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plessità degli autori c.d. disincantati. - 3.6 Il tortuoso cammino giurisprudenziale verso un primo intervento delle Sezioni Unite.

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Sulle nozioni di «prezzo», «prodotto» e «profitto» del reato, già da tempo 102

chiarite, specialmente in sede di analisi della disciplina della confisca, si rinvia ad A. Alessandri, Confisca nel diritto penale, in Dig. disc. pen., III, Torino, 1989, 45 ss.

Cass. Sez. II, 31 gennaio 2006, D’Angelo, in Giur. it., 2006, 1921. 103

3.1 Premessa.

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È luogo comune affermare che l’applicazione delle regole del con- corso di persone ai reati associativi, al fine di colpire le sfuggenti for- me di contiguità alle associazioni criminose, sia un espediente giuri- sprudenziale escogitato a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, cioè in un momento in cui, a causa della recrudescenza del fenomeno mafioso, si erano fatte particolarmente incalzanti le esigenze di difesa sociale . 104

In realtà, la soluzione dell’applicazione della disciplina del concorso eventuale al reato associativo è stata presa in considerazione dagli operatori del diritto fin dalle origini del nostro sistema penale e non è stata mai categoricamente esclusa dal legislatore nostrano.

Due pronunce rinvenute da C. Visconti e risalenti nientemeno che al- l’estate del 1875 attestano ciò; furono emesse dalla Corte di Cassa105 -

zione di Palermo in data 17 giugno e primo luglio e riguardavano sog- getti accusati di fiancheggiare la banda Capraro che allora imperver- sava nel palermitano.

Tralasciando il periodo di vigenza del codice Zanardelli e passando 106

ai primi lustri di applicazione del codice Rocco, si può notare come la questione non rappresentasse ancora un problema meritevole di appro- fondita disamina, vuoi perché non si ravvisavano esigenze politico- criminali, visto che il regime aveva l’interesse a far passare l’idea che

C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, 82. 104

Non manca chi è arrivato a scrivere che l’istituto fu introdotto nel codice penale da Giovanni Falcone, cfr. G. Fiandaca, Il concorso esterno agli onori della cronaca, in Foro it., 1997, V, 1 ss.; C. Visconti, La punibilità della contiguità alla mafia tra tradizione (molta) e innovazione (poca), in Cass. pen., 2002, 1858.

Corte di Cassazione di Palermo, 17 giugno 1875, Ciaccio e altri; 1° luglio 1875, 105

Russo, in Il circolo giuridico, vol. VI, 1876, 47 e 54, ripubblicate entrambe in Indice pen., 2000, 421 ss., con nota di presentazione di C. Visconti; v. anche Id., Contiguità alla mafia, op. cit., 43 ss.

Per il quale si rimanda a C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit. 1 ss. 106

la stagione della repressione su larga scala della criminalità associata fosse terminata con la sconfitta definitiva inferta dallo Stato alle più pericolose associazioni mafiose operanti nel Meridione; vuoi perché si riteneva pacificamente risolvibile nel senso della configurabilità giuri- dica. Soltanto una volta venuto alla ribalta il fenomeno del terrorismo politico-eversivo, la giurisprudenza, priva di diversi e più sicuri stru- menti per mezzo dei quali colpire i contributi atipici delle persone esterne alle associazioni criminose, cominciò a fare ricorso sistemati- co all’istituto in esame, stimolando ad interessarsi della questione la dottrina che fino ad allora aveva soltanto sfiorato il problema . 107

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3.2 La lotta al terrorismo politico-eversivo.

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Dalle numerose pronunce dei giudici di merito , soprattutto con rife108 -

rimento al delitto di banda armata, si può evincere che «quando si sia di fronte a persona che, pur senza essere incardinata con carattere di stabilità e permanenza nell’associazione, ne sposa la causa e contri- buisce egualmente al raggiungimento dei fini specifici e propri del- l’organizzazione criminosa si realizzano gli estremi della punibilità ai sensi degli artt. 110 e 306 c.p. Per cui anche la persona non inserita

Si può condensare lo scarso interesse del mondo accademico nei lavori di F. 107

Grispigni, Diritto penale italiano, II, Padova, 1945, 335; R. Dell’Andro, La fat- tispecie plurisoggettiva eventuale, op. cit., 179 e M. Gallo, Lineamenti di una teoria, op. cit., 126 ss.

Con specifico riferimento ai reati associativi v. V. Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1982, VI, 208; più recentemente L. De Liguori, Concorso eventuale e reati associativi, in Cass. pen., 1989, 36; G. Spagnolo, L’associazione, op. cit., 134; C. Visconti, Il concorso esterno nell’associazione mafiosa: profili dogmatici ed esigenze di politica criminale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1995, 1308; Id., La punibil- ità della contiguità alla mafia tra tradizione (molta) e innovazione (poca), op. cit., 1854 ss.

