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Il primo approccio sistematico alla conoscenza tacita

ALL’EPISTEMOLOGIA

3.2. Lo sviluppo dell’idea di conoscenza tacita

3.2.2. La dimensione tacita in Personal Knowledge (1958) e Study of

3.2.2.2. Il primo approccio sistematico alla conoscenza tacita

Le difficoltà emerse anche dalle recensioni di Personal Knowledge sulla comprensione della teoria della conoscenza personale e le ricadute sulla conoscenza tacita, si diradano nello scritto successivo, The Study of Man, pubblicato nel 1958 e concepito come una estensione della ricerca precedentemente intrapresa. Come lo stesso Polanyi chiarisce nella premessa, il volume prende forma a partire da un ciclo di lezioni tenute presso lo University College del North Staffordshire e costituisce una introduzione generale alla sua opera maggiore.

Oltre che una introduzione, questo volumetto si caratterizza per essere il luogo in cui troviamo non solo una chiara distinzione tra conoscenza esplicita e conoscenza tacita ma anche un primo elenco degli elementi costitutivi della conoscenza tacita.

La conoscenza umana, con la sua capacità di allargarsi continuamente ad altri oggetti della conoscenza con l’impossibilità che questi siano posseduti, genera un paradosso che può essere tuttavia risolto. La soluzione consiste nel considerare la possibilità che esista più di un tipo di conoscenza: una conoscenza esplicita e una conoscenza tacita.

What is usually described as knowledge, as set out in written words or maps, or mathematical formulae, is only one kind of knowledge; while unformulated knowledge, such as we have something we are in the act of doing, is another form of knowledge. If we call the first kind explicit knowledge, and the second, tacit knowledge, we may say that we always know tacitly that we are holding our explicit knowledge to be true […]. Tacit knowing appears to be a doing of our own, lacking the public, objective, character of

128 «La musica, la poesia, la pittura: le arti, astratte o rappresentative, costituiscono un trattenersi

all’interno e un erompere verso l’esterno, che si trova in qualche modo fra la scienza e l’adorazione. La matematica è stata paragonata alla poesia: “Il vero spirito di delizia, l’esaltazione, il senso di essere più che uomo, che è la pietra di paragone dell’eccellenza più alta, vanno cercati in matematica così sicuramente come nella poesia” scrive Bertrand Russell. Tuttavia, c’è una grande differenza nell’ampiezza di queste delizie. A causa del suo contenuto sensibile un’opera d’arte può toccarci in maniera assai più ampia che un teorema di matematica. Inoltre la creazione e il godimento artistici sono esperienze contemplative vicine, più della matematica, alla comunione religiosa. L’arte, come il misticismo, erompe attraverso lo schermo dell’oggettività e attinge alle nostre capacità preconcettuali di una visione contemplativa» (Polanyi, 1958a, trad. it. 1990, pp. 338-339).

108 explicit knowledge. It may appear therefore to lack the essential quality of knowledge (Polanyi, 1958b, pp. 12-13)129.

Come lo stesso Polanyi mette in evidenza rifiutare la conoscenza tacita come la radice della conoscenza porta a negare in generale ogni discorso sulla conoscenza umana, ossia conoscenza esplicita. Il primo banco di prova per i poteri inarticolati della conoscenza umana è rappresentato dai tratti dell’intelligenza che l’essere umano ha in comune con gli animali e quindi, sostiene Polanyi, ci si risolve con «the

kind of intelligence that is situated behind the barrier of language» (ivi, p. 13)130.

Questo stesso argomento è il punto di partenza proprio di quelle riflessioni di cui queste pagine, come abbiamo detto, rappresentano una definita introduzione. Questa comparazione mette in risalto la differenza logica tra i due tipi di conoscenza tacita ed articolata, ossia

The essential logical difference between the two kinds of knowledge lies in the fact that we can critically reflect on something explicitly stated, in a way in which we cannot reflect on our tacit awareness of an experience (ivi, p. 14) 131.

Esempio di contrapposizione di conoscenza tacita e conoscenza esplicita, secondo Polanyi (1958a; 1958b) può essere considerato la serie di esperimenti che lo psicologo (inizialmente) comportamentista E. C. Tolman conduce sulla capacità dei ratti di orientarsi all’interno di un labirinto e la conseguente possibilità che nel sistema nervoso dei ratti si instaurino degli adattamenti funzionali che è possibile definire mappe mentali. Tolman, quindi, concede uno spazio mentalista a quel tipo di esperimenti che, almeno in linea di principio, dovevano portare dati a sostegno del comportamentismo e uno schema stimolo-risposta, mentre hanno comportato un primo approccio a quello che sarà il noto argomento della povertà dello stimolo. Attraverso un’ operazione di traslazione del risultato degli esperimenti di Tolman sull’uomo, Polanyi più che riferirsi a mappe mentali, considera l’uso di mappe

