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Lingue, linguaggio e tacit knowing

ALL’EPISTEMOLOGIA

5.2. Il linguaggio e la sua acquisizione in Michael Polany

5.2.1. Lingue, linguaggio e tacit knowing

Il tema del linguaggio è molto presente negli scritti di Polanyi. Questo interesse appare quasi in contraddizione con l’assunto che tutta la conoscenza è radicata su un

tipo di conoscenza non formalizzabile e personale ma ugualmente oggettivo267.

Polanyi affronta il tema del linguaggio senza essere né un filosofo del linguaggio268,

né un linguista, come non è – lo abbiamo già detto – un filosofo della scienza o, più genericamente, un filosofo tout court. E’ uno scienziato che si occupa di politica, di sociologia, di epistemologia. All’interesse per la conoscenza umana, Polanyi associa lo studio dell’uomo e quindi, anche se indirettamente, quello del linguaggio. Considerando solo la biografia e lo sviluppo degli interessi di Polanyi, non ci stupirebbe un eventuale interesse per la semiotica, in particolare saremmo disposti ad

267 Il rapporto tra epistemologia e conoscenza è già stato affrontato nel Capitolo II, § 1.2.

268 Niquet osserva che Polanyi in Personal Knowledge (1958) affronta il problema del significato

denotativo delle parole ma pare non sia di sua competenza quello del significato delle frasi. L’idea di Niquet è che attraverso l’applicazione delle leggi del linguaggio – in particolare della legge della grammatica e della ricorsività – si giunge al significato degli enunciati.

I punti deficitari di una vera e propria filosofia del linguaggio in Polanyi sono tre (Niquet, 2008), ma qui ne consideriamo soltanto due: la mancanza di una teoria della comunicazione, l’assenza di una teoria del significato degli enunciati, e il suo essere un metafisico realista. Riguardo al primo punto, sebbene Polanyi, abbia analizzato la funzione degli asserti a partire da Frege (Polanyi, 1958a), sembra che sia pronto a sostenere l’ipotesi che le funzioni assertive primarie siano in qualche misura pre- comunicative funzioni del pensiero articolato. Tuttavia, questa idea è povera dal punto di vista della teoria degli atti linguistici. Basandoci sull’idea polanyiana, infatti, avremmo soltanto atti constativi. Il terzo punto merita una particolare attenzione. Ed è proprio da questa analisi di Niquet partiamo per dire come mai rifiutiamo anche il primo punto della sua analisi.

Specifically, the idea that Truth and Reality designates ‘structures’ or ‘terms’ of a language (or grammar) that as a whole must be adequate to reality or ‘fit’ it seriously distorts his philosophy of language. […] We cannot justify ‘grammar’ by reference to an extra-linguistic truth or grasp of reality in the sense that ‘grammar’ is ‘in order’ if it lets us articulate the Truth about Reality in a deep and ‘rational’ way. ‘True’ is just a predicate of our language and it is applied to sentences (or ‘theories’), grasp of the meaning of which lets us stare truth-conditions which, representing existing states of affairs, then have factual import. ‘Reality’ only makes sense if conceived of as represented or representable in the of the intersubjectively valid meaning, the paradigmatic realization of which is precisely linguistic meaning (Niquet, 2008, p. 82).

L’obiezione di Niquet è certamente fondata, tuttavia esiste un’altra prospettiva da cui analizzare la questione. In primo luogo, lo abbia già visto nel precedente capitolo e qui in apertura: l’idea di significato in Polanyi non è primariamente linguistica. Il significato è il ‘posto’ delle cose nel mondo. Tra questi significati c’è anche il significato linguistico.

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immaginare una sorta di dialogo ‘virtuale’ con Peirce269. Tuttavia, Polanyi chiama in

causa Peirce soltanto per fondare la concezione triadica della struttura del tacit knowing, ma non è interessato all’approccio peirceano dei segni, né alla loro classificazione. Egli, invece, come è chiaro già da quanto esposto nel precedente capitolo, è interessato principalmente alla nozione di significato e – come vedremo nel corso di questo capitolo – al linguaggio inteso come attività sociale.

