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La natura della comunicazione, dei linguaggi e della lingua

Nel documento Le lingue di Babele (pagine 196-199)

L’insegnamento della «grammatica»

8.3.1 La natura della comunicazione, dei linguaggi e della lingua

Questi temi sono presenti in quasi tutti i manuali scolastici, nelle cosid-dette «grammatiche», anche se vengono presentati rapidamente e se-condo una logica descrittiva – e quanto queste sezioni vengano effetti-vamente utilizzate nelle scuole, «rubando» tempo all’analisi grammati-cale/logica/del periodo, non è dato sapere. Eppure su questi temi si può

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lavorare molto proprio nella logica di scoperta di concetti di fondo, es-senziali. Vediamo più da vicino i singoli ambiti.

a. La natura della comunicazione

Oggi non c’è manuale che non presenti il modello della comunicazione che Jakobson ha ricavato dal cibernetico Weaver (Emittente, Destinata-rio, Messaggio, Codice, Argomento, Canale), e alcuni manuali riporta-no anche il modello di evento comunicativo di Hymes (Setting, Parte-cipanti, Scopi, Atti linguistici, Chiave comunicativa, Strumenti, Norme di interazione, Generi).

Nei manuali questa sezione è quasi sempre meramente deduttiva, mentre sarebbe facile procedere induttivamente partendo dall’esperien-za degli studenti. Si pensi, per esempio, a prendere le mosse da una semplice foto di un giornale sportivo che mostra un tiro in porta duran-te una partita di calcio: c’è l’emitduran-tenduran-te che lancia il messaggio (il pallo-ne) al destinatario (il portiere), usando il canale aria, con lo scopo di fare un gol (è l’argomento di cui si… gioca), secondo le regole del

co-dice che governa il calcio; talvolta ci sono calciatori che curano la

for-ma del loro messaggio e Pasolini li chiafor-mava «calciatori poeti» per di-stinguerli dai calciatori prosatori, meramente efficienti.

L’esempio che abbiamo fornito non è un modello: ha lo scopo di suggerire quanto sia semplice rendere concreta, apprensibile ai sensi e all’esperienza, la proposta astratta di un modello cibernetico della co-municazione.

b. La natura dei segni linguistici e di quelli non verbali

Tutti i manuali includono sezioni sulla natura del segno, spesso con-frontando la lingua, in cui i significanti sono dati dalla catena sonora, e linguaggi in cui i significanti sono gesti, disegni ecc.

In particolare, molti manuali includono una sezione sui linguaggi non verbali, quanto meno quelli cinesici, cioè i linguaggi dei gesti e delle espressioni facciali; assai meno curate sono la prossemica, cioè i significati veicolati dalle distanze tra le persone, la vestemica, il lin-guaggio dell’abbigliamento, e l’oggettemica, cioè il linlin-guaggio degli status symbol. Solo uno dei manuali più diffusi ha anche una sezione sulla comunicazione non verbale vista in prospettiva interculturale.

c. Il rapporto tra lingua e linguaggi non verbali

Una delle caratteristiche della lingua che non viene quasi mai esplorata è la sua «onnipotenza descrittiva», cioè la sua capacità di descrivere tutti gli altri codici.

Una buona attività per far cogliere questo specifico tratto della lin-gua dell’uomo, che la differenzia da tutti gli altri linlin-guaggi, consiste nella richiesta di descrivere attraverso la lingua il linguaggio dei gesti, per esempio:

in questo gesto si uniscono le punte delle cinque dita tenendole rivolte ver-so l’alto, per cui la mano assume una forma «a sacchetto»; la mano viene poi fatta oscillare in direzione su/giù:

– il segno significa: __________________________ – può essere usato anche insieme alla lingua?

– è un gesto utilizzabile in tutti i contesti o solo a un registro q volgare q medio q formale?

Il semplice fatto di organizzare un «campionato» con la tecnica vista sopra (si parte a coppie: ciascuno deve descrivere tre segni e comprender-ne tre descritti dal compagno; chi vince combatte contro un altro vincito-re, e così via fino a trovare il campione della classe) è un modo concreto, semplice, per esercitare prima e riflettere poi sull’onnipotenza metalin-guistica della lingua – e da qui la riflessione può allargarsi nella logica che abbiamo descritto, accennando alla competenza semiotica.

d. La comunicazione interculturale

La globalizzazione, l’impatto di mezzi di comunicazione di massa pro-dotti per altre culture, la presenza di milioni di immigrati rendono ne-cessaria anche una riflessione sulla comunicazione interculturale alme-no su questi assi:

– valori culturali profondi: il concetto di tempo (e quindi di puntualità,

di strutturazione ciclica del tempo ecc.) cambia da cultura a cultura, e basterà ricordare che metà del Mediterraneo segue il calendario luna-re, per cui il Ramadam slitta di una decina di giorni ogni anno per sconvolgere gli studenti cresciuti con il calendario solare,

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7.3.1

mente ciclico; cambia il concetto di spazio pubblico e privato («il cor-tile è di tutti» può essere letto in due modi: «quindi non è di nessuno, e posso farci quel che voglio» oppure «quindi è anche mio e ho il dirit-to di farlo rispettare»), cambia quello di proprietà (la «mia» penna, il «mio spazio nel banco»), di famiglia, di lealtà, di gerarchia, di status, di rispetto (per un bambino orientale la vecchia bidella, carica d’età ed esperienza, ha diritto a maggior rispetto della giovane docente);

– linguaggi non verbali: in metà del pianeta annuire significa «no»; in

molte culture orientali un sorriso non significa accordo ma imbaraz-zo, mentre gli occhi abbassati indicano attenzione e non sonnolenza; nel mondo arabo le gambe incrociate sono un’offesa, come le mani in tasca presso i turchi, e così via;

– linguaggi verbali: la strutturazione dei testi di un neo-latino, di un

anglo-sassone e di un asiatico è profondamente differente, così come sono diversi l’uso di comparativi e superlativi, del futuro ecc.; ed è diversa la forza che si mette nella negazione, nell’ordine, nella richiesta, e così via.

Torneremo su questi temi in 11.4.2 trattando dei problemi intercultu-rali nella classe con allievi stranieri – ma il tema della riflessione sulla comunicazione interculturale va affrontato anche in assenza di immi-grati nella classe.

Nel documento Le lingue di Babele (pagine 196-199)