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La legge n 575/1965: un primo tentativo di efficace repressione dell’associazionismo mafioso

3. La definizione del fenomeno mafioso

2.1. La legge n 575/1965: un primo tentativo di efficace repressione dell’associazionismo mafioso

In seguito alle difficoltà di circoscrivere il fenomeno mafioso all’interno della

fattispecie associativa di cui all’art. 416 fu istituita con la legge n.1720/196276 una

73 G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit., 86; l’Autore riporta la tesi dello storico S.

Gambino, secondo cui i fenomeni mafiosi tradizionalmente presenti nel territorio italiano avrebbero origini comuni che affonderebbero le radici nell’antica setta dei Beati Paoli sviluppatasi nel Sud Italia nel XVI secolo;

74 Cass. Pen., sez. VI, 11 febbraio 1994, n.1793, De Tommasi;

75 Cass. Pen., sez. VI, 11 febbraio 1994, n.1793, De Tommasi; G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit., 136;

76R.CANTONE, Associazione di tipo mafioso, 30; G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit.,

136; il primo testo legislativo in cui compare la parola “mafia”; appare utile qui porre l’accento sulle peculiarità funzionali e strutturali del procedimento di prevenzione: a differenza del processo penale, volto ad accertare la responsabilità penale per un fatto previsto dalla legge come reato, esso è finalizzato a verificare la pericolosità sociale del soggetto, espressa anche attraverso condotte che non costituiscono reato. Dall’autonomia reciproca dei due procedimenti, penale e di prevenzione, sancita anche dalla Corte Costituzionale (ordinanza n. 275/1996, per cui tra i due procedimenti sussistono “profonde differenze, di procedimento e di sostanza, tra le due sedi, penale e di

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apposita Commissione parlamentare d’inchiesta, dalla cui attività scaturì la c.d. Relazione Carraro. In essa veniva registrata la necessità di modificare la legislazione penale e quindi di tipizzare una nuova fattispecie di reato, oltre ad auspicare una modifica innovativa della legge n. 1423/1956 in modo da adeguare la disciplina delle misure di prevenzione alla crescente trasformazione economica

delle associazioni mafiose77.

In particolare, in seguito agli ammonimenti contenuti nella relazione Carraro venne

approvata la legge n. 575/196578 (avente ad oggetto esclusivamente le misure di

prevenzione), il cui art. 1 recitava: “la presente legge si applica agli indiziati di appartenere ad associazioni mafiose”. Sebbene sia da attribuire a tale testo legislativo il merito di aver contemplato espressamente la categoria criminologica dell’associazione mafiosa e quindi di aver fornito all’autorità giudiziaria uno strumento (seppur non bastevole) per reprimere la medesima, appaiono ictu oculi evidenti le criticità proprie dell’innovazione legislativa, tra cui la mancata definizione normativa dell’associazione mafiosa e, di conseguenza, la non sanzionabilità dei soggetti la cui appartenenza alle cosche mafiose sia

giudizialmente accertata79.

Un altro aspetto problematico di ordine generale della normativa in questione (anche alla luce dei principi generali sottesi al procedimento di prevenzione) afferiva alla compatibilità delle misure di prevenzione con i canoni costituzionali, in particolare con i principi di legalità e di tassatività e determinatezza della norma

prevenzione”) discendono due conseguenze concernenti l’oggetto e a valutazione degli elementi probatori: ai fini dell’applicazione della misura di prevenzione, il giudice deve valutare la pericolosità sociale del soggetto, poggiandosi su aspetti relativi alla vita personale dello stesso (ad esempio i precedenti penali, il tenore economico, il contesto familiare ed ambientale in cui essa si svolge) e ad indizi che non abbiano i requisiti di gravità, precisione e concordanza ai sensi dell’art. 192, comma 2 del codice di procedura penale. Recentemente le Sezioni Unite (4 gennaio 2018, n.111) hanno ritenuto di consacrare il principio secondo cui è necessario che il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto accerti il requisito dell’attualità della stessa, non potendosi presumere dalla persistenza del vincolo associativo;

