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La logica della conoscenza tacita : il contributo della Gestaltpsychologie

ALL’EPISTEMOLOGIA

3.5. La struttura compiuta della conoscenza tacita 1 I sinonimi del tacito

4.1.1. La logica della conoscenza tacita : il contributo della Gestaltpsychologie

Il contributo che l’esperienza umana conferisce alla scienza è uno dei punti più fecondi dell’epistemologia polanyiana. E’ infatti all’interno della riformulazione della teoria della conoscenza oggettiva come teoria della conoscenza personale che Polanyi afferma:

I have used the findings of Gestalt psychology as my first clues to this conceptual reform. Scientists have run away from the philosophic implications of gestalt; I want to countenance them uncompromisingly (Polanyi, 1958a, p. vii)173.

Come sottolinea Bill Scott (1962), probabilmente Polanyi con Personal Knowledge è alle prese con la nascita di una sorta di filosofia della Gestalt, proprio perché la Gestaltpsychologie174 rappresenta nelle sue riflessioni il più acuto sfondo teoretico che gli consente la possibilità di dirigere l’attenzione verso quegli elementi taciti del processo scientifico a cui soventemente si riferisce.

Questa idea di fondo trova conferma nella tesi espressa da Mullins (2010) e Nagy (1992) che mettono in relazione l’uso della teoria della Gestalt con le idee di società

libera e di ordine spontaneo in senso polanyiano175. In una nota non pubblicata del

1939 Polanyi si riferisce direttamente alla Gestalt affermando:

Faith is many cases a condition for understanding. Indeed, gestalt psychology shows that the very contents of our sensation depend on recognising their meaning. Perception is interpretative. Vividness of conscious external contact is only possible when our

173 «Ho usato le scoperte della psicologia della forma come spunto di approccio a questa riforma

concettuale. Gli scienziati hanno evitato le implicazioni filosofiche della Gestalt; mia intenzione è favorirli senza compromessi» (Polanyi, 1958a, trad. it. 1990, p. 69).

174 Non possiamo affermare con esattezza in che maniera Polanyi sia entrato in contatto con gli

Psicologi della Forma e con le loro discussioni, sebbene proprio mentre Polanyi si trova a Berlino anche Kohler si trova nella stessa città e lavora presso l’Istituto di Psicologia, fino al 1922 diretto dal suo maestro Carl Stumpf. Solo per pochi anni, fino al 1925, anche Max Wertheimer, altro esponente della Gestaltpsychologie, si trova a Berlino. In maniera diffusa, Polanyi si riferisce alle opere dei maggiori gestaltisti, ma il primo riferimento è datato 1941 in riferimento all’opera del 1929 di Kohler, Gestalt Psychology. Infatti, come già messo in evidenza nel primo capitolo, nell’articolo The growth of the thought in society (1941), Polanyi prende a prestito l’espressione dynamic order coniata da Kohler per applicarla all’economia e alla società, riformulando una teoria dell’ordine spontaneo. Cfr. Capitolo 1, paragrafo 3.

175

136 senses discover a pattern of reality. It is an acquirement between mind and world that produces all definite content of consciousness176.

In questa che possiamo ritenere una nota di lavoro, o la base di un progetto, troviamo in realtà degli spunti rilevanti e caratterizzanti l’intera opera polanyiana. In primo luogo, il concetto di fede, ossia quell’abbandono fiduciario alla realtà, quell’accettare la possibilità che la realtà sia organizzata in pattern coerenti tra loro. Da questa prima frase, in cui troviamo un impegno che attraversa l’attività epistemologica e di riflessione politica del Polanyi, ecco il riferimento diretto alla Psicologia della Forma e a quella teoria del significato a cui Polanyi in ultima analisi aspira. Riconoscere un significato mette in moto – questo intende Polanyi – un processo interpretativo attivo

e personale, proprio ciò che avviene sia nella percezione che nella significazione177.

