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CAPITOLO II – I CARATTERI DEL METODO MAFIOSO

2. La condizione di assoggettamento

L’assoggettamento e l’omertà sono da considerarsi dirette conseguenze del manifestarsi della forza di intimidazione propria del vincolo associativo ed al contempo due elementi normativi inscindibili giacché il primo costituisce premessa

necessaria del secondo 73; infatti il legislatore, sulla scorta dell’esperienza

giurisprudenziale concernente l’applicazione delle misure di prevenzione, ha empiricamente accertato che il comportamento usuale dei gruppi mafiosi per raggiungere i loro scopi tipici consiste principalmente nell’avvalersi della forza di intimidazione promanante dal vincolo associativo, nonché ha assunto ad indice sintomatico di esistenza della medesima proprio le derivate condizioni di assoggettamento e omertà che non hanno pertanto, a differenza della prima, valenza di elementi autonomi e atti a designare un quid pluris rispetto alla capacità intimidativa, ma si pongono in stretta relazione di causalità con quest’ultima come

72 Cass. Pen., Sez. , 6 giugno 1991, Grassonelli; “ai fini della configurabilità del delitto di

associazione di tipo mafioso non è necessario che siano raggiunti effettivamente e concretamente uno o più degli scopi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice”;

73 T.GUERINI, Dei delitti contro l’ordine pubblico, in Codice penale commentato, A.CADOPPI,S.

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univocamente, del resto, evidenzia la locuzione impiegata dal legislatore “che ne

deriva”74.

In particolare, l’assoggettamento denota una condizione di sudditanza, di soggezione in capo a soggetti estranei all’associazione, i quali vengono privati della libertà di autodeterminazione ed indotti ad agire in conformità con le pretese dell’associazione stessa; a sua volta dalla condizione di assoggettamento deriva un’indisponibilità da parte delle vittime a prestare qualsiasi collaborazione a favore degli organi della giustizia.

A dispetto di chi ritiene entrambi i requisiti in esame dei semplici corollari

dell’intimidazione75, essi non solo risultano descritti alla stregua di effetti diretti

della stessa e rilevanti in quanto percepibili all’esterno, secondo un’interpretazione

rigorosa del dato normativo, ma svolgono anche una funzione tipizzante76: infatti

un’associazione può definirsi mafiosa ogniqualvolta il timore da essa ingenerato sia idoneo a produrre uno stato di sottomissione nei confronti dei soggetti che entrano

in contatto con la stessa77.

Appare evidente che da tale soggezione indotta derivi a sua volta il consolidamento della fama criminale del gruppo mafioso; non a caso l’assoggettamento visto dal lato prospettico dei rapporti interpersonali viene descritto quale status di intimidazione, in quanto lega l’individuo all’associazione inducendolo a servirla quale partecipe ovvero costringendolo, allo stesso tempo, ad esserne complice e vittima78.

74 G.SPAGNOLO, L’associazione, cit., 51; secondo cui dalla congiuntiva “e” che compare nel testo

normativo, interpretata in maniera aderente al tenore letterale, starebbe a significare che, ai fini dell’integrazione del reato, necessariamente occorre la riscontrata presenza sia dell’assoggettamento come dell’omertà;

75 G.FIANDACA, Commento all’art. 1 della legge 646/1982, in Leg. Pen., 1983, 235;

76 G.A.DE FRANCESCO, Associazione a delinquere e associazione di tipo mafioso, cit, 320.; Isolata

l’opinione che configura tali elementi come attributi dell’ente associativo con funzione meramente chiarificatrice della forza intimidatrice e comunque insiti in tale concetto del quale sarebbero, quindi, naturale derivazione;

77G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit.; G.A. DE FRANCESCO, Associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso, cit., 312; R.CANTONE, Associazione di tipo mafioso, Digesto penale, 2011, Torino, 30; A.INGROIA, L’associazione di tipo mafioso, Milano, 1993, 72;

78 G.DE LIGUORI, L’oggetto giuridico della tutela penale nell’art. 416 bis: limiti e funzioni, in Cass. pen., 1990, 1709; F. RUBIOLA, Associazione per delinquere di tipo mafioso, in Enciclopedia giuridica Treccani, Vol. III, 1988; G. SPAGNOLO, L’associazione, cit., 54; R. CANTONE,

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A contrario, nel caso in cui venga rilevata una generalizzata condizione di

soggezione sociale, essa non varrebbe ad integrare il delitto in esame ogni qualvolta in cui essa non sia causalmente riferibile al metodo di prevaricazione proprio

dell’associazione79.

