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Il formarsi di un modello ermeneutico «binario» basato sul fenomeno

fenomeno delittuoso di riferimento.

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Dopo aver analizzato l’art. 416-ter c.p., si deve tornare alla questione del concorso esterno focalizzandosi in particolare sull’aspetto del formarsi, a seguito della sentenza Demitry, di un modello ermeneutico «binario» : mentre nei casi di c.d. “aggiustamento” dei processi la 342

giurisprudenza tendeva ad escludere la rilevanza penale del semplice attivarsi consapevole dell’extraneus in favore e per conto di un’asso- ciazione mafiosa, a meno che la condotta non avesse conseguito effet- tivamente il risultato voluto dall’organizzazione criminale, viceversa, qualora lo scenario criminologico di riferimento sottoposto al vaglio giudiziale fosse stato quello diverso della collusione “affaristica” tra politica e organizzazioni criminali, la giurisprudenza pareva attestarsi su posizioni più rigoristiche, ritenendo non più indispensabile, ai fini dell’integrazione della fattispecie concorsuale, che la prestazione del- l’extraneus avesse effettivamente conseguito il risultato programma- to . Leggendo, ad esempio, la sentenza con cui il Tribunale di Pa343 -

lermo aveva condannato ai sensi degli artt. 110 e 416-bis c.p. un 344

pubblico amministratore per aver emesso un decreto di finanziamento di un’opera pubblica sulla spinta di un precedente accordo con una cosca mafiosa, si vede come e perché i giudici ritengono causalmente rilevante per gli interessi dell’organizzazione criminale la condotta dell’imputato, ancorché per l’opera pubblica finanziata con il decreto assessoriale non fosse stata poi attivata la procedura di aggiudicazione del relativo appalto. Per il Tribunale «l’emissione del decreto di finan-

A. Gargani, Commento agli artt. da 414 a 421, op. cit., 3077. 342

C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 171 ss. 343

Trib. Palermo, 27 aprile 1999, Gorgone, in Foro it., 2000, II, 169. 344

ziamento a favore di alcuni enti locali (escludendone, inevitabilmente, altri, data la non illimitata portata delle risorse a disposizione) control- lati o controllabili da Cosa nostra, conferisce la possibilità a questa organizzazione di distribuire ricchezza a singole imprese o consorzi di imprese, non direttamente riconducibili, ma ad esso, da quel momento fatalmente legate, da un vincolo di compartecipazione nelle iniziative illecite». Una volta individuato «il risultato vantaggioso conseguito da Cosa nostra con il sistema di condizionamento degli appalti pubblici», continuano i giudici, «deve ritenersi che la condotta del politico collu- so con la mafia, il quale, nell’esercizio dei pubblici poteri, agevola quel sistema illecito, emettendo decreti di finanziamento a favore di un ente territoriale per la esecuzione di opere pubbliche, realizzi la fattispecie di cui agli artt. 110 e 416-bis c.p.».

Prefigurandosi la possibile obiezione, il Tribunale precisa che su una siffatta conclusione «non incide minimamente il fatto che, successi- vamente, non si sia materialmente o non sia stato portato a compimen- to, per cause assolutamente indipendenti dalla condotta del politico, la procedura di aggiudicazione dei lavori (…) la sola emissione del de- creto consentiva a Cosa nostra di iniziare a trattare con gli imprendito- ri che avrebbero dovuto aggiudicarsi i lavori, di farsi promettere la gestione di subappalti, di fissare i termini di un rapporto che, comun- que, non sarebbe terminato con la realizzazione dei lavori di quello specifico appalto (…) favorendo — l’imputato — attraverso l’emissi- one di decreti di finanziamento, l’illecito sistema di controllo da parte di Cosa nostra delle attività economiche legate ai pubblici appalti» . 345

Volendo “tirare le fila”, è evidente che a differenza dell’orientamento consolidatosi nei casi di “aggiustamento” dei processi, non si è ritenu-

«In sostanza — dicono i giudici — forniva un contributo idoneo a produrre un 345

to indispensabile richiedere, per l’integrazione della condotta di con- corso esterno nel reato associativo, «il risultato finale che l’agente e l’associazione hanno programmato, laddove questi abbia quantomeno tenuto un comportamento — per quanto di sua pertinenza — del 346

tutto conforme alle aspettative e alle richieste dell’organizzazione criminale» . 347