Già le prime riflessioni sulla conoscenza scientifica mostrano un legame diretto con la Gestaltpsychologie e attraverso cui ha inizio quel dialogo mai interrotto con la struttura della realtà. Quella filosofia della Gestalt che Scott (1962) ha riconosciuto nella maggiore opera polanyiana prende avvia diversi anni prima:

We must go back to the process by which we usually first establish the reality of certain things around us. Our principal clue to the reality of an object is its possession of a coherent outline. It was the merit of Gestalt psychology to make us aware of the remarkable performance involved in perceiving shapes. [..]We can say, therefore, that the capacity of scientists to guess the presence of shapes as tokens of reality differs from the capacity of our ordinary perception, only by the fact that it can integrate shapes presented to it in terms which the perception of ordinary people cannot readily handle. The scientist's intuition can integrate widely dispersed data, camouflaged by sundry irrelevant connexions, and indeed seek out such data by experiments guided by a dim foreknowledge of the possibilities which lie ahead. These perceptions may be erroneous; just as the shape of a camouflaged body may be erroneously perceived in everyday life (Polanyi, 1946, p. 10).178.

176 Polanyi Archives, Box 26, Folder 1: Notes on prejudice.

177 In molte delle sue affermazioni Polanyi appare criptico, quasi poco esaustivo, ma è proprio in

poche pagine scritte tra il 1936 e il 1939, in The Value of the Inexact e in questa nota non pubblicata di cui abbiamo riportato questo passaggio iniziale, che la teoria polanyiana è dispiegata a grandi linee. Ci preme ricordare che in questi anni Polanyi è giunto a Manchester e le sue riflessioni sulla scienza, la società e la funzione della pianificazione hanno appena avuto inizio, mentre il suo contributo più propriamente filosofico arriverà solo dopo quasi venti anni.

178 «Dobbiamo ritornare al processo attraverso il quale usualmente stabiliamo in primo luogo la realtà

delle cose attorno a noi. Il nostro principale indizio riguardante la realtà di un oggetto è il suo possesso di un profilo coerente. E’ stato merito della psicologia della Gestalt averci reso consapevoli delle notevoli operazioni implicate nel percepire le forme. […] Possiamo quindi dire che la capacità degli scienziati di ipotizzare la presenza di forme come esemplari della realtà differisce dalla capacità della nostra percezione ordinaria solo per il fatto che essa può integrare le forme che le si presentano in termini che la percezione della gente comune non può maneggiare facilmente. L’intuizione degli scienziati può integrare dati molto sparpagliati, camuffati da varie connessioni irrilevanti, ed infatti scova tali dati per mezzo di esperimenti guidati da una debole preconoscenza delle possibilità che sono in serbo. Queste percezioni possono essere erronee; proprio come, nella vita di ogni giorno, può essere percepita in maniera erronea la forma di un corpo camuffato» (Polanyi, 1946 [1964b], trad. it. 2007, pp. 46-47).

137 Lo scienziato, quindi, nel pieno della sua conoscenza scientifica si pone l’obiettivo di distinguere Gestalten presenti nella realtà. Da un punto di vista logico, compiere una scoperta scientifica ha la stessa struttura della percezione, se consideriamo: « the process of discovery as a spontaneous coalescence of the elements which must

combine to its achievement» (Polanyi, 1946, p. 19)179. Qui il processo della scoperta

scientifica risulta essere un processo di emersione, diremmo quasi ‘automatico’, che nasconde quindi l’importanza della fiducia nelle credenze scientifiche da parte dello scienziato. Infatti, non è possibile – sostiene Polanyi – ammettere che esistano solo sensazioni primarie a cui affidarsi, ma invece che esistono anche sensazioni di cui non siamo consapevoli. Tuttavia, Polanyi mette in chiaro che ogni atto di percezione dipende da una nostra scelta di interpretazione ma ogni volta che vediamo un oggetto, allo stesso tempo, ci è impossibile non vederlo a quel modo.

Nella relazione profonda tra scienza e percezione, la conoscenza scientifica è una estensione della percezione e si manifesta come

a kind of integration of parts to wholes, as Gestalt psychology has described, but in contrast to Gestalt, which is a mere equilibration of certain pieces to form a coherent shape, it is the outcome of deliberate integration revealing a hitherto hidden real entity (Polanyi, 1972, p. 48).

