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L’elemento oggettivo: le condotte associative di partecipazione, promozione, direzione ed organizzazione

L’art. 416 bis differenzia le condotte penalmente rilevanti cui corrispondono, per ciò che riguarda il quantum di pena da applicare, regimi sanzionatori diversi, indicando al primo comma il “far parte” dell’associazione di tipo mafioso ed al secondo comma il “promuovere”, “dirigere” ovvero “organizzare” l’associazione stessa.

È pacifico che la norma in esame non configuri un’aggravante151 in base al ruolo

rivestito all’interno del gruppo mafioso, ma al contrario preveda una pluralità di

figure criminose distinte e a carattere alternativo152; secondo autorevole dottrina153,

in aggiunta, la norma farebbe riferimento ad un unico reato plurisoggettivo cui consegue, per ogni condotta perpetrata dal singolo, una modulazione del trattamento sanzionatorio a seconda del ruolo svolto dal soggetto all’interno

dell’associazione mafiosa154.

Analizzando il dato letterale si coglie subito la particolarità del delitto di associazione mafiosa rispetto al delitto di cui all’art. 416: infatti l’art. 416 bis non si sofferma sulla condotta dell’“associarsi”, bensì concentra la propria attenzione sull’aspetto dinamico del fenomeno mafioso e quindi sull’inserimento organico del

soggetto all’interno del gruppo155.

In più la disposizione non contempla l’attività di chi costituisce l’associazione, cogliendo il quid pluris che caratterizza il reato associativo mafioso rispetto alla tradizionale associazione a delinquere: quest’ultima infatti si fonda su un accordo, su un insieme di volontà convergenti finalizzate al perseguimento di un predefinito programma delittuoso, mentre al contrario la compagini mafiose (soprattutto quelle

151 F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, 2015, Milano, 110; secondo cui la

disposizione al comma secondo configurerebbe un’aggravate in ragione del più rigido trattamento sanzionatorio rispetto alla “figura-base” sancita al comma precedente;

152 Cass. Pen., sez. V, 9 gennaio 1990, n. 7961;

153G. SPAGNOLO, L’associazione di tipo mafioso, cit., 85; tale impostazione permetterebbe di

risolvere il problema, in senso negativo, di configurare il concorso formale di reati quando lo stesso soggetto ricopra più cariche durante la vita dell’associazione;

154G.A. DE FRANCESCO, Associazione, cit., 820, il quale aggiunge che l’attribuzione di più

qualifiche allo stesso soggetto porterebbe la configurabilità del concorso formale di reati, in ragione dell’intrinseca autonomia delle condotte indicate dalla disposizione;

155T.GUERINI, Delitti contro l’ordine pubblico, in Codice penale commentato, A. CADOPPI,S.

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considerate “storiche”) si pongono come un contropotere criminale che “trascende, nel tempo e nello spazio, la singola entità associativa, per modo che il momento costitutivo di quest’ultima (inteso naturalisticamente, come momento in cui viene

a crearsi l’unione stabile di almeno tre persone) è normalmente indiscernibile”156.

Da ciò discende l’opinione, avanzata da parte della dottrina, secondo cui il legislatore avrebbe voluto escludere la configurabilità di associazioni ab origine mafiose, in quanto la tipica capacità intimidatrice è il risultato di una pregressa attività criminale di un sodalizio già costituito e circoscritto nell’ambito

dell’associazione a delinquere tradizionale157.

La prima condotta considerata dal legislatore è quella della partecipazione, che deve ritenersi integrata solo nel caso in cui l’individuo sia attivamente inserito all’interno di un’associazione, la quale abbia raggiunto un livello minimo di stabilità ed organizzazione nella sua struttura (si tratta del c.d. modello “organizzatorio”, che

rende palese la differenza rispetto al concorrente esterno158 quale soggetto non

organicamente inserito all’interno dell’associazione159, ed abbia apportato un

contributo minimo ma non insignificante, nonché apprezzabile alla vita del sodalizio e alla realizzazione del programma criminoso (consistente nel c.d. “modello causale”); contributo che può esprimersi in vario modo, trattandosi di reato a forma libera.

Contestualmente a siffatto approccio oggettivo, è necessaria anche la presenza del dolo specifico richiesto dalla norma, consistente nella coscienza e volontà da parte del soggetto di partecipare al sodalizio e di contribuire al mantenimento in vita e al

rafforzamento della consorteria criminale (c.d. affectio societatis)160.