Tale lettura è stata ampiamente condivisa dalla giurisprudenza, che concepisce fin dagli inizi il requisito dell’assoggettamento come “stato di soggezione, derivante dalla convinzione di essere esposti ad un concreto ed ineludibile pericolo di fronte

alla forza dell’associazione”80, ponendo l’accento sulla fama criminale e sulla

consapevolezza esterna della pericolosità del sodalizio81.

È necessario in questa sede completare le argomentazioni portate avanti da quella dottrina che circoscrive il delitto di associazione mafiosa all’interno dei reati associativi a struttura mista, ma con la specificazione della distinzione tra sfruttamento inerziale e sfruttamento attuale della forza intimidatoria del vincolo

associativo 82; secondo tale impostazione ermeneutica, dallo sfruttamento inerziale

deriverebbe quella diffusa propensione al timore nei confronti dell’associazione, tale da produrre una prima soglia di assoggettamento c.d. “generico”, inteso come il risvolto passivo della carica autonoma di intimidazione riscontrabile all’esterno e senza il quale non potrebbe dirsi compiuta la predetta trasformazione del

“sodalizio matrice”83; in questo senso esso viene a far parte dei mezzi di cui dispone

l’associazione per perseguire le finalità tipiche della stessa84.

79 G.FIANDACA, Commento all’art. 1 della legge 646/1982, cit., 240; A.INGROIA, L’associazione

di tipo mafioso, cit., 72;

80 Cass. Pen., 6 giugno 1991, Grassonelli; avente ad oggetto la strage di Porto Empedocle del

settembre 1986, che portò alla luce un sanguinoso conflitto tra i gruppi contrapposti;

81 Cass. Pen., 19 marzo 1992, D’Alessandro; Cass. Pen., 11 febbraio 1994, De Tommasi, secondo

cui il sodalizio deve essere tale da ingenerare nell’ambiente sociale un effettivo stato di soggezione intenso e non occasionale; Cass. Pen., 14 dicembre 1990, Andraous, ove viene fatto riferimento ad un “diffuso assoggettamento nell’ambiente sociale che scaturisce dalla consapevolezza dell’esistenza stessa dell’associazione”; Cass. Pen., Sez. VI, 11 gennaio 2000, Ferone, in cui viene menzionata una “capacità di sopraffazione” quale effetto diretto del fatto che “l’associazione abbia in concreto conseguito nell’ambiente circostante nel quale essa opera un’effettiva capacità di intimidazione”;

82G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit., 157;

83G.A.DE FRANCESCO, Associazione a delinquere e associazione di tipo mafioso, cit., 320; l’Autore

condivide l’impostazione dinanzi descritta rivendendo che il Legislatore abbia voluto focalizzarsi su uno stato di soggezione diffuso dell’associazione mafiosa quale frutto di una precedente fase evolutiva dell’accordo criminoso; in questi senso i partecipi “si avvalgono” di un apparato strumentale acquisito progressivamente nel tempo;

84 G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit., 156; a conferma di ciò, l’assoggettamento

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Successivamente, lo sfruttamento del prestigio criminale finalizzato alla realizzazione del programma criminoso produce un assoggettamento definito come “specifico”, in quanto orientato al perseguimento degli scopi prefissati e quindi

anch’esso da includere nell’elemento soggettivo del reato85.

Da ciò discende la diversa percezione da parte della giurisprudenza della condizione di assoggettamento a seconda che il procedimento penale abbia ad oggetto fenomeni di “mafia storica” o “nuove mafie”; mentre, con riferimento ai primi, il materiale probatorio è tale da rendere evidente l’esistenza di una consolidata carica intimidatrice autonoma, descrivendo un apparato strumentale più evoluto rispetto

alla soglia minima richiesta dalla norma86, viceversa, riguardo ai fenomeni di nuova

“mafosità” la valutazione giudiziale deve comprendere anche il raggiungimento della soglia minima di soggezione rilevante per integrare il delitto di cui all’art. 416 bis87.

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