Lo studente di italiano
3.2 冨 Lo studente ha una mente
3.3.3 Il piacere della «grammatica»
A parte il piacere egodinamico di realizzare un proprio progetto di vi-ta, ammesso che abbia colto il ruolo che può svolgervi l’italiano, e a parte il piacere di soddisfare un bisogno e di compiere il proprio do-vere (che abbiamo visto in 3.3.2), ci possono essere, se l’insegnante le sostiene in classe, anche emozioni piacevoli legate a quella che Tito-ne chiama la dimensioTito-ne «tattica», cioè alla didassi quotidiana; cer-chiamo di ordinarle gerarchicamente, da quelle che riguardano il pia-cere semplicissimo di fare cose che piacciono durante l’ora di italia-no, quindi un piacere legato essenzialmente alla metodologia, fino ai piaceri più sofisticati che coinvolgono profondamente la mente e la personalità.
a. Il piacere della varietà, il dis-piacere della noia
Riprendiamo il detto «il mondo è bello perché è vario»: variati devono essere il corso, il materiale, il modo di guidare la comprensione, il mo-do di chiedere produzione linguistica, di affrontare l’analisi logica o grammaticale; fare ogni giorno gli stessi esercizi, le stesse attività, to-glie piacere e dà noia. Questa riduce la motivazione innescando una reazione a catena: i risultati peggiorano e si accresce il senso di frustra-zione, quindi si reagisce con il rifiuto delle ore di italiano, cui l’inse-gnante reagisce imponendo una disciplina e delle attività sempre più
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direttive, quindi demotivanti: il circolo vizioso diventa irreversibile e la conclusione è «le ore di italiano fanno schifo». E la mente si chiude. Molti manuali in uso hanno ben poca varietà, per cui il compito del-l’insegnante si concretizza nel motto, che sembra ma non è un gioco di parole, «adattare, non adottare»: il manuale va integrato, modificato, arricchito, magari coinvolgendo gli stessi studenti nell’operazione. Im-plicito nel concetto di varietà c’è anche il piacere della novità,
dell’im-previsto, dell’insolito, che Schumann pone come fattore importante
nella valutazione dell’input (e quindi nella decisione di sforzarsi per interiorizzarlo) da parte di una mente.
b. Il piacere dell’argomento trattato
Ci riferiamo a quella che tecnicamente si chiama «rilevanza psicologi-ca» e che trova la sua negazione totale nelle frasi di latino dedicate all’agricola (che è operoso, saggio, paziente, orgoglioso padre di
pul-chrae puellae ecc.): ci sono più agricolae nei testi di latino di quanti
contadini in carne e ossa ci siano in Italia. Quale rilevanza psicologica può avere la saggezza dell’agricola per adolescenti urbani?
L’esempio del latino è stato scelto per la sua provocante evidenza: se anziché parlare di contadini si leggesse dei mille baci, e mille ancora, e altri mille che Catullo invia a Lesbia, forse la demotivazione sparireb-be – come sparirebsparireb-be se nei manuali si facesse fare l’analisi grammati-cale di una canzone scelta dagli studenti anziché di brani manzoniani, se gli esercizi suddivisi in frasi fossero comunque legati da una storia, garantendo quella coerenza testuale che si vuole dagli studenti ma che non si offre loro nelle frasette staccate, deconstestualizzate; anche in questo caso, la motivazione è raggiungibile con l’aiuto degli studenti stessi che collaborano alla scelta dei testi su cui lavorare (si veda la ri-flessione sull’apprendimento «significativo»).
c. Il piacere della sfida
A tutti piace mettersi alla prova; lo si può fare con i quiz televisivi, con l’enigmistica, ma anche con prove di lingua: cloze, incastri, dettati posso-no essere piacevoli sfide con se stessi – ma solo se poi è lo stesso studente a valutare il risultato, ricorrendo all’insegnante solo dove non capisce un eventuale errore. Quale studente può sentirsi demotivato se per rafforzare
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3.3.1
la sua padronanza della morfo-sintassi, intesa relazionalmente, gli si fa fare un sudoku ogni giorno, come compito a casa? Eppure il sudoku è una perfetta sfida grammaticale: ogni schema presenta 27 «parole» di 9 lette-re (o numeri) che non possono ripetersi e ogni «parola» ha una morfolo-gia elementare (verticale, orizzontale, quadrata: ce ne sono 9 di ogni tipo, in uno schema). Ma la morfologia si lega alla sintassi, perché ogni parola quadrata si lega con tre parole orizzontali e con tre verticali: per cui inse-rire il numero mancante richiede un’attenzione morfologica («quale nu-mero manca in questa parola?») e un’attenzione sintattica («questo nume-ro compare in panume-role che si intersecano con quella su cui sto lavoran-do?»). È un lavoro morfosintattico potentissimo, che sviluppa la capacità cognitiva ma che si presenta come una sfida, un gioco su schema.
