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La crisi e i tentativi di normalizzazione tra Corea del Nord e Giappone nel nuovo

3. Difesa e Sicurezza: il Giappone e la corsa al riarmo

4.3 La crisi e i tentativi di normalizzazione tra Corea del Nord e Giappone nel nuovo

Sebbene stesse crescendo la percezione della minaccia nordcoreana, le sanzioni adottate, ebbero un occhio di riguardo, in quanto non mirate a causare danni irreversibili al paese. La stessa decisione di sospendere i negoziati durò per poco tempo. Le pressioni interne al Giappone non erano state tanto forti quanto quelle internazionali degli Stati Uniti e della Corea del Nord, che riuscirono a convincere il Giappone a riprendere le trattative nel 2000,

18 Richard P. Cronin, The North Korean Nuclear Threat and the U.S.-Japan Security Alliance: Perceived

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evitando altre sanzioni19. La stessa breve durata ebbe la decisione di sospendere il finanziamento della KEDO.

Una nuova fase iniziò con il nuovo millennio quando ci furono una serie di incontri non ufficiali a Pechino tra il Giappone e la Corea del Nord. Mentre il Giappone si impegnava a discutere dei crimini commessi durante il periodo coloniale della penisola coreana, la Corea del Nord non avrebbe dovuto ostacolare le indagini riguardanti la questione dei cittadini giapponesi scomparsi. Nel vertice del 17 settembre 2002 tra il primo ministro giapponese Koizumi e il leader nordcoreano Kim Jong-Il, tenutosi a Pyǒngyang, furono questi gli argomenti alla base del dialogo, oltre alle questioni nucleari e di sicurezza, che erano altrettanto fondamentali. Il risultato dell’incontro fu la Dichiarazione di Pyǒngyang 20. Il Giappone da una parte porgeva le scuse per i crimini commessi nel passato e si impegnava ad aiutare economicamente il paese. La Corea del Nord dall’altra si impegnava a rispettare gli accordi internazionali per quanto riguardava la questione nucleare e quella missilistica. Questo incontro fu definito storico dagli analisti, tuttavia, alla luce dello sviluppo che ebbero i rapporti diplomatici nei mesi successivi, si può dire che tutti i buoni intenti e gli sforzi di normalizzazione di entrambi non durarono a lungo.

La questione nordcoreana passò ad una nuova fase quando nel 2002 l’amministrazione Bush ottenne informazioni secondo cui la Corea del Nord stava ancora sviluppando il programma nucleare. Accusò infatti il paese di perseguire un programma illegale di arricchimento dell’uranio. In seguito alle accuse degli Stati Uniti, nel 2003 la Corea del Nord si ritirò ufficialmente dal Trattato di non proliferazione21 e venne meno anche l’Agreed

Framework del 1994. Le pressioni non mancarono per il Giappone, che si trovò in una

posizione scomoda. Da una parte crescevano quelle esterne da parte degli Stati Uniti, durante l’amministrazione Bush, che seguivano una linea dura contro la Corea del Nord e spingevano il Giappone affinché appoggiasse la causa contro il programma nucleare. Dall’altra aumentavano quelle interne per il contenimento della Corea del Nord da parte del MOFA, che spingeva per basare un nuovo inizio di negoziazioni sulla questione dei rapimenti. In questo caso per rispondere alle pressioni di Washington, Tokyo doveva seguire la linea degli

19 Christopher W. Hughes, The Political Economy of Japanese Sanctions Towards North Korea: Domestic

Coalitions and International Systemic Pressures, in Pacific Affairs, Vol. 79, n.3, Settembre 2009, p. 462.

20 Japan-DPRK Pyongyang Declaration, in Ministry of Foreign Affairs of Japan. Ultima consultazione 06 Aprile 2020. Consultabile al sito web:

https://www.mofa.go.jp/region/asia-paci/n_korea/pmv0209/pyongyang.html

21 Kelsey Davenport, UN Security Council Resolutions on North Korea, Aprile 2018. Consultabile al sito web: https://www.armscontrol.org/factsheets/UN-Security-Council-Resolutions-on-North-Korea

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Stati Uniti, perché consapevole del fatto che per la propria sicurezza era necessario fare affidamento sull’alleanza. Tuttavia, il Giappone temeva che la fiducia dell’alleanza e l’approccio degli Stati Uniti potessero portare ad un nuovo confronto militare con la Corea del Nord, mentre i politici giapponesi si erano resi conto di aver limitato, con la questione dei rapimenti, la flessibilità diplomatica di supportare gli Stati Uniti per far tornare indietro Pyǒngyang sui suoi accordi.