Sono due gli elementi che emergono da questo rapportarsi di Polanyi alla tradizione gestaltista: in primo luogo, il carattere deliberativo, di scelta, quindi attivo e personale della percezione visiva e poi, la maniera in cui vediamo e, per quanto Polanyi non lo affermi espressamente, riconosciamo un oggetto. Sul primo importante e controverso aspetto ci soffermeremo nel prossimo paragrafo, mentre ora è importante dedicare la nostra attenzione all’atto percettivo e a quegli elementi a cui la riflessione polanyiana maggiormente aderisce.

L’articolata produzione di Polanyi si rapporta alla psicologia della forma essenzialmente in due modi, ossia facendo riferimento al concetto di Gestalt e rapporto tra parti e intero. Quello che possiamo considerare come una delle pietre angolari della teoria polanyiana è il seguente:

Una forma è – prescindendo dal suo carattere “totale” – caratterizzata per essere delimitata, spiccante, coerente o “chiusa”, e strutturata od organizzata. […] Nella struttura d’una forma, il tutto e le sue parti si determinano reciprocamente, predominando le qualità del tutto fenomenicamente sulle qualità delle parti. […] La forma ha, oltre al suo primato fenomenico, anche un primato funzionale: ciò vuol dire

179 «il processo della scoperta come un’unione spontanea degli elementi che si devono combinare per

138 che emanano da essa, e non dalle parti che la compongono, delle influenze su altri processi (Katz, 1944, trad. it. 1979, pp. 68 - 72).

Seguendo la Psicologia della Gestalt percepiamo forme come unità globali e non intese come somma delle parti, quindi ad esempio dei bicchieri su un tavolo come unità separate, perché siamo in grado di organizzare il nostro campo visivo attraverso l’utilizzo di leggi come quelle della vicinanza, dell’eguaglianza, della forma chiusa, del destino e del moto comune, dell’esperienza passata e infine, la legge della pregnanza.

The rule that we follow in shaping the sight of the inflated ball is one that we taught ourselves as babies, when we first experimented with approaching a rattle to our eyes and moving it away again. We had to choose then between seeing the rattle swelling up and shrinking alternately, or seeing it change its distance while retaining its size, and we adopted the latter assumption. By this way of seeing things we eventually constructed a universal interpretative framework that assumes the ubiquitous existence of objects, retaining their sizes and shapes when seen at different distances and from different angles, and their colour and brightness when seen under varying illuminations (Polanyi, 1958a, pp. 96-97)180.

Queste leggi regolano le dinamiche di organizzazione dei dati percettivi, in particolare, la legge della pregnanza è quella su cui voglio richiamare l’attenzione poiché importante da inserire nell’uso polanyiano della Gestalt. E’ fondamentale a questo proposito seguire Kanisza (1980) che si riferisce alla pregnanza definendola un principio troppo spesso usato solo con il significato generico di buona Gestalt. Riteniamo, invece, che nell’impianto polanyiano il principio della pregnanza possa essere usato tenendo sempre presente che:

Il campo percettivo si segmenta in modo che ne risultino unità e oggetti percettivi per quanto possibile equilibrati, armonici, costruiti secondo un medesimo principio in tutte le loro parti, che in tal modo «si appartengono», «si richiedono» reciprocamente, stanno bene insieme (Kanisza, 1980, p. 59).

Il principio della pregnanza è usato da Polanyi ed è possibile riscontarlo nel riferimento frequentissimo alla coerenza riferita all’ ambito percettivo ma che richiama un forte legame all’ontologia degli oggetti in particolare:

180

«La regola che seguiamo nel modellare la visione della palla gonfiata è una regola che apprendiamo da bambini, quando cominciamo ad avere esperienza di un oggetto sonante che si accosta ai nostri occhi e poi di nuovo si allontana. Allora dovevamo scegliere fra il vedere l’oggetto crescere e decrescere alternativamente o vederne cambiare la distanza mentre conservava la sua dimensione, così adottammo la seconda alternativa. Con questa maniera di vedere le cose noi alla fine abbiamo costruito uno schema interpretativo universale che suppone gli oggetti come esistenti dappertutto sempre con le loro dimensioni e le loro forme quando sono visti a distanze diverse e sotto diverse angolature, e i loro colori e la loro brillanza quando sono visti sotto diverse illuminazioni» (Polanyi, 1958a, trad. it. 1990, p. 198).