Gran parte della glottodidattica ludica si basa su sfide di questo tipo (una raccolta di giochi per l’italiano, con un’introduzione teorica su cui approfondire questo tema, è Caon, Rutka, 2004).
d. Il piacere di riuscire, il dis-piacere di fallire
Riuscire è un piacere ovvio – ma nella prassi scolastica non sempre è altrettanto ovvio che fallire provoca dis-piacere e annulla questa fonte di motivazione. Il dis-piacere di fallire va quindi prevenuto prima an-cor che curato.
Prevenire il fallimento significa che le attività devono essere di li-vello tale da essere fattibili (riprendiamo la nozione realizzabilità del
compito dal modello di Schumann visto), soprattutto all’inizio di
un’u-nità d’apprendimento.
Curare il dispiacere significa che gli errori vanno considerati e fatti
considerare agli studenti come naturali, non come peccati da punire: fallire provoca dis-piacere e quindi annulla la motivazione, toglie
ener-gia al processo di acquisizione, mentre sbagliare può essere accettabile se l’errore non viene enfatizzato ma viene studiato e se si continua a ri-petere ossessivamente che «errare è umano», che «sbagliando si impa-ra», che imparare è un processo «per tentativi ed errori».
e. Il piacere di apprendere – e di rendersene conto
È un piacere di livello alto, ma per provare questa emozione serve una condizione: rendersi conto che si sta apprendendo. Ciò significa che
iniziare una lezione illustrando che cosa si vuole apprendere e conclu-derla chiedendo «che cosa abbiamo imparato oggi?» è condizione
ne-cessaria per garantire questo piacere e, conseguentemente, questa
fon-te di motivazione.
f. Il piacere della sistematizzazione
Fare ordine concettuale rappresenta un aspetto particolare del piacere di apprendere. Capire come funziona un meccanismo, un sistema di se-gnali, un periodo ipotetico ecc., è un piacere molto alto, di natura for-male, astratta, quindi tale da coinvolgere nell’emozione anche l’emisfe-ro sinistl’emisfe-ro: fare con gli studenti delle sintesi di quando in quando, far
scoprire (almeno in parte) la grammatica anziché insegnarla, far
sco-prire categorie espistemologiche è un modo per fornire questo piacere. In questi paragrafi abbiamo parlato di emozioni (positive, da produr-re; negative, da evitare, per quanto possibile – ma essere «maestri» si-gnifica anche sapere che talvolta alcune emozioni negative aiutano a crescere). Abbiamo già visto, parlando di memorizzazione, come le emozioni consistano di elementi biochimici che la favoriscono o la im-pediscono. Ma l’emozione, in questo paragrafo, ci interessa da un pun-to di vista diverso, come fonte di motivazione, come spinta a compiere uno sforzo cognitivo faticoso.
Quali sono le emozioni basilari? Anzitutto dobbiamo distinguere tra
sentimenti, che sono realtà affettive percepite consapevolmente (per
esempio l’autostima di chi ha corrisposto al proprio «senso del dove-re»), ed emozioni, tempeste di segnali chimici che procedono per itine-rari neuronali che escludono la coscienza ma che introducono reazioni fisiche (sudorazione, rossore/pallore, fuga ecc.) e psicologiche (il filtro affettivo, il blocco del passaggio delle informazioni, la volontà di ri-muovere un ricordo spiacevole).
Le neuroscienze indicano sei emozioni universali primarie:
gioia sorpresa rabbia
paura tristezza disgusto
Quante delle attività tradizionali svolte in classe lasciano una traccia mnemonica emotiva di gioia e di piacevole sorpresa, e quanta è invece
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l’emozione negativa, che induce a un’autodifesa preventiva, dovuta al-le sorprese negative («oggi facciamo un compito di analisi logica»), di
rabbia («il/la prof mi ha trattato da idiota»), di paura («ce la farò a fare
questo tema?»), di tristezza («non ce la faccio proprio, sono incapa-ce»), di disgusto («le ore di italiano fanno schifo!»)? La memoria
pre-cosciente delle emozioni positive è la motivazione, il ricordo delle emozioni negative è la demotivazione.
