• Non ci sono risultati.

In conseguenza dei fattori sopra riportati (si fa riferimento alla problematica sussunzione delle consorterie mafiose, il cui per così dire “scopo sociale” potrebbe non necessariamente corrispondere ad attività delinquenziali, nella fattispecie di cui

all’art. 41695 del codice penale e alla difficoltà di trasporre concetti appartenenti

alla scienza sociologico – criminologica all’interno delle categorie giuridiche fino

ad allora conosciute) è stata varata la legge n. 646/198296, la quale presenta tutte le

94 G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit., 120 ;

95 Cass. Pen., sez. I, 29 settembre 2010, n. 4203; i giudici di legittimità comunque ravvisano una

sostanziale continuità, stanti le diversità strutturali, tra il delitto di associazione mafiosa e il delitto di associazione a delinquere, in quanto, nel caso in cui sia stato contestato il reato di cui all’art. 416 poi proseguito anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 646/1982, non si è in presenza di un concorso di reati in continuazione, ma di un reato permanente, la cui disciplina ricade interamente nell’ambito della più recente disposizione;

96 Si riporta il testo nella sua formulazione originaria: «Art. 416-bis. - Associazione di tipo mafioso.

- Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da tre a sei anni.

Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da quattro a nove anni.

L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri.

Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da quattro a dieci anni nei casi previsti dal primo comma e da cinque a quindici anni nei casi previsti dal secondo comma. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.

32

caratteristiche della legislazione di emergenza97: essa infatti è stata emanata sotto

forti spinte emotive, scaturite soprattutto dalla esasperata strategia di terrorismo portata avanti dalle associazioni criminali durante quegli anni, le quali hanno portato un’accelerazione dell’iter di approvazione tale da cagionare difetti di coordinamento e incertezze all’interno della disciplina complessiva, ed è servita a ricomprendere istituti repressivi eterogenei ma tra loro convergenti con riferimento

alla lotta al peculiare fenomeno associativo98.

Ad ogni modo, appare evidente la funzione simbolica99 del testo legislativo a

conferma dell’uso secondo alcuni ormai distorto della legislazione penalistica quale strumento per tranquillizzare l’opinione pubblica e per attestare l’impegno delle

forze politiche nel perseguimento di un obiettivo percepito come cogente100.

Aldilà del compito di prevenzione generale svolto dalla legge, vi sono soprattutto delle esigenze di politica criminale alla base dell’approvazione della normativa di cui si sta trattando; gli obiettivi principali consistevano nel colmare una vistosa lacuna all’interno dell’ordinamento penale, in quanto (come visto) le associazioni di tipo mafioso potevano non rientrare nella sfera di applicabilità della fattispecie

associativa comune101, nonché nel fornire all’autorità giudiziaria un appiglio

Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.

Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.

Decadono inoltre di diritto le licenze di polizia, di commercio, di commissionario astatore presso i mercati annonari all'ingrosso, le concessioni di acque pubbliche e i diritti ad esse inerenti nonché le iscrizioni agli albi di appaltatori di opere o di forniture pubbliche di cui il condannato fosse titolare. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso».

97 F.BRICOLA, Premessa al commento articolo per articolo alla legge n. 646/1982, in Leg. Pen.,

Torino, 1983, 237;

98 Accanto all’introduzione della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 416 bis, la legge in

questione modificò la disciplina sulle misure di prevenzione aventi ad oggetto le associazione mafiose e istituì la Commissione parlamentare sul fenomeno della mafia;

99 G.FIANDACA, Commento all’art. 1 della legge n. 646/1982, in Leg. pen., Torino, 1983, 255;F.

BRICOLA, Premessa, cit., 240;

100 F.BRICOLA, Premessa al commento articolo per articolo alla legge n. 646/1982, in Legislazione penale, Torino, 1983, 237; A.INGROIA, Osservazioni su alcuni punti controversi dell’art. 416 bis

c.p., in Il Foro It.alian, 1989, 54;

101 Proposta di legge n. 1581/1980 d’iniziativa dei deputati La Torre, Occhetto e altri; la fattispecie

di nuova introduzione “mira a colmare una lacuna legislativa, non essendo sufficiente la previsione all’art. 416 a comprendere le realtà associative di mafia che talvolta prescindono da un programma criminoso, secondo la valenza data a questo elemento tipico dal delitto di associazione a delinquere,

33

normativo per reprimere tale forma di criminalità organizzata, risolvendo contrasti emersi sia in dottrina che in giurisprudenza.