In altri casi la giurisprudenza è andata anche oltre, ritenendo che il semplice accordo avente ad oggetto, da un lato, l’appoggio elettorale dell’organizzazione, dall’altro, l’impegno del politico a sostenere, una volta eletto, l’associazione, rileva come contributo concorsuale, sem- pre a condizione che «sia idoneo di per sé a produrre l’effetto di con-

Si tratta, infatti, di una condotta c.d. neutra, cioè punibile soltanto ai sensi della 346

fattispecie di concorso esterno in associazione mafiosa, non anche di diverse fat- tispecie incriminatrici: decidere di esercitare il proprio potere discrezionale nell’al- locazione delle risorse pubbliche in un modo di per sé non irragionevole e immune da precise violazioni di legge, pur se in esecuzione di un accordo con organizzazioni criminali, favorite dalla medesima decisione per il mantenimento e l’espansione della loro influenza sul mondo degli appalti, non pare poter integrare un delitto con- tro la pubblica amministrazione. Nè, d’altronde, possono riscontrarsi gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di partecipazione associativa: l’accertamento di un vincolo stabile, la volontà di far parte, costituirebbero un ostacolo pressoché insor- montabile per riconoscere i requisiti di tipicità della fattispecie in capo al politico colluso.

C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 195, è critico: ritiene che, se da un 347

lato può sembrare discutibile la prassi orientata a richiedere il conseguimento del risultato finale cui era preordinata la condotta tenuta dall’extraneus per predicarne la rilevanza penale a titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, parimenti opinabile si potrebbe rivelare un indirizzo teso a cristallizzare la soglia di punibilità nel solo attivarsi del soggetto in favore dell’organizzazione criminale, senza la nec- essaria verifica dell’efficacia causale della condotta. Si potrà pure sostenere in linea di massima che il tenere una condotta conforme alle richieste di un sodalizio mafioso possa essere dotato di una apprezzabile attitudine causale rispetto ai mecca- nismi di funzionamento dell’ente medesimo, resta fermo, però, che l’attivarsi del terzo in favore dell’associazione rappresenta non la soglia al di là della quale scatta inesorabilmente la responsabilità penale, bensì il sostrato materiale minimo in pre- senza del quale poter innescare l’indispensabile procedimento valutativo diretto a saggiare la rilevanza causale della condotta rispetto al concreto operare del sodali- zio.

tribuire al consolidamento o al mantenimento in vita della predetta associazione» . 348

Emblematico in tal senso è il caso Frasca: una vicenda giudiziaria che ha riguardato un parlamentare calabrese assolto in primo e in se349 -

condo grado dall’accusa di concorso esterno in associazione mafio350 -

sa; fu processato nuovamente a seguito dell’annullamento con rinvio da parte della Cassazione , e fu, questa volta, condannato in quanto 351

riconosciuto colpevole di aver stretto patti elettorali con le cosche del- la Piana di Sibari ; ma la Cassazione , sorprendentemente, annulla 352 353

senza rinvio l’ultima decisione, ritenendo che i fatti imputati, pur commessi, non erano previsti dalla legge come reato al tempo della loro realizzazione, cioè prima della modifica del comma 3° dell’art. 416-bis c.p. avvenuta nel 1992.

Ai fini della nostra indagine interessa la prima sentenza di legittimità, in cui la Suprema Corte definisce «errore di diritto», commesso dai giudici di merito, l’aver fatto leva sul mancato adempimento della promessa del politico per assolverlo, sulla mancata prova di condotte concretamente vantaggiose per le organizzazioni criminali tenute dal

Trib. Palermo, 4 aprile 1998, Musotto, in Foro it., 1999, II, 44, con nota di C. 348

Visconti; Trib. Palermo, 27 gennaio 2001, Scalone, in Foro it., 2002, II, 48; Trib. Palmi, 25 marzo 1996, Mancini, in Foro it., 1997, II, 441, con nota di C. Visconti, Patto politico-mafioso e i problematici confini del concorso esterno; nella giurispru- denza di legittimità v. Cass. Sez. VI, 15 maggio 2000, Pangallo, in Cass. pen., 2001, 2684.

Trib. di Castrovillari, 19 febbraio 1998, inedita. 349

Corte di Appello di Catanzaro, 23 marzo 1999, inedita. 350

Cass. Sez. V, 16 marzo 2000, in Foro it., 2001, II, 80, con nota di P. Morosini, 351

Riflessi penali e processuali del patto di scambio politico-mafioso. Corte di Appello di Catanzaro, 5 marzo 2001, inedita.

