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La Ricezione di Polanyi in Italia

ALL’EPISTEMOLOGIA

2.8. La controversa ricezione di Michael Polanyi.

2.8.1. La Ricezione di Polanyi in Italia

Se la ricezione di Polanyi risponde a una qualche coerenza nel corso degli anni, non è possibile sostenere lo stesso per l’Italia, in cui la ricezione delle diverse fasi della ricerca polanyiana ha seguito movimenti ascendenti e discendenti.

La ricostruzione della ricezione del pensiero polanyiano in Italia si sviluppa secondo tre elementi: relazione tra Polanyi e altri intellettuali italiani; traduzione delle sue opere; studi e ambiti di studio del pensiero polanyiano.

La prima testimonianza di Polanyi in Italia risale alla data 11 febbraio 1933, momento a partire dal quale è eletto Socio Straniero dell’Accademia di Scienze

Naturali della Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti in Napoli70. L’elenco dei

soci riporta la presenza del socio straniero Michele Polanyi senza citarne i motivi dell’elezione né l’eventuale presentazione da parte di altri soci. Nell’ultimo annuario dei soci della società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti in Napoli pubblicato nel 2008 è menzionato Michele Polanyi, senza ulteriori dettagli se non quelli dell’elezione. Mentre degli altri soci della Società sono indicati anche luogo e data di nascita ed eventuale luogo e data di morte, i dati che riguardano Polanyi risultano

incompleti, tanto che non ne risulta registrata la data e il luogo di morte71. Allo stesso

modo, i fascicoli in cui è raccolta l’attività dei soci72 non riportano alcun contributo a

firma dell’epistemologo. 70

Vedi Due secoli di attività scientifica della Reale Accademia della Scienze fisiche e matematiche di Napoli, a cura di Geremia d'Erasmo, Stabilimento tipografico G. Genovese, 1940 e Attività scientifica della Reale Accademia della Scienze fisiche e matematiche di Napoli 1940-1993, Liguori editore, 1995.

71 Abbiamo reso disponibili alla segreteria della dell’Accademia di Scienze Naturali della Società

Nazionale di Scienze, Lettere e Arti in Napoli i dati mancanti su Michael Polanyi.

72 Vedi Appendice al vol. IX della 4a serie del Rendiconto in Due secoli di attività scientifica della R.

73 L’attività politica polanyiana ha avuto una eco anche in Italia. Come membro del Congress for Cultural Freedom, Polanyi ha contatti con intellettuali e politici italiani come Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte. Nel 1956, i due fondano la rivista Tempo presente, i cui numeri cessano di uscire a partire dal 1967, quando si scopre che il Congress for Cultural Freedom è finanziato dalla CIA. In una lettera del 4 gennaio 1965 Nicola Chiaromonte mostra apprezzamento per l’articolo “On the Modern

Mind”73 e chiede l’autorizzazione alla traduzione e pubblicazione su Tempo

Presente. L’autorizzazione è scritta il 21 gennaio 1965. Non occorre nessuna altra lettera a firma di Chiaromonte né di Silone nei due anni successivi.

Nel 1973 la casa editrice Morcelliana di Brescia pubblica la prima traduzione italiana di un volume di Polanyi. Si tratta di Study of man, pubblicato come Studio dell’uomo – Individuo e Processo Conoscitivo, a cura di Antonino Cascino. L’introduzione di Cascino che accompagna la traduzione mette in luce la dialettica tra conoscenza esplicita e conoscenza tacita, ma non esprime una motivazione riguardo alla scelta operata con la volontà di rendere disponibile al pubblico italiano questo volume. La conoscenza inespressa è la traduzione di The Tacit dimension pubblicata dalla casa editrice Armando nel 1979. La prefazione oltre che esplicitare i temi fondamentali affrontati da questo importante volume, esprime anche un giudizio di valore: «Ma The Tacit Dimension, che certo è un libro antimarxista o più semplicemente anticomunista, ha un valore che supera il momento contingente della polemica e ne collega l’intenzione nascosta alle intemperie neoumanistica dei grandi intellettuali tra le due guerre, da Bergson a Popper ad Adorno, allo stesso Maritain» (Voltaggio, 1979, p. 13). Rileggere The Tacit Dimension tenendo presente questo quadro di riferimento può indurre nell’errore di intendere lo sforzo di sistematizzare la teoria della conoscenza tacita come il riflesso di una posizione politica. Il volume in questione è l’unico momento di sintesi e chiarificazione della dimensione tacita della conoscenza. Lo stesso Polanyi, nell’introduzione, non lascia alcun indizio che lasci pensare esclusivamente a uno sguardo antimarxista della cultura. E’ vero che Polanyi riprende la questione della pura scienza e della scienza applicata riferendosi

