• Non ci sono risultati.

Il riarmo del Giappone “pacifista”

3. Difesa e Sicurezza: il Giappone e la corsa al riarmo

3.6 Il riarmo del Giappone “pacifista”

Forte del fatto che il suo nuovo incarico era stato ottenuto mediante una forma simile a quella di un referendum, Shinzo Abe rimandò come da promessa il rialzo dell’imposta sui consumi e avviò la riforma per la revisione costituzionale dell’articolo 9, per consentire al Giappone di avvalersi del diritto all’autodifesa collettiva. Se si prende in considerazione

29 Jeffrey Hornung, Boosting Japan’s “Proactive Contributions to Peace”, in Nippon.com, 20 Novembre 2015. Consultabile al sito web:

https://www.nippon.com/en/column/g00328/boosting-japan%E2%80%99s-proactive-contributions-to- peace.html

63

l’interpretazione dell’articolo 9 vigente fino a quel momento, questo diritto non era consentito al Giappone poiché era in contrasto con il principio delle SDF istituite con il solo scopo di difendere il territorio nazionale.

Già nell’ottobre del 2013 i ministri degli esteri e della difesa giapponesi e statunitensi avevano compiuto dei colloqui riguardo al diritto di autodifesa collettiva del Giappone. Successivamente ai colloqui fu redatto un comunicato31 in cui era ribadita la volontà di dare una svolta all’alleanza inaugurando una fase di maggiore condivisione delle responsabilità. Inoltre, era stata programmata l’istituzione di una commissione per la revisione delle Linee

Guida per la Cooperazione Difensiva tra Giappone e Stati Uniti del 1997, prevista entro la

fine del 2014. Questo termine non fu rispettato e la revisione è stata completata solamente nell’ aprile del 2015, ma costituisce un importante progresso per la posizione del Giappone in ambito di difesa. Il Giappone ha la possibilità di dare supporto agli Stati Uniti in tutto il mondo e non solo nelle aree intorno al Giappone, nel caso in cui siano attentati la pace e la sicurezza32, diversamente da quanto previsto nelle Linee Guida del 1997. In questo modo gli

Stati Uniti e il Giappone si impegnano a difendersi reciprocamente, senza la restrizione di un campo d’azione ben preciso come lo era nella versione precedente. Inoltre la nuova versione prevede che il Giappone può avvalersi del diritto all’autodifesa collettiva. Le Forze di Autodifesa però devono sempre rispettare le tre condizioni fondamentali per poter agire con l’uso di armi in difesa dell’alleato, già anticipate nel paragrafo 3.2.

Le Linee Guida non avevano carattere vincolante, ma costituivano delle indicazioni in merito alla collaborazione militare, le quali avevano bisogno in breve tempo di una legge giapponese che consentisse di poter intervenire in difesa dell’alleato. Il primo ministro per agire in poco tempo, con una delibera del governo del 2014, decise per la reinterpretazione dell’articolo 9, piuttosto che per la modifica che avrebbe richiesto più passaggi, tra cui anche un referendum popolare.

Prima di arrivare al disegno di legge approvato il 19 settembre 2015, ce ne furono altri due nel maggio 2015, che Shinzo Abe aveva scartato, intitolati International Peace Support

Bill e Peace and Security Legislation Development Bill. Questi già prevedevano l’impiego

delle SDF fuori dai confini nazionali, quindi una reinterpretazione dell’articolo 9 e in un secondo momento dell’articolo 96. Questa norma regola i processi di riforma costituzionale, che per essere attuata deve prima essere messa ai voti da entrambe le camere del Parlamento

31 Il comunicato si intitola Toward a More Robust Alliance and Greater Shared Responsibilities. U.S. Department of State, 3 Ottobre 2013.

64

e raccoglierne almeno i due terzi per risultare validi e poi essere sottoposta a referendum popolare. A tal proposito, il premier nell’ottobre del 2013 aveva dichiarato l’intenzione di ridurre a metà dei voti il numero necessario per le modifiche costituzionali33.

Non sono mancate le critiche da parte dei partiti di opposizione, ma anche dei civili e dei costituzionalisti. I primi ritenevano che la definizione di difesa collettiva era troppo vaga e poteva essere facilmente aggirata, rischiando di rimanere coinvolti in una guerra degli Stati Uniti. L’unico modo per far sentire il loro parere, vista la loro minoranza in entrambe le camere, è stato fare ostruzionismo34 in parlamento e manifestare contro l’approvazione del disegno di legge mentre la Dieta stava esaminando il testo35. Le manifestazioni continuarono

per alcuni giorni nelle principali città giapponesi.

