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Perdurante messa a disposizione, aggravamento del trattamento sanzionatorio ed oneri della pubblica accusa. sanzionatorio ed oneri della pubblica accusa

QUESTIONI DI DIRITTO SOSTANZIALE

PERCORSI GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA DI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

6. Successione di gruppi criminali

7.5. Perdurante messa a disposizione, aggravamento del trattamento sanzionatorio ed oneri della pubblica accusa. sanzionatorio ed oneri della pubblica accusa

In costanza di partecipazione, l’associato agisce in seno e a favore dell’associazione, esercitando i poteri che la posizione occupata al suo interno gli consentono.

Sulla scorta del rilievo che la messa a disposizione è temporalmente “in-determinata”, Sez. 2, n. 34615 del 10/06/2021, Desio, Rv. 281961-01, s’ volta a stabilire che, «in presenza di una contestazione del delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso in forma "chiusa", che abbracci un lungo arco temporale nel corso del quale sia intervenuta una modifica in peius del trattamento sanzionatorio», giusta, nella specie, la novella di cui alla legge 27 maggio 2015, n.

69, «l'applicazione della nuova cornice sanzionatoria non richiede la dimostrazione da parte dell'accusa che la condotta si sia protratta anche dopo detta modifica, in quanto, accertata l'esistenza dell'"offerta di contribuzione permanente" dell'affiliato all'associazione, questa deve ritenersi valida e

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produttiva di effetti fino alla dimostrazione del recesso (spontaneo o provocato ab externo)».

Tale affermazione, peraltro, si pone in netto contrasto con altro avviso secondo cui, al contrario, sul pubblico ministero grava l’onere di dimostrare la protrazione della condotta per tutto il periodo contestato, dunque anche oltre la modifica, con conseguente illegittimità, in difetto, della sentenza di condanna alla pena determinata sulla base delle deteriori previsioni sanzionatorie sopravvenute (Sez. 1, n. 14823 del 28/02/2020, Balivo, Rv. 279061-01).

7.6.1. Partecipazione e favoreggiamento.

La permanenza partecipativa entra in collisione con la fattispecie del favoreggiamento, in specie personale.

Infatti – alla stregua di Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, Anfelini, Rv.

281217-07 – la configurabilità del favoreggiamento personale in rapporto, quale reato presupposto, all’associazione di tipo mafioso esige che se ne sia verificata la cessazione, ad esempio per effetto dello scioglimento del sodalizio, potendo viceversa ricorrere le figure o della partecipazione o del concorso esterno, a seconda che risulti o meno dimostrato lo stabile inserimento del soggetto nella struttura associativa (talché nella specie corretta è stata ritenuta la qualificazione come concorso esterno della condotta di costante di “bonifica” dei luoghi da eventuali microspie prestata a favore del capo dell'associazione ancora in essere, in quanto indicativa di una disponibilità qualificata a vantaggio del sodalizio).

Il principio trovasi significativamente affermato anche in tema di favoreggiamento reale [cfr. Sez. F, n. 38236 del 03/09/2004, Iovino, Rv. 229648-01, nonché, funditus, già Sez. 2, n. 4150 del 13/10/1983 (dep. 1984), Avantario, Rv. 164056-01].

Devesi tuttavia segnalare che il principio è avversato da altro, secondo cui il criterio da impiegare per verificare se ricorra un’ipotesi di favoreggiamento ovvero un’ipotesi di partecipazione o concorso esterno è rappresentato, non già dalla cessazione dell’associazione, ma dalla finalizzazione della condotta ausiliatrice, giacché – stante l’orientamento in disamina – ben può aversi favoreggiamento (ancorché in ipotesi che per vero paiono assai rare) pur a permanenza in atto, quando detta condotta «non possa in alcun modo tradursi in un sostegno od incoraggiamento alla prosecuzione dell'attività delittuosa da parte del beneficiario, che darebbero luogo invece a responsabilità per il reato associativo» (così, da ultimo, la già citata Sez. F, n. 38236 del 2004, ancorché riferita ad un’associazione per delinquere dedita al narcotraffico), «ma, al contrario, costituisca soltanto una facilitazione all'attività di uno degli esponenti

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117 di essa associazione» (Sez. 1, n. 13008 del 28/09/1998, Bruno e altri, Rv. 211898-01), ovvero «una facilitazione alla cessazione di [detta attività], sia pure al fine di tentare di ottenere l'impunità» (Sez. 6, n. 9079 del 06/06/1995, Monteleone e altri, Rv. 202186-01).