Indice generale dei lavori pubblicati dal 1904 al 1942. Appendice al vol. XXXV della 3a serie del Rendiconto, Napoli.

73

74 al suo incontro con Bukharin, ma la spazio che gli concede è minimo e le occorrenze

della parola “marxismo” sono solamente due, a pagina 75, in circa 108 pagine74.

Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, Arcangelo Rossi, storico della scienza, si occupa diffusamente dell’epistemologia polanyiana pubblicando diversi saggi in volumi collettanei. E’ sua la traduzione della raccolta di saggi Knowing and Being. Nella prefazione alla traduzione del volume, Rossi si pone il problema della poca fortuna del pensiero polanyiano in Italia.

La conoscenza personale: verso una filosofia post-critica arriva in Italia solo nel 1990 in una traduzione a opera di Emanuele Riverso e corredata da una premessa e dalla bibliografia degli scritti di Michael Polanyi suddivisi per ambito di interesse e anno di pubblicazione. La traduzione è preceduta da una ampia premessa che mette in luce diversi aspetti della riflessione filosofica polanyiana e tiene in considerazione il passaggio dalla chimica alla filosofia. Riverso esprime l’ampiezza del pensiero polanyiano e intravede l’entità complessiva che è costituita dal pensiero polanyiano. Oltre agli studi di Rossi e del volume di Monica Quirico Collettivismo e totalitarismo in Hayek e Polanyi, ad offrire molti studi e le traduzioni di opere di

Polanyi è Carlo Vinti. E’ sua l’edizione italiana di The Logic of liberty75 (1951a),

corredata da una prefazione che, oltre ad esplicitare i temi del volume, chiarisce i rapporti di Polanyi con la scuola austriaca e il suo pensiero liberale. Ad opera di Vinti, il pubblico italiano ha potuto disporre anche di Scienza, fede e società (2007) e dell’articolo L’immaginazione creativa (1999).

A questi sforzi di divulgazione del pensiero polanyiano si oppone una poco approfondita conoscenza specialistica, che dipende dalla scarsa conoscenza internazionale di Polanyi e dalla sua assenza da manuali e volumi dedicati alla filosofia della scienza. Tra gli esempi di difficile ricezione e poca rilevanza del pensiero polanyiano nell’ambito della filosofia contemporanea italiana consideriamo la pubblicazione di La conoscenza personale e Per un’epistemologia dell’esperienza personale. Il primo volume è un’ introduzione alla fenomenologia di Roberta de Monticelli, che considera in maniera marginale l’epistemologia polanyiana. Nello specifico, pur dando una sua definizione di “conoscenza personale” non si misura neppure su temi comuni a Polanyi. La posizione di de Monticelli dipende in larga parte da due fattori: il background fenomenologico e la sua definizione di

