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L’insegnante e il manuale come facilitatori e tutori

Nel documento Le lingue di Babele (pagine 80-87)

Lo studente di italiano

3.2 冨 Lo studente ha una mente

3.4.2 L’insegnante e il manuale come facilitatori e tutori

Lasciamo a lato per il momento la figura dell’insegnante come è venu-ta naturalmente delineandosi nel paragrafo precedente e torniamo alla realtà che troviamo nel sistema scolastico italiano.

Spesso l’insegnante di italiano (come per altro quelli di lingue clas-siche o di lingue straniere) si comporta come una figura oracolare, sa-cerdotale: è l’interprete unico e autorizzato di testi sacri, spesso diffi-cilmente comprensibili senza il suo aiuto.

Ma i sacerdoti possono essere di più tipi: c’è il sacerdote islamico che, anche senza una formazione teologica, può essere riconosciuto co-me mullah da un gruppo e quindi essere autorizzato nell’esegesi

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2.2.1 3.2.3

nica; c’è il sacerdote cattolico che sceglie un testo dalla Bibbia, lo enu-clea dal contesto, lo fa leggere ai fedeli e poi lo commenta e ne trae la morale: è detto «don», da dominus, padrone, e domina i suoi fedeli es-sendo l’unico autorizzato all’interpretazione del testo; c’è infine il sa-cerdote protestante, detto «pastore», che guida l’interpretazione, of-frendo la sua come una delle tante interpretazioni possibili, non come la sola cattolicamente valida.

Nella nostra prassi didattica è forse necessaria una rivoluzione pro-testante, per giungere al ritratto dell’insegnante delineato da Freddi (2003, p. 61) parlando del docente di letteratura, ma che ben può appli-carsi all’insegnante di lingua italiana: «Non è il professore onnisciente ed eteronomo della tradizione che giunge in classe con il suo program-ma preconfezionato, strutturato, immodificabile, centrato sul corpus letterario ereditato da una pigra tradizione. È al contrario […] un ani-matore esperto, qualificato, sensibile e duttile che attiva negli studenti i meccanismi psicologici, culturali e operativi che permettono loro di conoscere e apprezzare le grandi voci della letteratura».

Riprendendo la logica dell’apprendimento costruttivista, l’inse-gnante è un:

– pastore protestante: ha un «testo sacro» tra le mani, il libro di

grammatica, ma anziché predicarlo, incoraggia lo studente a sco-prire ed esplorare quel testo sacro, a viverlo come occasione di riflessione, non come compendio di verità rivelate, indiscutibili, infallibili;

– tutore che, come nel mondo latino, iter parat tutum: guida con

espe-rienza lo studente che gli è affidato e che ha bisogno di un percorso

tutus, sicuro, senza le emozioni negative che abbiamo visto;

– facilitatore che, per riprendere le parole di von Humboldt, «crea le

condizioni perché si impari»;

– educatore, non insegnante: non «in-segna», non fa segni nella mente

dell’allievo quasi che questi fosse una tabula rasa, ma «e-duca», tira fuori la competenza acquisita in italiano che è già presente nella mente dello studente e degli studenti della classe;

– regista che, senza entrare direttamene sul palcoscenico, indirizza

gli attori, gli studenti, a integrare le loro conoscenze, offre loro sia

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stimoli per la riflessione sia strumenti concettuali, linee guida, schemi e tabelle in cui catalogare e classificare le meta-conoscenze sull’italiano che vengono via via costruite – ed è anche il regista che sa tarpare una digressione che non porta a nulla o porta fuori tema, il regista che al momento giusto richiama tutti all’ordine e alla disciplina necessari per la vita di classe, il regista che a ciascu-no o a tutti assegna compiti da approfondire prima della prossima «recita».

Un simile profilo di insegnante è certamente più complesso da rea-lizzare rispetto a quello che vede il docente come semplice descrittore delle funzioni sintattiche o come giudice delle performance dei singoli allievi – ma è un profilo certamente più stimolante, più alto, più ricca-mente e completaricca-mente «umano» – in quanto un impianto «umanistico e emozionale» all’insegnamento dell’italiano non deve applicarsi solo allo studente, ma anche all’altra persona coinvolta nel processo di ap-prendimento/insegnamento: il docente.

Se ampliamo la prospettiva, dobbiamo includere tra i docenti anche gli autori dei materiali didattici.

Il materiale didattico di italiano – sia questo una «grammatica» op-pure una guida ai tipi testuali, un capitolo di ortografia opop-pure una gui-da al riassunto e alla raccolta di appunti – è una variante scritta, perma-nente, dell’insegnante: deve essere concepito dallo studente come un’estensione del suo insegnante, un’estensione sempre disponibile, perpetua.

Così come l’insegnante funge da guida e privilegia il porre domande piuttosto che il dare risposte già codificate, anche il libro deve essere una struttura aperta, che assume senso solo dopo che lo studente ci ha lavorato, ha completato gli schemi, ha svolto le attività di comprensio-ne, manipolaziocomprensio-ne, produzione di testi ecc.

Un manuale «testo sacro», denso di verità che vengono rivelate al giovane, è inutile quanto tutti i testi sacri lo sono per i giovani: stabili-scono il modello da contestare, da non imitare perché è quello dei «vecchi». Un manuale deve certo ricordare che ci sono regole arbitra-rie, decise dai «vecchi», per cui si scrive «sufficiente», con la «i», e

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«soddisfacente» senza: ma deve farlo solo dopo aver spiegato che il linguaggio è convenzionale, che spesso le convenzioni sono casuali, talvolta astruse, ma che siccome l’abito (ortografico) fa il monaco è meglio riaffermare la propria autonomia in cose più importanti che non sciocchezze come quella «i».