Nel precedente paragrafo abbiamo analizzato la costante presenza della nozione di significato negli scritti polanyiani e siamo giunti alla conclusione che non si tratta in partenza di un modello di significato linguistico. Pur non essendo direttamente interessato al tema del significato linguistico e alla semantica delle lingue, tuttavia Polanyi osserva il fenomeno linguistico, e, in particolare, si concentra sul tema dell’acquisizione del linguaggio e sul ruolo sociale della lingua, con uno sguardo alle teorie del linguaggio contemporanee. Benché non si possa inserire la concezione polanyiana del linguaggio nella storia delle idee linguistiche, la sua filosofia potrebbe

essere pensata come una filosofia delle lingue270.

Tentiamo, dunque, di guardare il pensiero di Polanyi per mezzo della prospettiva del linguaggio, per vedere in primo luogo qual è la natura del linguaggio e delle lingue per un epistemologo che sostiene il primato di una conoscenza tacita. Vedremo perché il linguaggio merita un posto in una teoria del tacit knowing.

All’epoca in cui Polanyi inizia a lavorare sul linguaggio, le teorie più note, soprattutto negli Stati Uniti d’America, sono quelle comportamentiste. Polanyi (1958a, 1958b, 1966) rifiuta l’idea di linguaggio offerta dai paradigmi comportamentista e associazionista. Secondo Polanyi, infatti, l’ uso denotativo non rappresenta il solo uso del linguaggio ma solo il più ‘semplice’. Chiamando in causa Sapir, Russell, Strauss e Langer, Polanyi motiva il rifiuto di una teoria

269

La dettagliata Guide to the papers of Michael Polanyi non contiene alcun riferimento alla presenza nell’archivio polanyiano di carte che riconducano ad uno studio o un interesse privilegiato nei confronti di Peirce, sebbene sia più volte citato da Polanyi (ad es. 1969).

270 Ci serviamo qui dell’espressione usata da Lia Formigari (2007) per dare una prima e importante

indicazione del tipo di filosofia del linguaggio polanyiana: «Studio delle pratiche linguistiche e delle strutture astratte che in esse si realizzano, essa si definisce per la sua contiguità con lo studio delle condizioni psichiche della parola, con gli studi antropologici e con la descrizione delle lingue conosciute» (p. 21). Come la stessa Formigari pone in evidenza si tratta di un programma di ricerca. Forse è proprio questa l’idea di Filosofia del Linguaggio che deve essere tenuta presente nel parlare delle Scienze Cognitive. A questo proposito, non abbiamo dubbi nel dire che se Polanyi fosse stato ancora in vita avrebbe guardato con simpatia alle Scienze Cognitive, giacché, visti i suoi molteplici interessi di ricerca, avrebbe trovato spazio e interlocutori, se non per le conclusioni, sicuramente come metodologia di ricerca.

186 associazionista del linguaggio attraverso l’idea che il significato dipenda tra da una struttura del tipo ‘da – a’.

Polanyi riconosce che il rapporto tra cose e parole si possa articolare in due modi: la denotazione e la simbolizzazione. Entrambi i processi prendono avvio dagli indizi sussidiari per volgersi all’entità focale, tuttavia presentano importanti differenze. Nel caso dell’indicazione, è l’entità focale ad essere intrinsic interesting:

We can then note that, in cases of indication, the subsidiaries (signs, such as words, maps, or mathematical formulas) are functionally of no intrinsic interest, while that upon which they bear is the part of operation that claims our intrinsic interest. […] It is the meaning of a communication in words that engages our attention and interest, not the words as such (Polanyi-Prosch, 1975, pp. 70-71).

La simbolizzazione, invece, prevede il processo dell’embodiment of ourselves: The focal object in symbolization, in contrast to the focal object in indication, is of interest to us only because of its symbolic connection with the subsidiary clues through which it became a focal object. What bears upon the flag, as a word bears upon its meaning, is the integration of our whole existence as lived in our country. But this means that the meaning of the flag (the object of our focal attention) is what it is because we have put our whole existence into it (Polanyi-Prosch, 1975, pp. 72).

Polanyi sostiene che il significato linguistico sia mentale e ritiene che il primo ad avere riconosciuto questa natura del linguaggio dando vita ad una rottura con le teorie del comportamentismo sia Noam Chomsky (Polanyi, 1967).

