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Così G.A. De Francesco, Commento agli artt. 11-bis e 11-ter d.l. 8.6.1992 n. 306 81

conv. in l. 7.8.1992 n.356 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), in Leg. pen., 1993, 123 ss.; A. Ingroia, L’associazione, op. cit., 84 ss.

G. Insolera, I delitti contro l’ordine pubblico, in AA.VV., Diritto penale. Linea

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menti di parte speciale, Bologna, 2009, 292; G. Spagnolo, L’associazione, op. cit., 79, per il quale, appunto, «la modifica invero ha importanza più dal punto di vista simbolico, come segnale per richiamare l’attenzione degli organi inquirenti, che da un punto di vista pratico. La possibilità di considerare di tipo mafioso l’associazione che si avvale della forza d’intimidazione del vincolo associativo allo scopo di alter- are i risultati delle consultazioni elettorali sussisteva già prima della legge 7 agosto 1992: la nuova finalità rientra, infatti, in quella già prevista di commettere delitti, posto che costituisce senza dubbio delitto, ai sensi dell’art. 294 c.p., la violenza o la minaccia (anche implicita) diretta ad impedire in tutto o in parte l’esercizio del dirit- to di voto ovvero a determinare taluno ad esercitarlo in senso difforme alla sua volontà».

G.A. De Francesco, Gli artt. 416, 416-bis, 416-ter, 417, 418 c.p., op. cit., 65-6. 83

L’art. 416-bis sanziona da un lato, meno gravemente, la condotta di partecipazione, dall’altro, con pena più elevata, le condotte qualificate di promozione, direzione e organizzazione . 84

La rilevanza penale di tali condotte è condizionata dall’effettiva costi- tuzione dell’associazione criminosa: infatti, per quanto riguarda la partecipazione, il 1° comma sanziona chiunque faccia «parte» di un’«associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone», pre- supponendo che questa si sia costituita; per quanto riguarda le condot- te qualificate al 2° comma, vengono espressamente riferite al«l’asso- ciazione», intendendosi quella prevista al 1° comma, che come ab- biamo appena visto richiede l’effettiva formazione della stessa . Que85 -

sto non significa però che tutti debbano anche essere partecipi dell’as- sociazione. È ben noto che promotore sia colui che se ne fa iniziatore, cioè si adopera perché l’associazione sia costituita, senza che poi ne- cessariamente entri a farne parte in qualità di membro effettivo. Pur, richiedendosi, quindi, per la punibilità del promotore che l’associazi- one si sia effettivamente costituita, non è necessario che egli figuri tra i membri della stessa . 86

Diversamente, per chi organizza e dirige l’associazione deve sempre ritenersi implicata la partecipazione.

L’organizzatore è colui che acquista la qualifica di membro effettivo ed attuale dell’associazione e che, in tale qualità, si preoccupa di defi- nire e specificare i compiti assegnati ai singoli membri e di coordinarli

Con gli opportuni adattamenti, in quanto il ragionamento è sviluppato rispetto 84

all’art. 416 c.p., ai fini dell’esclusione della natura circostanziale delle condotte qualificate v. G.A. De Francesco, Gli artt. 416, 416-bis, 416-ter, 417, 418 c.p., op. cit., 30-1.

G.A. De Francesco, Gli artt. 416, 416-bis, 416-ter, 417, 418 c.p., op. cit., 25-6. 85

Se entra a farne parte, il promotore è anche colui che si attiva per acquisire nuovi 86

verso il raggiungimento dello scopo associativo. L’organizzatore è quindi sempre un partecipe, anche se il suo contributo ha maggior ef- ficacia rispetto alla pura e semplice partecipazione, in virtù della par- ticolare importanza del ruolo ricoperto . 87

Anche i direttori dell’associazione sono necessariamente dei partecipi, in sostanza sono i “capi”, cioè coloro che hanno la facoltà di emanare ordini in posizione di supremazia gerarchica; è evidente che dirigere presupponga l’esistenza di persone destinatarie delle direttive e dei comandi. Quindi, il capo dell’associazione si pone immediatamente al di sopra dell’organizzatore, in quanto svolge un’attività di controllo sull’operato di quest’ultimo, diretta a verificare il puntuale adempi- mento dei compiti affidati ai singoli soci, e a valutare l’opportunità di introdurre eventuali modifiche al quadro organizzativo, se da queste possa derivare una maggiore efficacia nel perseguimento della finalità associativa . 88

Per quanto riguarda la condotta di mera partecipazione all’ente asso- ciativo si rinvia al prosieguo della trattazione, rappresentando la rico- struzione di tale comportamento il punto focale per il riconoscimento di uno spazio alla figura del concorrente esterno.

