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Le rivendicazioni territoriali della RPC nel Mar Cinese Meridionale

3. Difesa e Sicurezza: il Giappone e la corsa al riarmo

4.7 Le rivendicazioni territoriali della RPC nel Mar Cinese Meridionale

A creare ulteriori instabilità nella regione sono le questioni territoriali e marittime della RPC nel Mar Cinese Meridionale. Per completare il quadro infatti bisogna aprire una parentesi per delineare brevemente la situazione rispetto alle altre rivendicazioni oltre a quella già analizzata riguardante le isole Senkaku nel Mar Cinese Orientale. Anche in questo caso, quello che per le potenze della regione è importante, più della semplice questione del territorio, è il controllo strategico che queste possono garantire sul traffico marittimo. L’importanza di questo conflitto infatti è da analizzarsi sotto tre aspetti: logistico/commerciale, risorse ittiche, risorse energetiche. Questi fattori inoltre, sono tutti legati alla sicurezza dei paesi parte nel contenzioso. Il Mar Cinese Meridionale comunica

76 A. L. Ghini, La politica di sicurezza del Giappone e il ruolo dell'Italia, op. cit., pp. 42-43.

77 Ben Westcott, A Chinese invasion of Taiwan would be a bloody, logistical nightmare, in CNN World, 24 Giugno 2019. Consultabile al sito web: https://edition.cnn.com/2019/06/23/asia/taiwan-china-invasion-intl- hnk/index.html

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con l’Oceano Indiano attraverso lo Stretto di Malacca, che è uno snodo fondamentale per il traffico dell’intera regione. Inoltre è anche la rotta principale per il rifornimento energetico dei paesi dell’area, tra cui quello del petrolio, che attraverso lo stretto raggiunge il Mar Cinese Meridionale per fornire Cina, Giappone e Corea del Sud.

A dare centralità a questo mare è la concentrazione territoriale che circonda le sue acque e che vede oggetto di contesa una manciata di isolette che costituiscono l’arcipelago delle Spratly e delle Paracels78. In totale si tratta di circa duecento isole, più simili a granelli di terra, di cui solo un terzo circa resta sempre sopra il livello del mare. Storicamente non avevano molta valenza economica, se non per la ricca pesca, ma sono sempre state utilizzate come transito. Dopo la Seconda guerra mondiale il Giappone rinunciò ai diritti su questi territori, ma non aveva ceduto ufficialmente tali diritti ad altri Stati79.

Prima tra tutte a rivendicare questi territori per poter accedere alle risorse delle acque circostanti è appunto la RPC, che rivendica l’intero mare, l’intero arcipelago delle Spratly e delle Paracels. Per questo motivo dal 2013 ha iniziato a costruire isole artificiali per controllare l’intera regione e difendere l’arcipelago. Queste isolette sottolineano l’importanza geostrategica rispetto alla porzione di territorio in sé, poiché ricche di petrolio e gas naturali che permetterebbero alla Cina di ridurre le importazioni di queste risorse, considerato che costituisce una buona fetta dell’importazione nazionale e che è tra i tre maggiori consumatori al mondo. Tuttavia, parte di questo è rivendicato anche da altri cinque paesi: Brunei, Malaysia, Filippine, Taiwan e Vietnam. È in questo contesto che si può capire quanto la regione Sud-Est asiatica sia una delle più instabili, anche a conseguenza del fatto che tutti i paesi della contesa tranne il Brunei occupano militarmente alcune isole80. Va notato inoltre, che le nazioni litoranee sono quasi tutte più o meno schierate contro la Cina e legate agli Stati Uniti diplomaticamente e militarmente. Il che significa che qualsiasi conflitto nell’area coinvolgerebbe gli Stati Uniti, che interverrebbero per difendere i propri interessi e i propri alleati81.

Le relazioni tra gli Stati Uniti e le Filippine possono definirsi salde, poiché basate su tre trattati, che porterebbero a difendere questi territori contesi contro la Cina. Il primo tra tutti

78Robert D. Kaplan, Why the South China Sea is so crucial, in Asia's Cauldron, 20 Febbraio 2015.

79 Massimiliano Bertollo, Mar Cinese Meridionale: il conflitto per la supremazia regionale visto dai “piccoli”

Stati, in Eurasia, 25 Agosto 2010.

80 Derek De Luca, Why the Spratly Islands Dispute Matters, in American Thinker, 20 Febbraio 2016. 81 R. D. Kaplan, Why the South China Sea is so crucial, op. cit.

