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Il complicato rapporto tra Corea del Sud e Giappone

3. Difesa e Sicurezza: il Giappone e la corsa al riarmo

4.8 Il complicato rapporto tra Corea del Sud e Giappone

Similmente alla difficile questione territoriale con la Cina, si trova quella che il Giappone vive anche con la vicina Corea del Sud riguardo ad un piccolo gruppo di isolotti presenti nel Mar di Giappone. Le isole contese dai due paesi sono di origine vulcanica e sono chiamate in coreano Dokdo e in giapponese Takeshima90. Vengono inoltre definite le “rocce di Liancourt” poiché nel 1849 una baleniera francese Le Liancourt rischiò di arenarvisi. Ci sono solo due maggiori ammassi rocciosi definiti isola occidentale e isola orientale e sono a pochi metri di distanza l’uno dall’altro ed equidistanti sia dalla Corea del Sud che dal Giappone91.

La Corea del Sud e il Giappone hanno due versioni storiche differenti riguardo la sovranità delle isole. La prima fa risalire la propria sovranità al 512 d.C., asserendo che le isole avrebbero fatto parte del territorio coreano fino all’invasione giapponese del 1910. Con la sconfitta della Seconda guerra mondiale le Dokdo furono restituite e sono parte del territorio della Corea del Sud, nonostante le ripetute proteste giapponesi. Secondo la versione giapponese, Seul controlla illegalmente le isole senza alcun fondamento di diritto internazionale, inoltre pare che con il nome Dokdo fosse inizialmente riferito ad altre isole, diverse dalle Takeshima, che sono giapponesi almeno dal XVII secolo92. Il governo di Tokyo ritiene ancora oggi che queste isole facciano parte della prefettura di Shimane, anche se occupate da Seul. Quello che però ad oggi risulta effettivo è che il Giappone non ha più esercitato alcun tipo di sovranità sulle Takeshima dal 1945, che da allora restano completamente sotto il controllo sudcoreano. I due Paesi, seppur firmando il Trattato sulle

89 Marley Ross, China, the Philippines, and the Spratly Islands, in Asian Affairs: An American Review, Vol. 23, n. 4, Routledge, 1997, op. cit., p. 12.

90 Il significato del nome in coreano è “isole solitarie”, mentre del nome in giapponese è “isole delle piante di bambù”.

91 Andrea Baldessari, Rocce di Liancourt, Dokdo o Takeshima? La disputa eterna tra Corea e Giappone, 11 Marzo 2020. Consultabile al sito web:

https://lospiegone.com/2020/03/11/rocce-di-liancourt-dokdo-o-takeshima-la-disputa-eterna-tra-corea-e- giappone/

92 Stefano Felician Baccari, Gli scogli delle Dokdo contesi fra Corea del Sud e Giappone, in Limes, 3 Dicembre 2012. Consultabile al sito web:

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Relazioni Fondamentali tra Giappone e Repubblica di Corea nel 1965, riconobbero la presenza della controversia sulle isole tra Giappone e Corea del Sud e presero l’impegno di collaborare per la risoluzione definitiva di tale disputa.

La posizione strategica di queste isole determina la loro importanza e il motivo del contenzioso, poiché tutto il traffico marittimo tra Corea del Sud e Giappone si concentra in quel tratto di oceano. Inoltre l’area è molto fruttuosa per l’attività ittica, che costituisce un altro motivo per ottenere il controllo delle isole, perché entrambi gli stati hanno come obiettivo quello di espandere l’industria ittica nazionale. Ottenere il monopolio di quest’area infatti, significherebbe assicurare solidità e crescita al proprio mercato ittico.

Nel 2006 il Giappone protestò contro le pratiche di pesca sudcoreane, affermando che erano dannose per l’ecosistema regionale, mentre i giornali giapponesi elogiarono quelle adottate dal Giappone screditando quelle dell’avversario in questione. Le accuse in realtà furono mosse dal timore della competizione economica tra i due paesi e dalla crescita del mercato sudcoreano che avrebbe potuto mettere in disparte la propria immagine di potenza mondiale93. Inoltre ad animare il contenzioso è stata la presenza di potenziali idrocarburi e quindi sfruttare queste risorse avrebbe favorito la loro economia perché avrebbe importato meno combustibili. La rivalità economico-commerciale infatti non è un mistero tra le due potenze, considerato che entrambe sono basate su un’economia che come punto di forza mira alle esportazioni e in aggiunta competono per la supremazia negli stessi settori94.