77 DE CESARE, Mafia, in Enciclopedia del diritto, Vol. XXV, Milano, 1975, 140;

78 La disciplina delle misure di prevenzione personali e patrimoniali è ora contenuta nel d.lgs. n.

159/2011 (“Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia”) che ha unificato la materia in un unico corpus normativo, abrogando le precedenti disposizioni di legge;

79 G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit., 138; G.M.FLICK,Mafia e imprese vent’anni dopo Capaci, via D’Amelio e Mani pulite. Dai progressi nella lotta al crimine organizzato, ai passi indietro nel contrasto alla criminalità economica e alla corruzione, in Rivista delle società, 2013,

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incriminatrice ; siffatte misure ante delictum, infatti, basandosi, come detto, su un presupposto di pericolosità soggettiva e non sull’accertamento di una fatto costituente reato secondo la legge penale, si ritenevano contrastanti con le garanzie costituzionali in ambito penale dal punto di vista sostanziale, ma anche processuale, dato che il relativo giudizio di pericolosità doveva fondarsi su una valutazione di

probabilità – in sostanza, quindi, si trattava di un accertamento di mero sospetto80.

Aldilà delle questioni concernenti la conciliabilità delle suddette misure con il dettato costituzionale, la legge in questione non riuscì a soddisfare le esigenze repressive del fenomeno di taglio criminale; si rendeva invero necessaria un previsione sanzionatoria post delictum, in grado di criminalizzare fatti più gravi e distintamente individuabili come “mafiosi”, lasciando alla sanzione para-punitiva il compito di punire condotte prodromiche rispetto ai reati mafiosi (soprattutto

nell’ambito delle attività economiche)81. Sulla base di queste considerazioni, come

si dirà più avanti82, la legge n. 646/1982, oltre a potenziare l’intervento preventivo

in materia, istituisce uno strumento repressivo, che prende atto dell’inefficacia punitiva dell’art. 416, imperniato su una nuova incriminazione avente una struttura parzialmente diversa rispetto ai reati associativi fino ad allora conosciuti nella legislazione penalistica e una funzione di completamento della disciplina delle misure ante delictum. In tal senso nella legge Rognoni – La Torre il legislatore concentra la propria attenzione su una caratteristica tipica delle organizzazioni criminali, quale l’inquinamento della economia pubblica e privata: si fa riferimento alla fase di aggressione del denaro pubblico e al successivo reinvestimento nel

circolo dell’economia privata di ingenti somme di denaro di provenienza illecita83.

80 P.NUVOLONE, Misure di prevenzione e misure di sicurezza, in Enc. Dir., XXVI, Milano, 1976,

645; l’Autore chiarisce che, per affrontare il problema della costituzionalità o meno delle misure di prevenzione, sia necessario distinguere preliminarmente tra legalità repressiva (i.e., quella che garantisce l’individuo dagli abusi dell’autorità giudiziaria nell’irrogare una sanzione punitiva per un fatto non previsto dalla legge come reato) e legalità preventiva (i.e., la garanzia che nei confronti dell’individuo verrà applicata una misura di sicurezza prevista dalla legge e nei soli casi e modi previsti dalla legge stessa); da tale dicotomia deriva l’impossibilità di far rientrare le misure di prevenzione nella categoria della sanzione penale, dal momento che non punisce un condotta riprovevole perpetrata dall’individuo;

81 F.BRICOLA, Premessa al commento articolo per articolo della legge 646/1982, in Leg. penale,

1983, Torino, 237;

82 Si rinvia al paragrafo 1.3 della presente trattazione;

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In conclusione, lo strumento delle misure di prevenzione, la cui disciplina confluirà d.lgs. n. 159/2011, assurgerà a strumento di contrasto della criminalità organizzata e dell’accumulo illecito di patrimoni, attraverso un percorso normativo iniziato appunto con la legge n. 575/1965 che concepiva l’istituto preventivo al contrario

come strumento per il controllo del disagio sociale84.

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