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La comunità scientifica

ALL’EPISTEMOLOGIA

2.4. La società libera e le istituzioni social

2.5.3. La comunità scientifica

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«Lo stato della conoscenza e gli standard esistenti della scienza definiscono l’ambito entro il quale egli può trovare il suo compito. [...] C’è in lui una chiave nascosta, capace di aprire una serratura nascosta. C’è solo una forza che può rivelare tanto chiave quanto la serratura ed unirle: la spinta creativa che è implicita nelle facoltà degli uomini e che le guida istintivamente verso le occasioni per una loro manifestazione» (Polanyi, 1951a, trad. it. 2002, p. 162).

48 «E’ la capacità di indovinare con una ragionevole probabilità di riuscita; una capacità guidata da un

innato senso per la coerenza migliorato con l’addestramento» (Polanyi, 1966a, trad. it. 1999, p. 134).

49 «da una credenza solitaria in una linea di esperimenti o ipotesi, che nessun altro al momento

57 Secondo Polanyi, la ricerca scientifica prende avvio dalla credenza non condivisa di una sola persona. Nel momento in cui il ricercatore si trova ad avere compiuto una scoperta, la natura iniziale della sua credenza muta da privata a pubblica. Questo processo di riconoscimento e accettazione costituisce l’ultima fase della ricerca scientifica.

L’importanza della credenza scientifica per la ricerca pone la necessità di mettere in evidenza non solo il suo carattere pubblico ma anche l’incidenza che essa ha sulla scienza:

Scientific beliefs are not a personal concern. […] The beliefs of scientists concerning the nature of things are held with a claim to universal validity and thus possess normative character. I would describe science, therefore, as a normative belief, which I share; just as astrology is a normative belief which I reject – but which is accepted by astrologers (Polanyi, 1949a [1951a], p. 27) 50.

Ogni scienziato ha il diritto di sostenere le sue credenze e di indagare per raggiungere la scoperta, tenendo presente anche gli standard della comunità scientifica.

Se da un lato gli standard regolano l’attività di ricerca dello scienziato, dall’altro sono creati dagli scienziati stessi, ossia dalla comunità scientifica. La condivisione degli standard all’interno della comunità scientifica è regolata dalla loro trasmissione per mezzo della tradizione:

Just as on a smaller scale the scientific community organizes, disciplines and defends the cultivation of certain beliefs held by its members, so the free society as a whole is sustained for the practice and by the practice of certain wider, but still quite distinctive, beliefs. The ideal of a free society is in the first place to be a good society: a body of men who respect truth, desire justice and love their fellows (Polanyi, 1951a, p. 36)51.

La comunità scientifica, quindi, è il modello del corpo politico della società libera in cui i membri di una società agiscono indipendentemente uno dall’altro ma cooperano

50 «Le credenze scientifiche non sono un affare personale [...] Le credenze degli scienziati circa la

natura delle cose sono sostenute con la pretesa di valere universalmente e, in questo modo, possiedono un carattere normativo. Vorrei descrivere, perciò, la scienza come una credenza normativa (normative belief) che io condivido; proprio come l’astrologia è una credenza normativa che rifiuto – ma che gli astrologi accettano» (Polanyi, 1951a, trad. it. 2002, p. 119).

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«Proprio come, in una scala più ristretta, la comunità scientifica organizza, disciplina e difende la crescita di certe credenze sostenute dai suoi membri, così si promuove la società libera per la pratica e con la pratica di certe più ampie, ma ancora piuttosto specifiche credenze. L’ideale di una società libera consiste, in primo luogo, nell’essere una società buona: un gruppo di uomini che rispettano la verità, che desiderano la giustizia e amano i loro simili» (Polanyi, 1951a, trad. it. 2002, p. 129).

58 per il buon funzionamento della società, secondo il principio già sfruttato per l’economia dell’auto-coordinamento mediante mutuo adattamento.

Polanyi (1962b) è consapevole che a questa caratterizzazione dell’attività interna alla comunità scientifica si può muovere una obiezione: lo sviluppo della scienza solo per certi aspetti funziona allo stesso modo del mercato.