I secondi erano contrari alla fine di una Costituzione pacifista, mentre secondo l’opinione della maggior parte dei costituzionalisti, il disegno di legge era incostituzionale e avrebbe potuto creare un precedente pericoloso per la tenuta dello stato di diritto. Così la nuova legge, considerata da molti controversa, per la prima volta dal 1947 autorizzò le SDF a partecipare a missioni armate al di fuori dei confini nazionali. Abe riuscì a fare approvare la legge dopo 200 ore di lavoro con 148 voti favorevoli e 90 contrari.

Ciò che in sostanza è cambiato in seguito alla nuova legge per le SDF è che potranno fornire supporto logistico agli stati alleati occupati in operazioni all’estero di interesse nazionale per il Giappone, intercettare missili balistici diretti verso gli USA e gli altri paesi alleati, partecipare ad operazioni ONU non solo in zone di non combattimento ma anche in quelle ad alto rischio, impegnarsi in operazioni militari per tenere aperte le rotte marittime di importanza strategica per il Giappone, infine potranno impegnarsi in missioni di combattimento per salvare ostaggi giapponesi. A fronte di queste possibilità di operazioni delle Forze di Autodifesa, il governo riteneva costituzionalmente valida questa legge, poiché non permetteva di agire autonomamente, se non in caso di ostaggi e rotte marittime, che però sono situazioni in cui possono agire per autodifesa36.

Per quanto riguarda le spese militari, Tokyo aveva già previsto per gli anni 2014-2019 un budget di circa 250 miliardi di dollari. È stata fatta acquisizione di droni, veicoli anfibi, sottomarini, unità navali con sistemi anti-missile e i nuovi caccia statunitensi F-35. Inoltre,

33 Roberto Motta Sosa, Asia-Pacifico: il riarmo del Giappone, 18 Maggio 2015. Consultabile al sito web: https://www.geopolitica.info/riarmo-del-giappone/

34 Ad esempio un parlamentare ha camminato in maniera lentissima verso l’urna dove depositare il voto. 35 P. Gentile, La politica estera e di difesa del Giappone, op. cit., p. 52.

65

ciò che indica che il Giappone si impegnò, soprattutto dal 2015 in poi, a raggiungere un posto tra i protagonisti a livello mondiale nel settore degli armamenti sono essenzialmente due: l’entrata in servizio della portaerei “Izumo”, che appena uscita rappresentava la più grande nave da guerra concepita dalla Marina militare giapponese dal 1945, e l’approvazione di una legge che riduce gli ostacoli per l’export di armi, favorendo alcune industrie, come le Mitsubishi Heavy Industries, che sono tecnologicamente avanzate in questo settore. Al Giappone quindi, secondo questa riduzione di limiti per l’esportazione di armi, è permesso non solo esportare alcuni tipi di armamento verso altri paesi, ma anche co-produrre di armamenti con altri stati alleati.

Questo fa parte del processo di “normalizzazione” della politica estera e di difesa del Giappone. Il concetto ed il relativo termine furono coniati da Ozawa Ichiro, nel periodo in cui era segretario generale del Partito Liberal Democratico del Giappone (1989-1991), e stava ad indicare il ritorno alla normalità della nazione, quindi ritornare ad essere in grado di provvedere alla propria sicurezza, di promuovere interessi in modo attivo, di partecipare ad operazioni di peacekeeping e di cooperare in ambito di difesa e sicurezza con gli altri paesi alleati, abbandonando quindi l’identità di “pacifista”. Abbandonare questa identità non vuol dire per forza essere militarista, ma avere la possibilità di co-produrre ed esportare armi, come succede per i quasi tutti i paesi occidentali.

Se da un lato però le caratteristiche che rendevano il Giappone un pacifista lo limitavano sul piano internazionale in materia di difesa e sicurezza, dall’altra gli davano la possibilità di limitare le pressioni degli Stati Uniti a coinvolgerlo in alcuni conflitti e di respingere le loro richieste37.

Ormai la strada della “normalizzazione” era intrapresa sin dalla fine della Guerra fredda e con essa anche quella del riarmo, puntando sempre di più verso le ultime tecnologie e cercando di primeggiare e rafforzare le partnership con le altre potenze alleate. Questo processo si è protratto e riconfermato anche in seguito all’ultima elezione di Shinzo Abe con il suo terzo mandato consecutivo.

37 Matteo Dian, Shinzo Abe, la “normalizzazione” giapponese e i Tre Principi sull’esportazione di armi, 21 Giugno 2014. Consultabile al sito web:

66