QUESTIONI DI DIRITTO SOSTANZIALE
LE RISPOSTE ALLE ESIGENZE DI DETERMINATEZZA CONNESSE ALLA RESPONSABILITÀ PENALE COLPOSA: LA
3. La concretizzazione del rischio lavorativo quale presupposto della configurabilità della circostanza aggravante del "fatto commesso con configurabilità della circostanza aggravante del "fatto commesso con
violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro" e di una responsabilità per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro per gli eventi occorsi ai terzi, diversi dai lavoratori. Il
“caso Viareggio”.
Nell’anno in rassegna, inoltre, il rischio lavorativo è divenuto centrale nella giurisprudenza della Corte anche per delimitare l’ambito della configurabilità della circostanza aggravante del "fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro", e della responsabilità per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro per gli eventi occorsi ai terzi, diversi dai lavoratori.
Sotto il profilo della centralità del “rischio lavorativo”, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante del "fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro", è infatti intervenuta un’importante pronuncia che ha escluso la circostanza aggravante in questione in
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relazione ai reati di omicidio colposo ascritti, quali datori di lavoro, ad esponenti di Trenitalia s.p.a. e di Ferrovie dello Stato s.p.a., per le morti di soggetti terzi estranei all'organizzazione di impresa, causate dall'incendio derivato dal deragliamento e successivo ribaltamento di un treno merci trasportante GPL, durante l'attraversamento della stazione di Viareggio, determinato dal cedimento di un assile dovuto al suo stato di corrosione, ritenendo le vittime non esposte al rischio "lavorativo" bensì a quello attinente alla sicurezza della circolazione ferroviaria (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997).
La pronuncia in questione si segnala per il particolare approfondimento del tema della “concretizzazione” del rischio nella responsabilità penale colposa, non solo nell’ambito del reato omissivo improprio ma anche del reato commissivo, e per la riconduzione a tale quadro concettuale sia della circostanza aggravante in questione, sia della questione della configurabilità di una responsabilità per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro per gli eventi occorsi ai terzi, diversi dai lavoratori.
Dopo aver richiamato la distinzione, nell’ambito dei reati omissivi impropri, tra la titolarità di una posizione di garanzia e la violazione di una o più regole cautelari che a quella si coordinano, e la necessità di entrambi i predetti elementi ai fini della configurabilità della responsabilità (o, in altri termini, «l'alterità concettuale tra "dovere di diligenza", inteso quale situazione giuridica soggettiva di dovere e più precisamente quale "dovere di adottare le cautele opportune per evitare il verificarsi degli eventi dannosi", e "diligenza doverosa", intesa come contenuto della predetta situazione giuridica soggettiva») la Corte osserva che, come per la posizione di garanzia (che d'altronde potrebbe intendersi anche come «specie del più ampio genere 'competenza per il rischio'»), anche «l'accertamento di una competenza gestoria deve essere seguito dalla ricognizione delle specifiche modalità di assolvimento del compito, indicate dalle pertinenti regole cautelari» nel senso che «l'identificazione di un soggetto competente e di una sfera di competenza è solo premessa logico-giuridica della verifica della 'colposità' della condotta».
Quindi, rilevando che «nei reati colposi di evento alla causalità materiale deve aggiungersi la causalità della colpa, che viene accertata verificando che l'evento verificatosi corrisponda alla classe di eventi il cui accadere la regola cautelare violata intende evitare (cd.
concretizzazione del rischio) e che il comportamento doveroso mancato avrebbe effettivamente evitato l'evento realizzatosi qualora adottato (efficacia impeditiva del comportamento alternativo lecito)» la Corte colloca la circostanza aggravante del "fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro" nel contesto concettuale della cd. concretizzazione del rischio, nel senso che anche ai fini della configurabilità della circostanza aggravante in esame non è sufficiente il solo rapporto di causalità materiale tra condotta antidoverosa ed evento, occorrendo
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7 anche che nell’evento si sia concretizzato il rischio governato dalla norma per la prevenzione degli infortuni sul lavoro violata.
Secondo la Corte le "norme in materia di prevenzione per gli infortuni" sono
«regole cautelari volte a eliminare o ridurre non già un generico rischio (di eventi intermedi in quanto prevedibilmente produttivi) di morte o lesioni ma specificamente eventi in danno di lavoratori o di soggetti a questi assimilabili scaturenti dallo svolgimento dell'attività lavorativa».