Per una rassegna delle quali v. G. Caselli e A. Perduca, I delitti contro la person

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alità dello Stato, in Codice penale, P.s., diretta da Bricola-Zagrebelskj, I, Torino, 1984, 69 ss.

organicamente nella banda può concorrere nel reato, mediante l’appo- rto causale di una o più azioni» . 109

Dobbiamo attendere la fine degli anni Sessanta per una pronuncia del giudice di legittimità che si esprima nel senso della configurabilità 110

del concorso eventuale nel reato associativo con specifico riferimento al reato di cospirazione mediante associazione di cui all’art. 305 c.p. Si trattava di un maxi-processo intentato a 93 irredentisti del Sud-Ti- rolo per le attività terroristiche svolte in quella regione tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60. La Cassazione, invero, non dedica troppa attenzione alla questione della dogmatica ammissibilità dell’istituto, limitandosi a ricordare che la clausola di riserva di cui «all’art. 307 c.p., in relazione specifica all’art. 305 (come l’art. 418 c.p. in relazio- ne all’art. 416 c.p.) prevede esplicitamente la possibilità del concorso nel reato de quo, inserendola in una specie di gerarchia quantitativa, che, avendo al suo vertice la ipotesi pura dell’art. 305 c.p., si snoda attraverso le ipotesi minori del concorso, del favoreggiamento, del- l’assistenza» . 111

Ben più spazio la Corte dedica all’individuazione di un criterio per distinguere tra la condotta di partecipazione (interna) e quella del con- corrente (esterna): «l’appartenente o il partecipe dell’associazione, quale deriva dalla triplice tipologia di cui ai commi dell’art. 305, è l’accolito del sodalizio, colui, cioè che, conoscendone l’esistenza e gli scopi, vi aderisce e ne diviene con carattere di stabilità, membro e par- te attiva, rimanendo sempre al corrente dell’intera organizzazione, dei

In G. Caselli e Perduca, I delitti contro la personalità dello Stato, op. cit., 136, 109

citato da G. Insolera, Problemi di struttura, op. cit.,143, e da G. Lattanzi, Parteci- pazione all’associazione criminosa e concorso esterno, in Cass. Pen., 1998, 3138.

Cass. 27 novembre 1968, Muther e altri, massimata in Arch. Pen., 1970, 8. 110

C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 88. 111

particolari e concreti progetti, del numero dei consoci, delle azioni effettivamente attuate o da attuarsi, sottoponendosi alla disciplina del- le gerarchie ed al succedersi dei ruoli. Il partecipante vuole tutto il fe- nomeno associativo nella sua interezza»; mentre il concorso «è age- volmente individuabile nell’attività di chi — pur non essendo membro del sodalizio, cioè non aderendo ad esso nella piena accettazione del- l’organizzazione, dei mezzi e dei fini — contribuisce all’associazione mercé un apprezzabile e fattivo apporto personale, agevolandone l’affermarsi e facilitandone l’operare, conoscendone l’esistenza e le finalità, e avendo coscienza del nesso causale del suo contributo» . 112

Sebbene anche in altre pronunce la giurisprudenza si pronuncia fa113 -

vorevolmente alla configurabilità giuridica del concorso eventuale nel reato associativo , durante la stagione giudiziaria contro il terrorismo 114

politico-eversivo (formazioni terroristiche Brigate Rosse, Prima linea, Nuclei armati proletari, etc.) il concorso esterno è un modulo incrimi- natorio accantonato dalla prassi requirente e giudicante, che preferisce ricorrere alle fattispecie incriminatrici di parte speciale: per un verso

Ibidem. 112

Peraltro le prime pronunzie che affrontano la questione sembrano perlopiù moti

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vate dall’esigenza di rispondere al quesito dell’applicabilità o meno delle norme di disciplina degli artt. 112 e 114 c.p. ai concorrenti necessari nel delitto associativo, come ad es., Cass. 5 marzo 1980, Livraghi, in Foro it., II, 1980, II, 478.

Cfr. Corte d’Assise Brescia 2 febbraio 1978, Fumagalli ed altri, in Giust. pen., II, 114

1978, 605; Corte d’Assise Torino 23 giugno 1978, Curcio, in Riv. pen., 1978, 1008, per cui «ogni forma di collaborazione in favore della banda (armata, n.d.r.) o l’assu- nzione in seno alla stessa di un qualsiasi impiego che non sottintendano stabilità di vincolo associativo, possono integrare ipotesi di concorso nel reato, come si evince dalla lettera dell’art. 307 c.p., che trova applicazione unicamente “fuori dai casi di concorso nel delitto di banda armata”».

adotta una flessibile nozione di condotta partecipativa , senza, di 115

conseguenza, lasciare spazio al concorso criminoso in funzione esten- siva della punibilità (da notarsi che l’uso di una nozione ampia di par- tecipazione era favorito dalla concezione di banda armata che «non si connota necessariamente nella struttura quale organizzazione di tipo militare con capi, gerarchie di vertice e gregari armati e disciplinati, ma sussiste anche quando si stabilisce fra i suoi componenti un vinco- lo di puro collegamento idoneo a realizzare il fine specifico, il quale, assieme alla disponibilità delle armi, qualifica il reato di cui all’art.

