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La conquista di Okinawa e la presenza militare statunitense

2. L’origine del rapporto bilaterale nippo-statunitense e il problema di Okinawa

2.3 La conquista di Okinawa e la presenza militare statunitense

L’isola di Okinawa fa parte dell’arcipelago delle Ryukyu, composto da circa settanta isole, all’estremità sud-occidentale del Giappone. Il capoluogo è Naha, raggiungibile da Tokyo con sole due ore e mezza di volo. L’isola più meridionale dell’arcipelago è Yonaguni, dalla quale è possibile vedere in lontananza Taiwan.

Questa è appunto considerata una posizione strategica a partire dalle ultime fasi della Seconda guerra mondiale, e che, successivamente le garantì l’appellativo di “Keystone of the Pacific”24 da parte del Dipartimento di Stato Usa. Questo perché effettivamente, sotto il

punto di vista geopolitico e militare, l’isola occupa una zona di grande interesse per il controllo dell’Estremo Oriente. È possibile infatti tenere sotto controllo più territori, come ad esempio la Cina occidentale, Taiwan, le Filippine, la penisola indocinese e gli arcipelaghi dell’Oceano Pacifico25.

Fino al 1944 l’isola fu preservata dalle crudeltà e dalla violenza della guerra, ma quando ormai la sconfitta del Giappone era prevedibile, il governo giapponese decise di scegliere Okinawa come luogo per il conflitto finale, proprio perché adatta alla difesa. La collocazione nella parte meridionale del paese avrebbe aiutato a tenere lontano il nemico dall’attacco sul territorio dell’impero. A questo proposito, il governo giapponese decise di concentrare tutte le sue risorse sull’isola, facendo costruire aeroporti, basi militari e stazionando ingenti truppe giapponesi nella zona.

Nell’aprile del 1945 ebbe inizio la battaglia di Okinawa, tristemente ricordata per l’elevato numero di perdite umane e per gli atti atroci che l’esercito giapponese commise a scapito di circa 200 mila persone. Inoltre, è famosa perché risulta essere l’unico scontro avvenuto sul territorio giapponese durante la Seconda guerra mondiale26.

23 Hook et al., Japan’s international relations: politics, economics and security, cit., p. 125.

24Matteo Pistilli, Okinawa: la “chiave di volta” del Pacifico, in Eurasia rivista di studi geopolitici, 23 Giugno 2010. Consultabile al sito web: http://www.eurasia-rivista.org/okinawa-la-chiave-di-volta-del-pacifico/4756/. 25 Mataichi Seiji, Okinawa rivuole la sua terra, in Mistero Giappone, op. cit., p. 77.

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Nonostante l’esercito giapponese cercasse di ostacolare in tutti i modi l’avanzata degli Stati Uniti, che dal marzo 1945 iniziarono a sbarcare truppe a Okinawa, il territorio divenne teatro di guerra. Infatti, la popolazione locale nella maggior parte dei casi era costretta al suicidio per poter sfuggire ad atti ancora più violenti di quelli che i militari avrebbero potuto commettere nei loro confronti. Lo stesso esercito giapponese che avrebbe dovuto difendere donne e bambini li uccise, poiché costituivano un ostacolo e incoraggiò donne e civili rifugiati nelle caverne al suicidio attraverso la distribuzione di bombe a mano. Al termine della guerra il Giappone aveva perso circa 94 mila civili, mentre gli statunitensi occuparono l’isola, sottraendo le terre agli abitanti, per imporre loro la costruzione di una grande base militare, e così, Okinawa divenne “l’isola della base”27.

Il governo militare statunitense ottenne il controllo esclusivo sul territorio e dal 1946, a seguito di una disposizione emanata dallo Scap, fu sancita la separazione politica ed amministrativa delle Ryukyu dal Giappone, così Okinawa rimase un’entità al di fuori della giurisdizione giapponese28.