139 The study of perception by gestalt psychology has demonstrated the tacit operations that establish such coherence […] My powers of perceiving coherence make me see these thousand varied and changing clues jointly as one single unchanging object, as object moving about at a different distances, seen from different angles, under variable illumination. A successful integration of a thousand changing particulars into a single constant sight makes me recognize a real object in front of me (Polanyi, 1964d [1969b], pp. 198-139)181.

Polanyi rilegge il processo della percezione a partire dal principio che caratterizza la Psicologia della Gestalt, ossia che la percezione del tutto, poniamo di un oggetto, non sia il risultato di un processo di addizione della percezione dei singoli elementi che lo compongono, ma anzi chiamiamo in causa una facoltà di integrazione con finalità che riguardano la comprensione. Attraverso una operazione di smembramento della consapevolezza dell’uomo rispetto agli elementi che percepisce, Polanyi stabilisce l’esistenza di un duplice livello della consapevolezza, articolazione che presenta un sostrato esistenziale, come risultante della portata ontologica e semantica che ne scaturisce:

We may say that when we comprehend a particular set of items as parts of a whole, the focus of our attention is shifted from hitherto uncomprehended particulars to the understanding of their joint meaning. This shift of attention does not make us lose sight of the particulars, since one can see a whole only by seeing its parts, but it changes altogether the manner in which we are aware of the particulars. We become aware of them now in terms of the whole on which we have fixed our attention. I shall call this a subsidiary awareness of the particulars, in contrast to a focal awareness which would fix attention on particulars in themselves, and not as parts of a whole. I shall also speak correspondingly of a subsidiary knowledge of the same items (Polanyi, 1958b, p. 30)182.

Questa teoria trova conferma se applicata ad uno dei possibili eventi della vita quotidiana:

When we use a hammer to drive in a nail, we attend to both nail and hammer, but in a different way. We watch the effect of our strokes on the nail and try to wield the hammer so as to hit the nail most effectively. When we bring down the hammer we do

181 «Lo studio della percezione da parte della psicologia della Gestalt ha mostrato le operazioni tacite

che stabiliscono tale coerenza. […] Le mie capacità di percepire la coerenza mi fanno vedere insieme mille indizi variati e mutanti come un solo oggetto senza mutamenti, come un oggetto che si muove intorno a differenti sostanze, visto da angoli differenti, sotto illuminazioni variabili. Un’integrazione di successo di un migliaio di particolari in mutamento in una singola visione costante mi fa riconoscere un oggetto reale di fronte a me» (Polanyi, 1964d [1969b], trad. it. 1988, p. 175).

182 «Possiamo dire che, quando comprendiamo una particolare serie di oggetti come parti di un tutto, il

fuoco della nostra attenzione si sposta dai particolari, fino a quel momento non compresi, alla comprensione del loro significato unitario. Questo spostamento di attenzione non ci fa perdere di vista i particolari, dato che ci è possibile vedere un tutto soltanto vedendo le singole parti, ma cambia interamente il modo in cui siamo consapevoli dei particolari. Ne diventiamo consapevoli in termini del tutto sul quale abbiamo fissato la nostra attenzione. Chiamerò questo processo consapevolezza sussidiaria dei particolari in contrasto alla consapevolezza focale, che dovrebbe concentrare l’attenzione sui particolari in sé stessi e non come parti di un tutto. Di conseguenza dovrò anche parlare di conoscenza sussidiaria di tali elementi come forma distinta dalla conoscenza focale degli stessi elementi »(Polanyi, 1958b, trad. it. 1973, p. 25).