352

Cass. Sez. I, 30 maggio 2002, in Riv. pen., 2002, 683. 353

Frasca al di là della mera promessa, per inferire l’assenza di requisiti sufficienti a configurare l’ipotesi concorsuale esterna a carico dell’im- putato . 354

Senza dilungarsi oltre sul punto, è evidente che accontentarsi dello scambio di promesse porta a far coincidere il momento consumativo del reato con quello della stipulazione dell’accordo, con conseguente irrilevanza sia dell’effettivo condizionamento nell’esercizio del diritto di voto, sia dell’esecuzione del contenuto dell’accordo da parte del politico.

È con l’affacciarsi di casi giurisprudenziali simili che la dottrina ha cominciato a chiedersi se l’ipotesi di concorso nel reato associativo rilevante ai sensi degli artt. 110 e 416-bis c.p., ormai consacrata dalla pronuncia Demitry, potesse essere contestata anche soltanto in presen- za di un accordo avente ad oggetto uno scambio di favori reciproci, cioè se potesse ritenersi sufficiente la semplice intesa con una cosca mafiosa avente ad oggetto promesse contrapposte di procacciamento di voti contro futuri comportamenti vantaggiosi per l’organizzazione criminale, per determinare, indipendentemente dalla realizzazione di tali comportamenti, quel contributo oggettivamente apprezzabile sul piano causale alla vita o al consolidamento della associazione crimi- nosa costituente requisito del concorso materiale esterno nel reato di associazione mafiosa come hanno ribadito le Sezioni Unite.

A riguardo sono state elaborate due diverse tesi: la prima è quella di Grosso , secondo il quale, seppur a primo acchito si potrebbe essere 355

Per un’analisi delle motivazioni che la Suprema Corte usa al fine di giustificare 354

l’“ancoraggio” della soglia di rilevanza penale al mero scambio delle promesse, v. C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 411 ss.

Cfr. C.F. Grosso, Accordo elettorale politico-mafioso e concorso esterno in as

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sociazione mafiosa. Una configurazione possibile, in Foro it., 1996, V, 122 ss.; Id., La contiguità alla mafia, op. cit., 1198; G. Spagnolo, L’associazione, op. cit., 147.

portati a rispondere negativamente in quanto è evidente come l’appo- rto potenziale sia «cosa ben diversa da quell’apporto “effettivo”, mate- rialmente prodotto, che solo può integrare i presupposti di un vero e proprio contributo causale alla vita ed al consolidamento della orga- nizzazione» , in realtà, res melius perpensa, la risposta non può che 356

dipendere dalla qualità della promessa, dalla affidabilità e dalla caratu- ra del politico promittente, dal contesto in cui i fatti si verificano, dalla situazione in cui versa la associazione mafiosa . 357

L’autore propone come esempio la promessa di un uomo politico di grande influenza ed affidabilità, di aggiustare un processo impor358 -

tante in cui è coinvolto il fior fiore dell’organizzazione criminale, eb- bene, la sola notizia dell’accordo potrebbe restituire fiducia agli asso- ciati, bloccare fughe o pentimenti, favorire nuove affiliazioni, contri-

Così si pronuncia G. Fiandaca, Una espansione incontrollata, op. cit., 127. 356

Critico G. Fiandaca, Una espansione incontrollata, op. cit., 129, per il quale 357

«distinguere tra accordi “causali” e accordi “non causali” in funzione del contesto concreto di riferimento, equivarrebbe inevitabilmente a una probatio diabolica: non foss’altro per la difficoltà di selezionare e vagliare tutte le “variabili” rispettiva- mente rilevanti e non rilevanti nel singolo caso concreto».

Il caso concreto che aveva avviato il dibattito dottrinale riguardava gli onorevoli 358

T. Maiolo e V. Sgarbi ai quali fu inviato dalla Procura della Repubblica di Catanzaro un invito a presentarsi in cui si profilava l’ipotesi accusatoria di concorso esterno per aver stipulato, con il tramite di due avvocati, un rapporto di scambio con la cosca cosentina capeggiata da Francesco Pino, impegnandosi, quale contropartita del sostegno elettorale, a orientare la futura attività politico-parlamentare in senso fa- vorevole alla mafia, più precisamente, delegittimando la magistratura inquirente e i collaboratori di giustizia, nonché proponendo riforme legislative dirette ad ammor- bidire il sistema repressivo antimafia. In realtà, anche Grosso sostiene che la procura avrebbe dovuto avere massima precisione nella redazione degli atti e massima pru- denza nella configurazione del fatto e nella strategia di indagine, che, invece, non ci sono state: quindi, secondo l’autore, nel caso specifico, anche se in astratto è co- munque possibile, non sembra che le condotte possano esercitare un’influenza obiet- tivamente apprezzabile sulla vita dell’organizzazione mafiosa, contribuendo al suo mantenimento o al suo rafforzamento, e, ammesso che ciò possa accadere, pare im- possibile provare concretamente l’esistenza di tale rapporto causale.