A differenza degli altri territori del Giappone, che con il Trattato di San Francisco ritornarono sotto la sovranità giapponese, così come le isole Ryukyu, l’amministrazione di Okinawa sarebbe rimasta agli Stati Uniti fino a quando questi ultimi non avessero avuto intenzione di costituire un sistema di amministrazione fiduciaria nella regione. Questo era quanto previsto dall’articolo 3 del Trattato di pace, che sanciva la separazione di Okinawa dal Giappone:

Japan will concur in any proposal of the United States to the United Nations to place under its trusteeship system, with the United States as the sole administering authority, Nansei Shoto south of 29º north latitude (including the Ryukyu Islands and the Daito Islands), Nanpo Shoto south of Sofu Gan (including the Bonin Islands, Rosario Island and the Volcano Islands) and Parece Vela and Marcus Island. Pending the making of such a proposal and affirmative action thereon, the United States will have the right to exercise all and any powers of administration, legislation and jurisdiction over the territory and inhabitants of these islands, including their territorial waters29.

27 M. Seiji, Okinawa rivuole la sua terra, in Mistero Giappone, op. cit., pp. 77-78.

28Glenn D. Hook e Richard Siddle, Japan and Okinawa: structure and subjectivity, Routledge Curzon, London; New York, 2003, p. 30.

29Kimie Hara, The San Francisco Peace Treaty and Frontier Problems in the Regional Order in East Asia: A

Sixty Year Perspective, The Asia-Pacific Journal, Volume 10, Issue 17, Number 1, 22 Aprile 2012. Consultabile

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L'articolo 3 rese ambigua la situazione dei cittadini di Okinawa, poiché non era indicato né a quale nazione appartenesse la sovranità dell’isola, né il suo status politico30. Solo dopo

la riunificazione avvenuta il 15 maggio 1972, dopo ventisette anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, anche alla popolazione di Okinawa e delle isole Ryukyu furono garantiti i diritti di cittadini giapponesi e tutti quei diritti presenti nella Costituzione del 1946.

L’isola di Okinawa rappresentò un’eccezione anche nel programma di smobilitazione e disarmo durante gli anni di occupazione statunitense. Nel 1952, mentre il resto del territorio giapponese era smilitarizzato, Okinawa, rimasta sotto la loro amministrazione, secondo la decisione degli Stati Uniti mantenne le basi militari per rafforzare la propria presenza nel territorio, sottraendo ulteriori terreni agli abitanti a scopo militare31.

Nella strategia di sicurezza degli Stati Uniti, l’importanza dell’isola era molto chiara, poiché questa era vicina a diversi possibili focolai di crisi nella regione e le forze armate statunitensi servivano da deterrente e quindi, da freno a possibili minacce esterne. Questo perché in caso di attacco al Giappone, l’aggressore avrebbe dovuto confrontarsi con le forze statunitensi. Inoltre, la loro presenza serviva a garantire anche agli occhi degli alleati, che stavano mantenendo l’impegno di pace e di stabilità nell’area32.

Nel caso di ostilità, gli Stati Uniti sarebbero stati in grado di raggiungere più agevolmente le zone delle crisi, poiché avrebbero impiegato dei tempi di transito considerevolmente ridotti. Ad esempio, per arrivare in Corea del Sud si impiegano solo due ore di volo da Okinawa, rispetto alle sedici ore con partenza dagli Stati Uniti. La funzione strategica di Okinawa divenne più evidente con l’inizio della guerra in Vietnam, poiché gli Stati Uniti si servivano delle basi stazionate sull’isola per attaccare il Vietnam nemico, rendendola così una vera e propria base logistica e di attacco33.

Oltre alle tensioni della Guerra fredda, che generò un notevole cambiamento nell’ordine nazionale ed internazionale, ci furono altri sviluppi politici, in particolare la rivoluzione cinese, l’alleanza sino-sovietica e la guerra di Corea (1950-1953), che permisero al Giappone di ottenere una fondamentale importanza nella strategia Usa. Gli Stati Uniti avevano come obiettivo il contenimento dell’espansione dell’Unione Sovietica verso sud e verso ovest. La sua posizione geografica, quindi, fece sì che il Giappone da nemico diventò il principale punto di difesa nell’Asia orientale. Anche per questo fu deciso di mantenere e rafforzare le

30 R. Caroli, Il mito dell’omogeneità giapponese. Storia di Okinawa, op. cit., pp. 191-196. 31 Ivi, pp. 262-263.

32 United States General Accounting Office, Overseas Presence, Marzo 1998, pp. 2-5. 33 M. Seiji, Okinawa rivuole la sua terra, in Mistero Giappone, op. cit., p. 78.

