CAPITOLO II – I CARATTERI DEL METODO MAFIOSO
6. L’aggravante del metodo mafioso ai sensi dell’art 416 bis
6.2. L’evoluzione giurisprudenziale in materia (in particolare, la sentenza “Cinalli”)
Il nodo interpretativo più complesso in relazione al nuovo art. 416-bis1 c.p. consiste nell’individuazione dei soggetti destinatari dell’aggravante in esame: in altre parole, ci si chiede se questa possa essere applicata solo ai soggetti estranei al vincolo associativo mafioso (ma in tal caso si arriverebbe all’irrogazione di un trattamento sanzionatorio più rigoroso rispetto a quello applicabile a quei soggetti appartenenti alla compagine criminale e che non abbiano commesso reati-fine), ovvero se questa possa essere contestata anche agli affiliati, pur correndo il rischio di incorrere in una violazione del ne bis in idem sostanziale, giacché la sola qualità di associato implicherebbe l’applicazione delle pene di cui all’art. 416 ed in
aggiunta l’aumento sanzionatorio per gli eventuali delitti compiuti252.
Secondo autorevole dottrina la seconda alternativa sarebbe inaccettabile dal momento che ciò comporterebbe una duplicazione della sanzione penale rispetto ad un idem factum naturalisticamente inteso: infatti l’aggravamento di pena si fonderebbe su considerazioni già tenute in conto dal legislatore in sede di incriminazione della partecipazione all’associazione mafiosa e il disvalore proprio di chi commette un delitto “avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis”
sarebbe già sanzionato e assorbito dalla norma incriminatrice253.
Sul tema si è sviluppato un netto contrasto in seno alla Corte di ultima istanza, risolto dalle Sezioni Unite nel 2001: un orientamento precludeva l’applicazione dell’aggravante all’intraneus prendendo spunto sia dal dato testuale della norma,
251 Cass. Pen., Sez. UU, 18 dicembre 2008, n. 337;
252 G.CIVELLO, Il sistema delle circostanze ed il complessivo carico sanzionatorio detentivo, in Le associazioni di tipo mafioso, cit.,180;
253 G.DE VERO, La circostanza aggravante del metodo e del fine di agevolazione mafiosi: profili sostanziali e processuali, cit., 42;
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che non contiene alcun riferimento agli associati, sia dalla ratio sottesa alla circostanza stessa, consistente nel concedere spazi di impunità rispetto ad alcune condotte di contiguità che non si traducono in forme di partecipazione associativa; l’orientamento opposto invece non rilevava alcuna condizione ostativa
all’applicabilità del precedente art. 7 d.l. 152/1991 agli aderenti254. Non sono
mancate in precedenza altre pronunce emesse al fine di trovare una soluzione di compromesso, quale ad esempio quella di configurare l’applicabilità dell’aggravante solo nel caso limite del sodale che si avvalga del metodo mafioso
per commettere un delitto non rientrante nel programma associativo255.
Le Sezioni Unite hanno aderito all’impostazione più estensiva della norma, applicabile sia ai soggetti in qualche modo partecipi al sodalizio sia agli estranei, partendo dalla diversa considerazione che il legislatore ha dimostrato di avere rispetto all’elemento del potere intimidatorio: esso, infatti, costituisce un elemento permanente nella commissione di vari reati nell’art. 416 bis, ma anche una caratteristica del tutto eventuale rispetto ad ogni specifico episodio delittuoso nell’ex art. 7. Da ciò discende la circostanza per cui sarebbe possibile al riguardo
una doppia contestazione nei confronti del partecipe alla consorteria mafiosa256.
Questo passaggio della sentenza ha scatenato delle reazioni contrarie in dottrina soprattutto da parte di chi ritiene che tale interpretazione provochi un’inaccettabile
duplicazione della sanzione a fronte di un unico addebito257; in particolare, è stato
sostenuto che tale conclusione avanzata dalla Corte potrebbe condurre all’applicazione dell’aggravante all’associato anche nel caso in cui non sfrutti concretamente l’elemento dell’intimidazione nella commissione dei reati-fine, ma il medesimo effetto venga raggiunto in virtù della fama criminale dell’associazione. Per avallare l’interpretazione più estensiva, i giudici di legittimità hanno anche affermato che sia ipotizzabile la commissione da parte dell’associato di delitti- scopo prescindendo dall’apparato strumentale dell’associazione e quindi senza avvalersi delle condizioni di cui all’art. 416-bis; senonché, come osservato da alcuni
254 Cass. Pen., Sez. UU, 28 marzo 2001, n. 10, Cinalli e altri; 255 Cass. Pen., Sez. V, 26 giugno 1997;
256 C.DE ROBBIO, La c.d. “Aggravante mafiosa”: circostanza prevista dall’art. 7 del d.l. 152 del 1991, cit., 1616;
257 C.GARUFI, Spazio applicativo della circostanza aggravante di uso del potere intimidatorio e della finalità agevolativa delle associazioni di tipo mafioso, in Il Foro Italiano, 2002, 297;
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autori, non sembra ontologicamente possibile immaginare un delitto oggetto del programma criminoso e perpetrato senza il metodo mafioso o senza la finalità di
agevolare l’associazione258.
Infine, nella sentenza citata i giudici di legittimità fanno leva sull’intento del
legislatore di punire qualsiasi manifestazione di attività mafiosa,
indipendentemente dai rapporti collaborativi o di affiliazione che il singolo abbia rispetto al consorzio criminale. Anche su questo punto la dottrina ha avuto modo di ribattere, contestando alla Suprema Corte di violare apertamente il principio
dell’unità concettuale dell’ordinamento penale, nonché il canone
dell’interpretazione logico – sistematica, per il quale la norma andrebbe interpretata cogliendo “le connessioni concettuali esistenti tra la norma da applicare e le restanti
norme, sia del sistema penale, sia dell’intero ordinamento giuridico”259. Le Sezioni
Unite, secondo l’opinione menzionata, estenderebbero l’ambito di operatività della norma al di là dell’espressa formulazione legislativa, la quale non fa alcun riferimento agli associati; conclusione rafforzata dal fatto che la circostanza attenuante della dissociazione, prima prevista all’art. 8 del d.l. 152/1991 e ora
inserita all’art. 416 bis1, terzo comma, fa espressa menzione degli associati260.
258 G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit., 210;
259 C.GARUFI, Spazio applicativo della circostanza aggravante di uso del potere intimidatorio e della finalità agevolativa delle associazioni di tipo mafioso, in Il Foro It., 2002, 297;
260 Art. 416 bis 1, terzo comma: “Per i delitti di cui all'articolo 416 bis e per quelli commessi
avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, nei confronti dell'imputato che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati, la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà”.
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