Un aneddoto, per quanto fuori luogo in un testo scientifico, può esem-plificare una soluzione – e il compito della glottodidattica è offrire solu-zioni al problema dell’acquisizione e dell’apprendimento delle lingue.
In una seconda media si è svolta un’attività tutto sommato banale: – l’insegnante di italiano ha scritto alla lavagna io, tu, lui/lei ecc. e ha
chiesto agli studenti di trovare tutti i pronomi personali soggetto in italiano (per la precisione: mentre dopo un semplice esempio, «lor signori, si alzino!», gli studenti hanno inserito anche loro come seconda persona plurale, e mentre hanno colto il valore di prima per-sona plurale dell’imperper-sonale toscano, «che si fa?», nessuno degli allievi ha inserito ella, dimostrandone la scomparsa dal patrimonio dei preadolescenti);
– l’ora successiva l’insegnante di inglese ha fatto aggiungere, sulla stessa lavagna, i pronomi inglesi (facendo anche scoprire attraverso le prime righe del Padre nostro l’esistenza di thou, thee, thy – e cioè che you è pronome plurale, non singolare);
– l’ultima ora l’insegnante di francese ha completato la lavagna con i pronomi personali soggetto francesi e con quelli in dialetto veneziano (lingua presente nella mente dei ragazzi, ancorché non sempre usata). Uno dei ragazzi, non definito come «studente modello» dagli inse-gnanti, al ritorno a casa ha sorpreso i genitori affermando: «Mamma, che bella la grammatica». Ora, l’attività che abbiamo descritto è quan-to di più «tradizionalista» si possa immaginare, ma ha generaquan-to un’e-mozione positiva perché:
a. ha valorizzato quel che gli studenti sanno, quel che posseggono nella loro competenza acquisita dell’italiano, del dialetto e delle due lin-gue straniere che stanno studiando;
b. ha reso gli studenti protagonisti della lezione: sono loro che hanno dato i pronomi personali soggetto da scrivere sulla lavagna;
c. ha proceduto in maniera solidale, non competitiva: non c’era da dimostrarsi bravi, c’era da svolgere un compito – e lavorando insie-me la cosa è più facile;
d. ha annullato l’effetto del fallimento: lavoravano tutti insieme, il fatto di non conoscere «ella» non è stato vissuto come un fallimento, ma come un vuoto da colmare, con tranquillità;
e. ha consentito la sistematizzazione logica di un universo posseduto, i pronomi personali soggetto: dalla competenza alla meta-competenza (comparativa);
f. ha sorpreso, facendo scoprire relazioni tra il «voi» dialettale e you e
vous come pronomi di cortesia per la seconda persona singolare.
La metodologia ha creato le condizioni per un’emozione piacevole, evitando i rischi di paura, tristezza, rabbia, disgusto: «Mamma, che bella la grammatica!».
3.4
冨
Le relazioni dello studente con i compagni,l’insegnante, il manuale
Lo studente, come ogni essere umano, vive un’intensa vita di relazioni: alcune di queste hanno un ruolo significativo per l’apprendimento del-l’italiano: la relazione con i compagni, quella con l’insegnante e, infi-ne, la relazione «virtuale» con gli autori dei materiali didattici. In realtà, non sono solo relazioni con persone, ma anche con la conoscen-za posseduta da queste persone: lo studente ha nei coetanei un gruppo di parlanti nativi di italiano che sanno più o meno quel che sa lui, con i quali si capisce senza sforzo e condivide il dubbio sull’utilità di «ap-prendere» l’italiano che tutti hanno già «acquisito»; lo studente lavora sotto la guida di un insegnante che ha una conoscenza maggiore, ma che può decidere di riversarla sullo studente considerandolo un vaso da riempire, oppure può aiutare lo studente a scoprire, insieme ai suoi compagni, la conoscenza; lo studente ha tra le mani un libro, voce di
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un gruppo di autori, di un progetto editoriale, di un programma mini-steriale, libro che può schiacciarlo sotto il peso di una conoscenza ec-cessiva e distante oppure può stimolarlo, aiutarlo, offrire schemi vuoti da riempire anziché schemi già compilati da memorizzare.