Ne consegue che, ai fini della configurabilità dell’aggravante in questione, non è sufficiente registrare «la presenza di dati che solitamente si accompagnano al rischio lavorativo e che pertanto possono esserne indicatori (ad esempio: il soggetto passivo è un lavoratore; l'evento si è verificato nel corso dell'attività lavorativa; soggetto passivo è un terzo estraneo all'organizzazione lavorativa ma l'evento si è verificato nell'ambiente di lavoro)»
perché anche in presenza di tali indicatori può accadere che l’evento non sia concretizzazione del rischio lavorativo, bensì di altro tipo di rischio; come dimostrato dalla giurisprudenza di legittimità che in alcuni casi esclude la responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore nel corso dell’attività lavorativa in ragione della condotta colposa di quest’ultimo, che abbia introdotto un rischio estraneo a quello lavorativo, perciò definito “eccentrico”.
Inoltre secondo la Corte, sebbene le regole per la prevenzione degli infortuni sul lavoro abbiano quale beneficiario ordinariamente solo la persona del lavoratore mentre svolge la propria attività, è tuttavia possibile che nell'evento si sia concretizzato il rischio lavorativo anche se avvenuto in danno del terzo, ma ciò richiede che questi si sia trovato esposto a tale rischio alla stessa stregua del lavoratore, dovendosi intendere per “rischio lavorativo” «quello derivante dallo svolgimento di attività lavorativa e che ha ordinariamente ad oggetto la sicurezza e la salute dei lavoratori ma può concernere anche la sicurezza e la salute di terzi, ove questi vengano a trovarsi nella medesima situazione di esposizione del lavoratore».
Quindi la Corte - richiamando la necessità di tener conto delle diverse sfere di rischio, alle quali si rapportano specifici gestori e specifiche regole comportamentali - nella pronuncia in rassegna distingue, ritenendole autonome, le due aree di rischio connesse, rispettivamente, alla circolazione ferroviaria e allo svolgimento di attività lavorativa (e quindi la “sicurezza della circolazione ferroviaria” dalla “sicurezza sul lavoro”) ritenendo indispensabile, ai fini dell’affermazione della sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 589, secondo comma, cod. pen., accertare se le norme a contenuto cautelare violate da ciascun imputato, con effetto sul meccanismo causale che ha condotto agli omicidi loro ascritti, siano o meno da qualificarsi come “norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro” cioè come norme volte a eliminare o ridurre il rischio lavorativo o altro tipo di rischio.
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4. La colpa generica “integratrice” e “derogatrice” e le connesse esigenze di determinatezza della responsabilità penale colposa.
Sempre nell’ottica della progressiva tendenza della giurisprudenza di legittimità a dare risposte alle esigenze di determinatezza connesse alla responsabilità penale colposa la sentenza “Castaldo” si segnala per le importanti osservazioni in essa svolte circa i rapporti tra colpa specifica e colpa generica.
Muovendo dalla considerazione che la regola cautelare trova legittimazione nell'efficacia prevenzionale e non nella validità (che è invece attributo della norma di legge o sub-legislativa), e della conseguente irrilevanza della sua avvenuta positivizzazione o meno, dovendo comunque essere osservata se efficace rispetto allo scopo prevenzionale (anche se espressa da una disposizione invalida), la Corte ritiene che «carattere strutturale della regola cautelare (anche di quella positivizzata) è la defettibilità, intesa, secondo il linguaggio dei teorici del diritto, come la qualità dell'essere disapplicata al verificarsi di un'eccezione implicita, ovvero di un'eccezione che non è espressa dalla lettera della disposizione. Per la regola cautelare l'eccezione è il fallimento, l'inefficacia prevenzionale rispetto al rischio» e che «la regola cautelare positiva può non esaurire il novero delle cautele doverose, se il patrimonio scientifico ed esperienziale ha sedimentato pertinenti regole cautelari non ancora positivizzate».
La recente legislazione in materia di responsabilità sanitaria e l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza dimostra la cogenza ben diversa della disposizione a contenuto cautelare da quella che si è soliti attribuire alle norme giuridiche, poiché le indicazioni contenute nelle “linee guida” (che intanto rilevano nel giudizio penale in quanto aventi sostanziale natura di regole cautelari:
cfr., da ultimo, Sez. 4, n. 15258 del11/02/2020, Agnello, Rv. 279242, in motivazione) devono essere osservate a condizione che siano “adeguate alla specificità del caso concreto”, cioè in concreto efficaci rispetto allo scopo e devono essere abbandonate dall'operatore sanitario quando le specificità del caso concreto comportano il fallimento del modello di prevenzione indicato nelle raccomandazioni delle linee guida.
Conseguentemente la Corte, nella pronuncia in esame, afferma che
«ricorrono ipotesi nelle quali del tutto legittimamente l'ordinamento pretende dal gestore del rischio di non attenersi unicamente alla disciplina cautelare positivizzata, e gli impone di adottare ulteriori comportamenti ad efficacia prevenzionale non espressamente previsti», e che, pertanto, anche in presenza di un “quadro cautelare normativizzato” è configurabile la colpa generica, sia
“integratrice” (nel senso che l’agente è tenuto a osservare, oltre alla regola cautelare positivizzata, anche una regola cautelare non positivizzata, in caso di insufficienza della prima), sia “derogatrice” (nel senso che l’agente è tenuto a non
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9 osservare la regola cautelare positivizzata, e ad osservare solo quella, diversa, non positivizzata, nel caso in cui la prima sia inefficace).