Sebbene Michael Polanyi sviluppi il modello della Repubblica della Scienza solo nel 1962, l’obiezione gli è stata mossa ancor prima della stesura di The Republic of Science (1962b) durante l’incontro del Congress for Cultural Freedom tenutosi ad Amburgo nel 1953. Durante la conferenza Polanyi ha già esposto la sua teoria circa l’analogia - solo apparente - tra libero mercato e comunità scientifica e il sociologo Edward Shils critica la tensione tra gli individui e la tradizione, tentando di mettere in evidenza una deficienza nel sistema polanyiano:

Professor Polanyi’s assimilation of the scientific community to the free market causes him to underemphasize an important aspect of scientific life, namely that all scientists together constitute a community. The collective body of scientists is more than a mere collection of separate individuals interacting with one another: it is a body of individuals bound together by common law, such as communities law (Shils, 1956, p. 49).

Alla critica di Shils, Polanyi risponde – idealmente - nel 1962 con una serie di esempi mediante i quali cerca di spiegare la sua posizione ricorrendo alle attività quotidiane compiute da gruppi di persone (ad. esempio donne che sgusciano piselli, ragazzi impegnati nella costruzione di un puzzle). Egli stesso spiega che in realtà l’autocoordinamento degli scienziati esiste attraverso l’esercizio del principio dell’ordine spontaneo, un principio «which is reduced to the mechanism of the market when applied to the production and distribution of material goods» (Polanyi,

1962b, [1969b], p. 69)52. Durante la stessa conferenza la teoria polanyiana riceve

anche degli apprezzamenti: Hayek, infatti, nel corso di una discussione sostiene l’effettiva possibilità di analogia tra i due sistemi considerati dall’amico.

Quando Polanyi concepisce l’identità tra corpo politico e comunità scientifica, specifica che non è possibile isolare gli scienziati gli uni dagli altri, pena l’impossibilità di giungere a nuove scoperte scientifiche. Allo scienziato sono necessari scambi di idee, confronti, valutazioni complessive della ricerca, momenti di discussione. Un singolo scienziato può avere una idea, seguire l’immaginazione, ma

52 «che è ridotto al meccanismo del mercato quando è applicato alla produzione e distribuzione di beni

59 durante la fase della ricerca senza una comunità scientifica di riferimento e l’apporto dei risultati dei suoi colleghi è costretto ad arrestare la sua pratica scientifica.

Al contrario, essendo una comunità scientifica un gruppo coeso di scienziati che lavorano per gettare luce su una realtà nascosta e per amore della verità, ogni ricercatore tiene presente gli standard scientifici, a cui adattarsi ma che inevitabilmente mutano anche grazie alle sue scoperte. Dunque, la comunità scientifica svolge due funzioni: accetta o rifiuta una nuova scoperta, ispirandosi alla tradizione dello standard e allo stesso tempo incoraggia l’originalità dei ricercatori. Come abbiamo messo in evidenza, l’ultima fase della logica della scoperta scientifica dipende dalla comunità di riferimento, che stabilisce lo standard del merito scientifico. Tre sono i criteri seguiti per la costituzione del merito scientifico: l’attribuzione di plausibilità, il valore scientifico e l’originalità della scoperta. Vogliamo sottolineare l’importanza del criterio di plausibilità di una scoperta che permette l’avvio del riconoscimento all’interno di una comunità scientifica. Infatti, solo ciò che è plausibile suscita l’attenzione della comunità scientifica e diviene oggetto di discussione. L’attribuzione di plausibilità è il livello della ricerca connesso alla comunità scientifica in cui emerge la “componente tacita del giudizio scientifico”: «the assessment of plausibility is based on a broad exercise of intuition guided by many subtle indications, and thus it is altogether undemonstrable. It is

tacit» (Polanyi, 1967c, [1969b], p. 76)53. Alla luce dell’epistemologia personalista,

Charles Thorpe (2009) sostiene che scienza e mercato esemplificano il sistema dell’ordine spontaneo, che potrebbe prendere in considerazione e integrare la nozione di conoscenza tacita.