Polanyi riconosce la presenza di una struttura innata in ogni essere umano. Questa struttura innata, tuttavia, non è sufficiente a giustificare la varietà delle lingue, tanto che Polanyi stesso sostiene che esista una competenza che diventa sempre più specifica nell’atto della comprensione, ossia nel corso di una primitiva forma di tacit knowing.

La facoltà del linguaggio è sì una dotazione biologica, ma Polanyi non ignora – pur non essendo un linguista – l’esistenza delle lingue storico naturali. Infatti, uno dei fuochi dell’attenzione di Polanyi sul tema è il rapporto tra la lingua e la società. Il modo di indagare il fenomeno linguistico secondo Polanyi (1958a, 1958b) è in prima istanza un confronto con le abilità degli animali non umani. Il linguaggio, infatti, è considerato una delle attività che ci rende differenti dagli animali:

all mental life by which we surpass the animals is evoked in us as we assimilate the articulate framework of our culture. The vast accumulation of explicit statements of fact

187 in our modern culture fosters an equally extensive proliferation of our thought in control of facts (Polanyi, 1958b, pp. 31-32)271.

Il linguaggio inteso come abilità è presente nell’uomo con caratteristiche innate ma l’esercizio della parola dipende da una attività mentale e culturale che presuppone sia l’esistenza di una società che la possibilità di innescare il processo della trasmissione culturale da una generazione all’altra:

The distinctive qualities of man are developed by education. Our native gift of speech enables us to enter on the mental life of man by assimilating our cultural heritage. We come into existence mentally, by adding to our bodily equipment an articulate framework and using it for understanding experience. Human thought grows only within language and since language can exist only in a society, all thought is rooted in society. The paleontologist Teilhard de Chardin has called the cultural stratum within which the human mind dwells on this planet, the noosphere272, and I support this usage (Polanyi, 1958b, pp. 59-60)273.

La dinamicità tra struttura innata ed elementi appresi che qui è molto evidente non ci consente di situare Polanyi all’interno di una corrente di ricerca o innatista o costruttivista dell’acquisizione della lingua, anche se l’idea che egli ha della lingua – mediato dal suo interesse principale della conoscenza umana – presenta elementi provenienti tanto dalle ricerche che sostengono l’innatismo quanto dagli studi costruttivisti. Insieme però l’attività linguistica è una pratica sociale che presenta le stesse caratteristiche di una qualsiasi pratica. Questa somiglianza emerge chiaramente a proposito del processo di apprendimento.

Per certi versi, quindi, questo trovarsi a un crocevia – in maniera molto generica – lo pone vicino a una corrente interazionista, che considera tanto gli elementi innati che

quelli appresi come necessari all’acquisizione della lingua274.

271 «Tutta l’attività mentale che ci rende superiori agli animali è chiamata in vita in noi quando

assimiliamo la struttura articolata della nostra cultura. Il vasto accumulo di affermazioni esplicite di dati concreti nella nostra cultura moderna favorisce un altrettanto vasto moltiplicarsi del pensiero a controllo dei fatti» (Polanyi, 1958b, trad. it. 1973, p. 26).

272 Per il rapporto tra Michael Polanyi e Teilhard de Chardin, rimandiamo a Mullins, Phil, 2003,

“Michael Polanyi on Teilhard de Chardin”, Appraisal, vol. 1, pp. 179-189.

273

: «Le qualità distintive dell’uomo vengono sviluppate con l’educazione. Il dono innato della parola ci mette in grado di entrare nella vita mentale umana attraverso l’assimilazione della nostra eredità culturale. Da un punto di vista mentale noi entriamo nell’esistenza con l’aggiungere ai nostri elementi fisici una struttura articolata ed usandola nella comprensione dell’esperienza. Il pensiero umano cresce soltanto dentro un linguaggio e, poiché il linguaggio può esistere soltanto in una società, tutto il pensiero è radicato nella società. Il paleontologo e filosofo Teilhard de Chardin ha chiamato lo stratum culturale entro cui vive la mente umana su questo pianeto, la noosfera ed io sostengo questo uso» (Polanyi, 1958b, trad. it. 1973, p. 42).