In maniera specifica per i sudcoreani le isole indicano controllo politico-militare di ciò che avviene nel Pacifico e Seul a questo proposito sta creando delle nuove basi navali ed è probabile che siano stati installati degli impianti per sorvegliare tutti i movimenti dell’area. Inoltre perdere questo territorio per Seul sarebbe una seconda sconfitta, considerato che avere ottenuto il controllo dal 1945 significa avere avuto una rivincita simbolica nei confronti del Giappone95.

D’altra parte per il Giappone la questione delle isole riveste un’importanza maggiore nella politica interna. Risolvere la disputa concedendole indicherebbe perdita di potere e cedere il posto ad una nuova potenza emergente. In aggiunta metterebbe il governo giapponese in una

93 A. Baldessari, Rocce di Liancourt, Dokdo o Takeshima? La disputa eterna tra Corea e Giappone, op. cit. 94 Simone Munzittu, Giappone e Corea del Sud: un rapporto complicato tra vicini, in Il Caffè Geopolitico, 8 Marzo 2017. Consultabile al sito web:

https://www.ilcaffegeopolitico.org/52548/giappone-corea-sud-rapporto-complicato

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posizione di svantaggio rispetto alle altre dispute territoriali in corso creando dei precedenti, ma questo non vuole assolutamente permetterlo.

Una seconda frattura irrisolta che influenza i rapporti diplomatici tra Corea del Sud e Giappone è la questione delle “comfort women”, il crimine di guerra compiuto dai giapponesi durante la Seconda guerra mondiale. Un grande numero di donne proveniente per la maggior parte dalla Corea fu costretto a servire l’esercito imperiale come schiave sessuali. Le scuse ufficiali sono arrivate solo nel 2015 con il governo di Shinzo Abe, il quale oltre alle scuse ha provveduto anche ad un fondo di un miliardo di yen a favore delle comfort women ancora in vita. La situazione però è diventata difficile quando nel dicembre 2016 è stata posizionata di fronte al Consolato giapponese a Busan una statua dedicata alle donne di conforto. Il Consolato aveva richiesto la rimozione perché ritenuta offensiva nei confronti degli impegni che il Giappone aveva preso nel 2015, ma la richiesta non fu accolta. La conseguenza fu quella di inasprire la contesa sulle isole Dokdo96.

Ciò che crea maggiori tensioni tra i due Paesi è che il rancore per questioni irrisolte del passato si riversa anche nel settore economico come è successo ad esempio a partire dal luglio 2019, quando Tokyo ha imposto delle restrizioni alle esportazioni nei confronti di Seul. Queste derivavano da una disputa riguardante i risarcimenti per il lavoro forzato svolto dai sudcoreani durante l’occupazione giapponese della penisola coreana, tra il 1910 e il 1945. Il Giappone aveva già dato alla Corea del Sud denaro per aiuti economici e prestiti per saldare le questioni relative all’occupazione, e le ulteriori rivendicazioni della Corea del Sud hanno quindi infastidito Tokyo. Le sanzioni hanno provocato danni alla Corea del Sud, poiché applicate sui materiali utili alla produzione di dispositivi tecnologici. Washington a questo proposito era stato chiamato in causa dalla Corea del Sud, dopo aver affermato che ci sarebbero state ripercussioni anche sulle aziende statunitensi dell’industria tecnologica. In risposta Washington il giorno successivo aveva inviato a Seul il diplomaticoDavid Stilwell, esperto di politica est-asiatica, per mediare la crisi. All’inizio dell’anno la questione sulle sanzioni si è distesa dopo che Shinzo Abe ha definito la Corea del Sud come il suo “vicino più importante”97, affermando che condividono gli stessi valori e così dichiarando vicinanza

dopo un periodo di tensione tra Tokyo e Seul.