74 Ci riferiamo alla traduzione italiana del 1979 La conoscenza inespressa, Armando Editore, Roma. 75

75 conoscenza personale come «quella conoscenza dell’individuale il cui paradigma è la conoscenza che facciamo delle persone […] Ma l’aggettivo personale ha il diritto di restare accanto a questo tipo di conoscenza, anche quando il suo oggetto non sono le persone. In effetti questo aggettivo è volutamente ambiguo. Preserva in ogni caso, che l’oggetto sia o no una persona, il senso di un genitivo soggettivo» (de Monticelli, 1998, p. 15-16). Il secondo volume, Per un’epistemologia dell’esperienza personale di Carlo Gabbani, prende le distanze dal tema polanyiano attraverso la specificazione di ciò che si intende con il sintagma ‘esperienza personale’. La tensione epistemologia a cui è sottoposta la nozione di persona tra conoscenza ed esperienza, secondo Gabbani, non sfiora il problema di come l’esperienza personale concorra alla costituzione della conoscenza. «Questo versante è invece quello che è stato posto al centro della classica analisi di Polanyi 1958/1990 che ha cercato di coniugare la necessità dell’elemento personale nella conoscenza e la sua pretesa di validità universale» (Gabbani, 2007, p. 18). Invece, nella sua ricerca Gabbani, intende applicare «l’analisi epistemologica ai caratteri dell’esperienza personale» (ibidem). Infine, è semplice stimare tra i filosofi un’ insufficiente conoscenza di Michael Polanyi e soprattutto una più ampia confidenza del pensiero di Karl Polanyi. Nel saggio Conoscenza tacita e discorsività, Paolo Fabbri attribuisce le ricerche sulla conoscenza tacita a Karl Polanyi e non a suo fratello Michael: «Voglio solo dare una indicazione a mio avviso decisiva, costituita dalle ricerche di Karl Polanyi. Le ricerche di Polanyi sulla conoscenza tacita sono a mio parere una base ancora essenziale per questo tipo di ragionamento» (Fabbri, 2003, p. 59).

76 Capitolo III - LA STRUTTURA DELLA CONOSCENZA TACITA

Nessuno può rivelarvi se non quello che già giace semi-addormentato nell'albeggiare della vostra conoscenza. Il maestro che passeggia all'ombra del tempio, tra i seguaci, non elargisce la sua saggezza, ma piuttosto il suo amore e la sua fede. Se egli è saggio veramente, non vi offrirà di entrare nella casa della propria sapienza; vi condurrà fino alla soglia della vostra mente. L'astronomo può parlarvi di come intende lo spazio, ma non può darvi il proprio intendimento Il musicista può cantarvi il ritmo che è dovunque nel mondo, ma non può darvi l'orecchio che ferma il ritmo, né la voce che gli fa eco. E chi è versato nella scienza dei numeri può descrivervi

le regioni dei pesi e delle misure, ma non può condurvi laggiù.

Gibran, da Sull’Insegnamento, Il Profeta

3.0.Introduzione

Marjorie Grene (1969a) sostiene che l’unico contributo di Polanyi alla filosofia sia la nozione di conoscenza tacita.

La natura della conoscenza tacita resta indeterminata sia per la complessità che essa presenta in Polanyi fin dalla sua prima formulazione, sia per le distorsioni che essa subisce nel momento in cui viene applicata all’economia e al trasferimento tecnologico.

Gli scritti polanyiani mostrano un’attività epistemologica che subisce negli anni una profonda trasformazione. Polanyi, infatti, non utilizza da principio la locuzione tacit knowledge ma sostiene che l’uomo abbia delle facoltà o dei ‘poteri taciti’ (tacit powers).

La difficoltà di comprensione di volumi come Personal knowledge e le variazioni lessicali adottate da Polanyi nel corso di un ventennio hanno portato a profondi fraintendimenti della nozione di conoscenza tacita. In maniera banale, spesso si etichetta la conoscenza tacita come quel sapere che non siamo in grado di esprimere. Noi pensiamo che questa nozione sia la base di tutte le pratiche umane. Per giungere a questa prima conclusione e offrire una proposta di lettura della nozione di conoscenza tacita, pensiamo sia necessario seguire un percorso determinato.

77 In primo luogo, affronteremo la teoria della conoscenza personale in Michael Polanyi (§ 3.1.2.), analizzando le ragioni per cui Polanyi non utilizza la terminologia tradizionale relativa alla conoscenza, ma conia la nuova locuzione che determina una rivoluzione epistemologica (§ 3.1.3.).