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«Ciò che è descritto di solito come conoscenza quale è formulata in parole scritte, schema, o formule matematiche, è soltanto un tipo di conoscenza; mentre la conoscenza non formulata, quale è quella che noi abbiamo di qualcosa che noi siamo nell’atto di fare, è un’altra forma di conoscenza. Se noi chiamiamo la prima “conoscenza esplicita” e la seconda “conoscenza tacita”, possiamo dire che sempre conosciamo tacitamente che siamo noi il sostegno della veridicità della nostra conoscenza esplicita. […] La conoscenza tacita sembra essere un atto esclusivamente nostro, mancante perciò del carattere pubblico ed oggettivo della conoscenza esplicita; per questo motivo può apparire priva del carattere essenziale della conoscenza» (Polanyi, 1958b, trad. it. 1973, pp. 13-14).

130

«quel tipo di intelligenza che sta al di là della barriera del linguaggio» (Polanyi, 1958b, trad. it. 1973, p. 14)

131 «La differenza logica essenziale tra i due tipi di conoscenza sta nel fatto che ci è possibile riflettere

criticamente su qualcosa espressa in maniera esplicita in un modo in cui non ci è possibile riflettere sulla nostra consapevolezza tacita di una esperienza»(Polanyi, 1958b, trad. it. 1973, p. 15).

109 destinate all’orientamento. In questo caso, come è ovvio, siamo davanti a un tipo di conoscenza esplicita, che potrebbe anche essere sbagliata. L’unico modo di opporsi a un tipo di conoscenza che fornisce informazioni errate è utilizzare un tipo di riflessione critica. Nel caso di una mappa mentale, ossia di un campo prearticolato (e quindi tacito), solo l’esperienza diretta, ossia l’uso, costituisce la riflessione critica, espediente che consente di modificare la conoscenza prearticolata.

It is true that the traveller, equipped with a detailed map of a region across which he plans his itinerary, enjoys a striking intellectual superiority over the explorer who first enters a new region – yet the explorer’s fumbling progress is a much finer achievement than the well-briefed traveller’s journey. Even if we admitted that an exact knowledge of the universe is our supreme mental possession it would still follow that man’s most distinguished act of thought consists in producing such knowledge; the human mind is at its greatest when it brings hitherto unchartered domains under its control. Such operations renew the existing articulate framework but have to rely (to this extent) on the kind of plunging reorientation which we share with the animals. Fundamental novelty can be discovered only by the same tacit powers which rats use in learning a maze (ivi, p. 18)132.

In queste pagine, l’esempio per eccellenza di un processo tacito è la comprensione delle parole e di altri simboli, ma esse non sono sufficienti, secondo Polanyi, a significare. Il processo tacito di comprensione, quindi, non è un processo di significazione.

The structure of tacit knowing is manifested most clearly in the act of understanding. It is a process of comprehending: a grasping of disjointed parts into a comprehensive whole. […] Psychologists have described our perception of gestalt as a passive experience, without envisaging that it represents a method – and indeed the most general method – for acquiring knowledge. They were probably unwilling to recognize that knowledge was shaped by the knower’s personal action. But this does not hold for us. Having realized that personal participation predominates both in the area of tacit and explicit knowledge, we are ready to transpose the findings of Gestalt-psychology into a theory of knowledge: a theory based primarily on the analysis of comprehension. Let me outline this theory here briefly. We cannot comprehend a whole without seeing its parts, but we can see the parts without comprehending the whole. Thus we may advance from a knowledge of the parts to the understanding of the whole. This comprehension may be effortless or difficult, indeed, so difficult that its achievement will represent a discovery. Yet we shall acknowledge the same comprehending faculty at work in all cases. Once comprehension is achieved, we are not likely to lose sight again of the whole; yet comprehension is not completely irreversible. By looking very closely at the

132 «E’ vero che il viaggiatore fornito di una mappa dettagliata della regione che si accinge ad

attraversare gode di una chiara superiorità intellettuale nei confronti dell’esploratore che per primo entra in un luogo inesplorato, tuttavia il faticoso progresso dell’esploratore è una conquista molto più eccitante di quanto non sia il viaggio di colui che parte ben documentato. Anche se noi volessimo ammettere che una esatta conoscenza dell’universo costituisce il nostro supremo possesso mentale, dovremmo pur sempre ammettere che l’atto più importante del pensiero dell’uomo è quello di produrre tale conoscenza: la mente umana esprime il suo più alto livello ponendo sotto il suo controllo sfere di conoscenza non ancora codificate. Queste operazioni rinnovano lo schema articolato già esistente. Esse non possono però essere sviluppate entro questo schema ma devono affidarsi al tipo di orientamento per tentativi che abbiamo in comune con gli animali. Scoperte fondamentali possono quindi essere fatte soltanto usando le stesse capacità tacite che i topi usano per imparare a muoversi in un labirinto» (Polanyi, 1958b, trad. it. 1973, p. 17).