I legami bilaterali con la Corea del Nord erano portati avanti da Koizumi, che nel vertice del settembre 2002 era riuscito ad arrivare alla “Dichiarazione Pyongyang Giappone- RPDC”, con notevoli progressi sui rapimenti. La Corea del Nord, che aveva sempre smentito a riguardo dei cittadini rapiti, solo nel 2002 ammise di aver rapito 13 civili giapponesi e di aver rilasciato i cinque sopravvissuti, affermando la morte degli altri. Tokyo ha sempre sostenuto che queste persone siano state rapite per addestrare le spie nordcoreane alla lingua e alle abitudini del Giappone. Si ritiene quindi che sia legata alla Corea del Nord la scomparsa di circa 470 giapponesi.

Gli incontri bilaterali furono poi bloccati, quando il Giappone aveva insistito sul fatto che i rapiti sopravvissuti avrebbero dovuto avere la possibilità di rimanere per sempre in Giappone. Tuttavia, dopo questo momentaneo congelamento della questione, Koizumi programmò una seconda visita a Pyǒngyang nel maggio del 2004 e in quell’occasione prese l’impegno di inviare 250.000 tonnellate di aiuti alimentari e farmaci verso il Nord, senza però accantonare la discussione sui cittadini rapiti non sopravvissuti. Nonostante i progressi, il governo giapponese bloccò le trattative poiché riteneva non soddisfacenti le informazioni fornite in merito ai rapimenti nel corso dei mesi precedenti.

Possono essere individuati almeno due fattori fondamentali tra quelli che hanno reso coraggiosa la diplomazia del primo ministro Koizumi. In primo luogo, la necessità di dimostrare agli Stati Uniti che c’era bisogno di un impegno con la Corea del Nord per evitare un conflitto. Va inoltre considerato che fu in questo caso che il primo ministro Koizumi si convinse del fatto che fosse necessario dare formalmente l'incarico di seguire la questione dei rapimenti al Vice Capo della Segreteria del Gabinetto, Shinzo Abe22. In secondo luogo, era chiaro che per ottenere maggiore flessibilità diplomatica doveva essere affrontata la questione chiave dei rapimenti come materia di interesse internazionale. Tuttavia, non fu

22 James L. Schoff, Political Fences & Bad Neighbors: North Korea Policy Making in Japan & Implications

for the United States, A Project Report by The Institute for Foreign Policy Analysis, Cambridge, Washington,

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semplice per il Giappone, poiché raggiunse un livello di maggiore flessibilità diplomatica, solo dopo aver sfidato le pressioni di Washington e di Pyǒngyang, oltre a quelle interne23.

Per quanto riguarda la questione nucleare invece iniziò una nuova serie di negoziati, poiché Pyǒngyang chiedeva delle concessioni in cambio della sospensione del programma nucleare. I negoziati vedevano ovviamente coinvolti i paesi vicini, quelle che erano le potenze nella regione asiatica, nonché potenziali obiettivi: Cina, Corea del Sud, Russia, Giappone oltre agli Stati Uniti. Questa serie di incontri chiamata Six-Party Talks (SPT), per il numero dei paesi partecipanti, aveva come obiettivo quello di smantellare l’intero progetto nucleare nordcoreano. Si aprirono a Pechino nell’agosto del 2003 e durarono fino al 2007. Il Giappone, tuttavia, cercò di inserire tra gli argomenti dei negoziati, questioni di interesse principalmente interno. A questo proposito si può prendere in esempio quando nel giugno del 2004, in occasione del quarto round delle Six-Party Talks, il governo giapponese indicò come condizione per il proseguimento delle trattative con Pyongyang la risoluzione delle questioni dei rapimenti e della missilistica24.

