• Non ci sono risultati.

Verso una filosofia post-critica

ALL’EPISTEMOLOGIA

2.6. Verso una filosofia post-critica

Dopo aver esposto i principali interessi teorici in ambito economico e politico, rimane da considerare l’ultima area di ricerca in cui Polanyi si è distinto durante il ventennio che ha preceduto la sua scomparsa.

All’interno della cerchia di studiosi interessati a Polanyi55, un grande numero di essi

è solito collocarlo tra i pensatori del liberalismo classico, per quanto egli non sia stato un sostenitore del laissez-faire. Pur essendosi battuto contro i totalitarismi e in particolar modo contro il distruttivo progetto di pianificare lo sviluppo scientifico e pur riscontrando nelle sue opere epistemologiche un continuo rimando alla tradizione e all’autorità, è difficile pensarlo un conservatore del periodo post-bellico.

Il culmine del periodo di transizione da scienziato a filosofo coincide con la prepazione delle Gifford Lectures, ossia tra il 1947, anno in cui è invitato a tenere il sopra citato ciclo di lezioni e il 1951 – 1952, periodo in cui effettivamente le tiene. Se in maniera unanime il passaggio dalla chimica alle scienze sociali viene fatto coincidere con l’anno 1935, l’avvicinamento di Michael Polanyi alla filosofia è molto più difficile da datare. Infatti, prima della fase di transizione alla ricerca filosofica, il 1937 segna idealmente l’anno in cui Polanyi inizia a prendere coscienza dei cambiamenti in atto in seguito alla crisi della filosofia della scienza. Partecipando ad una conferenza al Congrés du Palais de la Découverte a Parigi, si rende personalmente conto delle tensioni tra scienziati di diversa nazionalità e accetta come un fatto assodato che la politica ormai sia penetrata nel circolo scientifico. In maniera quasi profetica, Jean Perrin, l’allora ministro dell’educazione francese ammonisce i

54

«La scienza è governata da credenze comuni, da valori e pratiche trasmessi alla generazioni successive. Ogni nuovo membro indipendente della comunità scientifica aderisce a questa tradizione, assumendo al tempo stesso la responsabilità condivisa da tutti i membri per reinterpretare la tradizione e, possibilmente, rivoluzionare i suoi insegnamenti [...]. L’ideale di una società libera consiste, in primo luogo, nell’essere una società buona: un gruppo di uomini che rispettano la verità, che desiderano la giustizia e amano i loro simili» (Polanyi, 1967c [1969b], trad. it. 1988, pp. 119 - 129).

55 In Mitchell, 2006, pp. 141- 162 troviamo un interessante confrontro tra l’epistemologia polanyiana

62 presenti sottolineando come i totalitarismi siano una causa di distruzione della scienza.

A partire dal 1938 Polanyi si avvicina alla Society for Freedom in Science. Conduce la battaglia contro la pianificazione dello sviluppo della scienza come un politico sui generis e questa esperienza si tramuta nell’espediente che gli apre le porte della filosofia, in particolare del problema della conoscenza scientifica.

L’attenzione al ruolo della scienza pura e alla libertà degli scienziati e di insegnamento accademico è il punto di partenza delle sue riflessioni che si consolida con la pubblicazione di Science, faith and society nel 1946. La pubblicazione del volume non si presenta come un fatto isolato o una strategia per ottenere l’attenzione del panorama filosofico ma come il compendio di un primo contatto con le scienze filosofiche avvenuto con le Riddell Lectures tenute all’Università di Durham.

Da un punto di vista ufficiale, il passaggio dalla cattedra di chimica-fisica alla cattedra di Social Sciences avviene nel 1948. La cattedra viene istituita per Polanyi,

su proposta del vice-Rettore dell’Università Victoria di Manchester56, il quale

intende assicurarsi la presenza di Polanyi nella sua università, visto l’interesse manifestato dal mondo accademico americano nei suoi confronti.

Polanyi si racconta entusiasta dei suoi studi di filosofia, tanto che scrivendo ad

Arthur Koestler57 (Box 5, folder 4) afferma di considerare la lettura della Critica

della Ragione Pura una grande opportunità, altrimenti essere uno studioso sarebbe stato come viaggiare in Egitto e non visitare le Piramidi.

