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Permanenza: introduzione

QUESTIONI DI DIRITTO SOSTANZIALE

PERCORSI GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA DI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

6. Successione di gruppi criminali

7.2. Permanenza: introduzione

L’elemento centrale che caratterizza la condotta di partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso è rappresentato dalla permanenza, consustanziale, evidentemente, alla messa a disposizione.

La permanenza implica un “prima”, un “durante” e, sebbene non propriamente un “dopo” – dato che, quantomeno nelle mafie storiche, tendenzialmente abbraccia tutta la vita del partecipe – quantomeno la “possibilità di un dopo”, in relazione alle cause interruttive della partecipazione.

In generale, la permanenza di per sé stessa considerata rileva sotto plurimi profili, alcuni dei quali scandagliati dalle pronunce più recenti.

7.3.1. Permanenza: profili problematici. Susseguirsi di condotte partecipative.

La permanenza ha certamente riflessi sul susseguirsi di procedimenti in ordine alla partecipazione di uno stesso soggetto ad una concrezione mafiosa che, insistendo nel tempo, può concretamente improntarsi a medesimezza, ma anche ad alterità. In argomento, Sez. 5, n. 32767 del 15/07/2021, Capaldo, Rv.

281870-01, afferma che, «nel caso di archiviazione non seguita da autorizzazione alla riapertura delle indagini, al fine di escludere la medesimezza del fatto, che preclude la possibilità di svolgere nuove investigazioni, non rilevano i mutamenti nelle modalità di partecipazione (attività e ruoli) del soggetto ovvero le eventuali modifiche della composizione numerica o degli equilibri interni al sodalizio, ma è necessario accertare che il partecipe sia passato ad una diversa organizzazione criminale ovvero che si sia verificata una successione nelle attività criminali tra organismi diversi, sia pure con lo stesso nome ed operanti nello stesso territorio».

7.3.2. (Segue) Continuazione tra condotte partecipative.

Schemi di ragionamento analoghi valgono, sul piano però del diritto sostanziale, in ordine al riconoscimento del vincolo della continuazione tra due condotte medesimamente partecipative.

CAPITOLO V - PERCORSI GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA DI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

113 La riprova è offerta da Sez. 5, n. 20900 del 26/04/2021, Gattuso, Rv.

281375-01, a termini della quale, sul rilievo prioritario che «il mutamento nel tempo della compagine associativa e della estensione dell'ambito di [sua]

operatività» non segna di per sé un’alterità delle associazioni storicamente osservate, quando non accompagnato da «un nuovo pactum sceleris» o da «una discontinuità nel programma criminoso», al fine della sussistenza degli estremi della continuazione, «non è sufficiente il riferimento alla tipologia del reato ed all'omogeneità delle condotte, ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l'unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni, comunque denominate, ovvero ad una medesima organizzazione».

7.3.3. (Segue) Continuazione tra condotte partecipative.

Rispetto all’argomento che si sta sviluppando, non viene, invece, in rilievo il profilo della continuazione tra il reato associativo ed i reati-fine, peraltro riconoscibile solo quando questi possano ritenersi programmabili ab origine, ad esclusione dunque di quelli «legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali», pur astrattamente rientranti nelle attività del sodalizio, come nel caso – di cui a Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, Raiano, Rv. 280595-01 – di una condotta di corruzione commessa dall’imputato – già condannato per partecipazione ad associazione camorristica, rispetto alla quale veniva infondatamente richiesto il riconoscimento della continuazione – «mentre si trovava in carcere al fine di ottenere l'ingresso nell'istituto di beni non consentiti e la trasmissione di notizie, atteso che tali indebiti vantaggi erano funzionali all'esclusivo interesse dell'imputato e non al rafforzamento dell'associazione».

A fortiori, la semplice commissione di reati in corso di attività associativa è irrilevante.

Ciò nonostante, quel che preme qui di evidenziare è come siffatta irrilevanza chiami in causa, comunque, il tema della permanenza della condotta partecipativa, in ambito cautelare, rispetto alle cd. contestazioni a catena.

In argomento, vige la regola, costantemente riaffermata, per cui, «ai fini della retrodatazione della decorrenza del termine di durata di più misure cautelari disposte con ordinanze diverse, non sussiste alcuna connessione rilevante tra il reato di associazione mafiosa e quelli di omicidio commessi nello svolgimento dell'attività del sodalizio, atteso che questi ultimi non rappresentano la finalità per

Andrea Antonio Salemme

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cui lo stesso è stato costituito» (Sez. 1, n. 22751 del 06/05/2021, Ferraiuolo, Rv. 281545-01).