Comprendere l’epistemologia polanyiana richiede uno sforzo maggiore che non la semplice elencazione dei suoi capisaldi. Come abbiamo ricordato, l’epistemologia polanyiana riceve scarsa attenzione in un ambiente filosofico dominato all’epoca dai filosofi attivi a Cambridge ed Oxford, in particolare da Russell e Ryle. Uno dei motivi di disattenzione nei confronti della teoria della conoscenza personale è proprio la maggiore attenzione prestata alla teoria della conoscenza oggettiva di Popper (§ 3.1.1.).

Dopo avere contestualizzato la teoria della conoscenza di Polanyi, ci addentreremo nella nozione di conoscenza tacita. L’analisi dei volumi, degli articoli e delle note non pubblicate di Polanyi mostra una chiara evoluzione della nozione di conoscenza tacita. Riteniamo che questa evoluzione vada seguita in ogni sua fase, così da restituire una dettagliata idea della dimensione tacita della conoscenza.

Lo sviluppo della struttura della conoscenza tacita può essere ripartito in tre fasi distinte. La prima riguarda il valore del ‘tacito’ e dell’ ‘inarticolato’ nelle opere epistemologiche a partire dal 1936, quindi prima della pubblicazione di Personal Knowledge (§ 3.2.1.). Qui troviamo una vaga idea di quello che il ‘tacito’ realmente rappresenta e che in prima istanza si mostra in una forma decisamente più compiuta con la pubblicazione di Personal knowledge (1958a). In questo volume, la conoscenza tacita è ancora definita quasi per contrasto con quella di ‘articolazione’, tanto che spesso Polanyi non si esprime con la locuzione “conoscenza tacita” ma con “conoscenza inarticolata”. Solo successivamente Polanyi si avvia ad un approccio sistematico che lo porta a definire la distinzione tra “conoscenza tacita” e “conoscenza esplicita”, basandosi su quella distinzione tra ‘consapevolezza focale’ e ‘consapevolezza sussidiaria’ (§ 3.2.2.) che ci introduce al mutamento del paradigma, per cui passa dalla tacit knowledge al tacit knowing (§ 3.3.). Queste tre fasi – per quanto diverse – sono accomunate dalla continuità che Polanyi mostra attraverso l’uso degli stessi esempi, arricchendoli di volta in volta di nuovi particolari. In questo primo decennio il riferimento alla percezione e al linguaggio è costante. A costituire un dominio comune di questi due riferimenti è la nozione di significato. Infatti, la trasformazione della nozione di conoscenza tacita (tacit knowledge) in conoscere

78 tacito (tacit knowing) è amplificata quando Polanyi senza dirlo chiaramente si avvicina alla pratica linguistica (§ 3.4.).

L’interesse nei confronti della pratica del conoscere tacito assorbe dunque sempre più nel corso degli anni la riflessione polanyiana. Quello che sembra un mutamento lessicale è in realtà il sintomo di un ampliamento dell’epistemologia di Polanyi. Mostreremo il cuore dell’epistemologia polanyiana offrendo una nostra rilettura della nozione di conoscenza tacita. La nostra proposta è che la nozione di tacit knowing si possa considerare come la pratica che garantisce all’uomo la possibilità di essere nel mondo. Questa rilettura mette in luce che ciò è possibile per gli elementi costitutivi che determinano il tacit knowing, tra cui soprattutto il suo carattere insieme personale e collettivo, intenzionale e, come vedremo, soprattutto attivo (§ 3.5.2).

Ai lettori di lingua italiana rimane un altro aspetto da chiarire, che non deve essere considerato secondario. La letteratura di e su Polanyi che abbiamo a disposizione mostra una certa ostilità nell’uso della locuzione “conoscenza tacita”. Crediamo che questo atteggiamento sia dovuto alla diffusione di una serie di aggettivi considerati sinonimi di tacito, come ad esempio ineffabile, inespresso e implicito, ma che in realtà se usati nel contesto polanyiano, minano la piena comprensione della portata del tacit knowing (§ 3.5.1), come vedremo più avanti.