274

Il capitolo Articulation della sezione dedicata alla conoscenza tacita in Personal Knowledge(1958) contiene diversi riferimenti al costruttivismo di Piaget, mentre l’unico articolo dedicato esclusivamente al linguaggio (vedi Polanyi, 1967) è un richiamo costante alle teorie chomskyiane. Polanyi non compie il tentativo esplicito di far dialogare le due teorie, forse anche perché non ha avuto l’occasione di seguire o essere successivamente informato della discussione tra Chomsky e

188 Allo stesso modo in cui l’apprendista imita la pratica del maestro e il giovane scienziato segue il suo superiore in laboratorio, il bambino imita gli adulti nell’attività linguistica e si impegna nell’apprendimento perché è certo che il linguaggio abbia un significato: «A child could never learn to speak if it assumed that the words which are used in its hearing are meaningless; or even if it assumed

that five out often words so used are meaningless» (Polanyi, 1946, 2a ed. 1964, p.

31).

Conoscere una lingua è un’arte che si apprende allo stesso modo in cui si apprende un tipo qualsiasi di arte, con la supervisione di una figura autorevole che sia guida ferma e decisa:

The tacit coefficients of speech are transmitted by inarticulate communications, passimg from an authoritative person to a trusting pupil, and the power of speech to convey communication depends on the effectiveness of this miimentic transmission (Polanyi, 1958a, p. 206)275.

Polanyi riconosce tre tipi di apprendimento276a partire dagli studi condotti

sull’apprendimento animale. La prima e più primitiva forma di apprendimento è l’apprendimento di un accorgimento (trick-learning). Si tratta di un tipo di

apprendimento che può essere ricondotto alle teorie comportamentiste di Skinner277.

Il secondo tipo di apprendimento è quello del sign-learning, esemplificato dalla teoria di Pavlov. Il terzo tipo di apprendimento è detto dell’apprendimento latente. Questo tipo di apprendimento si distingue dai primi due perché vi è assente la predicibilità della manifestazione dell’apprendimento. In questo caso, infatti, non solo si apprende a fare qualcosa ma anche a riconoscere il modo più efficace di giungere a uno scopo. Non solo ci si affida a uno schema comportamentale ma si

Pieget attraverso il volume che raccoglie l’incontro tra i due studiosi e che è stato edito da Massimo Piattelli-Palmarini nel 1979, quando Polanyi era già scomparso, con il titolo Théories du langage, théories de l'apprentissage. Le débat entre Jean Piaget et Noam Chomsky, Ed. Seuil, Paris.

275 «I coefficienti taciti del parlare vengono trasmessi attraverso comunicazioni inarticolate, che

passano da una persona che appare autorevole a un allievo che si fida di essa, e il potere che la parola possiede di trasportare comunicazioni dipende dall’efficacia di questa trasmissione mimetica» (Polanyi, 1958a, trad. it. 1990, p. 348).

276 Lo stesso Polanyi riconosce che la classificazione dei tre tipi di apprendimento non è una sua

intuizione ma è stata influenza dalle letture di Tolman, 1932, Mowrer, 1950 e Hilgard, 1948. In particolare consigliamo la lettura di Hilgard, 1948. Qui vogliamo ricordare che la prima (1948) e la seconda (1956) edizione di Theories of learning è di Hilgard, mentre dalla terza edizione in poi compare come coautore Boward. Qui il riferimento è in particolare alle prime edizioni del volume. Come è noto, infatti, le ricerche in ambito di psicologia basano la loro attenzione verso i temi del comportamento e dell’apprendimento. Il volume di Hilgard ha il pregio di fornire un quadro molto dettagliato delle ricerche

277 Vedi Skinner, 1938, The Behavior of organisms: an experimental analysis, Appleton- Century

189 affianca a questo uno schema interpretativo. Questo tipo di apprendimento è, quindi, assimilabile a quello che sfruttiamo nel caso del problem solving (Polanyi, 1958). Polanyi si sofferma su questi tipi di apprendimento per chiarire che sono correlati a forme primordiali di facoltà umane:

Our three types of animal learning are primordial forms of three faculties more highly developed in man. Trick-learning may be regarded as an act of invention; sign-learning as an act of observation; latent learning as an act of interpretation. The use of language develops each of these faculties into a distinctive science to which the other two contribute subsidiarily (Polanyi, 1958a, p. 76)278.