Un risultato positivo riguardante il programma nucleare ci fu nel 2005, quando la Corea del Nord accettò di chiudere i siti produttivi in cambio di aiuti e della normalizzazione dei rapporti con Washington e Tokyo. Come successo precedentemente però, ad un momento di apparente distensione, seguì un periodo di tensione. La Corea del Nord effettuò due test missilistici, rispettivamente nel luglio e nell’ottobre del 2006. A quello del 5 luglio, in cui erano stati lanciati sette missili finiti nel Mare di Giappone, la risposta di Tokyo fu immediata. Il governo giapponese impose delle sanzioni che impedivano agli ufficiali, alle navi e ai voli charter nordcoreani di entrare in Giappone. Il secondo test invece che avvenne il 9 ottobre, dopo solo un mese dall’inaugurazione dell’amministrazione Abe, era stato il primo test nucleare effettuato sottoterra25. Il Giappone in quest’occasione invece, rispose ponendo un divieto ai trasferimenti finanziari per una decina di istituti finanziari legati alla Corea del Nord e per diverse aziende commerciali. Le sanzioni prevedevano la chiusura dei porti giapponesi alle navi nordcoreane e il divieto di accesso ai cittadini nordcoreani in Giappone.

23 Hughes Christopher W., The Political Economy of Japanese Sanctions Towards North Korea: Domestic

Coalitions and International Systemic Pressures, in Pacific Affairs, Vol. 79, n.3, Settembre 2009, pp.462-463.

24 N. A. Pereyra, Le implicazioni della questione nord-coreana per le politiche di sicurezza giapponesi, op. cit., p. 74.

25 Anthony Di Filippo, Still At Odds: The Japanese Abduction Issue And North Korea’s Circumvention, Discussion Papers, n. 32, Maggio 2013, p. 145.

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A rendere più efficace la risposta ai test del 2006, fu il coinvolgimento delle Nazioni Unite, che con due risoluzioni, imposero alla Corea del Nord altre sanzioni. Rispetto al primo test venne imposto al governo di Pyǒngyang di sospendere le attività inerenti ai programmi balistici e il divieto al commercio di tecnologie nucleari26. Rispetto al test di ottobre invece, vennero attuate sanzioni che avrebbero impedito il rifornimento di materiali che sarebbero serviti al programma nucleare e quindi alla produzione di armi di distruzione di massa27. Era richiesta inoltre la riapertura dei negoziati delle Six-Party Talks. Nel 2007 su spinta della Cina vennero riaperti i negoziati con la Corea del Nord, che riportarono in vigore l’accordo preso nel 2005. Iniziò lo smantellamento dei siti produttivi, ma questo non bastò a far rimuovere la Corea del Nord dalla lista nera dei paesi che sponsorizzano il terrorismo e perciò impedì di fare verifiche. La rimozione dalla lista nera avvenne solo nel 2008 quando furono ammesse le ispezioni.

Dal punto di vista dell’alleanza, gli Stati Uniti e il Giappone furono d’accordo prima ancora delle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, che avrebbero dovuto prendere azioni decisive contro la Corea del Nord. Questo creava disapprovazione da parte di Pyǒngyang, che non aveva accettato le azioni di Tokyo, né quelle delle Nazioni Unite, ritenendo che l’imposizione delle sanzioni sarebbe stata un’aperta dichiarazione di guerra. Dall’altra parte il leader nordcoreano giustificava il suo programma, sostenendo che avrebbe portato stabilità nell’area perché avrebbe compensato la potenza delle armi nucleari statunitensi nel Nord- Est asiatico28.

Tuttavia, ci fu un altro test missilistico avvenuto il 5 aprile del 2009. La Corea del Nord a tal proposito dichiarò che il satellite era stato messo in orbita con successo nove minuti dopo il lancio, mentre la comunità scientifica sarebbe d'accordo nell'affermare che in realtà il test fosse fallito. Il Giappone e gli Stati Uniti prontamente si rivolsero al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che adottarono delle misure simili a quelle precedenti per condannare la Corea del Nord. Tokyo in aggiunta adottò ulteriori misure come un limite di yen che i viaggiatori nordcoreani potevano portare con sé e l’estensione del periodo di divieto di commercio con la Corea del Nord. In difesa Pyǒngyang dichiarò di ritirarsi delle

Six-Party Talks e di non dover più rispettare gli accordi presi durante gli incontri. Inoltre

26 Risoluzione 1695, Search engine for the United Nations Security Council Resolutions. Consultabile al sito web: http://unscr.com/en/resolutions/doc/1695

27 Risoluzione 1718, Search engine for the United Nations Security Council Resolutions. Consultabile al sito web: http://unscr.com/en/resolutions/doc/1718

28 A. Di Filippo, Still At Odds: The Japanese Abduction Issue And North Korea’s Circumvention, op. cit. p. 146.

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annunciò tramite il Ministro degli Esteri che avrebbe preso altre misure difensive in caso fossero ritenute necessarie.