140 not feel that its handle has struck our palm but that its head has struck the nail. Yet in a sense we are certainly alert to the feelings in our palm and the fingers that hold the hammer. They guide us in handling it effectively, and the degree of attention that we give to the nail is given to the same extent but in a different way to these feelings […] I have a subsidiary awareness of the feeling in the palm of my hand which is merged into my focal awareness of my driving in the nail (Polanyi, 1958a, p. 55)183.

Abbiamo notato che la pratica del gioco del golf può ancora meglio rappresentare la dinamicità della coppia consapevolezza sussidiaria – consapevolezza focale. Il giocatore dopo avere impugnato il club più appropriato, dirige la sua attenzione alla pallina e tale la mantiene mentre il resto del corpo viene coordinato rispetto alla pallina e alla rotazione che compie il busto, quasi a braccia tese.

Nel riconoscere l’esistenza e l’intreccio di due tipi di consapevolezza bisogna anche richiamare un principio logico che le lega e ne determina il rapporto: «Since it is not possible to be aware of anything at the same time subsidiarily and focally, we necessarily tend to lose sight of an entity by attending focally to its particulars» (Polanyi, 1964c [1997], p. 333).

Nelle nostre esperienze quotidiane, anche del nostro corpo siamo consapevoli sussidiariamente ed anche esso costituisce uno strumento. La consapevolezza sussidiaria che abbiamo del nostro corpo – sostiene Polanyi – è uno degli elementi

che ci caratterizza da un punto di vista esistenziale e di agenti184.

Nel percepire un oggetto, gli indizi a cui di cui siamo consapevoli vengono integrati nell’apparenza di un oggetto, secondo una distinzione tra indizi prossimali e distali che discende direttamente dalla articolazione della consapevolezza in sussidiaria e focale:

This act of integration, which we can identify both in the visual perception of objects and in the discovery of scientific theories is the tacit power we have been looking for. I shall call it tacit knowing.[…] In the case of perception we are attending to an object separated from most of the clues which we integrate into its appearance; the proximal

183

«Quando usiamo un martello per conficcare un chiodo, badiamo sia al chiodo che al martello, ma in maniera diversa. Noi osserviamo l’effetto dei nostri colpi sul chiodo e cerchiamo di manovrare il martello in modo sa colpire il chiodo nel modo più efficace. Quando abbassiamo il martello, non sentiamo che il suo manico ha colpito il palmo della mano con cui lo manovriamo ma che la sua testa ha colpito il chiodo. Tuttavia in un certo senso siamo certamente attenti alle sensazioni nel palmo della mano e nelle dita che stringono il martello. Esse ci guidano nel maneggiarlo in maniera efficace e il grado di attenzione che prestiamo al chiodo è prestato nella stessa estensione ma in un modo diverso a queste sensazioni. […] Io posseggo una consapevolezza sussidiaria della sensazione nel palmo della mano, che si fonde con la mia consapevolezza focale del martellamento nel chiodo che sto facendo» (Polanyi, 1958a, trad. it. 1990, p. 143). Corsivo dell’autore.

184 E’ proprio sul tema della corporeità e del suo ruolo nel processo della significazione che torneremo

141 and the distal terms are then largely different objects, joined together by tacit knowing (Polanyi, 1964d, [1969b], p. 140) 185.

L’uso dei principi della psicologia della Gestalt e la loro rilettura porta Polanyi, strenuo fautore della partecipazione personale nel processo conoscitivo, a riformulare il rapporto tra il soggetto e il mondo esterno secondo delle influenze che provengono anche dalla fenomenologia. Ma l’esempio della percezione come conoscenza tacita – quasi una forma depauperata di conoscenza – rimane sicuramente il terreno ideale per intravedere la portata e le importanti implicazioni filosofiche che la psicologia della Gestalt ha sia nell’opera polanyiana. Inoltre, essa può essere il nostro punto di partenza per vagliare la portata ontologica, semantica e semiologica della conoscenza tacita.

A questo proposito – anticipando quanto diremo più avanti- vogliamo sottolineare la presenza di due temi nel percorso polanyiano e che delineeremo con precisione nel corso di questo e del prossimo capitolo:

Take two points. (1) Tacit knowing of a coherent entity relies on our awareness of the particulars of the entity for attending to it; and (2) if we switch our attention to the