• Non ci sono risultati.

Testo e ipertesto

Nel documento Le lingue di Babele (pagine 132-137)

Lo sviluppo delle abilità produttive

5.3.3 Testo e ipertesto

L’ipertesto è trascurato nella scuola, anche se nella realtà – da internet all’e.learning – è uno strumento sempre più diffuso di scrittura e lettura. Spesso l’insegnante, cresciuto con il testo lineare, sequenziale, sa

usare l’ipertesto ma ritiene la realizzazione di ipertesti al di là della sua

Italiano lingua materna 118

portata, mentre anche due programmi elementari e di uso universale co-me word e powerpoint hanno una funzione, «crea collegaco-mento iperte-stuale», che consente di legare il testo base ad altri testi, a finestre che si aprono con approfondimenti, a immagini, a suoni, a link di vario tipo. Il problema non è informatico: è concettuale, in quanto un ipertesto richiede una forte gerarchizzazione e riorganizzazione delle informa-zioni e quindi implica decisioni su:

a. sequenze di approfondimento: dall’indice, che rappresenta la porta d’ingresso dell’ipertesto, alle varie sezioni di importanza primaria, alle relative espansioni, agli approfondimenti mirati per lettori spe-cifici; per esempio, questo capitolo potrebbe avere la gerarchia illu-strata nella pagina seguente.

b. legami tra i vari nuclei dell’ipertesto, i cosiddetti link: è la dimen-sione più interessante della progettazione e realizzazione di un iper-testo, quasi a ricordarci che una delle due etimologie possibili di «intelligenza» è inter legare, stabilire collegamenti.

Pur essendo questi i due elementi che differenziano un testo da un ipertesto, c’è un terzo fattore di cui tenere conto: dove consentire l’ac-cesso. Per esempio, nel progetto visto nello schema nella pagina seguen-te, oltre all’accesso top down, cioè dai tre paragrafi di base, a due cifre, è possibile tecnicamente un ingresso anche dai paragrafi con tre cifre, ma non è utile consentirlo, per esempio, da «brainstorming», perché il letto-re di quel paragrafo mancheletto-rebbe di tutt’una serie di informazioni.

Il fatto che si possa entrare in un ipertesto da varie porte e che la se-quenza di lettura non sia prevedibile ha conseguenze linguistiche im-portanti, da evidenziare in ordine alla stesura:

a. non sono possibili anafore e catafore, cioè rimandi pronominali a quanto detto prima o a quanto segue: tali rimandi funzionano infatti solo in un testo sequenziale, in cui l’ordine delle informazioni è deci-so dall’autore, non dal lettore;

b. per la stessa ragione sinonimi, iperonimi, iponimi possono essere usati solo all’interno di una singola pagina, non con riferimento ad altre pagine che possono non essere state ancora lette.

Italiano lingua materna 120

L’economia di questo studio non ci consente di ampliare la riflessio-ne sulla scrittura ipertestuale, ma la vasta letteratura sul tema può aiu-tare l’insegnante che voglia cogliere la rivoluzione cognitiva di questo genere e le sue enormi potenzialità per lo studio e la maturazione della persona: tra gli altri, si vedano Scavetta (1992) e Landow (1997); sul-l’uso di ipertesti e ipermedia in funzione didattica, si vedano Barrett (1992), Garito (1997), Margiotta (1997), e Galliani (1999).

5.1 Concettualizzazione a. il diagramma a ragno b. brainstorming esempio esempio 5.2 Progettazione 5.2.1 Il contesto comunicativo P E ecc. ecc. S 5.2.2 Tipi e generi testuali b. regolativo a. testo espressivo 5.3 Realizzazione del testo orale e scritto

Approfondimenti bibliografici ecc. 5.3.2 Scrivere su carta e su schermo K S 5.3.3 Testo e ipertesto legami, link sequenze approfond. 5.3.1 Il monologo o

«parlare pianificato» Scaletta pubblica Scaletta privata

(Per un approfondimento generale sulla scrittura e sul parlare, oltre ai testi richiamati sopra si vedano Cortelazzo, 1991; Guerriero, 2002; Bruni, 1997; Rigo, 1998; Fiermonte, Cramascoli, 1998; Corno, 2002; Calò, 2003; per un aspetto che non abbiamo potuto trattare nell’econo-mia di questo capitolo, la revisione dei testi scritti, si veda l’ottimo Mandelli, Rovida, 1997.)

5.4

Parole chiave del capitolo

Alla conclusione di questo capitolo si danno per acquisite queste no-zioni, che quindi non verranno più esplicitate nei capitoli successivi:

concettualizzazione: è la prima fase dell’abilità cognitiva di

produ-zione, cioè quella del reperimento delle idee che si vogliono comu-nicare; ci sono due tecniche didattiche che facilitano la concettualiz-zazione: il brainstorming e il diagramma a ragno; spesso gli stu-denti tendono a confondere questa fase con quella di progettazione (vedi sotto).

progettazione: è una fase che gli studenti attuano, spesso

confonden-dola con la concettualizzazione (vedi sopra), prima di produrre un testo scritto, ad esempio con una scaletta, ma che realizzano assai meno prima di fare un monologo, di affrontare una discussione e co-sì via. Costituisce un punto fondamentale di intervento nella didatti-ca dell’italiano. Uno strumento per progettare il proprio testo può essere la serie di variabili del modello di evento comunicativo di Hymes, sintetizzato dall’acronimo «SPEAKING»: «S» come

setting, «luogo fisico»; «P» come «partecipanti»; «E» come «esiti»,

cioè conseguimento degli scopi; «A» come «atti di discorso»; «K» come key, «chiave psicologica»; «I» come instruments, «strumenti»; «N» come «norme» di interazione e di interpretazione; «G» come «genere comunicativo».

tipi testuali e generi comunicativi: spesso ritenuti sinonimi, oggetto

di tassonomie diverse a seconda delle scuole, sono comunque due categorie da tener ben presenti nel momento in cui ci si accinge alla

realizzazione di un testo orale o scritto. I tipi testuali sono universa-li: un testo espressivo, regolativo, argomentativo, referenziale, nar-rativo, descrittivo ha le stesse regole costitutive in ogni cultura, in quanto si basa sugli stessi presupposti cognitivi; ogni testo si realiz-za poi in svariati generi (lettera, relazione, tema, conversazione, conferenza, barzelletta ecc.) le cui regole sono sia universali (una narrazione deve avere un narratore, una fabula, un intreccio) sia cul-turali.

Italiano lingua materna 122

CAPITOLO6

Nel documento Le lingue di Babele (pagine 132-137)