96 S. Munzittu, Giappone e Corea del Sud: un rapporto complicato tra vicini, op. cit.

97 Maria Grazia Rutigliano, Segnali positivi nei rapporti tra Giappone e Corea del Sud, in Sicurezza

Internazionale, 20 Gennaio 2020. Consultabile al sito web:

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Ad accomunare il Giappone e la Corea del Sud oltre ai loro valori è il rapporto privilegiato che hanno avuto con gli Stati Uniti sin dalla fine della Seconda guerra mondiale e dall’inizio della Guerra fredda. Di conseguenza, ciò che più preoccupa di più Seul è la vicina Corea del Nord. Anche la Corea del Sud come il Giappone aveva avuto un ruolo importante nel contenimento dell’Unione Sovietica, per questo è sempre stato un partner fondamentale per Washington. Negli ultimi anni però la presenza statunitense sta man mano diminuendo e questo preoccupa Seul, in concomitanza della corsa al riarmo del Giappone. Sul fronte però della minaccia comune di Pyǒngyang le tre potenze cooperano assiduamente, mentre la Corea del Sud non perde l’occasione per mantenere attiva la relazione triangolare con Stati Uniti e Giappone98. Nonostante ciò, il Giappone e la Corea del Sud non hanno un patto bilaterale di cooperazione militare, anche se entrambe partecipano ad esercitazioni congiunte con gli Stati Uniti. Non è una cosa da poco considerando la minaccia che Pyǒngyang rappresenta per tutti i vicini. Il motivo risiede nel fatto che la Corea del Sud, come abbiamo visto, nutre dei risentimenti verso il Giappone per questioni del passato e quindi persiste una certa diffidenza. Oltre a questo c’è il fatto che entrambi avrebbero dovuto interpellare Washington anche solo per potersi scambiare informazioni.

Nel 2016 è stato fatto un piccolo passo avanti, in quanto Tokyo e Seul hanno firmato il

General Security of Military Information Agreement (GSOMIA). Tale accordo permette ad

entrambi di condividere l’intelligence militare senza utilizzare l’esercito statunitense come intermediario. Il punto di forza di questo accordo è che c’è uno scambio agevole e immediato delle informazioni che riguardano la Corea del Nord. Inoltre sotto questo aspetto potrebbe costituire un punto di partenza per ampliare la cooperazione. Tuttavia, ancora una volta la presenza degli Stati Uniti nel quadro di questo accordo e più in generale degli equilibri geopolitici dell’Asia continua ad essere importante. La Corea del Sud e il Giappone avrebbero il vantaggio di avere come alleato una potenza economica mondiale. Inoltre il Giappone avrebbe l’appoggio degli Stati Uniti contro la Cina in questioni complicate, come la sovranità delle isole Senkaku, mentre per Seul l’importanza dell’alleanza statunitense rimane legata alla minaccia nordcoreana99. Infine, ciò che gli Stati Uniti affermano anche in questo caso è che continuano ad avere due alleati fondamentali nell’area asiatica e cosa più importante, si garantiscono ancora la presenza delle loro forze in una regione di grande rilievo strategico.

98 A. L. Ghini, La politica di sicurezza del Giappone e il ruolo dell'Italia, op. cit., p. 39.

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Conclusioni

Obiettivo del presente lavoro è stato quello di analizzare l’alleanza tra Giappone e Stati Uniti dal punto di vista della difesa e della sicurezza. È inoltre emerso il ruolo di equilibrio nell’Aria orientale che questa ha avuto nel corso degli anni, dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi, e come tale rapporto abbia portato ad un graduale riarmo di uno stato costituzionalmente “pacifista”. Al fine di dimostrare questo è stato importante delineare quali sono stati i rapporti tra gli Stati Uniti e il Giappone dopo le esplosioni delle due bombe atomiche nell’agosto del 1945. È stato chiaro che i rapporti erano rispettivamente quelli tra una delle potenze vincitrici della guerra e una nazione sconfitta, che ha dovuto firmare una resa incondizionata per poter sperare in una rinascita. Si è visto come gli obiettivi principali degli Stati Uniti di rimpatriare i militari e i civili dopo la guerra, e di ricostruire il paese da un punto di vista istituzionale ed economico siano stati portati a termine in un periodo di circa sette anni. Nel corso di questi anni infatti dopo lo smantellamento di basi militari, distruzione di armi e dei veicoli da guerra, lo Scap sotto il comando del generale MacArthur è riuscito a far rimpatriare migliaia di Giapponesi.