Per quanto attiene alla struttura del reato, la legge La Torre-Rognoni recepisce quanto già definito dall’art. 1 della proposta di legge n. 1581, approfondendo alcuni aspetti che erano stati trascurati dall’atto legislativo prodromico al testo definitivo. Infatti l’incriminazione iniziale presentava un vizio tautologico dal momento che definiva l’associazione mafiosa come quella i cui membri “hanno lo scopo di commettere delitti o comunque di realizzare profitti o vantaggi per sé o altri, valendosi della forza intimidatrice”; vizio rimosso successivamente grazie all’inserimento dei caratteri dell’assoggettamento e dell’omertà, della più dettagliata seppur esemplificativa elencazione degli scopi del sodalizio e del

requisito dell’ingiustizia dei profitti o dei vantaggi da conseguire102.

La fattispecie dunque risulta imperniata non sulle condotte partecipative ma sulle modalità dell’agire mafioso quale mezzo adoperato per perseguire i fini indicati

dalla stessa disposizione103, prendendo il legislatore come punti di riferimento le

elaborazioni giurisprudenziali del fenomeno avuto riguardo all’operatività dell’art.

416 bis nonché a quelle formatesi dopo l’emanazione della legge n. 575/1965104.

A conferma di quanto appena detto, la legge varata all’alba degli anni Ottanta incide anche sulla disciplina delle misure di prevenzione e in particolare sull’art. 1 della

legge che le regolamenta, potenziandone e ampliandone l’ambito di operatività105.

Tuttavia, sono stati sollevati dubbi concernenti la tassatività dei presupposti per applicare tale istituto, dal momento questi coincidono con gli elementi tipizzati

affidando il raggiungimento degli obiettivi alla forza intimidatrice del vincolo mafioso in quanto tale: forza che in Sicilia e in Calabria raggiunge i suoi effetti anche senza concretarsi in una minaccia o violenza negli elementi tipici prefigurati nel codice penale”;

102G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit., 120.

103 R.CANTONE, Associazione di tipo mafioso, in Digesto disciplinare penalistico, Torino, 2011, 30;

A.INGROIA, Associazione di tipo mafioso, 1997;

104 G.FIANDACA, Commento all’art. 1, cit., 256 ; secondo l’Autore la disposizione sarebbe “l’ibrido

risultato di una giustapposizione” tra gli elementi della tradizionale associazione a delinquere e i principi elaborati dalla giurisprudenza per l’applicazione delle misure ante delictum;

105 G.M.FLICK, Mafie e imprese vent’anni dopo Capaci, via D’Amelio, Mani pulite. Dai progressi nella lotta al crimine organizzato, ai passi indietro nel contrasto alla criminalità economica e alla corruzione, in Rivista delle società, 2013, 505; il legislatore pertanto ha risentito dell’esigenza di

affrontare e reprimere la criminalità organizzata anche sul versante patrimoniale; in tal senso il delitto di associazione mafiosa viene descritto in chiave patrimoniale sulla scorta della giurisprudenza concernente la legge n. 575/1965 e corredato da una serie di misure di prevenzione patrimoniali, quali il sequestro e la confisca di beni illecitamente acquisiti da coloro nei cui confronti viene applicata una misura di prevenzione personale;

34

dall’art. 416 bis106. La conseguenza naturale del ragionamento è che il quadro

probatorio sufficiente per disporre l’applicazione delle misure preventive si riduca al livello del mero sospetto, altrimenti sarebbe automatico l’intervento repressivo della norma incriminatrice.