Le connesse necessità di determinatezza e di rispetto del principio di colpevolezza possono essere salvaguardate in base al principio secondo il quale la regola cautelare deve essere preesistente al fatto: ai fini della configurabilità di una colpa generica integratrice o derogatrice occorre infatti che la regola positivizzata «sia stata riconosciuta dal consesso sociale di riferimento (in ragione delle acquisizioni tecniche e scientifiche o di consolidate conoscenze esperenziali, non assumendo rilievo l'osservanza di prassi non collimanti con tale patrimonio di conoscenze) come non più in grado di assicurare la eliminazione o la riduzione del rischio» e che tale dato sia oggetto di accertamento processuale, nel senso che dovrà essere accertato nel processo che, prima del fatto, era stata acquisita l'insufficienza del presidio cautelare normativizzato e che erano state individuate prescrizioni comportamentali ulteriori.
«La positivizzazione della regola determina una presunzione di esaustività dei precetti cautelari che però si smarrisce di fronte alla conoscenza della inidoneità allo scopo nelle condizioni date. La tutela dell'affidamento del destinatario del precetto penale nella sufficienza dell'osservanza della regola positiva non richiede di negare la legittimità di una colpa generica 'aggiuntiva'. L'affidamento può assumere rilevanza a favore del soggetto se non gli era conoscibile l'insufficienza della regola codificata. Alla luce di quanto si è sin qui esposto deve concludersi che la positivizzazione della regola non può essere intesa dal gestore del rischio come garanzia di inesistenza di regole cautelari sociali convergenti verso la migliore gestione. Nelle attività lecite ma rischiose è principio di generale valenza l'inammissibilità di un comportamento di stampo burocratico».
Questi principi sono ritenuti applicabili anche alle regole emanate dai ccdd.
enti di normazione, cioè alle “regole tecniche”, anch’esse vincolanti in modo defettibile, nel senso sopra descritto, in quanto anche la loro legittimazione è nella effettività della relazione di 'mezzo a fine', sicché esse devono essere osservate sin che non ne sia dimostrata l'inefficacia, con la conseguenza che regole come quelle emanate da organismi quali UNI, ISO, CEN, al fine di creare standard tecnici generalmente riconosciuti rappresentano indici di diligenza doverosa nel caso concreto.
Paola Proto Pisani
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Indice delle sentenze citate
Sentenze dalla Corte di cassazione
Sez. 4, n. 32195 del 15/07/2010, Scagliarini, Rv. 248555 Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Lovison, Rv. 254094 Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261111
Sez. 4, n. 5007 del 28/11/2018 - dep. 2019 -, Musso, Rv. 275017 Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242
Sez. 4, n. 32507 del 16/04/2019, Romano, Rv. 27679702 Sez. 4, n. 15258 del11/02/2020, Agnello, Rv. 279242
Sez. 4, n. 4480 del 17/11/2020 - dep. 2021 -, Tremacchi, Rv. 28039201 Sez. 4, n. 14179 del 10/12/2020 - dep. 2021 -, Costantino, Rv. 281014 Sez. 4, n. 10181 del 10/12/2020 - dep. 2021 -, Marulli, Rv. 280955 Sez. 4, n. 3911 del 17/12/2020 - dep. 2021 -, Galuppini, Rv. 28043003 Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997
Sez. 4, n. 20092 del 19/01/2021, Zanetti, Rv. 281174 Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Chierichetti, Rv. 28091401 Sez. 4, n. 5802 del 29/01/2021, Cribari, Rv. 280925
Sez. 4, n. 6513 del 27/01/2021, Savanelli, Rv. 28093301 Sez. 4, n. 21521 del 09/02/2021, Tiraoschi, Rv. 281246 Sez. 4, n. 24822 del 10/03/2021, Solari, Rv. 281433 Sez. 4, n. 26335 del 21/04/2021, L., Rv. 28149702 Sez. 4, n. 24915 del 10/06/2021, Paletti, Rv. 281489
CAPITOLO II CIRCOSTANZE
CIRCOSTANZE “PRIVILEGIATE” E GIUDIZIO DI
COMPARAZIONE (ANDREA NOCERA)
SOMMARIO: 1. La questione controversa. - 2. I termini del contrasto giurisprudenziale. - 3.
Natura e regime delle circostanze “privilegiate”. - 4. Le modalità di svolgimento del giudizio di comparazione.