L’analisi delle riforme dello Scap ha sottolineato l’opportunità del Giappone di fondare delle basi democratiche, anche se è costato tanto alla popolazione, che ha visto cambiare il cuore delle sue abitudini, della sua tradizione linguistica, dell’istruzione e dell’economia. I punti fondamentali del cambiamento però sono risultati essere legati alla Costituzione del 1946. Innanzitutto, il ruolo che è stato attribuito all’imperatore, ovvero “simbolo dello Stato e dell’unità del popolo” come citato nell’art. 1 e non più il “capo dell’Impero”. Decisione ponderata dello Scap, che non procedendo con l’abdicazione dell’imperatore ha evitato di creare ulteriori disordini e crisi di gestione delle masse. In secondo luogo, il Giappone ha dovuto rinunciare totalmente alla guerra secondo quanto previsto dall’articolo 9, la cui interpretazione, come analizzato, è stata molto discussa al fine di potersi adattare ai principi per una solida alleanza con gli Stati Uniti. Questa norma sottolinea il fatto che inizialmente il Giappone aveva un ruolo diverso per gli Stati Uniti, che avevano bisogno di una visuale ravvicinata agli scenari dell’Asia, garantito dal supporto logistico del Giappone e di assicurarsi che non ripetesse gli orrori ed errori della guerra. A questo proposito si è dimostrato come sia cambiato lo scenario internazionale in seguito all’invasione delle truppe di Kim Il-Sung nel sud della penisola coreana al di là del 38° parallelo. In questo contesto è emerso che gli stati della regione hanno iniziato a schierarsi nel sistema bipolare che si stava

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delineando in maniera sempre più chiara e che gli Stati Uniti hanno rivisto quell’iniziale rapporto sotto un punto di vista più specificamente militare.

Come analizzato, le conseguenze della Guerra di Corea in merito all’alleanza, anche a causa dell’incapacità degli Stati Uniti di vincerla, sono state principalmente due. La prima è stata l’istituzione della Riserva nazionale di polizia nel 1950, che avrebbe sostituito le truppe statunitensi nella difesa del territorio. Gli Stati Uniti avevano di fatti inviato le truppe stanziate in Giappone a combattere in Corea, aprendo così la strada verso il riarmo del paese. La seconda riguarda la firma del Trattato di sicurezza nippo-statunitense nel 1951, quando la minaccia dell’espansionismo sovietico era diventato reale e il Giappone era risultato il primo fornitore di infrastrutture militari nelle operazioni di contenimento dei regimi comunisti della regione. Tuttavia, è evidente che in questa fase c’è stato squilibrio nel rapporto tra i due, perché gli Stati Uniti non erano tenuti a difendere il territorio giapponese in caso di attacco. In aggiunta il Giappone risultava completamente dipendente dagli Stati Uniti.

Il passo successivo è stato fatto nel 1960 con il primo ministro Nobusuke Kishi quando è stato firmato il Trattato di Mutua Sicurezza e Cooperazione, in cui anche gli Stati Uniti sono stati chiamati ad agire in caso di pericolo comune. Questo Trattato è risultato più costruttivo, poiché ha stimolato la crescita del paese in generale e in particolare dell’economia, vista la presenza di forze armate statunitensi in tutto il Giappone e in particolar modo ad Okinawa, che con le loro richieste hanno creato anche numerosi posti di lavoro. Sulla base di tale trattato gli Stati Uniti hanno potuto mantenere le loro basi sul territorio giapponese, anche dopo la riannessione dell’arcipelago delle Ryukyu nel 1972.

Dall’analisi della questione rispetto alla presenza militare ad Okinawa è emerso che in questo territorio c’è la più alta concentrazione di basi americane, pari al 75% di tutte quelle ospitate in Giappone. La posizione dell’isola di Okinawa è risultata strategica sotto il punto di vista geopolitico e militare per il controllo dell’Estremo Oriente da parte degli Stati Uniti, che con il passare degli anni hanno cercato di garantirsi la presenza sul territorio. Come è stato chiarito, da Okinawa è possibile tenere sotto controllo più territori, come ad esempio la Cina occidentale, Taiwan, le Filippine, la penisola indocinese e gli arcipelaghi dell’Oceano Pacifico. Non sono mancate le analisi sulle ondate di protesta susseguitesi sull’isola da parte della popolazione, che ha visto militari statunitensi colpevoli di crimini violenti come stupri e omicidi. Le proteste più significative infatti si sono verificate quando in seguito al rapimento e stupro di una ragazzina nei pressi di Camp Hansen nel 1995, la popolazione e la polizia locale non hanno potuto condannare i colpevoli, tre marines