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basi militari sull’isola di Okinawa, che tra tutte le isole Ryukyu fu quella costretta a pagarne il prezzo più alto34.

Nonostante Okinawa costituisca solo lo 0,6% del territorio nazionale, ospita il 75% delle basi americane in Giappone, quindi circa 20 mila unità del contingente americano sul territorio giapponese, che vivono sull’isola35. Conseguenza di questa situazione è l’elevato livello di danni ambientali e soprattutto di reati, che di anno in anno sono raddoppiati. Si sono registrati più di 5 mila reati nel solo periodo che va dal 1972 al 2006. I crimini più violenti, tra cui omicidi e stupri, sono stati superiori a 1.500. Inoltre, nell’arco di circa 50 anni tutti gli incidenti provocati dall’esercito statunitense hanno causato la morte di oltre 1.000 persone.

Uno dei crimini più gravi rimasto nella memoria della popolazione giapponese e che dà un esempio del tipo di criminalità commessa dai militari americani, fu il rapimento di una ragazzina delle elementari nei pressi della base di Camp Hansen nel 1995 da parte di due marines e un marinaio americani, che dopo averla rapita, la picchiarono e la violentarono. Questo ovviamente non fu un caso isolato, poiché si sono registrati numerosi stupri e violenze sessuali, dall’inizio dell’occupazione fino ad oggi. Tuttavia, non è possibile dare un numero preciso di questo tipo di crimine, perché le denunce delle donne che subirono violenza sono state di un numero molto inferiore rispetto a quelle che realmente sono state commesse. Inoltre, nella metà dei casi le donne che subirono violenza furono uccise dagli stessi aggressori.

Ciò che rese quasi legittime queste violenze, soprattutto agli occhi dei soldati statunitensi, fu la percezione che questi ebbero dell’isola di Okinawa. Infatti, avendola conquistata in cambio di numerose vite umane e considerandola come una colonia, agivano liberamente, facendo ciò che più gli aggradava36.

Successivamente allo stupro della ragazzina di 12 anni, la popolazione di Okinawa rimase indignata, poiché non poté essere fatta giustizia. Nonostante i responsabili furono individuati dalla polizia locale, questa non poté procedere all’arresto perché doveva rispettare il principio dell’extraterritorialità. I colpevoli furono sottoposti alla Corte marziale americana e non ai tribunali giapponesi, per rispetto dell’articolo 17 dell’accordo sullo Status delle Forze, che venne percepito dalla popolazione giapponese come un’ingiustizia e una

34 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali dal 1918-1992, op. cit., p. 777.

35 Le unità che fanno parte del contingente americano sul territorio giapponese sono 40 mila.

36 Yacine Mancastroppa, Basi militari americane e violenze sulle donne: il caso di Okinawa (1945- 2010), in DEP n.15, 2011, pp. 114-118.

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violazione della sovranità giapponese. Da questo episodio scaturì profondo sdegno tra la popolazione locale e nazionale, dando inizio alla lotta per la rimozione delle basi di Okinawa37.

Tra i vari danni conseguenti alla presenza delle basi militari statunitensi sull’isola, va ricordato quello acustico causato dall’aeroporto di Kadena, che è la più grande base di aviazione statunitense nell’area del Pacifico38. L’aeroporto si trova al centro della città e genera inquinamento acustico sia durante il giorno, che durante la notte, tanto che per ovviare in parte al problema, gli abitanti per dormire utilizzano i tappi per le orecchie.

Dopo la fine della Guerra fredda e gli attentati dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti hanno iniziato a chiudere o a ridimensionare le basi militari. Ad Okinawa, tuttavia, si verificò il contrario, in quanto in questa aerea fu rafforzata la presenza militare statunitense. Un esempio è costituito dalla base militare di Futenma, sulla cui restituzione Usa e Giappone si erano accordati, sostituendola però con un’altra base a nord dell’isola, nel quartiere di Henoko nella città di Nago. Oltre all’aeroporto fu costruita anche una base navale, modificando il progetto iniziale e rafforzando ancora una volta la presenza militare statunitense39.