Secondo Polanyi è interessante considerare questi tre tipi di apprendimento e il loro effetti ma soprattutto cercare di comprendere i modi in cui si combinano. Questa attenzione elimina in partenza uno dei problemi più dibattuti sul linguaggio: la sua origine. Da quanto Polanyi afferma sul linguaggio, ci sembra che il suo principale interesse sia quello di determinare la relazione epistemologica tra il linguaggio e la

sua dimensione tacita279.

Il processo dell’acquisizione del linguaggio, seguendo le regole dell’apprendimento di una qualsiasi pratica, è sottomesso alla figura autorevole dell’adulto e di altri membri della stessa comunità che possiedono una buona competenza linguistica. Sebbene questo processo appaia univoco e sembri descrivere una pratica linguistica immobile, dobbiamo tenere presente che:

every time we use a word in speaking and writing we both comply with usage and at the sametime somewhat modify the existing usage […]. Indeed, whenever I submit to a current consensus, I inevitably modify its teaching; for I submit to what I myself think it teaches and by joining the consensus on these terms I affect its content (Polanyi, 1958a, p. 208)280.

Questa osservazione pone due ordini di problemi: primo, in che maniera acquisiamo la abilità di categorizzare; secondo, in che maniera attiviamo il processo di trasmissione della conoscenza.

278 «I tre tipi di apprendimento animale che abbiamo esaminato sono forme primordiali delle tre più

alte facoltà dell’uomo. L’apprendimento di accorgimenti può essere considerato come un atto di invenzione, l’apprendimento di segni come un atto di interpretazione. L’uso del linguaggio sviluppa ciascuna di queste facoltà in modo che diventino scienze distinte, a cui le altre due contribuiscono in maniera sussidiaria» (Polanyi, 1958a, trad. it. 1990, pp. 170-171).

279 Polanyi, 1958, p. XXX, n. 16. Oltre a spiegare il suo intento, qui è possibile, prendere nota delle

letture effettuate da Polanyi sul tema del linguaggio: Bühler, Sapir, Gardiner.

280

«Ogni volta che noi usiamo una parola parlando e scrivendo, ci adattiamo a un uso e nello stesso tempo modifichiamo in qualche modo l’uso esistente [...]. In realtà, ogni volta che mi sottometto ad un consenso esistente, inevitabilmente modifico il suo insegnamento; infatti mi sottometto a ciò che io stesso ritengo che esso insegni, e unendomi al consenso in questi termini esercito influenza sul suo contenuto» (Polanyi, 1958a, trad. it. 1990, p 351).

190 Molte delle recenti teorie sul linguaggio si concentrano sull’acquisizione del lessico (Baker, 2003; Jezek, 2007) e necessariamente affrontano il problema della categorizzazione. La domanda fondamentale è come sia possibile avere esperienza di un particolare e sussumerlo sotto una categoria generale. Si tratta, quindi, del problema degli universali. Anche Polanyi (1967a) lo affronta applicando ad esso la doppia articolazione della consapevolezza:

Our conception of a tree, for example, is formed in a similar way.It arises by the tacit integration of countless experiences of different trees and pictures and reports of still others: deciduous and evergreen, straight and crooked, bare and leafy. All these encounters are included in forming the conception of a tree; they are all used subsidiarily with a bearing on the conception of a tree, which is what we mean by the word ‘tree’ (Polanyi, 1967a, p. 191)281.

I primi esperimenti epistemologici di Polanyi riguardano, come è noto, il rapporto tra scienza e società, nell’accezione più ampia che quest’ultima possa avere. E l’acquisizione del linguaggio costituisce un esempio tipico del rapporto tra autorità della scienza e ricercatori, ma soprattutto testimonia la possibilità della trasmissione della conoscenza:

Speech is learned by intelligent imitation of the adult. Each word must be noted in a number of contexts until its meaning is roughly grasped; it must then be read in books and used for some time in speech and writing under guidance of the example of adults in order that its most important shades of meaning be mastered. This training can be supplemented by precept, but imitative practice must always remain its main principle. The same is true of the process by which the elements of the higher arts are assimilated. Painting, music, etc., can be learned only by practice, guided by intelligent imitation. And this applies also to the art of scientific discovery (Polanyi, 1946, p. 29)282.