Tornando agli elementi caratterizzanti la disposizione oggetto della trattazione, la particolarità risiede non tanto nei primi due commi, i quali riproducono le condotte tipiche dei reati associativi, quanto nel terzo comma che tenta di disegnare i crismi dell’associazione a delinquere di stampo mafioso: in primo luogo, come già anticipato, la descrizione normativa è incentrata sul cosiddetto “metodo mafioso”, cioè sull’uso della forza intimidatrice e sugli effetti da questa provocati nell’ambiente esterno in cui opera la consorteria mafiosa, quale mezzo tipico per la

realizzazione degli obiettivi prefissati, di per sé eventualmente leciti107. La

disposizione recepisce le categorie giuridiche elaborate dalla giurisprudenza prevalente sul fenomeno mafioso, come si evince confrontando il testo normativo con la definizione contenuta in una sentenza della Cassazione del 1974, per cui “deve considerarsi mafiosa, ovunque essa operi, ogni associazione che si proponga di assumere o mantenere il controllo di attività economicamente rilevanti, attraverso l’intimidazione sistematica tale da creare una situazione di assoggettamento e omertà che renda impossibili o altamente difficili le normali forme d’intervento

punitivo dello Stato”108; la forza intimidatrice dunque deve scaturire dal vincolo

associativo e indipendentemente dalla fama criminale dei singoli aderenti al

sodalizio109, nonché essere idonea a creare assoggettamento ed omertà, fattori

questi da intendersi come effetti psicologici tipicamente prodotti nella cerchia delle

potenziali vittime110.

106 F.BRICOLA, Premessa al commento articolo per articolo, cit, 235.;

107 A.INGROIA, L’associazione di tipo mafioso, in Enc. Dir., Milano, 1997, 136; 108 Cass. Pen., 8 giugno 1976, Nocera;

109 Cass. Pen., 31 gennaio 1996, n.7672; Cass. Pen., 23 giugno 1999, n. 2402; la carica di

intimidazione deve derivare impersonalmente dal sodalizio criminoso e non solo da uno dei componenti, essendo irrilevante inoltre anche che uno degli affiliati proietti anche all’esterno una qualche influenza negativa idonea ad esercitare soggezione nelle persone investitene;

110 Cass. Pen., Sez. UU, 27 febbraio 2014, n. 25191; è pacifico pertanto nella giurisprudenza di

legittimità che i tre parametri caratterizzanti il metodo mafioso, quali la forza di intimidazione, l’assoggettamento e l’omertà, debbano considerarsi tutti necessari ed essenziali affinché possa configurarsi il reato associativo di stampo mafioso;

35

Lo sfruttamento della stessa, in conclusione, non è una modalità di realizzazione della condotta tipica (infatti, trattandosi di un reato associativo, l’utilizzo della capacità di intimidire non può essere strumentale alle condotte tipiche descritte dai primi due commi), ma costituisce una modalità di commissione dei reati fine, nel caso in cui l’associazione si proponga lo scopo di commettere delitti, ovvero una componente strumentale dell’attività complessiva dell’associazione orientata verso il perseguimento di scopi para-leciti, cioè verso la realizzazione del “fine sociale”

più genericamente inteso111.

In secondo luogo, il legislatore focalizza la propria attenzione sulle finalità che l’associazione persegue, che sono più ampie rispetto allo scopo di attuare il programma criminoso connaturato all’associazione a delinquere e la cui elencazione debba intendersi meramente esemplificativa, sì da ricomprendere tutte quelle attività apparentemente lecite e indirizzate ad un arricchimento sistematico ed alla gestione dei flussi di denaro pubblico; in tal senso la disposizione originaria

fa riferimento, oltre allo scopo generale di commettere delitti112, anche al fine di

“acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici” (c.d.

finalità di monopolio)113, per poi inserire una norma di chiusura concernente lo

scopo di “realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri” (c.d. finalità di ingiusto vantaggio).

