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Il contenuto della norma violata: specificità e limite della discrezionalità. discrezionalità

QUESTIONI DI DIRITTO SOSTANZIALE

2. Il contenuto della norma violata: specificità e limite della discrezionalità. discrezionalità

Su tali profili del novum, afferenti alla violazione delle norme di azione, si incentra la riflessione di alcuni arresti dell’anno appena decorso (o risalenti all’anno precedente, ma di cui sono state depositate nel 2021 le motivazioni) tra le quali, in primis, Sez. 6, n. 442 del 9/12/2020, dep. 2021, Garau, Rv. 280296 e, in linea di continuità, Sez. F, n. 42640 del 17/08/2021, Amato, Rv. 282268.

Si è osservato che, nell’ottica di contenere un uso tendenzialmente espansivo della norma incriminatrice di cui all’art. 323 cod. pen., la violazione penalmente rilevante deve oggi investire regole di condotta poste da norme di legge o da atti aventi forza equipollente, con esclusione delle fonti normative di rango regolamentare o comunque subprimario; e tali regole di comportamento devono avere valenza cogente per l’azione amministrativa, ed essere disegnate in termini completi e puntuali.

A fronte di un archetipo il quale esige che la regola di comportamento abbia connotati di specificità, si è ritenuta "specifica" ogni regola dal cui contenuto precettivo possa «staticamente desumersi il suo contrario, cioè la sua violazione, a prescindere dall’ evoluzione di un determinato iter e dal suo risultato complessivo» (sent. Amato, cit.).

La precisazione che deve trattarsi di norme da cui non residuino margini di discrezionalità disvela plasticamente il fine di preservare da responsabilità penale l’azione del pubblico funzionario il quale eserciti la discrezionalità amministrativa, anche tecnica, intesa, quest’ultima, nel suo nucleo essenziale di autonomo potere di scelta, all’esito di una ponderazione comparativa tra interessi pubblici e privati, dell’interesse primario da perseguire in concreto.

Se questo era l’obiettivo del legislatore - ha osservato la sentenza Garau - ne consegue che le prescrizioni di cui al nuovo testo dell’art. 323 cod. pen. valgono a condizione che l’esercizio del potere discrezionale non trasmodi in una vera e propria distorsione funzionale, cioè in uno sviamento di potere, rispetto ai limiti c.d. esterni della discrezionalità, che si realizza lì dove risultino perseguiti, nel concreto svolgimento delle funzioni o del servizio, interessi oggettivamente

CAPITOLO II - L’ABUSO DI UFFICIO: LA MODIFICA NORMATIVA DEL 2020 E LE INTERPRETAZIONI DELLA GIURISPRUDENZA

69 difformi e collidenti con quelli per i quali il potere è attribuito. Di contro, resta precluso al giudice il sindacato del "cattivo uso" della discrezionalità amministrativa, id est la violazione dei limiti interni dell’attività discrezionale, che attengono alle sue modalità di esercizio.

Su questa base ricostruttiva, le sentenze in rassegna si sono interrogate sul se ed in quali termini sia ancora esercitabile un sindacato penale in presenza di uno sviamento di potere.

Del resto, come osservato da coeva dottrina, non appare plausibile che un intervento volto a restituire maggiore determinatezza al reato di abuso di ufficio - definito come una delle assi portanti della rule of law, che colpisce la discrasia che patologicamente si manifesti tra potere e funzione, nelle forme dello sviamento della funzione tipica per cui il potere è attribuito - possa valere a sanzionare la sola attività strettamente vincolata dei pubblici agenti, ovvero l’attività meramente esecutiva.

Si è allora osservato, nelle più recenti pronunce, che non è luogo a parlare di discrezionalità, ed il reato di abuso è configurabile, allorchè il procedimento sia giunto ad uno stadio nel quale sono stati già predefiniti canoni precisi di azione.

Nel dettaglio, Sez. 6, n. 8057 del 28/1/2021, Asole, Rv. 280965, ha affermato che è ipotizzabile l’abuso non solo quando la violazione di una specifica regola di condotta risulti connessa all’esercizio di un potere previsto ab origine come vincolatodi cui il legislatore abbia predeterminato cioè l’an, il quomodo, il quid e il quando - ma anche quando l’inosservanza della regola riguardi un potere che, astrattamente previsto come discrezionale, sia divenuto vincolato per le scelte concrete operate dal pubblico agente.

Tale opzione è in linea con l’esegesi della giurisprudenza amministrativa, la quale, valorizzando il dettato dell’art. 21-octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, ha sancito che il provvedimento amministrativo è annullabile, per violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti, non solo quando sia espressione di un potere vincolato in astratto, cioè disciplinato da disposizioni che non demandino all’amministratore alcuno spazio di discrezionalità, ma anche quando sia esplicazione di un potere, avente in teoria natura discrezionale, ma divenuto vincolato in concreto: vale a dire di un potere che, per le scelte che il pubblico agente ha compiuto nell’ambito di quello stesso procedimento amministrativo, non poteva che essere quello indicato dalla legge, perché oramai caratterizzato dall’avvenuto esaurimento di ogni spazio di discrezionalità (in questo senso, tra le altre, Cons. Stato, n. 4089 del 17/06/2019).