110 several parts of a whole, we may succeed in diverting our attention from the whole and even lose sight of it altogether.

These psychological observations can be transposed now into the elements of a theory of knowledge. We may say that when we comprehend a particular set of items as parts of a whole, the focus of our attention is shifted from hitherto uncomprehended particulars to the understanding of their joint meaning. This shift of attention does not make us lose sight of the particulars, since one can see a whole only by seeing its parts, but it changes altogether the manner in which we are aware of the particulars. We become aware of them now in terms of the whole on which we have fixed our attention. I shall call this a subsidiary awareness of the particulars, in contrast to a focal awareness which would fix attention on particulars in themselves, and not as parts of a whole. I shall also speak correspondingly of a subsidiary knowledge of the same items (ivi, pp. 28-30) 133.

La distinzione cruciale tra conoscenza focale e conoscenza sussidiaria è chiarita attraverso l’esempio dell’uso di simboli e strumenti: essi non sono mai oggetto della nostra attenzione in se stessi ma soltanto fungono da indicatori di ciò che significano. Il tipo di considerazioni che ruotano attorno alla conoscenza focale e sussidiaria, anche in queste pagine, portano direttamente a uno degli aspetti già chiaramente presenti in Personal Knowledge circa il rapporto tra corpi e strumenti, arrivando a dire, secondo una forte suggestione che proviene sicuramente dal rapporto filosofico intrattenuto con Marjorie Grene, che in questa e altre forme di consapevolezza sussidiaria è possibile ritrovare un ‘carattere esistenziale’. Come già posto in evidenza, secondo una declinazione specifica che prenderemo in considerazione nel prossimo capitolo, nell’utilizzare degli strumenti, li assimiliamo al nostro corpo, come nel caso delle sonde, espandendo quindi la nozione di corpo e, come sostiene

133 «La struttura della conoscenza tacita si manifesta nel modo più chiaro nell’atto del capire. Esso è

un processo di comprensione: un radunare parti separate in un insieme unitario. […] Gli psicologi hanno descritto la nostra percezione della gestalt come un’esperienza passiva, senza considerare che essa rappresenta un metodo – ed indubbiamente il metodo più generale – per acquisire la conoscenza. Noi non possiamo comprendere un tutto senza vedere le sue parti, ma noi possiamo vedere le parti senza comprendere il tutto. E’ quindi possibile passare dalla conoscenza delle parti alla comprensione del tutto. Tale comprensione può essere facile o difficile, così difficile anzi, che il conseguirla rappresenterà una scoperta. Comunque, noi ammetteremo che in ogni caso è all’opera la stessa facoltà comprensiva. Una volta che la comprensione è ottenuta, non è facile che noi perdiamo nuovamente di vista il tutto, anche se la comprensione non è completamente irreversibile. Col guardare molto da vicino alle varie parti di un tutto, può succedere che la nostra attenzione si distolga del tutto ed addirittura che lo perda di vista completamente.

Queste considerazioni di carattere psicologico possono essere ora trasposte negli elementi di una teoria della conoscenza. Possiamo dire che, quando comprendiamo una particolare serie di oggetti come parti di un tutto, il fuoco della nostra attenzione si sposta dai particolari, fino a quel momento non compresi, alla comprensione del loro significato unitario. Questo spostamento di attenzione non ci fa perdere di vista i particolari, dato che ci è possibile vedere un tutto soltanto vedendo le singole parti, ma cambia interamente il modo in cui siamo consapevoli dei particolari. Ne diventiamo consapevoli in termini del tutto sul quale abbiamo fissato la nostra attenzione. Chiamerò questo processo consapevolezza sussidiaria dei particolari in contrasto alla consapevolezza focale, che dovrebbe concentrare l’attenzione sui particolari in sé stessi e non come parti del tutto. Di conseguenza dovrò anche parlare di conoscenza sussidiaria di tali elementi come forma distinta dalla conoscenza focale degli stessi elementi» (Polanyi, 1958b, trad. it. 1973, pp. 24-25).

111 Polanyi, modificando la nostra identità: «our person expands into new modes of

being» (ivi, p. 31)134.

Il processo di comprensione si arresta automaticamente quando dal centro focale passiamo ai particolari sussidiari. Se ad esempio ripetiamo la stessa parola più e più volte, essa perde di significato. Questo indica la possibilità di afferrare i fatti nella loro globalità senza tenere conto dei particolari che lo compongono: «in such cases we are actually ignorant, or perhaps more precisely speaking, focally ignorant of these particulars; we know them only subsidiarily in terms of what they jointly mean,

but cannot tell what they are in themselves» (ivi, pp. 32-33)135.

Qui incontriamo l’ulteriore definizione della conoscenza tacita e del suo rapporto con l’abilità e l’esperienza: «practical skills and practical experience contain much mopre information than people possessing this expert knowledge can ever tell» (ivi, p. 33)136.