buendo così a quel mantenimento o rafforzamento che costituisce pre- supposto della fattispecie di concorso esterno nel reato associativo . 359

Inoltre, la configurabilità del concorso esterno non potrebbe essere smentita, sul piano sistematico, dall’introduzione della fattispecie ad

hoc di cui all’art. 416-ter c.p. per sanzionare lo scambio elettorale po-

litico-mafioso , né si potrebbe dire che il legislatore abbia voluto 360

circoscrivere la rilevanza penale del patto tra politica e mafia al solo scambio denaro/voti con la conseguenza di lasciare fuori ogni altro patto di scambio elettorale politico mafioso che prescinda dall’eroga- zione di denaro quale contropartita dell’appoggio elettorale.

Insomma, secondo Grosso, fautore del primo orientamento, il patto elettorale politico-mafioso può rilevare come concorso esterno se ha contribuito in modo apprezzabile alla vita o al consolidamento dell’as- sociazione, anche se lo stesso autore riconosce che «è certamente mol- to difficile, stante le grandi disponibilità di denaro di cui godono nor- malmente le cosche a cagione dei loro molteplici traffici illeciti, che il denaro versato dai politici quale contropartita dell’appoggio elettorale

Tuttavia, secondo G. Fiandaca, Una espansione incontrollata, op. cit., 129, «lo 359

stesso esempio addotto a dimostrazione di un accordo casualmente rilevante potrebbe ben essere utilizzato in senso contrario: le delusioni di aspettative subite da Cosa nostra a causa del mancato esaudimento, da parte di alcuni politici di rango come gli on. Andreotti e Lima, della presunta promessa di “aggiustare” le pesanti condanne relative al primo maxi-processo alla mafia, delineano infatti un contesto concreto poco favorevole — oggi — a consentire di dare per scontato che semplici promesse politiche di “aggiustamento” di processi possano di per sé avere un’effica- cia consolidatrice o rafforzativa del vincolo associativo di un’organizzazione crimi- nale».

Come abbiamo accennato nell’analisi della sentenza Carnevale, v. retro 2.6, in

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fra, gli oppositori del concorso esterno, avevano fatto leva sull’argomento sistemati- co in base al quale se è stata introdotta tale fattispecie incriminatrice, significa che lo scambio denaro/voti non poteva già rilevare come concorso esterno in associazione mafiosa, altrimenti, non avrebbe alcun senso aver introdotto appositamente questo nuovo reato, peraltro punito con la stessa pena prevista per l’associazione di tipo mafioso.

possegga una qualsiasi valenza sul piano del mantenimento o del raf- forzamento dell’associazione criminosa» , sicché «sembra plausibile 361

che la ragione dell’introduzione della fattispecie ad hoc di cui all’art. 416 ter c.p. sia ravvisabile nella intenzione del legislatore di punire comunque e sempre, per comprensibili motivi di politica criminale, lo scambio di denaro/voto fra politico e cosche mafiose, che altrimenti raramente, addirittura mai, avrebbe potuto essere sanzionato penal- mente a cagione della sua presumibile irrilevanza sul terreno del con- corso esterno in associazione mafiosa» . 362

Nè, soggiunge l’autore, può confutarsi questa impostazione richia- mando il 1° comma dell’art. 115 c.p. che sbarra la punibilità del mero accordo non seguito dal reato programmato, salvo che non sia altri- menti previsto dalla legge: nel patto elettorale politico-mafioso, infat- ti, da un lato l’accordo è punito «nella misura in cui abbia contribuito sul piano causale alla vita di un’associazione di criminali, interferendo così nella esecuzione di un reato», e, dall’altro, pur non esistendo una norma che preveda espressamente la punibilità di un siffatto patto è da ritenere «sufficiente che una norma generale, quale può essere appun- to l’art. 110 c.p., consenta di considerarlo comunque rilevante sul ter- reno della responsabilità penale».

Contra G. Fiandaca, secondo il quale, visto che il versamento di apprezzabili 361

somme di denaro ad una associazione mafiosa di ridotte dimensioni (o, aggiunge C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 392, ad una sua articolazione a base territo- riale) non è affatto scontato che non sia in grado di spiegare di per sé una efficacia rafforzativa o consolidatrice della stabilità organizzativa del sodalizio, ne consegue che risulta smentita la tesi di un legislatore intenzionato a spingere con l’art. 416-ter il magistero penale su un campo nel quale altrimenti non si sarebbe potuta esprimere la funzione incriminatrice dell’art. 110 c.p.