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2.6 L’elemento soggettivo.

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Il coefficiente psichico richiesto dalla norma è il dolo, da intendersi come coscienza e volontà di far parte dell’associazione (c.d. affectio

societatis), con la consapevolezza degli scopi cui l’associazione è fi-

nalizzata e dei mezzi intimidatori dei quali è solita servirsi.

G.A. De Francesco, Gli artt. 416, 416-bis, 416-ter, 417, 418 c.p., op. cit., 29; del

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lo stesso avviso G. Spagnolo, L’associazione, op. cit., 83 ss.

G.A. De Francesco, Gli artt. 416, 416-bis, 416-ter, 417, 418 c.p., op. cit., 29. 88

È richiesto il dolo specifico in relazione alle finalità del programma associativo, mentre non si esclude che il partecipe possa perseguire anche propri vantaggi ulteriori . 89

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2.7 La clausola di equiparazione.

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L’ult. comma dell’art. 416-bis c.p. prescrive che «le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra, alla ‘ndrangheta e 90

alle altre associazioni, comunque localmente denominate, anche stra- niere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo ma- fioso» . L’interpretazione è ormai orientata nel senso di una natura 91

meramente simbolica di tale disposto normativo, si tratterebbe di 92

una «puntualizzazione, sostanzialmente superflua, del terzo comma dello stesso articolo, volta a ribadire che il fenomeno associativo preso in considerazione è più ampio di quello tradizionale che ha originato la proposta di legge» . È così che sarebbe possibile superare le censu93 -

Cass. Sez. VI, 22 gennaio 1997, Dominante, in Giust. pen., 1998, II, 432. 89

Le parole «alla ‘ndrangheta» sono state aggiunte ex art. 6 d.l. 4 febbraio 2010, n. 90

4, conv. in l. 31 marzo 2010, n. 50.

L’inciso «anche straniere» è stato inserito dall’art. 1, c. 1°, lett. b-bis), d.l. 23 91

maggio 2008, n. 92, conv. in l. 24 luglio 2008, n. 125, per dare rilevanza alla presen- za nel nostro territorio della criminalità organizzata di origine straniera, anche se già la presenza dei requisiti di cui al 3° comma avrebbe consentito di per sé l’applica- zione dell’art. 416-bis c.p. a prescindere dall’origine autoctona o straniera dell’orga- nizzazione criminale.

Cfr. P. Corvi, Associazione di tipo mafioso, in “Misure urgenti in materia di pub

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blica sicurezza”, a cura di O. Mazza - F. Viganò, 2008, 43; V.B. Muscatiello, Le modifiche al codice penale, in AA.VV., Sistema penale e sicurezza pubblica. Com- mento alla legge 24 luglio 2008 n. 125, Bari, 2008, 23; D. Notaro, Commento arti- colo per articolo d.l. 23 maggio 2008 n. 92, sub art. 1, in Leg. pen., 2009, 100.

G. Fiandaca, Commento, op. cit., 268; G. Spagnolo, L’associazione, op. cit., 97. 93

re di costituzionalità rispetto alla carenza di determinatezza della fatti- specie: se ne paventava infatti un’estensione applicativa, in particolare menzionandosi solo gli «scopi corrispondenti» e non anche le condi- zioni di assoggettamento e di omertà come conseguenza della forza di intimidazione . Quindi il richiamo alla camorra, quale organizzazione 94

criminale sedimentata nel territorio campano, alla ‘ndrangheta, attec- chita nel territorio calabrese, e alle «altre associazioni comunque lo- calmente denominate», permette di ricomprendere non solo la camor- ra, la ’ndrangheta o la sacra corona unita, ma anche tutte le altre asso- ciazioni comunque connotate ai sensi del 3° comma.

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2.8 Circostanze aggravanti.