È proprio in questa funzione di gerarchizzazione delle informazioni che il manuale – maestro perpetuo, sempre disponibile – diventa fon-damentale, può restare in biblioteca ed essere perennemente consultato anziché essere buttato nel gran sacchetto nero delle immondizie che raccoglie libri, fogli, quaderni e appunti a fine anno scolastico.

Una riflessione conclusiva, sebbene non in linea con il titolo del ca-pitolo, sul rapporto tra docente e manuale. Se entriamo nella logica per cui il materiale didattico è un’estensione dell’insegnante che lo studen-te può portarsi in zaino, su cui può scrivere, che può evidenziare sotto-lineare cancellare, allora la scelta del manuale diventa l’atto

glottodi-dattico più importante che compie l’insegnante nella progettazione di un corso. Non è pensabile che ci sia una discrasia tra l’approccio del

docente vivo e quello del docente cartaceo; così come non è bene che il manuale venga degradato a semplice fornitore di esercizi e attività, ignorandone le parti teoriche, perché gli si sottrae la funzione di mae-stro permanente, sempre disponibile.

3.5

Parole chiave del capitolo

Alla conclusione di questo capitolo si danno per acquisiti i seguenti concetti chiave:

bimodalità e direzionalità: sono due modalità di percezione e di

rap-presentazione mentale della realtà. La lingua, pur situata nell’emi-sfero sinistro (quello che gestisce le operazioni analitiche, logiche, razionali) coinvolge nel suo funzionamento anche l’emisfero destro (globale, analogico, emozionale), e quindi l’insegnamento linguisti-co deve essere bimodale. Nel funzionamento del cervello, la

perce-zione è prima globale, contestuale, e solo dopo analitica: questa

di-rezionalità è fondamentale per la strutturazione dell’unità

d’appren-dimento (vedi sotto).

insegnante: se ne sono indicati alcuni tratti: «tutore», «facilitatore»,

«educatore più che insegnante», «regista», e si è proposta la metafo-ra dell’insegnante di italiano come pastore protestante piuttosto che come sacerdote cattolico: il primo guida persone autonome nell’e-splorazione del testo sacro, il secondo è l’unico interprete autorizza-to dello stesso.

intelligenze multiple, stili d’apprendimento, tratti della persona-lità: sono tre componenti che definiscono lo studente sul piano

psi-cologico e relazionale. Un insegnamento rispettoso delle persone evita di favorire, con la scelta delle attività e la conduzione della vita di classe in tutte le sue fasi, alcuni tipi, stili e tratti e di svantaggiarne altri.

metodologia costruttivista: spesso definita «approccio», ma in realtà

solo «metodologia» didattica, essa vede l’apprendimento non come ricevimento passivo di concetti trasmessi dall’insegnante, ma come costruzione sociale della conoscenza, sotto la guida dell’insegnante (vedi sopra), che propone esperienze significative dove lo studente assume una funzione attiva e unisce il suo sforzo a quello dei com-pagni per costruire insieme la conoscenza.

metodologia umanistico-emozionale: spesso definita «approccio»,

ma in realtà solo «metodologia» didattica, essa richiama la psicolo-gia umanistica di Rogers, che vede la persona nella sua totalità, e mette l’accento, dopo millenni di focalizzazione sulla razionalità, anche sulla componente emozionale (spesso di dice «affettiva») del-l’apprendimento.

motivazione: senza motivazione non c’è apprendimento – e il grande

problema dell’insegnamento dell’italiano a madrelingua è la neces-sità di motivarli. Si sono esplorati due modelli, uno basato sulla qua-lità dell’input offerto allo studente, l’altro sui sentimenti consapevoli (senso del dovere, bisogno) e sulle emozioni (piacere della novità, sistematizzazione, sfida ecc.).

processi automatici e controllati: i primi generano lingua, i secondi la

controllano (funzione monitor); sono automatici, nella lingua

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na, i processi gestiti dal cervelletto (uso di pronomi, articoli, prepo-sizioni, congiunzioni), mentre quelli morfosintattici sono automatiz-zati per il continuo uso, ma vengono gestiti dalla corteccia, più lenta e passibile di stanchezza. Insegnare l’italiano a madrelingua vuol di-re mettedi-re sotto controllo formale almeno i processi automatizzati (lessico, morfosintassi, testualità, ortografia).

unità d’apprendimento, l’unità didattica: la prima è breve,

corri-sponde a quanto viene percepito dallo studente come blocco unita-rio; l’unità didattica è la dimensione dell’insegnante, che ha una vi-sione più lunga e progettuale. In un’unità didattica, oltre a una fase iniziale di motivazione generale e di presentazione dei contenuti e una fase conclusiva di verifica, rinforzo, estensione, ci sono varie unità d’apprendimento (tendenzialmente: ore di lezione) che posso-no essere spostate nella loro sequenza, integrate con altre unità im-previste ma richieste dagli studenti, che possono essere saltate per venire riprese in seguito ecc.: un’UD è una rete di UdA.

PARTE SECONDA

Coordinate metodologiche per lo sviluppo

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