Come accade ad es., in Cass. 14 gennaio 1985, Pinna, massimata in Giust. pen., 115

II, 1986, 16, che, a primo acchito, può essere catalogata come pronuncia negativa in ordine alla configurabilità del concorso esterno nel reato di banda armata, ma, leggendo la motivazione della sentenza, ci si accorge che la massima promette qual- cosa che non può mantenere, ecco perché costituisce semmai una conferma della tendenza giurisprudenziale ad estendere il più possibile l’ambito di punibilità della fattispecie associativa: contro tali Steri e Cioglia, accusati di aver dato supporto lo- gistico ad alcuni brigasti sbarcati in Sardegna con l’obiettivo di organizzare una colonna territoriale delle Brigate Rosse, l’accusa lamentava il passaggio, ad opera delle corti di merito, dalla più grave imputazione di concorso in organizzazione di banda armata, alla meno grave condotta di partecipazione associativa, trattandosi solo di attività esecutiva, quindi priva di qualsiasi autonomia decisionale, e rima- nendo il controllo nello Iannelli e altri organizzatori; v. anche Cass. 18 maggio 1993, Algranati, in Mass. Can. Pen., 1994, II, 53, con cui si condanna tale Scaramozzino per partecipazione a banda armata, in quanto ritenuto componente della c.d. “Brigata marginale”, ossia una disarmata formazione satellite delle Brigate Rosse, nonos- tante, come asserito dalla difesa a dimostrazione della sua estraneità all’organiz- zazione, questi avesse instaurato un rapporto meramente ideologico con le Brigate Rosse, oltretutto in forma mediata, attraverso la frequentazione di riunioni della pre- detta Brigata marginale, tanto che l’unica volta che fu incaricato di svolgere per l’organizzazione un compito di diffusione di un pacchetto di volantini con i quali le B.R. rivendicavano un’operazione delittuosa, non lo portò a termine, strappando e disperdendo i volantini, «non essendosela più sentita»; per la Cassazione tuttavia «l’accettazione dell’incarico anzidetto implicava di per sé la previa adesione al so- dalizio criminoso», essendo impensabile che un incarico «così delicato e pericoloso potesse essere affidato a un soggetto da considerare ancora estraneo», inoltre «il fatto che l’incarico sia stato poi eseguito soltanto in modo parziale, poteva, di per sé, significare, tutt’al più, che l’adesione era stata poco convinta (il che è penalmente irrilevante)».

306 c.p.» ); per l’altro lato si fa leva sulle specifiche incriminazioni 116

previste per forme tipizzate di fiancheggiamento ai sodalizi eversivo- terroristici, come ad esempio l’assistenza agli associati ed il favoreg- giamento personale.

Ad ulteriore riprova di quanto osservato, si pensi alla sorprendente difformità di trattamento riservata a due casi analoghi: nel 1983 la Cassazione non si è limitata ad esprimersi in via teorica sulla confi117 -

gurabilità del concorso nel reato associativo, ma ne ha testato per la prima volta l’applicabilità in concreto per condannare l’avv. Sergio Spazzali a titolo di concorso nel delitto di partecipazione a banda ar- mata per aver fatto da tramite tra i brigatisti detenuti e quelli in libertà. Per la Suprema Corte questo ruolo di trait d’union, non trattandosi di soggetto inserito a tempo pieno nella banda, non poteva integrare gli estremi della partecipazione associativa, o di un rango associativo più qualificato, ma era comunque idoneo a delineare l’ipotesi concorsuale; qualche anno più tardi, invece, il medesimo ruolo di tramite tra interno ed esterno del carcere porta un altro avvocato, tale Senese, ad essere condannato per partecipazione alla banda armata . 118

Riassumendo, nella prima fase di vita “pretoria” del concorso even- tuale nel reato associativo, la giurisprudenza non nega la sua configu- rabilità giuridica, tuttavia persegue gli apporti provenienti dall’esterno facendo leva su una duttile nozione di partecipazione o, qualora possi-

Cass. 11 luglio 1987, Bernacchio, in Cass. pen., 1989, 41 ss. 116

Nelle associazioni di tipo ideologico il vincolo fra gli associati tende ad assumere i connotati della pariteticità, della collegialità, della interdipendenza e della intercam- biabilità dei ruoli, quindi si considerano partecipi a banda armata anche quei legami non ancora organicamente inseriti, non risultanti però come «puramente ideologici».

Cass. 25 ottobre 1983, Arancio, in Cass. pen., 1985, 318; nello stesso senso del

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l’ammissibilità del concorso eventuale in banda armata, Cass. 5 marzo 1980, Livraghi ed altro, in Foro it., 1980, II, 477 ss.

Cass. 13 marzo 1984, Bartoloni, in Cass. pen., 1985, 1062 ss. 118

bile, ricorrendo alle fattispecie incriminatrici di parte speciale, così ridimensionando l’importanza di un’istituto che, invece, di lì a poco diventerà strumento imprescindibile nella lotta alla mafia.

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