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è il Trattato di Mutua Difesa del 195182, in seguito ci sono l'accordo sulle forze di visita del 1999 e l'accordo di cooperazione per la difesa rafforzata del 2014. Questi impongono agli Stati Uniti di intervenire in caso di aggressione nei confronti dell’alleato. A rendere il tutto più stabile tra le due nazioni è il fatto che sono partner stretti nella guerra contro il terrorismo.

Gli Stati Uniti potrebbero essere coinvolti ancora una volta nell’eventuale disputa tra la RPC e la Repubblica di Cina (Taiwan). Questo è dovuto a quanto stabilito nel Taiwan

Relation Act del 1979, in cui è specificato che gli Stati Uniti sono tenuti a mettere a

disposizione di Taiwan tutto ciò che serve alla sua sufficiente capacità di autodifesa. Questa è comunque considerata una strategia ambigua degli Stati Uniti, che potrebbe dare il pretesto per l’inizio di un conflitto. Anche il Vietnam ha iniziato a guardare gli Stati Uniti come partner potenziale, per contrastare l’assertività cinese.

Con l’entrata in vigore della United Nations Convention on the Law of the Sea (UNCLOS) nel 1982, il contenzioso è entrato in un’altra fase basata sulla delimitazione dei confini marittimi. Gli Stati Uniti avevano ottenuto il diritto di dichiarare le Zone Economiche Esclusive (ZEE) fino a 200 miglia nautiche dalla linea di base e sfruttare la piattaforma continentale fino a 350 miglia e in aggiunta, gli Stati ottenevano all’interno delle ZEE il diritto esclusivo di sfruttare tutte le risorse. Il settore della pesca, come già accennato, è uno dei fattori principali di questo conflitto. Questo infatti è estremamente importante per la regione, e in particolare per la Cina, per due ragioni fondamentali: la considerevole quantità che richiede, date le dimensioni della sua popolazione; l’inquinamento delle coste cinesi. Il governo a questo proposito dà delle sovvenzioni alla flotta da pesca cinese per incoraggiare la pesca soprattutto verso le Isole Spratly83.

Spesso la questione ittica è sottovalutata rispetto alle altre, ma bisogna notare che la sola Cina rappresenta circa il 12% delle catture ittiche mondiali e che gli altri paesi della regione sono tra i maggiori produttori mondiali nei settori della pesca. Oltre ad un fattore economico ed ovviamente di necessità, i paesi litoranei ritengono importante la questione anche per un fattore culturale. Il perché è dovuto al fatto che dal punto di vista alimentare, questi paesi ricevono il 50% delle proteine della loro dieta dal pesce e da prodotti che derivano dal mare84.

82 Mutual Defense Treaty between the Republic of the Philippines and the United States of America, Washington, 30 Agosto 1951.

83 Derek De Luca, Why the Spratly Islands Dispute Matters, op. cit.

84 M. Bertollo, Mar Cinese Meridionale: il conflitto per la supremazia regionale visto dai “piccoli” Stati, op. cit.

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A questo punto è importante analizzare brevemente le posizioni dei vari paesi del contenzioso rispetto alla questione. Innanzitutto, si prende in esame il Vietnam, che ha un ruolo di primo piano, perché potrebbe diventare una media potenza dell’area, viste le sue capacità militari, economiche e demografiche. Il Vietnam è uno dei tre paesi che rivendica le isole Paracels, oltre alla Cina e Taiwan, e sebbene queste non siano controllate militarmente dalle forze vietnamite, lo è quasi metà delle isole Spratly, rivendicate interamente. Nonostante ciò, sono le Paracels quelle che risultano molto più importanti per la sicurezza nazionale del Vietnam per due ragioni. La prima è la vicinanza delle isole che lo rendono limitato nella manovra marittima, la seconda è l’eventuale postazione militare cinese che potrebbe causare seri problemi alla sicurezza del paese. Da una parte queste isole sono troppo piccole per costruirci basi militari per rafforzare la sicurezza, ma nell’improbabilità dei fatti, dall’altra parte se queste diventassero parte del Vietnam, potrebbero dare un minimo vantaggio nella difesa85. Inoltre il Vietnam sulle ventuno isole che occupa ha costruito piste, moli, caserme e postazioni per le armi.

