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Il concetto di distretto produttivo

2.1 Una panoramica sul fenomeno dei distretti produttivi

2.1.1 Il concetto di distretto produttivo

Di fondamentale importanza è cercare di dare una definizione di distretto produttivo. Il termine “rappresenta l’entità intermedia tra il singolo soggetto economico e il sistema economico generale, che assume i connotati di ʻuna comunità locale insieme con la propria industriaʼ; quindi, un’industria definita attraverso la comunità locale (ciò che essa produce e il modo in cui organizza la produzione), invece che attraverso la tecnologia produttiva”1. Il termine “distretto produttivo” si origina dal concetto di distretto industriale coniato da Marshall2 e

rivaluta il territorio come una risorsa produttiva e antropizzata, che contribuisce alla produzione economica3.

Analizzando la vasta letteratura economica prodotta in materia, il concetto di distretto industriale è stato spesso confuso o sovrapposto a quello di cluster. I due termini infatti rappresentano una concentrazione sia spaziale che settoriale di una

1 Fabio SFORZI, “Il Distretto Industriale da Marshall a Becattini”, in Il Pensiero economico italiano,

Pisa-Roma, Fabrizio Serra Editore,16, 2, 2008, p. 76.

2 Il concetto di “distretto industriale” viene introdotto da Alfred Marshall nel 1890 e indica una

presenza concentrata di imprese che interagiscono con la comunità locale. Emanuele SALSANO, Lineamenti di sviluppo locale. I distretti industriali, Napoli, Liguori Editore, 2002, cap. 1, I distretti industriali, p.15.

3 Enzo RULLANI, Cluster: tendenze e scenari nell’economia globalizzata, in “FIRST DRAFT.

CREATIVITÀ E INNOVAZIONE”, 2007, http://www.firstdraft.it/wp- content/uploads/2007/01/paperrullanieclustering.pdf, consultato il 6-12-2015.

serie di industrie, dove il maggior vantaggio sta nella prossimità geografica. Essi differiscono invece nel grado di collaborazione tra imprese interne all’agglomerato che nel concetto di cluster non è necessariamente elevato. Se infatti in un distretto la collaborazione tra imprese porta alla creazione di un bene analogo, nel cluster le imprese mantengono la loro diversità creando beni per segmenti diversi della stessa industria4.

Il concetto di cluster viene introdotto per la prima volta dall’economista Michael Porter per indicare il fenomeno di aggregazione dei settori industriali competitivi di una nazione5, dimostrando che questo modello di raggruppamento è

talmente pervasivo da essere una caratteristica essenziale delle economie avanzate6. Malgrado l'assenza di una netta demarcazione fra i due fenomeni, il

concetto di distretto produttivo ha da sempre incorporato il senso più profondo di un tipo di organizzazione economica strutturata sull'esistenza di una comunità locale che condivide sia esperienze di lavoro che di vita e la cui chiave di successo si traduce nei rapporti di trust tra imprese7.

A proposito della confusione che si crea tra i due termini e nell’obiettivo di formulare una definizione di distretto, Sforzi scrive:

“It shares this feature with the cluster with which it is sometimes confused.[…]

It is not a matter of bounding an agglomeration of firms (in the same industry or several industries, complementary or different), but a local community which mirrors an industrial specialisation and the way it (the community) is organising the production. When production is organised through small firms which tend to specialise in one or few stages of the same production process, then it is a

district community.”8

4 Antonella LAINO, Imprese e mercati imperfetti, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 64.

5 Michael E. PORTER, Il vantaggio competitivo delle nazioni, trad. di Michele Pacifico, Maria Teresa

Cattaneo e Monica Zardoni, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1991 (ed. originale The Competitive Advantage of Nations 1989), cap. 4, “La dinamica del vantaggio nazionale”, p. 167.

6 Idem, p. 189.

7 Il concetto di trust rappresenta una peculiarità dei distretti, in quanto indica delle relazioni di

collaborazione che si basano su legami di parentela o di conoscenza personale. Walter W. POWELL, “Trust-Based forms of Governance”, in Roderick M. Kramer e Tom R. Tyler (a cura di), Trust in Organizations, London (UK), SAGE Publications, 1996, p. 53.

8 Fabio SFORZI, “The Empirical Evidence of Industrial Districts in Italy”, in Giacomo Becattini, Marco

Bellandi, Lisa De Propis (a cura di), A Handbook of Industrial Districts, Part III, Section 6, 2014, Cheltenham (UK)- Northhampton (MA,US), Edward Elgar Publishing, pp. 332-333.

Il distretto industriale di tipo tradizionale è caratterizzato da un continuo flusso d’informazioni e comunicazioni tra imprese che permette non solo una maggiore collaborazione, ma anche una specializzazione flessibile. Attraverso la collaborazione tra imprese si favorisce la riduzione dei costi di avvio di una nuova attività economica, mentre la specializzazione flessibile permette alle aziende di reagire ai mutamenti di mercato9.

All’interno di questo elaborato i termini vengono usati ambedue indistintamente. Questa scelta deriva in primo luogo dallo studio della letteratura cinese in merito ai distretti produttivi che non marca una netta differenza tra i due termini. In secondo luogo, questa decisione dell’autore ha le sue fondamenta nello studio del fenomeno di raggruppamento nella realtà cinese nella sua interezza. Come già accennato, il modello di raggruppamento della RPC presenta delle specificità proprie per cui il fenomeno appare simile a quello europeo nelle caratteristiche di agglomerazione e specializzazione flessibile, e presenta una geografia più ampia per quanto riguarda le reti distrettuali. Come evidenzia uno studio effettuato da Chirsterson e Lever-Tracy, le imprese cinesi che operano secondo una struttura organizzativa distrettuale, presentano delle reti che superano i confini geografici e poggiano le loro fondamenta sul ruolo chiave dato ai rapporti di conoscenza e parentela originatisi dalla dimensione dei villaggi10. Per questa motivazione facendo riferimento ai distretti produttivi o cluster s’intende una concentrazione geografica di piccole e medie imprese e le relative istituzioni interconnesse in un particolare ambito11.

In merito allo sviluppo dei distretti industriali cinesi è d’obbligo citare il caso dei distretti industriali italiani. Essi rappresentano una caratteristica peculiare del modello economico del nostro Paese. Non è questa la sede per approfondire il caso italiano, bensì si vuole porre l’accento sulla somiglianza tra i due casi che porta frequentemente a usare l’esperienza italiana come termine di paragone per quella

9 Enrico COTTA RAMUSINO, Alberto ONETTI, La valutazione delle risorse e delle competenze

dell’impresa come fattori di successo nella competizione, Milano, Gruppo 24 Ore, 2009, (I ed.), cap. 4, “Strategia d’impresa. Obiettivi, contesto, risorse, azioni, sviluppo, innovazione”, p. 258.

10 Si fa qui riferimento ad una ricerca in cui si studiano le peculiarità del fenomeno di

raggruppamento cinese considerandone le similitudini con i casi europei, ma anche le caratteristiche proprie del caso cinese. Brad CHRISTERSON and Constance LEVER-TRACY, “The Third China? Emerging Industrial Districts In Rural China”, Blackwell Publishers, Oxford, 1997.

11 Michael E. PORTER, “Clusters and the New Economics of Competition”, Haward Business Review,

cinese. Infine non è da sottovalutare la possibilità di trasformare la sfida, che oggi i distretti cinesi avanzano nei confronti di quelli italiani, in un rapporto economico di collaborazione.