Il compiuto passaggio alla filosofia è sancito dalla pubblicazione di Personal knowledge: towards a post-critical philosophy avvenuta nel 1958. Le Gifford Lectures, quindi, forniscono a Polanyi, libero da impegni didattici, l’occasione di dedicarsi completamente alla filosofia. Questo evento segna un confine netto all’interno della riflessione polanyiana. A partire da questo momento il suo interesse principale è la natura della conoscenza. Polanyi è perfettamente consapevole di affrontare un problema classico della filosofia occidentale ma allo stesso tempo è anche convinto di potere porre fine all’uso del metodo critico per la ricerca della

56 Ad esempio, nel 1950 la University of Chicago, per tramite di Edward Shils, sociologo, gli offre

una cattedra che per motivi che riguardano la concessione del visto è costretto a rifiutare.

57 Arthur Koestler (1905 – 1983), filosofo e scrittore,autore tra l’altro di Darkness at Noon (1941, trad.

it. Buio a mezzogiorno) ha vissuto la sua giovinezza a Budapest, dove ha conosciuto Michael Polanyi, al quale è rimasto legato per tutta la vita da un rapporto di amicizia. Hanno condiviso l’esperienza presso il Congress for Cultural Freedom.

63

certezza. Il volume, scritto con l’aiuto della filosofa Marjorie Grene58, propone un

nuovo modello di conoscenza che si oppone al paradigma allora dominante, che ritiene il principale carattere della scienza il suo essere impersonale. Attraverso una serie di esempi, Polanyi mostra che gli atti di comprensione sono caratterizzati da

una componente personale59 del soggetto conoscente. Questa modalità della

conoscenza umana che riguarda il modo generale dell’uomo di rapportarsi al mondo è uno dei pilastri su cui si fonda l’epistemologia polanyiana. Infatti, anche lo scienziato partecipa alla scoperta scientifica per mezzo di una componente personale, anche se la dimensione personale della conoscenza non esclude la componente oggettiva.

La pubblicazione di Personal Knowledge non introduce solo dei correttivi al paradigma dominante della concezione della teoria della conoscenza ma ne prevede in maniera generale la sua riforma. Il suo obiettivo è mostrare che i coefficienti della conoscenza che funzionano attraverso una struttura di attività tacite sono le parti dominanti della conoscenza stessa.

In seguito Polanyi, lavora alla nozione di conoscenza tacita fino al tentativo di estendere la dimensione tacita della conoscenza all’esperienza religiosa e a quella artistica con l’intento di costituire una teoria generale del significato.

La ricerca filosofica di Polanyi può essere analizzata come una “rivoluzione copernicana” che si esplica in sei punti:

1- the idea that all knowledge is either tacit or tacitly-based; 2- the understanding of discovery in terms of a process of proceeding along a heuristic gradient guided by tacit intimations; 3- his challenge to C.P. Snow’s long- and still- reigning bifurcation of the academic disciplines between the “hard” sciences and the humanities (ironic since the latter, along with the “social” sciences, have long aspired to emulate the former in their methodologies) in favour of an ordering of these various modes of knowing along an integrated and holistic continuum, based upon a far more sophisticated and perceptive understanding of the scientific endeavour; 4- a new and far more dynamic definition of reality that avoids the old dualisms and is based on an object’s or an idea’s potential for revealing itself in “indeterminate future manifestations”; 5- a trusting reliance upon the human capacity both to accept with humility the inevitability of error and, eventually, cooperatively to succeed in accessing truth; 6- his full assignment of the status of

58 Marjorie Grene (1910 – 2009), laureata in zoologia, ha ricevuto il suo titolo di dottore di ricerca in

filosofia presso il Radcliffe College, poiché all’epoca le donne non potevano ottenere formalmente il titolo dalla Harvard University. Durante gli anni del dottorato, approfittando di uno scambio USA- Germania, ebbe l’opportunità di recarsi in Europa e studiare con Heidegger e Jaspers. Ad Harvard studia con A. N. Whitehead e C.I. Lewis. Tre sono i suoi campi di ricerca principali: la storia della filosofia (con riguardo a Cartesio, Spinoza e l’esistenzialismo), la filosofia della biologia e la filosofia della scienza.

59 L’obiezione più frequente mossa alla nozione di conoscenza personale riguarda l’assimilazione di

“personale” a “soggettivo”. Sulla giustificazione della validità della conoscenza personale si rimanda a Polanyi (1958a, trad. it. 1990, pp. 69-70, 92-93) e al capitolo terzo, paragrafo 1.2.

64 knowledge event to that which we may never be able fully to articulate or explicitly prove (Mead, 2008, p. 6).

L’attività e il metodo polanyiano indicati nel sottotitolo del volume con la locuzione «verso una filosofia post-critica» mostrano il chiaro intento di voler riformare la filosofia critica. La rivoluzione intrapresa da Polanyi mostra due caratteri opposti, come evidenzia Perelman:

The enterprise of Polanyi is, in a sense, revolutionary, for it reverses a trend which has characterized the evolution of Western humanity since Descartes; but in another sense it is counterrevolutionary, and goes back to an ancient tradition against which Descartes and Cartesianism fought with acknowledged success (Perelman, 1968, p. 233).

