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Quadro filosofico scientifico di riferimento

ALL’EPISTEMOLOGIA

2.7. Quadro filosofico scientifico di riferimento

61 La questione è affrontata da Polanyi durante la terza e quarta delle Duke Lectures, (Box 36) e note

66 Il secolo scorso, segnato da profonde contraddizioni, è stato la culla di rivoluzioni del pensiero che hanno influenzato la filosofia contemporanea degli ultimi tre decenni come il postmodernismo e il decostruzionismo.

Secondo Gill (2000), il Novecento deve essere considerato come la battaglia di due tipologie di pensatori: coloro che hanno cercato di ricomprendere la profondità del pensiero moderno e coloro che invece hanno cercato di andare oltre, con l’obiettivo di rifondare il pensiero occidentale. Tra i primi possiamo considerare i positivisti e gli empiristi logici, i filosofi analitici. Secondo questi filosofi, la conoscenza coincide con quelle idee che provengono dai dati sensibili e quindi possono essere sottoposte a osservazione e verificazione. Tutto ciò che non risponde al criterio della verificazione è considerato soggettivo e quindi non scientifico. E’ stato il caso dell’estetica, della religione e dell’arte.

Il secondo gruppo di pensatori è costituito da fenomenologi ed esistenzialisti. L’obiettivo di questi filosofi è quello di espungere dalla tradizione filosofica il limite positivista e analitico che confinava il significato e l’esistenza del significato al solo linguaggio.

Spesso il pensiero di Polanyi è stato assimilato al postmodernismo ma, come sostiene Cannon (2008), un simile accostamento appare arduo in quanto l’epistemologo non è stato direttamente esposto al manifesto del postmoderno. Se non si può parlare di una affiliazione al postmodernismo, è però possibile sostenere che è presente in Polanyi una tendenza a nuovi modelli che vanno oltre quelli del modernismo.

La filosofia post-critica, in maniera analoga al postmodernismo, esprime dissenso, un rifiuto di quelli che sono considerati gli aspetti fondamentali della filosofia occidentale dalla fine del medioevo in poi.

Secondo Polanyi, la filosofia critica, in senso molto ampio e soprattutto polemico ha inizio con Descartes, passa attraverso Kant e arriva fino alla filosofia analitica e linguistica contemporanea. Il centro delle riflessioni che lo portano a una simile osservazione concernono il problema del dubbio. Il pensiero critico, infatti, trova il suo fulcro nel valore euristico del dubbio. Se il dubbio, come metodo scientifico, è vincolato alla verificazione, al tempo stesso lo è alla sua formulazione. Secondo Polanyi, se si accetta la visione del pensiero critico, necessariamente siamo di fronte a una possibile e certa formalizzazione della conoscenza.

67 Il pensiero critico è, quindi, sinonimo di conoscenza esplicita, in ogni caso formalizzabile attraverso il linguaggio. Esso si fonda sugli ideali laplaceani del distacco e del dominio e adotta la visione meccanicistica del mondo, con l’obiettivo di perseguire una conoscenza impersonale e oggettiva.

Rigettando questo modo di intendere la conoscenza e l’ideale della neutralità scientifica, Polanyi inaugura un modello di epistemologia che considera fondamentale la dimensione personale della conoscenza.

Nell’ambito della filosofia della scienza, Polanyi sembra non essersi imposto, pur essendo considerato uno dei “nuovi filosofi della scienza” assieme a Thomas Kuhn,

Paul Feyerabend e Stephen Toulmin62. Il suo nome compare solo in maniera

marginale o è genericamente elencato assieme a quello degli altri “nuovi” filosofi

della scienza nei più importanti volumi di filosofia della scienza e di epistemologia63.

I dati provenienti dall’analisi dell’indice dei nomi di alcuni manuali64 di filosofia

della scienza concorrono a formare il quadro secondo cui l’opera epistemologica di Polanyi non è recepita ancora oggi. Ad esempio, sebbene tra i temi classici della filosofia della scienza vi sia quello della scoperta scientifica, le evidenze polanyiane difficilmente vengono prese in considerazione.

Il nostro obiettivo qui è tentare di inserire Polanyi nel contesto contemporaneo dell’epistemologia, attraverso le considerazioni riportate dalla pubblicazione di Personal Knowledge in poi.