Le Filippine rivendicano gran parte delle isole Spratly, soprattutto per la sua vicinanza geografica rispetto alla Cina e al Vietnam. La sicurezza del paese dopo il ritiro delle truppe statunitensi risulta essere debole, che è evidente nel controllo delle isole, in quanto solo una parte di esse è direttamente occupata. Questo lo fa considerare l’attore più debole del contenzioso, soprattutto da parte della Cina. A dimostrazione di ciò, c’è stato un evento rilevante nel 1995. In un atollo che il governo filippino chiama Panganiban Reef, ma più comunemente chiamato Mischief Reef, nonché il suo nome più antico, un aereo di ricognizione filippino aveva fotografato quattro strutture ottagonali, simili a torri di guardia, con un'antenna parabolica. Queste strutture erano opera del governo cinese, che si approfittò dell’assenza di controllo dei Filippini durante il periodo dei Monsoni per costruire quella che avevano impropriamente denominato “rifugio antivento” 86. Successivamente furono

bloccati i lavori, ma questo indica la percezione di debolezza che la Cina ha rispetto alle Filippine.

Tuttavia, lo scorso febbraio ci sono state dichiarazioni da parte del presidente delle Filippine di voler concludere il patto militare con gli Stati Uniti, che permette loro di mantenere a rotazione truppe sul territorio filippino. Questo cambiamento potrebbe portare ad un avvicinamento delle Filippine alla Cina, che però risulterebbe pericoloso in relazione

85 Ibidem.

86 Marley Ross, China, the Philippines, and the Spratly Islands, in Asian Affairs: An American Review, Vol. 23, n. 4, Routledge, 1997, p. 12.

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alla disputa sulle questioni territoriali. Se questo succedesse, gli Stati Uniti avrebbero meno controllo sul Mar Cinese Meridionale, dando vantaggio alla Cina. In aggiunta, questa decisione renderebbe più indifese le Filippine, mentre la Cina si avvicina alle sue acque87. Le forze armate delle Filippine (AFP) ribattono dichiarando che potranno sopravvivere, come hanno fatto nel periodo tra il 1991 e il 1998, quando le forze militari statunitensi erano limitate sul territorio in seguito alla scadenza dell’accordo, che copriva legalmente la loro presenza. La conseguenza in questo caso però fu l’avvenimento del già citato Mischief Reef nel 199588. Le Filippine dunque potrebbero riuscire a reggere alle pressioni della Cina, ma questo influirà tanto nella questione territoriale.

Il Brunei invece reclama una porzione di mare come ZEE e nella questione è considerato il paese con la posizione più passiva. Questo perché come anticipato non detiene il controllo militare dell’area. Inoltre, ha possibilità limitata di forze armate e non ha forti rivendicazioni rispetto alle altre nazioni. In aggiunta, la situazione geografica di per sé giustifica la sua posizione passiva oltre al fatto che non vi sono mai state proteste ufficiali nei confronti dell’occupazione vietnamita. Con la Malaysia invece, è aperto un dialogo da diversi anni e vi sono state proposte di prospezioni petrolifere comuni, ma mai attuate fino ad oggi.

Anche la Malaysia rivendica una piccola porzione delle Spratly. Dal suo punto di vista la presenza cinese nelle acque limitrofe è percepita con timore, perché troppo vicina alle sue coste e ai bacini energetici. Tuttavia, questo sentimento è attenuato dai rapporti economici tra i due paesi e dalla forte comunità di origine cinese. La Malaysia intrattiene anche rapporti economici con il Vietnam, nonostante la sovrapposizione delle loro ZEE, ma rispetto all’importanza economica va in secondo piano. Infine, ci sono le rivendicazioni di Taiwan, che sono essenzialmente le stesse della Cina, quindi la totalità dei due arcipelaghi. Taiwan occupa l’isola più grande delle Spratly e ha una posizione strategica come abbiamo visto nei paragrafi precedenti e di conseguenza sarebbe un attore di rilievo, sia come investitore, che come partner commerciale per gli altri attori. Tuttavia, l’assenza di rapporti diplomatici ufficiali indebolisce molto anche la sua strategia economica nella questione.

In base a quanto appena delineato, resta evidente che la questione è particolarmente delicata ed intrecciata, per cui non sarà possibile avere una risoluzione unica e in un futuro

87 Joshua Kurlantzick, Is Duterte Trying to End the U.S.-Philippines Alliance?, in World Politics Review, 21 Febbraio 2020. Consultaboile al sito web: https://www.worldpoliticsreview.com/articles/28549/us- philippines-relations-take-a-hit-as-duterte-axes-a-key-military-pact

88 JC Gotinga, Can PH defend itself without U.S. help? We can, we will, we should – AFP, in Rappler, 20 Febbraio 2020. Consultabile al sito web: https://www.rappler.com/nation/252879-military-says-philippines- defend-without-us-help

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immediato. Quella più auspicata sarebbe graduale e basata su accordi multilaterali tra gli attori più piccoli della disputa, in modo da poter contrastare la forza preponderante della Cina nelle acque meridionali89.