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statunitensi. Oltre alla sicurezza mancante e ai crimini violenti commessi dalle forze statunitensi, si è visto come alla base delle proteste negli ultimi anni ci sono stati motivi che riguardano l’ambiente, l’inquinamento acustico e l’alterazione dell’ecosistema marino. Questo ha fatto capire che gli effetti negativi per la popolazione del posto sono molteplici, ma possono essere deleteri anche su larga scala.

Diversi sono stati i tentativi di gruppi di studenti, lavoratori, donne ed anziani che hanno protestato al fine di far smantellare tutte le basi militari ad Okinawa, tuttavia, questo non è stato possibile perché nel frattempo l’alleanza si stava evolvendo e rafforzando. Anche se sono stati fatti tentativi da parte del primo ministro Yukio Hatoyama, che nella campagna elettorale aveva promesso di spostare le basi fuori da Okinawa e chiudere la base di Futenma, questi non sono bastati a raggiungere l’obiettivo. Sono ancora in atto infatti i progetti per la ricollocazione della base sulla costa est, nella città di Nago a Henoko. La questione è ancora aperta, rimasta irrisolta anche dopo svariati referendum, tra cui l’ultimo del febbraio 2019, in cui hanno prevalso i “no” per la ricollocazione della base aerea. Tuttavia, il carattere non giuridicamente vincolante del referendum, non ha permesso modifiche al piano di Henoko, come è stato anche asserito dal primo ministro Shinzo Abe.

Nel corso dell’analisi del processo di riarmo del Giappone “pacifista” in relazione alle fasi di sviluppo dell’alleanza con gli Stati Uniti è risultata evidente la necessità per gli Stati Uniti ed il Giappone di reinterpretare quanto espresso dall’articolo 9 della Costituzione. A partire dal 1950 con l’istituzione della Riserva nazionale di polizia e successivamente con quella delle Forze di Autodifesa nel 1954, per ovviare alla questione si è considerato il fatto che la stessa Costituzione permettesse un minimo livello di forze difensive per poter fare fronte alle eventuali minacce esterne. Sebbene, queste all’inizio fossero limitate e legate a dei principi fondamentali per poter agire, è emerso che la convivenza con l’articolo 9 sarebbe stata sempre più difficile. Con il Trattato di Mutua Sicurezza e Cooperazione inoltre, gli Stati Uniti hanno fatto pressione sul Giappone per aumentare le spese per la difesa militare.

Il punto fondamentale invece delle fasi successivamente analizzate, quelle delle Linee guida di cooperazione nippo-americana alla difesa del 1978 e del 1997, è che le Forze di Autodifesa estendevano la loro attività ad altre zone rispetto al solo territorio giapponese. Nelle prime potevano operare oltre le acque territoriali del Giappone, per impedire alle forze nemiche di trasportare risorse umane e materiali di cui avevano bisogno. In questo modo il Giappone si è reso un partner importante delle forze americane nell’area del Pacifico. Nelle seconde sono state autorizzate ad operare oltre la regione dell’Asia orientale, implicando quindi la possibilità di partecipare a fianco delle forze militari americane, ma anche di essere

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coinvolte in conflitti degli Stati Uniti. In base a queste e alla Legge di Cooperazione con le Nazioni Unite per il mantenimento della pace del 1992, il Giappone ha potuto partecipare alle operazioni di peacekeeping al fianco degli Stati Uniti. A questo proposito quindi il primo ministro Koizumi Junichirō in ambito di politica estera fu il promotore di una collaborazione con il presidente G.W. Bush, supportando negli anni della sua amministrazione il presidente degli Stati Uniti e partecipò, entro i limiti consentiti dalla Costituzione del Paese, alla guerra in Iraq. Dall’analisi risulta che questa decisione è stata presa anche per sopperire a quella mancanza di supporto che il Giappone non era riuscito a dare agli Stati Uniti durante la