Nel 1968 per i tipi della Oxford Univerity Press, Paul Nidditch cura il volume collettaneo The philosophy of science che offre un’analisi dei problemi principali dell’epistemologia. Nella parte conclusiva dell’introduzione, la posizione di Polanyi è considerata con un riferimento positivo alla critica dell’oggettivismo:

A wider consideration, running over all the main epistemological issues raised by science as a whole and by individual sciences, has come to seem to most philosophers of science to be much less important than it used to. It is no accident that only one new, elaborate treatise of this sort has appeared since before the Second World War, its

62 La seconda edizione di Science, Faith and Society pubblicata nel 1964 contiene una introduzione

intitolata Background and Prospect in cui Polanyi confronta la sua epistemologia con gli autori contemporanei individuando analogie e differenze. Prende in considerazione, ad esempio, The philosophy of Science di Stephen Toulmin, Patterns of discovery di Norman Hanson, The Art of Scientific Investigation di William Beveridge, The Structure of Scientific Revolution di Thomas Kuhn, un saggio di Konrad Lorenz e uno di Gerald Holton e la Phenomenologie de la perception di Maurice Merleau-Ponty.

63 Vedi Routledge Encyclopedia of philosophy, vol. 3, The Routledge Companion to Philosophy of

Science, The Routledge Companion to Twentieth Century Philosophy, A companion to the philosophy of science.

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68 author-Michael Polanyi-not being a recognized philosopher. His book goes a little way in some respects towards providing an adequate account of certain matters it raises; its chief value lies in its criticism of ‘objectivism’ (i.e. the doctrine that all scientific beliefs are determined solely by observed facts) and in focusing on certain aspects of heuristics which have been overlooked or neglected. One of Polanyi’s theses is that an understanding of the character of scientific knowledge (with all that this embraces) can be gained only by viewing this comprehensively in relation to the process of discovery. Discoveries are made in the context of already established discoveries. At any rate one major problem posed by science is its progressiveness; yet the way science advances is not satisfactorily accounted for by the usual, logical analyses of scientific structure, most of which, in any case, scarcely touch, still less come to grips with, the problem; for they start from what are regarded as completed scientific theories as data (Nidditch, 1968, pp. 9-10).

Solo qualche anno prima, nel 1966, Stephan Körner pubblica un saggio sul ruolo di esperienza e teoria nella filosofia della scienza, senza nessun riferimento a Polanyi. Un esempio della scarsa considerazione di cui gode il pensiero polanyiano si trova nella Routledge History of Philosophy in cui Joseph Agassi sostiene che:

There are two answers to this question, that of the traditional philosophers of science and that of the sociologists of science led by Michael Polanyi and his follower Thomas S. Kuhn. The one is exoteric, and so should be able to describe the formula that makes science an ongoing success; the other is esoteric and describes the knowledge of the formula an ineffable personal knowledge of the trade secret which is transmitted by master to apprentice. This is the worst aspect of the philosophy of science as currently practiced, as public – relations mulch: science is predictive success or it is nothing (Agassi, 1996, p. 249).

La posizione di Agassi ci pone di fronte a due questioni: in primo luogo, in maniera erronea l’epistemologia polanyiana è stata assimilata a visioni sociologiche della conoscenza; in secondo luogo, l’epistemologia kunhiana viene considerata come un prodotto di quella polanyiana. Sulla prima questione interverremo nel capitolo seguente, in cui mostreremo la portata dell’epistemologia personalista.

Per ciò che riguarda il rapporto teorico tra Kuhn e Polanyi, è importante evidenziare che la prima edizione di The Structure of Scientific Revolutions, pur essendo stata pubblicata quattro anni dopo Personal Knowledge: towards a post-critical philosophy non contiene i riferimenti che invece sono presenti nella seconda edizione (1970, trad. it. 1978, pp. 209-251) in cui si nota come il pensiero di Polanyi sia largamente preso in considerazione per ciò che riguarda la struttura della comunità

scientifica65. Nel contributo a International Colloquium in the Philosophy of

Science66, Polanyi sostiene di aver riscontrato in Thomas Kuhn un simile approccio

65 Il rapporto tra il pensiero di Kuhn e quello di Polanyi è stato analizzato sotto la lente del

falsificazionismo da Musgrave, 1971.