156 G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit, 154.; G.A.DE FRANCESCO, Associazione a delinquere e associazione di tipo mafioso, cit., 817; G.SPAGNOLO, Associazione di tipo mafioso, cit., 85;

157 G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, cit, 154; A.INGROIA, L’associazione, cit., 97; 158 Cass. Pen. Sez. UU., 12 luglio 2005, Mannino; il concorrente esterno, istituto di creazione

giurisprudenziale e di cui si darà conto nel corso della trattazione, può essere in sintesi individuato nel “soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell’affectio societatis, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso”;

159 G.INSOLERA, L’associazione per delinquere, cit., 228;

160 A.INGROIA, L’associazione di tipo mafioso, cit., 99; G.SPAGNOLO, L’associazione, cit., 97;

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Un punto di approdo giurisprudenziale di particolare rilevanza sul tema è costituito

dalla sentenza Mannino161, per cui la componente oggettiva della condotta

partecipativa viene specificamente identificata con “l’organica compenetrazione [dell’affiliato] con il tessuto organizzativo”, così da non ritenere sufficiente la semplice appartenenza ma da esigere l’accertamento dell’assunzione di un ruolo nonché di un’effettiva disponibilità del soggetto nei confronti del sodalizio. Si è lungamente discusso circa la valenza probatoria della sottoposizione del soggetto ad un rito di iniziazione: secondo un orientamento, che potremmo considerare maggioritario, il giuramento da parte del neofita non dovrebbe ritenersi sufficiente in quanto, per un verso, si correrebbe il rischio di procedere per accertamenti presuntivi circa l’effettivo inserimento organico nell’organizzazione e, per altro verso, si finirebbe per subordinare l’applicazione delle regole

dell’ordinamento statuale a quelle del gruppo mafioso162.

Parte della dottrina e la giurisprudenza d’altro canto rilevano come la qualifica di “uomo d’onore” comporti fisiologicamente che il soggetto apporti un contributo causale all’organizzazione, tale da accrescere la potenzialità criminale di

quest’ultima163.

In secondo luogo, la disposizione prevede la condotta di chi “promuove” la consorteria, ravvisabile in chi contribuisce in maniera rilevante (o per meglio dire,

“qualificata”164) al rafforzamento del sodalizio in maniera tale da far acquisire allo

stesso le potenzialità criminose e la struttura tipiche dell’associazione mafiosa165;

ne consegue che la condotta di promozione potrà difficilmente essere rilevata nei

quindi di unire la propria volontà a quella degli altri associati, mentre non è richiesto che egli conosco l’identità o il numero degli altri associati;

161 Cass. Pen., Sez. UU, 12 luglio 2005, Mannino, con nota di G. FIANDACA, C. VISCONTI, in Il Foro It., 2006, 80;

162 G.FIANDACA,G.ALBEGGIANI, Struttura della mafia e riflessi penal-processuali, in Il Foro Italiano, 1989, II, 77; G.TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, 154;

163 A.INGROIA, Associazione di tipo mafioso, 99 cit.; Cass. Pen., sez. VI, 9 maggio 2003, n. 26119; 164 Cass. Pen., sez. I, n. 7462/1985, in Cassazione penale, 1987; è promotore di un’associazione a

delinquere colui che se ne fa iniziatore, enunciandone il programma, ma anche colui che contribuisce alla potenzialità pericolosa del gruppo associativo già costituito, provocando l’adesione di terzi all’associazione ed ai suoi scopi attraverso la diffusione del programma stesso;

165 G. SPAGNOLO, Associazione di tipo mafioso, cit., 110;G.A.DE FRANCESCO, Associazione a delinquere e associazione di tipo mafioso, cit., 317; A.INGROIA, L’associazione di tipo mafioso, cit., 97; L.DE LIGUORI, La struttura normativa dell’associazione di tipo mafioso, cit.;M.RONCO, L’art.

416 bis nella sua origine e nella sua attuale portata applicativa, in Il diritto penale della criminalità organizzata, B.ROMANO,G.TINEBRA, Milano, 2013, 74;

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fenomeni di “mafia storica”. Piuttosto essa potrà venire in considerazione con

riferimento ai fenomeni delle “nuove mafie”166 e più precisamente nel momento in

cui l’originaria associazione a delinquere acquisisce il patrimonio di violenza e di

prevaricazione tipici del gruppo mafioso167.

Per quel che riguarda la condotta di chi “dirige” il sodalizio, quindi di chi è in posizione apicale all’interno del gruppo mafioso, va rilevato che l’individuo alla quale risulta attribuita tale investitura viene pacificamente identificato in colui che

regola in tutto o in parte l’attività collettiva in posizione di superiorità168 e che

ricopre un ruolo di comando su tutti gli altri membri del sodalizio, assumendo le decisioni strategiche ovvero amministrando autonomamente le risorse al fine di attuare il programma associativo.

Più complesso risulta l’inquadramento giuridico di coloro che “organizzano” l’associazione senza ricoprire ruoli di vertice: secondo una definizione tradizionale, essi sono individuati in coloro che coordinano l’attività dei singoli soci, per

assicurare la vita, l’efficienza e lo sviluppo dell’organizzazione169.

Tale definizione deve essere armonizzata con il requisito di stabilità dell’organizzazione, riconducibile innanzitutto all’ente associativo e a cui contribuiscono tutti i membri nello svolgimento dei rispettivi ruoli.

In conclusione, può definirsi “organizzatore”, ai sensi del secondo comma dell’art. 416 bis, non solo colui che coordina l’attività dei singoli associati, ma anche colui che “realizza strategie complessive volte al reperimento dei mezzi materiali e al razionale impiego delle risorse associative”, nonché chi realizza strategie volte a

salvaguardare l’impunità del sodalizio170.

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