Polanyi indicato dai filosofi britannici come filosofo non di “professione” ha la rivoluzionaria capacità di ridisegnare il metodo e i confini della filosofia. Sebbene apprezzato negli Stati Uniti, questo nuovo corso della filosofia non registra alcun commento positivo ad Oxford, università presso cui Polanyi si trasferisce in qualità di Senior Researcher e Fellow del Merton College in concomitanza con la pubblicazione di Personal Knowledge (1958a).

Sono almeno due i fattori che determinano una così forte titubanza davanti alla novità filosofica: in primo luogo, Polanyi non ha uno stile di scrittura analitica ma continentale, mentre proprio Oxford, in quegli anni, rappresenta uno dei pilastri del positivismo e della filosofia linguistica, in cui Gilbert Ryle e A.J. Ayer hanno avuto molto seguito. Quell’ambiente filosofico non può certo esprimere interesse nei confronti di uno scienziato non solo con interessi filosofici ma pregno di filosofiche velleità, per giunta secondo una inclinazione che oggi possiamo definire interdisciplinare alla filosofia, alla scienza, all’estetica.

A dispetto della sua posizione accademica in una prestigiosa sede universitaria, Polanyi non è considerato un filosofo a tutti gli effetti, almeno non nel Regno Unito60.

Alla eventuale necessità di apporre un’etichetta al lavoro filosofico di Polanyi e cercare di considerarlo un analitico o un continentale, constatiamo che la risposta più semplice è che Michael Polanyi non è né analitico né continentale. Il difficile rapporto di Polanyi con la comunità filosofica e al tempo stesso l’appartenenza ad

60 Possiamo estendere questa considerazione al resto dell’Europa, se confrontiamo la ricezione di

Polanyi in Italia, Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Qui ci preme soltanto indicare che la prima opera monografica dedicata al lavoro di Michael Polanyi è stata pubblicata nel Regno Unito soltanto per 1990 ed è stata scritta da uno dei rari esperti polayiani attualmente viventi, Richard Allen. Per un resoconto della situazione circa lo stato attuale degli studi e delle ricerche su Michael Polanyi, cfr. § 7.0., §8.0. e § 8.1.

65 una tradizione emergono da una lettera che Rom Harrè, anche lui docente presso la University of Oxford, scrive a Polanyi: «I have always thought, Michael, that your work lives right in the British tradition...One day I shall persuade you that you are not a lone hand but a member of what is to me a great tradition» (Box 6, folder 9). La filosofia polanyiana nasce nel momento di crisi della metà del Novecento, frangente in cui si registra e si prende atto di una crisi che investe la filosofia

tradizionale, la filosofia analitica e l’esistenzialismo61. Da ognuno di questi modi di

intendere il metodo filosofico Polanyi prende degli elementi per poi piegarli alla rivoluzione filosofica in atto. E’ per questo motivo che possiamo paragonare la filosofia polanyiana alle altre espressioni della filosofia contemporanea e vi troveremo almeno quattro caratteristiche distintive:

1. It is not “academic philosophy” in the sense of being confined to the merely technical problems of an individual philosopher or specific tradition of philosophy. Rather it is motivated by a concern for wide-spread and deep-rooted movements of thought, social life and politics.

2. Hence Polanyi gives little detailed attention to other philosophers’ writings. His targets are widely held ideas and assumptions which he believes to be both wrong and dangerous. He engaged with Marxism as a political and cultural force, rather than with the particular text of Karl Marx.

3. Scandalously, as an amateur of philosophy, he goes primarily to his own experience as a scientist, to the actual practice of scientists, to examples from the history of science, and to the empirical investigations on perception, language, learning and the like, which most British philosophers have ignored.

4. Because he is concerned to refute certain assumptions and to vindicate his own and opposing vision, he does not offer complete and separate treatises on perception, science, knowledge, politics, arts, religion or any other theme of philosophy. Any and all these topics may be incorporated in one of his books. But his work has a deep unity, so that treatment of any of these themes reflects his underlying concern and is not isolated from his treatments of others. As we shall see, he was much occupied with the demand for self-consistency (Allen, 1990, p. 15).

L’originalità di Polanyi risiede nella sua peculiare figura di filosofo. Al contrario di altri illustri filosofi non ha avuto direttamente dei maestri in questo campo, non ha una esasperata familiarità con la maggior parte delle soluzioni di altri grandi e non parte da esse per porsi delle domande; il suo punto di partenza consiste nel suo bagaglio di esperienze.