66 Il convegno ha avuto luogo presso il Bedford College nel 1965. Per gli atti del Convegno si veda:

69 alla questione dell’impegno personale. Tuttavia, sono note delle critiche mosse da Kuhn a Polanyi. Anche in Polanyi, infatti, è presente l’idea di rivoluzione: «discoveries are made by pursuing unexpected possibilities suggested by existing knowledge. And this is how science retains its identity through a sequence of

successive revolutions» (Polanyi, 1967c [1969b], p. 79)67. Questa particolare

concezione del paradigma non sempre è stata intesa come dinamica, tanto che Kuhn taccia Polanyi di conservatorismo per la scarsa rilevanza della rivoluzione e della crisi paradigmatica nella sua teoria della conoscenza.

Il rapporto con Thomas Kuhn evidenzia che Polanyi occupa effettivamente un posto nella storia della filosofia della scienza, che tuttavia ha consacrato Karl Popper come il pensatore di riferimento. E’ inevitabile, quindi che il pensiero di Polanyi sia confrontato con quello di Popper. Entrambi i filosofi sono nati nell’Impero austro- ungarico e si oppongono al metodo positivista e al totalitarismo, seguendo due strade diverse. Mentre Polanyi inaugura una filosofia post-critica che rigetta l’ideale di dubbio, osservabilità e verificazione, Popper inaugura il metodo ipotetico - deduttivo e i tre principi epistemologici della fallibilità, della discussione razionale e dell’avvicinamento alla verità. La differenza principale tra Polanyi e Popper riguarda l’importanza di elementi informali per la scoperta scientifica quali i giudizi personali, le credenze, che concorrono alla sua visione della conoscenza umana articolata in conoscenza tacita e conoscenza esplicita.

Se l’epistemologia polanyiana è stata posta in relazione ad altre epistemologie68

contemporanee, temi come quelli che riguardano la logica della scoperta scientifica e l’immaginazione creativa, Polanyi sembra avere con Albert Einstein un rapporto ben più profondo e che non riguarda la ricerca sulla termodinamica ma si riferisce ad un metodo. Quella che pare essere una filiazione dettata da un dettaglio, un inusuale modus operandi rispetto alla tradizione, affonda le radici in un comune rifiuto delle

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«le scoperte si fanno sviluppando possibilità insospettate suggerite dalla conoscenza esistente. E questo è il modo in cui la scienza conserva la sua identità attraverso una serie di rivoluzioni successive» (Polanyi, 1967c [1969b], trad. it. 1988, p. 113).

68 L’epistemologia personalista di Michael Polanyi è stata confrontata spesso con l’epistemologia di

Kuhn, di Popper, e con le teorie dei “nuovi filosofi della scienza”. In generale, possiamo affermare che queste analisi sono state effettuate all’interno di un quadro teorico di epistemologia storica. Tuttavia, se consideriamo che il corso più fortunato dell’epistemologia storica è quello sviluppatosi in Francia, dobbiamo ritenere insufficienti le ricerche condotte sull’argomento. In particolare, non risultano molti studi su Polanyi ad opera di intellettuali francesi, né confronti tra Polanyi e Bachelard, come esempio dell’epistemologia storica francese. Tra le ricerche effettuate ricordiamo: Castelao- Lawless (2004) che presenta le affinità tra l’epistemologia di Bacherlard, Popper, Kuhn e Polanyi; Vinti (2008) per una rilettura delle due epistemologie con la conseguente evidenza di due diverse sfere del personale.

70 teorie del positivismo e del convenzionalismo della scienza, in particolare di Ernst Mach e del Circolo di Vienna per cui la scienza è un insieme di relazioni funzionali di concetti osservabili senza alcun riferimento al loro essere veri o falsi. Entrambi rifiutano il dualismo introdotto nella conoscenza scientifica a partire da Descartes. Lo sforzo di Polanyi può sembrare quello di decostruire la base della tradizione filosofica ma in realtà colpisce soprattutto la radice scientifica della nostra dimensione filosofica e culturale.