In applicazione di tale principio, nella sentenza Asole, cit., è stata ritenuta la responsabilità del comandante di una polizia municipale il quale aveva favorito una società privata, affidandole con procedura diretta il servizio di misurazione

Stefania Riccio

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elettronica della velocità dei veicoli, in particolare omettendo di inserire in contratto un bilancio preventivo degli (onerosi) costi di servizio in ragione dei quali si sarebbe reso necessario, ai fini dell’affidamento dell’appalto stesso, l’espletamento di una procedura di gara pubblica, stante il patente superamento della soglia di rilevanza comunitaria.

La Corte ha rilevato, nello specifico, la violazione delle regole di condotta poste dal disposto combinato degli art. 125 e 29 del d.lgs. aprile 2006, n. 163 (c.d.

"Codice degli appalti"), che, ratione temporis, disciplinavano il metodo che l’ente pubblico appaltante avrebbe dovuto adottare al fine di individuare il soggetto cui affidare l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture; tanto sul presupposto che tali disposizioni vincolavano la stazione appaltante a scegliere il contraente sulla base del risultato di un accertamento tecnico, attraverso il quale definire la soglia di valore del servizio da appaltare; con la conseguenza che, una volta determinata tale soglia, il funzionario responsabile del procedimento non conservava alcun margine di apprezzamento discrezionale.

A ben vedere, il non avere il ricorrente considerato costi che avrebbero avuto sicura incidenza sulla determinazione della soglia di valore fu il frutto non già di discrezionalità tecnica, che pure era riconosciuta alla stazione appaltante, bensì della decisione arbitraria di non osservare le vincolanti prescrizioni di legge che imponevano, esaurito un preliminare accertamento tecnico, di operare la scelta del contraente secondo parametri vincolati.

La Corte ha dunque ribadito che deve escludersi che ci si trovi al cospetto di un potere discrezionale, e che operino i limiti alla configurabilità dell’abuso, nei casi in cui il pubblico agente rinunci ad avvalersi del potere di comparazione e valutazione in cui la discrezionalità si risolve, poiché la scelta di perseguire, in esclusiva, interessi personali costituisce un atto abdicativo di discrezionalità.

Nella vicenda esaminata dalla sentenza “Amato”, in applicazione dei detti principi, la Corte ha ritenuto sussistente il reato di abuso d’ufficio, anche nella formulazione conseguente alla modifica apportata con d.l. n. 76 del 2020, per avere un Sindaco esercitato il potere di requisizione di un immobile ad uso abitativo, pur in assenza del presupposto della "grave necessità pubblica" e dell’

istanza di somma urgenza che legittimano l’intervento surrogatorio del capo dell’amministrazione comunale rispetto all’autorità prefettizia; tanto sulla considerazione che nella specie non venisse in rilievo la verifica del quomodo dell’esercizio della discrezionalità, bensì, a monte, una precisa "regola di esclusione" che inerisce all’attribuzione del potere di requisizione, regola che deve ritenersi trasgredita per il solo fatto che lo strumento ablativo sia utilizzato al di fuori dei casi di grave necessità pubblica.

CAPITOLO II - L’ABUSO DI UFFICIO: LA MODIFICA NORMATIVA DEL 2020 E LE INTERPRETAZIONI DELLA GIURISPRUDENZA

71 Una simile linea esegetica rimanda espressamente alla distinzione tracciata da Sez. U, n. 155 del 29/9/2011 (dep. 2012), Rossi, Rv. 251498, la quale aveva ritenuto rilevante ai fini del reato di abuso - ancorché con riguardo alla differente formulazione della norma ai tempi vigente - lo sviamento di potere, ovvero la inosservanza della causa attributiva del potere stesso.

Le Sezioni Unite avevano sancito che si ha «violazione di legge, rilevante a norma dell’art. 323 cod. pen., non solo quando la condotta di un qualsiasi pubblico ufficiale sia svolta in contrasto con le norme che regolano l’esercizio del potere (profilo della disciplina), ma anche quando difettino le condizioni funzionali che legittimano lo stesso esercizio del potere (profilo dell’attribuzione) e la condotta risulti volta alla sola realizzazione di un interesse collidente con quello per il quale il potere è stato conferito».

Conclusivamente, mutuando dalle Sezioni Unite, “Rossi” il riferimento alla nozione di causa attributiva del potere, la sentenza Amato ha escluso che sia dato parlare di ingerenza nella sfera riservata della discrezionalità amministrativa - con la conseguenza che il delitto di abuso è configurabile, purchè sia violata una regola di azione a contenuto specifico - lì dove difettino in radice i presupposti di esercizio del potere discrezionale.

3. Gli ulteriori requisiti della regola di condotta: norme costituzionali e

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