italia, 2006):

Per Trevor fu un’emozione tremenda: __________ un lato, aveva la felicità __________ per aver ricevuto in dono il __________ e la spada; dall’al-tro, la __________ del cavaliere gli apriva __________ un vuoto, un gran-de __________ nero e senza senso.

__________ suoi amici lo guardavano __________ silenzio, ma erano lon-tani, __________ che Trevor non era __________ un normale contadino come __________.

Il cavaliere partì __________ sera stessa, e __________ Trevor cominciò una __________ di addestramento continuo.

Per mezzo del registratore audio o video è possibile eseguire dei

clo-ze orali inserendo una pausa: lo studente cerca di immaginare non

tan-to la parola quantan-to la frase o il concettan-to che seguiranno; si tan-toglie poi la pausa e la correzione è immediata.

Questa tecnica ha una serie di grandi pregi glottodidattici:

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a. sviluppa l’abilità di comprensione secondo il percorso naturale che abbiamo visto: prima serve una lettura globale, che crea il contesto e attiva soprattutto l’emisfero destro del cervello; poi, al momento di inserire le parole, si muove a una lettura analitica. Per esempio, l’ultima parola da aggiungere, sopra, è un’indicazione di tempo (questo lo dice il contesto globale), ma tra periodo, momento, fase,

stagione, estate ecc. solo quelle femminili sono accettabili, per via

dell’articolo una. Quale poi sia la scelta dello studente è insignifi-cante, purché si tratti di una parola che ha senso nel contesto e nel cotesto;

b. non inserisce il filtro affettivo, non c’è stress, è una sorta di gioco con se stessi;

c. gli errori sono di solito evidenti allo studente senza bisogno che qualcuno glieli faccia notare: di solito sono scelte che derivano da un’ipotesi sbagliata ma che si falsifica dopo poche parole o frasi, in quanto il significato non funziona più e si è quindi costretti a torna-re sui propri passi, ad autocortorna-reggersi, senza che questo dia un senso di fallimento o incapacità;

d. gli errori non vengono corretti dal docente-giudice: uno studente legge ad alta voce le sue soluzioni e gli altri possono concordare, offrire sinonimi, contestare la soluzione: se ne discute tutti insieme, realizzando nei fatti quella costruzione comune della conoscenza che abbiamo teorizzato;

e. gli errori possono essere discussi uno per uno in fase di correzione, chiedendo di ricostruire il percorso mentale che ha portato all’errore: in tal modo l’errore diviene fattore positivo, di crescita cognitiva e linguistica, e non ha effetti frustranti. Un esempio illuminante: in una prova di comprensione di Cappuccetto Rosso una bambina immigra-ta ha scelto tra le immagini di animale cattivo un serpente anziché il lupo e ha spiegato la sua scelta con il fatto che in un documentario aveva visto che i serpenti mangiano le prede senza masticarle, e sic-come il cacciatore alla fine taglia la pancia dell’animale e trova nonna e bambina integre, non poteva essere l’orso o il lupo che erano pre-sentati negli altri disegni. La comprensione linguistica non c’era stata: ma la capacità di inferenza della ragazzina dimostrava che il suo deficit linguistico non era certo segno di un deficit cognitivo!

3.1.2 -3.1.3

3.3.3

f. sul piano realizzativo, esistono dei software che trasformano in cloze qualunque file scritto in word; anche gli esempi che abbiamo dato con strisce sovrapposte al testo o fotocopie piegate al bordo dimo-strano che si tratta di una tecnica economica da realizzare.

Il cloze viene usato proficuamente anche per il testing, specialmente come prova d’ingresso: secondo le sperimentazioni di Oller (1979) la graduatoria di padronanza linguistica che si ottiene dopo un cloze di una quarantina di righe è la stessa che si ottiene dopo batterie di test che possono durare anche più giorni, proprio perché il cloze mette in gioco tutti i tipi di intelligenza, tutte le strategie di problem solving, le conoscenze semantiche e quelle grammaticali (Marello, 1989, offre un’ampia bibliografia su questa tecnica).

Nel documento Le lingue di Babele (pagine 96-100)