Questa è del resto la posizione che hanno assunto successivamente le Sezioni 362

Unite, dapprima con la sentenza Carnevale e poi la sentenza “Mannino-bis”. In dottrina v. anche P. Morosini, La difficile tipizzazione giurisprudenziale del “con- corso esterno” in associazione, in Dir. pen. e proc., 2006, I, 59 ss.

In conclusione, secondo Grosso, è punibile a titolo di concorso nel reato associativo la condotta del politico che promette futuri compor- tamenti vantaggiosi per il sodalizio in cambio del sostegno elettorale promesso dai mafiosi.

Fiandaca sostiene la tesi opposta. Anch’egli prende le mosse dal 363

fatto che «occorre un contributo causale all’organizzazione criminale per poter configurare una ipotesi concorsuale esterna nel reato asso- ciativo», ma proprio «da questo punto di vista, il politico promittente, lungi dal realizzare comportamenti che sono in grado di avvantaggiare o rafforzare l’associazione mafiosa, si limita a farne promessa; in po- che parole, egli offre un apporto potenziale, che è cosa ben diversa da quell’apporto effettivo, materialmente prodotto, che solo può integrare i presupposti di un vero e proprio contributo causale alla vita o al con- solidamento dell’organizzazione».

Insomma, il mero impegno a fornire un apporto all’associazione con il corrispettivo impegno dell’organizzazione criminale a sostenerlo elet- toralmente, rimane ineluttabilmente al di fuori di qualsiasi tipo di rap- porto causale sul quale poter far attecchire il concorso criminoso. Secondo l’autore, diversamente da quanto sostenuto da Grosso, fare ricorso al concorso esterno per sopperire surrettiziamente ai pur criti- cabili vuoti di tutela lasciati scoperti dall’infelice formulazione testua- le dell’art. 416-ter c.p., e cioè allo scopo di reprimere penalmente le promesse di controprestazione diverse dalla dazione di denaro, sareb- be un’operazione magari apprezzabile sul piano etico-politico, ma non per questo meno scorretta sul terreno giuridico-penale: «il soccorso repressivo prestato dalla categoria del concorso esterno comportereb- be, infatti, come inevitabile costo, un aggiramento dei precisi confini entro i quali lo stesso legislatore ha considerato penalmente rilevante

G. Fiandaca, Una espansione incontrollata, op. cit., 127 ss. 363

un accordo elettorale politico mafioso (cioè voti contro denaro ex art. 416-ter), con conseguente palese violazione del principio di stretta legalità».

Un altro autore ha sottoposto a vaglio le due tesi ritenendo preferi364 -

bile quella proposta da Fiandaca, perché la promessa in quanto tale, anche quando la dichiarazione di volontà che la sostiene si incontra con un’altra e dà vita ad un accordo vero e proprio, viene di regola annoverata dalle tradizionali classificazioni dottrinali e giurispruden- ziali tra le forme morali e non materiali di concorso criminoso, e, ri- chiamando l’art. 115 c.p., lo stesso Grosso dimostra di aver avvertito l’affinità strutturale tra la predetta promessa e la tipologia di compor- tamenti disciplinati da quella norma. In altre parole, ancorché Grosso qualifichi la promessa del politico come condotta di concorso materia- le nel reato associativo, in realtà, egli stesso mostra di avere consa365 -

pevolezza della diversità tra l’ipotesi presa in considerazione e quelle generalmente inquadrate come apporti materiali.

Inoltre, la rinuncia ad estendere l’equivoca applicazione del concorso in una materia così delicata come quella dei possibili inquinamenti delle consultazioni elettorali ad opera della criminalità organizzata di

C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 393. 364

Secondo Visconti, ciò è dovuto molto probabilmente al fatto che assegnare natu

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ra morale all’impegno a favorire l’organizzazione implicherebbe, a ben vedere, una inevitabile complicazione del meccanismo causale, bisognerebbe, infatti, assumere come secondo termine della relazione causale un’entità suscettibile di essere con- dizionata dalla promessa stessa, non più quindi l’organizzazione associativa comp- lessivamente considerata, bensì i singoli militanti presi uno ad uno, sul cui status psicologico potrebbe incidere il patto stipulato tra i capi o comunque gli emissari