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L’art. 416-bis c.p. prevede due circostanze aggravanti di natura ogget- tiva . La prima è disposta dal 4° comma e ricorre nel caso in cui 95

l’associazione sia «armata», cioè, ci dice il successivo 5° comma, «quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell’associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito». Da più parti è stata sostenuta l’impossibilità di concepire un sodalizio mafioso prescindendo dalla

G. Insolera, Considerazioni sulla nuova legge antimafia, op. cit., 691. 94

La legislazione speciale prevede ulteriori circostanze: l’aggravante ex art. 7 com

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ma 1° l. 31 maggio 1965, n. 575, di tipo soggettivo, quando il reato è commesso da persona sottoposta, con provvedimento definitivo, a misura di prevenzione, durante il periodo applicativo della misura e sino a 3 anni dal momento in cui ne sia cessata l’esecuzione; l’attenuante ex art. 8 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv. in l. 12 luglio 1991, n. 203, trova applicazione «nei confronti dell’imputato che, dissociatosi dagli altri, si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteri- ori anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti o per l’individuazione o la cattura degli autori dei reati» (c.d. dissociazione attuosa o collaborativa). Si tenga presente che non basta un atteggiamento di resipiscenza o la confessione delle pro- prie responsabilità.

disponibilità di armi , addirittura la stabile organizzazione armata di 96

Cosa nostra è stata considerata fatto notorio non ignorabile . 97

La circostanza aggravante non è comunque priva di significato se si considera che il legislatore ha voluto evitare di ancorare la definizione di associazione di tipo mafioso ad un modello sociologico precostitui- to di mafia, dando così rilevanza penale anche ai sodalizi non dotati di armamento (ad es., c.d. mafia politica) . 98

È richiesta la disponibilità potenziale di armi, non il possesso materia- le, possono essere anche legalmente detenute, in quanto la ratio risie- de nella maggiore pericolosità delle associazioni che hanno a disposi- zione armi per il perseguimento del loro programma; ne consegue, pertanto, che i reati in materia di detenzione o porto di armi concorre- ranno con quello associativo . 99

La Cassazione, particolarmente severa nell’applicare la circostanza quand’anche uno solo degli associati fosse armato , ha poi superato 100

questa lettura richiedendo che le armi siano «a disposizione dei com- partecipi del gruppo» e non di un solo associato . 101

F. Bricola, Premessa al commento, op. cit., 241; G.A. De Francesco, Associazioni, 96

op. cit., 314, il quale sottolinea che prevedere «tale fatto come circostanza sembra comportare una situazione non dissimile da quella già da tempo evidenziata a proposito del furto, dove la disciplina delle aggravanti, venendo, in realtà, a coprire tutte le possibili ipotesi di realizzazione di tale delitto, finisce col determinare la conseguenza assurda di render sempre inconfigurabile la fattispecie non circostanzi- ata»; anche G. Fiandaca, Commento, op. cit., 267.

Cass. Sez. I, 30 gennaio 1992, Altadonna ed altri, Cass. pen., 1993, 1679 ss.; 97

Cass. Sez. I, 18 aprile 1995, Farinella, ivi, 1996, 1777 ss. G. Spagnolo, L’associazione, op. cit., 122.

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Cass. Sez. I, 26 settembre 1991, Ruba, in Riv. pen., 1992, II, 680. 99

Cass. Sez. I, 13 giugno 1987, Abbate, in Riv. pen., 1988, 1195; confermata da 100

Cass. Sez. VI, 14 dicembre 1999, D’Ambrogio, in Cass. pen., 2001, 845. Cass. Sez. VI, 21 settembre 2000, Gattuso, in Cass. pen., 2002, 1693. 101

La seconda aggravante, disposta dal 6° comma, entra in funzione quando le «attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prez- zo, o il profitto di delitti» (c.d. riciclaggio). Questa aggravante viene solitamente contestata in sede processuale, in quanto colpisce una del- le attività tipiche delle associazioni mafiose. Si richiede che il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti siano investiti in attività economi102 -

che la cui gestione e controllo è parte del programma associativo. An- che qui, con riferimento a Cosa nostra, è stato considerato fatto noto- rio l’attività di reimpiego di capitali di provenienza illecita . 103

In assenza di indicazione contraria, possiamo concludere che il pro- vento possa derivare sia da delitti riferibili all’associazione, sia da rea- ti commessi da estranei o altri sodalizi criminali.

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Parte III

L’applicabilità del concorso eventuale ai reati associativi

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SOMMARIO: 3.1 Premessa. - 3.2 La lotta al terrorismo politico-eversivo. - 3.3 La