Ovviamente ci fu il sospetto che questa reazione non era altro che il preambolo di un secondo test, che non tardò ad arrivare. Il secondo test nucleare sotterraneo fu effettuato nel maggio del 2009, a distanza di poco più di un mese dal precedente, seguito da un altro test di sette missili balistici nel luglio dello stesso anno. Il Consiglio di Sicurezza prese subito provvedimenti e decise in primo luogo di condannare la Corea del Nord per la violazione delle risoluzioni e poi dichiarò che si sarebbe riunito per ulteriori sanzioni. Il Giappone invece rispose bloccando il commercio tra i due Paesi e confermò la sanzione per tutto il 2010 e il 2011, per il rifiuto della Corea del Nord di riprendere i negoziati a sei e di proseguire con le indagini dei rapimenti29. Nonostante le parti abbiano spinto più volte a riprendere le

negoziazioni, è importante notare che queste all’interno del processo delle Six-Party Talks non sono continuate. Non si può fare a meno di sottolineare che questo abbia influito in maniera negativa sulle trattative per la normalizzazione dei rapporti tra Corea del Nord e Giappone. Sono diverse infatti le questioni che ad oggi rimangono aperte tra i due Stati poiché con la sospensione delle Six-Party Talks è venuto meno quel canale di comunicazione diretto che dava loro la possibilità di risanare i rapporti diplomatici bilaterali30.

In questo contesto è importante analizzare la politica estera giapponese del periodo compreso tra il 2006 e il 2009. Questa, diversamente da quella applicata tra il 2002 e il 2006 dal primo ministro Koizumi, seguì una linea sempre più dura contro il regime di Pyǒngyang. La differenza sta nel fatto che quella di Koizumi si servì della minaccia di sanzioni per riuscire a bilanciare il dialogo, mentre in quella successiva le sanzioni stesse avevano costituito un impedimento per riprendere le trattative bilaterali e multilaterali. Tuttavia, la linea dura adottata dai governi giapponesi tra il 2006 e il 2009, fu il riflesso della crescente percezione della Corea del Nord come minaccia sia per la sicurezza interna, che per quella internazionale.

Tuttavia, la minaccia di Pyǒngyang continuava ad essere presente creando instabilità nella regione asiatica, proprio perché in possesso di missili che riescono a raggiungere la Corea del Sud, il Giappone e le basi militari americane presenti sul suo territorio 31. Questo è uno tra i tanti motivi che ha permesso al governo giapponese di garantire sicurezza al paese

29 N. A. Pereyra, Le implicazioni della questione nord-coreana per le politiche di sicurezza giapponesi, op. cit., pp. 96-97.

30 A. Di Filippo, Still At Odds: The Japanese Abduction Issue And North Korea’s Circumvention, op. cit., p. 150.

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attraverso una difesa anti-missilistica. Già dopo il primo test del 2006 aveva infatti sviluppato un programma in cui erano previsti missili intercettori che raggruppavano tecnologie giapponesi e statunitensi. Questi avrebbero difeso inizialmente le città maggiormente esposte come Tokyo e le città dell’ovest, fino ad arrivare pian piano alla difesa di tutto il territorio. A rafforzare il sistema di difesa contro i missili nemici, erano presenti missili spia, che il Giappone aveva già iniziato a lanciare in seguito al test del 1998. Purtroppo la minaccia missilistica e nucleare di Pyǒngyang non si arresta nemmeno con il successore di Kim Jong-Il, il suo terzogenito Kim Jong-Un. Quando giunse la notizia della morte di Kim Jong-Il nel dicembre del 2011, il governo giapponese sperava di cogliere la possibilità di riportare sul tavolo delle trattative la Corea del Nord e poter risolvere al più presto la questione dei rapimenti. Il primo ministro Yoshihiko Noda chiese supporto all’amministrazione Obama per la risoluzione della questione32. Tuttavia, diventava sempre

più difficile raggiungere tale obiettivo, poiché il leader di Pyǒngyang sin dai primi anni di potere non aveva accantonato il programma nucleare. Egli infatti accanto all’intenzione di sviluppo economico del paese aveva quello di continuare a produrre armi nucleari. All’inizio del 2012, sembrava esserci un momento di distensione in seguito alla ripresa dei negoziati tra Stati Uniti e Corea del Nord, con il raggiungimento nel febbraio 2012 del Leap Day

Agreement, che prevedeva aiuti alimentari per la Corea del Nord. Questo però fu firmato

descrivendo la Corea del Nord come uno stato nucleare, secondo la nuova Costituzione di Kim Jong-Un. Infatti nell’aprile del 2012, con il pretesto di lanciare un satellite di osservazione, la Corea del Nord lanciò un missile, ma il test fu un fallimento. Su questa scia aveva continuato nel dicembre 2012 con un secondo test e nel 2013 con un terzo test33.