Nondimeno, qualora un rapporto di connessione possa astrattamente sussistere (come nel caso di chi, già attinto da un titolo cautelare per fatti aggravati dal metodo mafioso, tipicamente estorsioni, sia successivamente raggiunto da altro titolo per condotta associativa), il provvedimento limitativo della libertà personale in relazione a detti fatti comporta una presunzione (relativa) di non interruzione della condotta partecipativa, a cagione della quale si scarica su chi invoca la retrodatazione, ai sensi dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., l’onere di addurre specifici elementi idonei a dimostrare che invece la carcerazione ha costituito un fattore risolutivo – stante la specificità del ruolo ricoperto dal ristretto nell’associazione – della sua partecipazione alla stessa [Sez. 1, n. 20135 del 16/12/2020 (dep. 2021), Ciancio, Rv. 281283-01].

Quel che in ultimo preme di far notare è che siffatto insegnamento costituisce una sintesi tra due prospettive ben presenti nella giurisprudenza della Suprema Corte:

- da un lato, i criteri di operatività della retrodatazione, tra i quali, in primis, quello per cui il presupposto dell'anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza coercitiva, rispetto all'emissione della prima, non ricorre allorché il provvedimento successivo riguardi un reato di associazione, anche di tipo mafioso, e la condotta di partecipazione alla stessa si sia protratta dopo l'emissione della prima ordinanza [Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006 (dep.2007), Librato, Rv. 235910-01],

- e, dall’altro, l’avviso per cui, rispetto ad un’associazione di tipo mafioso, «il sopravvenuto stato detentivo del soggetto non determina la necessaria ed automatica cessazione della sua partecipazione al sodalizio, atteso che la relativa struttura - caratterizzata da complessità, forti legami tra gli aderenti e notevole spessore dei progetti delinquenziali a lungo termine - accetta il rischio di periodi di detenzione degli aderenti, soprattutto in ruoli apicali, alla stregua di eventualità che, da un lato, attraverso contatti possibili anche in pendenza di detenzione, non ne impediscono totalmente la partecipazione alle vicende del gruppo ed alla programmazione delle sue attività e, dall'altro, non ne fanno venir meno la disponibilità a riassumere un ruolo attivo alla cessazione del forzato impedimento» (Sez. 2, n. 8461 del 24/01/2017, De Notari, Rv. 269121-01, relativamente alla ritenuta «permanenza del vincolo associativo in capo all'indagato - "braccio destro" del capoclan - nonostante la sofferta detenzione», stante la prosecuzione dei contatti con il medesimo e l’intero gruppo anche in ragione della periodica erogazione di somme di denaro da parte di questo»).

CAPITOLO V - PERCORSI GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA DI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

115 7.4. Eccezionale rilevanza penale di fatti anteriori all’eventuale permanenza: lo scambio elettorale politico-mafioso.

Prima dell’eventuale permanenza, meglio: prima dell’inizio dell’eventuale partecipazione mediante l’affiliazione (rituale o meno), si colloca un’area in linea di principio sottratta alla rilevanza penale (in quanto quello di cui all’art. 416-bis cod. pen. è pur sempre un reato di pericolo, con conseguente non configurabilità del tentativo).

Un’eccezione però ha riguardo alla fattispecie dello scambio elettorale politico-mafioso, costruita come fattispecie anticipata rispetto ad un meramente eventuale ingresso del politico, che anela ai favori dell’associazione di tipo mafioso, nella stessa.

Il concetto è ben rappresentato da Sez. 1, n. 19092 del 09/03/2021, P.G. c.

Zambetti, Rv. 281410-01, secondo cui, ai fini dell’integrazione dell’art. 416-ter cod. pen., «è sufficiente un accordo elettorale tra l'uomo politico e l'associazione mafiosa, avente per oggetto la promessa di voti in cambio del versamento di denaro, mentre non è richiesta la conclusione di ulteriori patti che impegnino l'uomo politico ad operare in favore dell'associazione in caso di vittoria elettorale, sicché, nell'ipotesi in cui tali ulteriori patti vengano conclusi, occorre accertare se la condotta successivamente posta in essere a sostegno degli interessi dell'associazione assuma i caratteri della partecipazione ovvero del concorso esterno all'associazione medesima, configurandosi, oltre il reato sopra indicato, anche quello di cui all'art. 416-bis cod. pen.».

7.5. Perdurante messa a disposizione, aggravamento del trattamento

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