In conclusione, il reato di associazione di stampo mafioso, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, è strutturato in modo tale che esso sia applicabile anche in mancanza di elementi probatori sufficienti per dimostrare l’esistenza del

programma delittuoso e quindi prescindendo dalla prima finalità della norma114.

111 R.BERTONI, Prime considerazioni sulla legge antimafia, in Cassazione penale, 1983, Milano,

1017; G.FIANDACA, Commento all’articolo 1 della legge n. 646/1982, cit., 250;

112 G.TURONE,Il delitto di associazione mafiosa, Milano, 2015, 237; la prima finalità indicata dal

terzo comma dell’art. 416 bis (che menziona solo i delitti, escludendo le contravvenzioni) coincide con la finalità propria del reato di cui all’art. 416; solo con riferimento allo scopo di commettere delitti l’associazione mafiosa può considerarsi come una figura speciale dell’associazione a delinquere, per cui il c.d. metodo mafioso costituisce l’elemento specializzante;

113 G.FIANDACA, Commento, cit., 247; le attività economiche indicate dalla norma vanno intese in

senso ampio, potendo comprendere quelle appartenenti sia al settore privato che al settore pubblico; nello stesso senso vanno intese le locuzioni “gestione” (quale sinonimo di esercizio di un’attività economica) e “controllo” (quale particolare situazione di fatto tale da poter condizionare l’attività relativa ad un determinato settore economico);

114 G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit., 240; secondo cui il delitto è quindi esso stesso

36

A conferma di quanto appena esposto, sono stati agevolmente fugati dubbi sull’opportunità di punire una associazione orientata al compimento di attività di per sé lecite: infatti, sembrerebbe superfluo precisare che il controllo di siffatta attività viene ottenuto mediante l’estrinsecazione della forza di intimidazione (per

cui il mezzo utilizzato di per sé illecito inficia la liceità del monopolio)115.

Per di più secondo autorevole dottrina la distinzione tra scopi leciti e illeciti non rileverebbe in quanto ogni attività destinata a foraggiare i traffici

dell’organizzazione criminale è intrinsecamente illecita116.

In aggiunta a quanto rilevato, va evidenziato che la descrizione normativa dell’elemento soggettivo dell’art. 416 bis riesce nel suo intento di agevolare l’accertamento probatorio da parte dell’autorità giudiziaria, dal momento che le situazioni di fatto aventi ad oggetto la gestione o il controllo di attività economiche presentano un grado di visibilità esterna maggiore rispetto alla commissione di specifici fatti delittuosi, essendo verificabili mediante l’analisi delle situazioni di mercato afferenti ai settori economici nel mirino della criminalità organizzata (ad esempio, mediante l’accertamento del normale livello di costi delle materie prime

e dei livelli salariali ovvero della fluidità della manodopera)117.

Nella formulazione iniziale dunque la norma non contemplava forme di interferenza delle attività politico-amministrative. In realtà, nella proposta di legge mancava anche la previsione di una circostanza aggravante per il caso in cui le attività economiche intraprese dagli associati siano finanziate con il prezzo, il prodotto o il profitto dei delitti (introdotta però nel testo legislativo approvato nel 1982).

L’art. 416 bis dopo la sua introduzione non ha subito alcuna modifica fino alla seconda stagione della legislazione d’emergenza: infatti con l’approvazione della legge n. 55 del 1990 viene abrogata quella parte del settimo comma che prevedeva nei confronti del condannato per tale reato la decadenza automatica di alcune determinate licenze e concessioni e dell’iscrizione ad albi di appaltatori, mentre con il d.l. 306 dell’8 giugno 1992 viene inserita nel terzo comma la c.d. finalità politico elettorale ovverosia quella “di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o

115 G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit., 240; G.FIANDACA, Commento, cit., 247; 116 G.FIANDACA, Commento all’articolo 1 della legge n.646/1982, cit., 250;

37

di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”118. L’ultima

modifica della norma coincide con l’approvazione della legge “Anticorruzione” n.