Un piccolo passo avanti invece venne fatto nei rapporti bilaterali tra Corea del Nord e Giappone nell’estate del 2012, quando seppure tramite incontri informali, riuscirono a risolvere una parte riguardante la questione dei cittadini rapiti. Dopo tre giorni di negoziati ufficiali a Pechino nell’agosto del 2012, i due Stati si concentrarono sul rimpatrio dei resti dei rapiti e nel novembre dello stesso anno raggiunsero l’accordo di riprendere i negoziati sulla questione in futuro. Tuttavia, a causa del test nucleare del dicembre successivo, furono annullati tutti gli incontri programmati per la prima settimana di dicembre.

32 A. Di Filippo, Still At Odds: The Japanese Abduction Issue And North Korea’s Circumvention, op. cit., p. 151.

33 NIDS - National Institute for Defense Studies, East Asian Strategic Review 2013, p. 141. Consultabile al sito web: http://www.nids.mod.go.jp/english/publication/east-asian/e2013.html

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Quando alla fine del 2012 tornò Shinzo Abe al governo, fu subito chiara la linea dura che avrebbe seguito nei confronti della Corea del Nord. A soli due giorni dalla sua elezione, egli decise di incontrare le famiglie dei cittadini rapiti, annunciando di essere pronto ad adottare misure restrittive e ulteriori sanzioni per persuadere Pyǒngyang a negoziare sulla questione dei rapimenti34. Importante a questo proposito fu l’istituzione dello Special Investigation

Commitee, organo creato in seguito all’accordo del maggio 2014 a Stoccolma tra Tokyo e

Pyǒngyang. Il Comitato avrebbe condotto delle investigazioni su tutti i cittadini giapponese, compreso i familiari delle vittime, i cui resti si trovavano sul territorio nordcoreano. In cambio di questo, la Corea del Nord chiese di alleggerire alcune delle sanzioni nei suoi confronti. Tuttavia, il Giappone non poté annullare le restrizioni richieste, perché erano risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, ma decise di non annullare neanche quelle unilaterali. Riguardo alla sicurezza nazionale, fu chiara la necessità di rafforzare la capacità di deterrenza e di difesa nazionale di fronte alle minacce. In modo particolare si riteneva di dover rafforzare la difesa e la sorveglianza marittima delle isole remote, la difesa missilistica e la cybersecurity. Non meno importante era ritenuta la necessità di collaborazione con gli altri Stati, come l’Australia, l’India, il Regno Unito e la Francia, oltre alla fondamentale alleanza con gli Stati Uniti35. Il tutto venne racchiuso nel documento Strategia per la

Sicurezza Nazionale, pubblicato dal governo giapponese il 17 dicembre 2013. In conformità

con questo documento furono introdotte le Linee Guida del Programma per la Difesa

Nazionale (National Defense Program Guidelines) e il Medium Term Defense Program36, documento più dettagliato riguardante gli obiettivi da raggiungere e programmi di acquisizione del materiale per la difesa e dei piani organizzativi per le Forze di Autodifesa.

Diverse sono state le pressioni che le potenze della regione, tra cui Giappone e Corea del Sud, hanno fatto per infliggere sanzioni più severe contro il regime nordcoreano da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in seguito ai vari test missilistici degli ultimi anni nel Mar del Giappone. Queste hanno mirato a limitare ulteriormente i viaggi dei diplomatici nord-coreani, i trasferimenti di denaro e l’esportazione di beni di lusso verso la Corea del Nord. Inoltre i presidenti delle due potenze hanno stretto un accordo nel 2017 proprio in seguito ad uno dei test, in cui dichiaravano che avrebbero unito le forze per affrontare questa

34 A. Di Filippo, Still At Odds: The Japanese Abduction Issue And North Korea’s Circumvention, op. cit., p.