Secondo Polanyi, i primi due criteri concorrono alla conservazione della tradizione e rafforzano il conformismo, mentre il terzo alimenta il dissenso. Tutti e tre questi criteri generano il tipo di tensione che Polanyi ritiene necessario per lo sviluppo della scienza.

Ogni ricercatore, quindi, esprime un giudizio, effettua un’attribuzione di plausibilità sui risultati delle ricerche dei suoi colleghi. Per quanto ogni scienziato sia competente in maniera specifica in una sola (e piccola) area della scienza, secondo Polanyi gli specialisti sono comunque in grado di dare giudizi anche in ambiti di

53 «L’attribuzione di plausibilità è basata su un vasto esercizio di intuizione guidata da molte

indicazioni sottili, e così essa è del tutto indimostrabile. E’ tacita» (Polanyi, 1967c [1969b], trad. it. 1988, p. 110).

60 ricerca contigui alla loro specializzazione. Questa possibilità non sminuisce la specialità di un scienziato né il giudizio che riesce a dare in aree scientifiche limitrofe alla sua, ma anzi espande la potenzialità della pratica scientifica ed è antesignana di ciò che oggi si dichiara come la carta vincente della ricerca: la interdisciplinarità o trasversalità. Tuttavia, questa concezione polanyiana è soggetta a diverse critiche da parte di intellettuali contemporanei. Se scienziati come Maddox (1964) concordano con Polanyi sulla non frammentarietà della scienza, altri come Weinberg (1963) insistono sulla incommensurabilità di giudizio su campi scientifici diversi, sebbene osserviamo che gli esempi riportati dallo scienziato non propongono aree scientifiche “contigue”, quindi la critica non colpisce direttamente Polanyi e Maddox.

La possibilità di ogni scienziato di pronunciare dei giudizi sulle ricerche scientifiche discusse dalla comunità di cui è parte, conferisce al ricercatore la possibilità di essere uno dei rappresentanti dell’autorità della comunità scientifica e avrà quindi, in quanto uno dei ricercatori di una “Repubblica della Scienza”, almeno due compiti: essere uno scienziato e controllare l’attività dei suoi colleghi.

Toulmin (1966) critica duramente la “Repubblica della Scienza” di Polanyi e Maddox a causa delle difficoltà applicative di un simile modello. Egli sottolinea che tra le variabili reali di una comunità scientifica emergono l’autorevolezza di uno dei componenti piuttosto che di un altro, il tempo da cui si pratica la ricerca e quindi:

The republic of science is not, in practice, a full democracy: in its external affairs especially, it is a gerontocracy, and this fact causes me to wonder whether “open intellectual confrontations” and “many more ad hoc [Royal Society] committees” really represent (as Maddox declares) “the only way” of reaching balanced judgements about scientific priorities (Toulmin, 1966, p. 348).

A questa critica che mira a demolire il sistema scientifico-politico-economico polanyiano se ne aggiunge un’altra che riguarda l’efficacia di un sistema di questo tipo all’interno della società contemporanea. Toulmin, infatti, ritiene che la battaglia condotta da Polanyi per difendere l’autonomia della scienza sia stata necessaria per la società. Ma le idee sulla scelta e il giudizio scientifico sviluppati alla fine degli anni Cinquanta e negli anni Sessanta non sono necessarie e sono dannose, perché sembrano creare una frattura tra la ricerca scientifica e il resto della comunità umana. Riteniamo che tale critica possa essere respinta considerando che Polanyi intende la comunità scientifica non solo come un corpo politico, ma come parte di una comunità più ampia, come parte di una società libera e ne segue gli stessi principi:

61 science is governed by common beliefs, by values and practices transmitted to succeeding generations. Each new independent member of the scientific community adhers to this tradition, assuming at the same time the responsibility shared by all members for re-interpreting the tradition and, possibly, revolutionizing its teachings […] The ideal of a free society is in the first place to be a good society: a body of men who respect truth, desire justice and love their fellows (Polanyi, 1967c [1969b], p. 85)54.