69 del 2015 con cui viene inasprito ulteriormente il regime sanzionatorio119.

Particolarmente significativo è l’ultimo comma dell’articolo in esame, per cui “le disposizioni della presente disposizione si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli dell’associazione di tipo mafioso”, cui sono stati aggiunti i riferimenti anche alle

associazioni straniere con legge n. 125/2008120 e alla “ ‘Ndrangheta” con il d.l. n. 4

/2010 convertito con modificazioni nella legge n. 50/2010.

È evidente l’intento del legislatore di reprimere non solo le associazioni mafiose intese in senso stretto, ma anche ogni altra organizzazione che operi con metodi di stampo mafioso, al di fuori di quegli ambienti in cui è imperversato negli anni il

fenomeno delle “mafie storiche”121. In proposito sono stati avanzati dubbi sulla

costituzionalità della previsione di cui all’ultimo comma con specifico riferimento ai principi di determinatezza e tassatività, nonché al divieto di analogia in malam

partem operante in ambito penale122; siffatte perplessità, a dire il vero, vengono a fatica superate da parte della dottrina, secondo cui la previsione in questione sarebbe da considerare come una superflua puntualizzazione del terzo comma e di conseguenza l’applicabilità dell’art. 416 bis ad altre consorterie mafioso non tradizionali dipenderebbe dalla circostanza che queste presentino i caratteri tipici dell’associazione mafiosa, cioè l’utilizzo del metodo mafioso e il perseguimento

delle finalità di cui sopra123. Indipendentemente da tali questioni, si registra

l’infelicità della formulazione dell’ultimo comma, che intende estendere

118 F.ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, cit., 120;

119 G.M.RACCA, Dall’autorità sui contratti pubblici all’Autorità Nazionale AntiCorruzione: il cambiamento del sistema, in Diritto Amministrativo, 2015, 345;

120 R.CANTONE, Associazione di tipo mafioso, in Digesto disciplinare penalistico, 2011, 40; secondo

l’Autore le modifiche al sesto comma non aggiungevano nulla al dettato normativo, ma ingeneravano il sospetto per cui solo dopo la novella le associazioni criminali straniere potevano essere qualificate in termini di mafiosità;

121 G.FIANDACA, L’associazione di tipo mafioso nelle prime applicazioni giurisprudenziali, in Il Foro It.,1985, 301;

122 P.NUVOLONE, Legalità penale, legalità processuale e recenti riforme, in Riv. It. di dir. e proc. pen 1984, 3;

123L.DE LIGUORI, La struttura normativa dell’associazione di tipo mafioso, in Cass. Pen., 1988,

38

l’incriminazione a fenomeni di criminalità organizzata al di fuori di quei contesti territoriali in cui questi sono proliferati, ricorrendo però a schemi storico-

sociologici e regionalistici124.

La giurisprudenza ha da subito accolto e applicato il principio dell’estensione dell’associazione mafiosa, come dimostra un provvedimento della Cassazione avente ad oggetto la configurabilità dell’associazione di tipo mafioso riguardo ad un gruppo che tendeva ad ottenere arricchimenti in frode a un casinò controllato

dalla regione Piemonte125; secondo i giudici di legittimità infatti “nell’ampia

previsione di cui all’art. 416 bis debbono comprendersi quelle organizzazioni nuove, disancorate dalla mafia (tradizionale), che tentino di introdurre metodi di intimidazione, di omertà e di sudditanza psicologica per via dell’uso sistematico della violenza fisica e morale, in settori della vita socio-economica dove ancora non

sia dato di registrare l’infiltrazione di associazioni mafiose tipiche”126.

Outline

Documenti correlati