7.6.2. Favoreggiamento ed aggravante dell’agevolazione mafiosa.

Infatti, ammessa la configurabilità del favoreggiamento, segnatamente personale, si apre – e per certi versi è inevitabile che così sia – un ulteriore confronto circa l’applicabilità o meno dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa.

Per la soluzione positiva si è recentemente espressa, nella scia dell’orientamento che pare essere maggioritario, Sez. 6, n. 23241 del 11/02/2021, Barbato, Rv.

281522-02, volta ad affermare gli estremi dell’aggravante in relazione alla

«condotta di chi consapevolmente aiuti a sottrarsi alle ricerche dell'autorità un capoclan operante in un ambito territoriale in cui è diffusa la sua notorietà, atteso che la stessa, sotto il profilo oggettivo, si concretizza in un ausilio al sodalizio, la cui operatività sarebbe compromessa dall'arresto del vertice associativo, determinando un rafforzamento del suo potere oltre che di quello del soggetto favoreggiato e, sotto quello soggettivo, in quanto consapevolmente prestata in favore del capo riconosciuto, risulta sorretta dall'intenzione di favorire anche l'associazione».

In contrario, si oppone che l’aggravante esige essere «necessario» [«quale che sia la posizione associativa del favorito»: Sez. 6, n. 9735 del 10/12/2013 (dep.

2014), Megale, Rv. 259106-01, la quale ha nondimeno «ritenuto corretta la decisione impugnata nella parte in cui aveva affermato la sussistenza dell'aggravante in relazione ad indagato che aveva procurato ad un latitante, investito di posizione apicale in un sodalizio di stampo mafioso, un'abitazione in cui alloggiare per settimane, svolgendo inoltre per lo stesso mansioni di autista»]

«che la condotta di agevolazione sia finalizzata a far sì che l'associazione mafiosa nel suo insieme tragga beneficio dall'attività svolta, non essendo sufficiente che serva gli interessi dei singoli associati, pur se collocati ai vertici del sodalizio criminale» (Sez. 5, n. 28648 del 17/03/2016, Zindato, Rv. 267300-01, in una fattispecie relativa a trasferimento fraudolento di valori).

Detto ciò, sembra di potersi affermare che l’orientamento propenso alla configurabilità dell’aggravante, per quanto colga l’esistenza di condotte che producono l’effetto obiettivo di ridondare, per il mero tramite del favorito, a vantaggio dell’intero sodalizio, ponga la quaestio dell’individuazione di una difficile linea di confine tra le stesse e quantomeno il concorso esterno, a ragione della necessaria efficienza causale del contributo del concorrente, in specie qualora il

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sodalizio versi in stato di fibrillazione (cfr. Sez. U, n. 16 del 05/10/1994, Demitry, Rv. 199386-01), come peraltro tipicamente accade nei casi “usuali” di ricerche focalizzare sul rintraccio di latitanti di spicco oppure di protrazione dello stato detentivo di capi-mafia.

Credesi di poter rinvenire una traccia dell’impostazione critica che si va proponendo nell’analisi della fattispecie oggetto di Sez. 5, n. 26699 del 25/02/2015, Maione e altri, Rv. 263989-01, che, adesiva dell’orientamento propenso alla configurabilità dell’aggravante, ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata per averne ritenuto la sussistenza sulla base di intercettazioni ambientali attestanti le difficoltà di funzionamento del gruppo criminale nel periodo in cui il favorito era stato detenuto.

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